«Quindi ho ben due ragioni per avercela con te!» ricomincia Daria dall'altra parte del telefono. «Oltre ad avermi attaccato il raffreddore hai anche invitato la Diva? Che palle, Linda!».
Alzo gli occhi al cielo. Tanto non può vedermi. Mi butto sul letto a pancia in su e sbuffo.
«Non capisco perché ti arrabbi tanto. Sì, domani ci sarà anche Carlotta, e allora? Vuole imparare, e io non mi metto mica a fare lezioni private, Da».
«Ma da quando tu e lei siete così amiche? Sbaglio o fino a settimana scorsa non ti aveva mai cagata di striscio? Anzi, scusa, non ci aveva mai cagate di striscio. E di occasioni ce ne sono state!».
«E che vuol dire? Nessuna di noi ha mai provato ad attaccare bottone. Dai, vieni, non fare la stronza. Che ti frega, sei comunque già più brava di lei. Al massimo la vedi cadere».
«No». Fa una pausa, si soffia il naso e poi riparte più convinta: «No, no, no. Mi appello alla mia influenza per tirarmi fuori da questa situazione. Non ho nulla da spartire con lei – e nemmeno tu! Voglio dire, perché io ho dovuto pregarti e lei invece no? Scommetto che verrà vestita come se dovesse sfilare sulla rampa, altroché».
«Hai finito?».
«Nossignore!».
«Allora facciamo così» taglio corto, stanca di sentirmele dire dietro. «Sai dove trovarmi domani. Se vuoi venire, vieni. Se invece vuoi farmi causa per aver cercato di conoscere una persona nuova, scrivimi pure una mail di reclamo».
Detto questo, termino la conversazione. Fisso per un attimo il telefono, ben consapevole che tra poco sarò investita da una scarica di messaggi. Così apro WhatsApp e silenzio la chat con Daria.
Sono quasi le otto, quindi mio padre è sul divano in attesa del telegiornale. Ne approfitto per lanciarmi accanto a lui.
«Come va, Owen Wilson?» chiede indicandomi il naso. Gli rispondo con una smorfia. «La mamma ti ha già vista così?».
«No. A proposito, non è che mi puoi spedire a studiare all'estero prima che arrivi?».
«Ecco, questo non sarebbe successo se avesse fatto nuoto! Vittorio, dille qualcosa, comprale un casco! Le ginocchiere!» le fa il verso.
Rido, e lui con me. Per un po' ce ne stiamo lì in silenzio, lui a guardare la tivù e io a curiosare su Instagram.
Scorro la pagina iniziale. Poi all'improvviso ecco una nota di colore tra tutti gli skater e i paesaggi invernali della mia home.
È Carlotta. Ha appena postato la foto di uno skate nuovo di zecca. Vorrei commentare, dirle qualcosa tipo ottima scelta!, ma la verità è che non mi va che altri possano leggere il nostro scambio. Così chiudo tutto e incrocio le braccia al petto.
«Tutto a posto?» mi chiede papà senza staccare gli occhi dallo schermo della tivù. «Hai lanciato il telefono. Guarda che non te ne compro uno nuovo».
Sono infastidita. Neanche io so da cosa. Così gli do la prima risposta che mi viene in mente. «Ho litigato con Daria».
«E perché?».
«Ho invitato un'altra ragazza allo skatepark domani e lei sta facendo la gelosa».
All'inizio si limita a stringere le labbra e a corrugare appena la fronte. «Capisco. Quest'altra ragazza» mi chiede «la conosce anche lei?».
«Sì. Be', no. Di vista».
«Ed è una tua amica?».
Faccio spallucce. «Sì. Be', forse. Insomma, la conosco da poco ma è simpatica».
«Mi sembri un po' confusa» ride lui, voltandosi verso di me. Spegne la televisione. Poi prosegue: «Senti, è normale che Daria sia un po' gelosa. Siete sempre state voi due e basta. Siete cresciute insieme, a scuola e fuori, insomma siete...».
«Due piselli nello stesso baccello» dico in un sussurro.
«Eh?».
«Niente, niente» mi affretto a rispondere. «Vai avanti».
«E ora spunta questa terza ragazza. È normale che si senta minacciata. Tu non trascurarla. Falle capire che è ancora la tua migliore amica».
«Sì, ma...» esito. «Secondo te non è un po' sbagliato che siamo state sempre e solo noi due e basta? Non è un po' morboso?».
«Se mi stai chiedendo se è giusto crearsi nuove amicizie, ti dico di sì. Se invece mi stai chiedendo se è sbagliato avere un rapporto privilegiato con una sola persona, che sia un'amica o un partner, allora ti dico di no. Anzi, è un lusso che pochi possono permettersi».
Sto per fargli un'altra domanda, quando sentiamo una chiave scattare nella serratura. Io mi zittisco all'istante e con gli occhi prego papà di intervenire in mio aiuto.
«Vai in camera» mi suggerisce a bassa voce. «Ti chiamo io quando la leonessa sarà placata».
STAI LEGGENDO
Ocean Eyes
RomanceLinda ha sedici anni e una vita normalissima. Le sue giornate ruotano intorno a tre cose: skate, amici e scuola. Almeno finché non arriva Carlotta...