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Pensa di ferirmi, tenendomi prigioniera in casa per due settimane. Ed è vero, in un certo senso. Però a me piace battere mia madre al suo stesso gioco. Quindi, se lei si aspetta che io stia qui con il broncio, a lamentarmi di dove potrei essere se solo non avessi fatto questo o quello, be', si sbaglia.

C'è un modo migliore di disobbedire alla mamma. Ed è fare esattamente quello che dice, senza storie.

Così ecco cosa succede nei giorni successivi.

Se lei mi becca a guardare video su YouTube e si lamenta, io spengo senza problemi e apro un libro. Non lo leggo, ma l'importante è che lei lo pensi.

Se lei mi becca in cucina ad aprire un pacchetto di patatine e si lamenta, io lo metto via e mi preparo una tisana.

Se lei mi dice di non stare chiusa in camera e di aiutarla, io esco e passo l'aspirapolvere.

Senza. Dire. Niente.

Questa cosa la fa ammattire, giuro. Ieri sera, per esempio, mentre lei e papà preparavano la cena ho sentito uno scambio che mi ha dato ragione.

«Te lo ripeto» ha detto lei «me lo fa apposta».

«Ma invece di invocare la figlia che vorresti, perché non apprezzi quella che hai?».

«Lei mi odia, Vittorio, mi odia».

Al che lui ha sbuffato, divertito e sfinito insieme. «Sai perché, Lisetta? Perché tu non vuoi conoscerla. Tu non sai neanche cosa le piace e nemmeno ti interessa saperlo. Tu vuoi solo controllarla, renderla una mini te in tutto e per tutto. E lei questa cosa la sente. La sente e la rigetta. Non ci vuole uno psicologo per capirlo».

Su questa stoccata ho girato i tacchi e mi sono rinchiusa in camera. Una parte di me si è sentita difesa, e orgogliosa che mio padre mi capisse. Ma un'altra si è concentrata solo sul silenzio che è venuto dopo quella frase. Ecco, quel silenzio mi è arrivato più forte ancora.

Perché la mamma non ha risposto: sì, hai ragione, migliorerò?

Perché deve sempre starsene zitta e basta?

Poi, un pomeriggio, suonano alla porta.

Non il citofono del cancello, proprio alla porta.

Vado ad aprire e mi ritrovo davanti una Carlotta tutta imbacuccata, con una cuffia di lana schiacciata in testa che recita NO BAD HAIR DAYS. E come darle torto.

«Sorpresa!» comincia. «Se Maometto non può andare alla montagna, allora sarà la montagna ad andare da Maometto in punizione».

Mi sorride e io sono così stupita da questa apparizione che non so che dire.

«Posso entrare?».

Come una stupida, mi levo dalla soglia e la faccio passare. «Certo, certo».

«Chi è?» fa una voce dalla cucina.

Carlotta legge la mia espressione. Si avvicina e, in un soffio al mio orecchio, sussurra: «I got this».

Poi, pacifica e tranquilla come se stesse andando a raccogliere fiori, entra in cucina e saluta mia madre. Io vorrei fermarla, vorrei salvarla, ma è veloce.

«Buongiorno, signora Di Feo!». Si appoggia allo stipite e tira fuori dalla sua tracolla un quaderno. «Ero qui di passaggio e ho pensato di portare a Linda gli appunti che aveva prestato a Daria. Purtroppo lei ha da fare oggi, così ci ho pensato io».

Mi affaccio anch'io verso la cucina, dietro la figura dritta e slanciata di Carlotta che mi fa da scudo. Mi accorgo solo ora di quanto sia più alta di me.

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