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La scuola finisce. La maturità inizia.

In tutto questo, Edoardo è ancora il ragazzo di Carlotta.

È passato quasi un mese dal funerale della nonna – e da tutto ciò che ha comportato – e di certo non mi aspettavo che il giorno seguente al nostro bacio si lasciassero, ma di certo l'ho sperato. A quanto pare, in modo del tutto vano.

Perché Carlotta si è fatta molto più che distante nei miei confronti. È come se la ragazza che ho baciato – e che mi ha baciata – fosse rimasta a Mantova. La Carlotta di Senigallia, invece, questa sua versione che mi ignora e continua a postare foto sue e di Edoardo su Instagram, si nasconde dietro lo studio e i preparativi per il Tennessee. E fa la stronza. Di nuovo.

Questa è la verità. Non ci giro intorno, lo so. Eppure, nonostante questo, non posso fare a meno di volerla.

Passo giugno tra scatoloni e guerre mute ai miei genitori. Mi guardo bene dall'invitare Daria a casa mia, altrimenti la questione trasferimento verrebbe a galla. E la cosa divertente è che più nessuno ne sta parlando in casa. Ormai è un semplice dato di fatto. A fine luglio, appena saremo pronti, ce ne andremo.

La mamma va e viene da Mantova, sempre carica di roba da portare via, e finge di non avere tempo per parlare con me – ma va benissimo così, anzi, meglio. Non ho nulla da dirle, e se anche dovessi avercelo sono sicura che non sarebbero parole carine.

Camera mia inizia a svuotarsi. Smonto le luci di Stranger Things, lasciando sul muro solo un mucchio di lettere sconnesse. La cosa mi fa più male di quanto avessi preventivato. Non mi rendo conto di quante cose possiedo finché non le vedo andare via, verso un posto che dubito sentirò mio come questo.

E intanto mi riempio di segreti. Tanti. Quasi scoppio.

Ai miei genitori non dico di Carlotta, e non lo farò mai.

A Daria non dico di Mantova. A Simo nemmeno, aspetto che gli arrivi la voce dallo zio.

A Carlotta non dico che vorrei restasse. Qui, con me, per sempre.

Vorrei confidarmi un po' con Simo, ma temo che anche lui abbia le sue gatte da pelare. E poi, mi ha fatto capire senza girarci intorno che a lui Carlotta non va a genio.

Insomma. È un cazzo di casino.

Intanto i giorni passano.

Finite le prove scritte, il giro di orali inizia con la lettera L. Carlotta è la prima a entrare, il due di luglio.

Alle otto meno un quarto siamo tutti davanti al Medi: io, Daria, Edoardo. Claudio no, per fortuna. Ha avuto la decenza di ammettere che non gliene fregava.

Io e Daria ce ne stiamo in un angolo, di fronte all'aula in cui si stanno riunendo i professori di commissione. Edoardo e Carlotta, invece, sono in disparte.

Lui la tocca. Prima un fianco, poi la schiena, la tira a sé e l'abbraccia per darle coraggio. Io non vorrei guardare, ma è più forte di me. Daria sembra seguire il filo dei miei pensieri.

«Se può consolarti, lascerà noi come lascerà lui» dice. «Dubito che la loro sia una di quelle relazioni che resiste con un oceano di mezzo».

Sto zitta. Vorrei dire a Daria del bacio. Vorrei dirle che Carlotta mi ha stretto la mano mentre mia nonna finiva sottoterra, e ora finge che niente di tutto questo sia mai accaduto. Però poi, mi dico, inizierebbe a parlar male di lei. E non voglio.

Nessuno deve parlare male di Carlotta, mai.

Infine la chiamano dentro l'aula. Ci accomodiamo sul fondo, stiamo zitti e buoni mentre lei espone la sua tesina per metà in italiano e per metà in inglese. L'autore come personaggio. Parla di Pirandello, poi aggiunge un pezzo in spagnolo su Miguel de Unamuno e spiega tutto il contesto storico e politico. Le domande di filosofia e matematica durano un attimo, non di più, e poi siamo già arrivati alla fine dell'esame. I professori le chiedono che intenzioni abbia per il futuro, lei risponde in modo impeccabile riguardo il suo anno sabbatico dalla nonna, a Nashville.

È lì che scopro che ha fissato la data.

È lì, alla fine del suo orale, che scopro di avere solo altre quattro settimane con lei.

Il trenta di luglio, Carlotta sparirà.

Non riesco ad alzarmi dalla sedia. Quattro settimane. Quattro! E poi? Poi che succede? Quando pensava di dirmelo? Ammesso che pensasse di dirmelo. Non mi stupirei se scoprissi che il suo piano fin dall'inizio era partire di soppiatto.

Un po' come voglio fare io, del resto. Nel momento in cui realizzo che potrei anche essere già a Mantova quando lei prenderà l'aereo, mi sento sprofondare.

Stupida. Stupida lei, e più stupida ancora io. Come speravo che sarebbe andata a finire? Con lei che all'ultimo avrebbe annullato la partenza? O con me ancora a Senigallia?

È impossibile. È tutto impossibile.

Daria mi dà una lieve gomitata. Vedo che tutti si stanno alzando. Per noi è tempo di andare, per i professori è tempo di ricominciare. Che poi, forse è esattamente la stessa cosa.

Una volta fuori, in corridoio, Carlotta salta al collo di Edoardo. Lui la solleva, la bacia sulla testa, girano in tondo.

Lei è libera. Io non mi sono mai sentita più in gabbia di così.

Basta. Per me è troppo. Saluto Daria e mi avvio fuori, verso la fermata dell'autobus.

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