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A casa, il giorno successivo, faccio due cose che non dovrei fare.

La prima è saltare il pranzo. So che papà mi ucciderebbe se mi vedesse – mi ha beccata mentre buttavo il mio piatto di pasta nell'umido, sotto i tovaglioli. Si è incazzato davvero, cosa più unica che rara. Però lui oggi non c'è, la mamma nemmeno. Simo è di turno. Quindi non ho bisogno di buttare il cibo: sporco due pentole a caso, come se ci avessi cucinato dentro, e le lascio nel lavandino.

La seconda cosa che faccio (e che non dovrei) è mettermi su YouTube a cercare il canale di Edoardo. È facilissimo arrivarci. Parto dai profili Instagram di Carlotta e Daria, guardo con che nome hanno taggato i rispettivi ragazzi, vado sull'account di Edoardo et voilà: nella sua biografia c'è il link al canale YouTube. Easy peasy, come direbbe Carlotta.

Già. Meglio se smetto di usare le sue parole.

Trovarlo è stato fin troppo semplice. Guardare il primo e unico video che ha postato ieri lo sarà un po' meno. D'altra parte, se non oggi, quando?

Prendo un bel respiro. Play. Forza, andiamo, se mi devo fare del male, meglio qui e ora e da sola.

Il video dura cinque minuti e ventuno secondi. Ha messo gli AC/DC di sottofondo. Le inquadrature non sono male, ma neanche eccezionali. Ci sono primi piani di croste e sangue, Carlotta che fa scoppiare un palloncino rosa di Big Babol, corse sul lungomare che finiscono con un tuffo nel mare...

Mando giù. Sono cose che avrei dovuto fare io, con le mie amiche. Non Claudio. Non Edoardo.

Io.

Carlotta e Claudio sono i soggetti più ripresi, Daria è quasi una comparsa, e questo un po' mi fa gongolare visto come mi sta trattando. Il montaggio dei vari trick riusciti va a ritmo di musica. Alla fine, invece, Edoardo ha messo i bloopers, tutti gli errori fatti e le risate sguaiate che sono seguite a ogni caduta.

Fine del video. Sfondo nero, scritta tipo murales che dice: E.C./C.D. CREW.

Resto ferma davanti al computer.

Le loro iniziali. Sul serio? Che schifo.

Mi meraviglio della mia compostezza. Non tremo. Non sento nausea. Semplicemente, metto la mano sul mouse e inizio a scorrere i commenti. Il novanta per cento sono per Carlotta, la biondina sexy. Qualcuno si complimenta con Claudio. Nessuno ha notato Daria, che del resto è finita ultima anche nell'acronimo della crew.

Ok. Va bene così, mi dico. Tutto sotto controllo.

Chiudo la finestra di YouTube, arresto il sistema. Mi alzo dalla sedia.

Ed è allora che monta. La rabbia, implacabile. Non so come sia avere un infarto, ma credo che sia una cosa simile a questa. Inizio a vedere nero, il mio campo visivo si riempie di puntini e la testa mi gira. Dovrei sedermi, solo che vado a sbattere contro l'armadio nel tentativo di avviarmi verso il bagno. Questa cosa mi fa arrabbiare ancora di più.

Spalanco gli occhi, ora che ci vedo, e come una furia me la prendo col letto. Tiro le lenzuola, le butto a terra, afferro il cuscino e vorrei strapparlo in due, ma non ci riesco. Allora lo lancio contro la scrivania. Le penne cadono a terra. Una bottiglietta d'acqua, che ho lasciato col tappo svitato, si rovescia sulla tastiera del computer.

Non lo tengo più. Ho un urlo dentro che mi sta bruciando viva. E allora lo lascio andare.

«Basta! Basta! Basta, cazzo, basta!».

Dopo questo, più niente.

La gola mi pizzica. Le lenzuola si adagiano a terra leggere, come fantasmi stanchi. I miei capelli si fermano, appiccicati sulla fronte. D'un tratto nulla si muove.

Guardo il caos che ho creato e... cavolo. Ho fatto tutto io. Rotto il computer, devastato il letto, troncato le mie amicizie, ucciso il mio amore. Tutto io.

Così mi siedo a terra, con le spalle attaccate all'armadio. Prendo il telefono e apro WhatsApp solo per andare in chat da Carlotta e scriverle, tutto d'un fiato e senza indecisione: Tu non sei quello che credevo.

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