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Quella stessa sera, dopo cena, me ne sto sdraiata sul letto ad ascoltare un po' di musica e a guardare Carlotta che studia alla scrivania. Tiene un piede nudo sulla sedia e l'altra gamba distesa.

È così assorta che non si accorge del mio sguardo spudorato su di lei. E io ne sono così felice. È la prima volta che posso ammirarla in libertà, senza paura che qualcun altro si immischi. Ora lei sa di me, io di lei. Sono in pace con me stessa. Perché non mi sono levata questo peso prima? Prima che arrivassero Edoardo e Claudio e i litigi? Chissà a che punto staremmo ora...

Nelle cuffie sento partire Ocean Eyes, sottile e perfetta come un filo di cristallo.

Lascio che la canzone culli i miei pensieri più felici, le mie speranze più grandi. Ripenso al bacio. Osservo Carlotta che si aggiusta la coda, che poggia il mento sul ginocchio mentre legge. Seguo con lo sguardo la linea della sua gamba distesa e al solo pensiero che lei abbia scelto me mi scende una lacrima. Va a finire dritta sul cuscino.

I've never fallen from quite this high, falling into your ocean eyes...

Non mi era mai capitato di commuovermi in sedici anni. Che sensazione assurda. Fatico a tenerla dentro, vorrei che fosse un sentimento più discreto. È un'ondata di felicità e gratitudine che mi vibra dentro e che mi costringe a tirare su col naso.

Carlotta si gira.

«Ehi» dice, allarmata. «Ma tu piangi».

È subito accanto a me. Le faccio posto sul letto singolo mentre lei mi sfila le cuffie e si sdraia di fronte a me, faccia a faccia.

«Perché piangi?» mi chiede mentre mi accarezza i capelli.

«Perché sono felice» rispondo, in imbarazzo per la mia voce emozionata.

«Sei sicura?».

Annuisco e sorrido. Nel farlo, il pianto diventa più intenso. La cosa mi fa ridere. Non è possibile piangere ed essere felici allo stesso tempo, è un controsenso. Mi sdraio sulla schiena, cercando di ricompormi. Carlotta punta un gomito sul letto e mi guarda dall'alto.

«Sei felice perché sono qui con te?» chiede.

«Sono felice perché sei come me» rispondo con gli occhi puntati al soffitto.

«È tutto così... strano» dice. Poi si sdraia anche lei a pancia in su e mi prende una mano. «Voglio dire, non ho mai provato qualcosa di così intenso per...».

«Per una ragazza?».

«Già» sospira. Non aggiunge nient'altro. Si limita a girarsi su un fianco, e anch'io faccio lo stesso. Ci ritroviamo di nuovo fronte contro fronte.

«Hai paura?» mi chiede infine dopo parecchi secondi.

«Di cosa?».

«Di... di tutto questo».

«Prima sì» ammetto. «Ora no».

«E perché prima sì?».

«Perché credevo di essere sola».

Il suo sguardo si fa liquido. Noto le striature blu nei suoi occhi, le ciglia bionde, prive di mascara. Ti amo tantissimo, vorrei dirle. Tanto da non poterci credere io stessa.

Ma prima che possa farlo sul serio, prima che io possa dare voce a questa verità che d'un tratto mi pare assoluta, lei mi dà un bacio rapido sulla punta del naso e mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Devi essere stanchissima» dice. «Riposa, dai. Tanto ci sono io qui con te».

«Tu non dormi?».

«Dopo. Ora devo assolutamente studiare il boom economico del dopoguerra».

«Vuoi che ti aiuti?» chiedo.

«No, tranquilla». Si alza dal letto, prende un lenzuolo leggero dall'armadio e lo adagia sopra di me. «Buonanotte, B.».

Dio, quanto ti amo.

«Buonanotte, Carlotta».

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora