Capitolo 16

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Quel Mercoledì, qualche ora prima della mia scomparsa, ero a scuola e l'ultima campanella suonò, concludendo l'ora di arte.
Misi tutto via nello zaino. Mi alzai per uscire, ma prima che potessi varcare la porta il professor Davies mi richiamò.
Mi fermai e andai da lui, in questo modo rimanemmo solo noi due.
L'uomo tirò fuori un foglio, me lo mostrò e io lo riconobbi subito.

"Il suo test non è andato molto bene, signorina Wyatt" mi disse riferendosi al test che avevo fatto il giorno prima e infatti presi una D-.

"Mi scusi. Ho studiato ma avevo la testa altrove" cercai di spiegargli sperando che non la prendesse come una classica scusa di chi non ha studiato. Il litigio con Camilla era ancora fresco e non riuscivo a togliermi quella ragazza dalla testa.
Il professor Davies si tolse gli occhiali, li posò sulla scrivania e mi scrutò con circospezione per qualche secondo.
Quel tempo mi bastò per capire il motivo per cui molte studentesse avessero una specie di cotta per lui. Aveva una trentina d'anni, era alto, moro, barba accennata, capelli corti sistemati con il gel e un fisico che presumeva che andasse in palestra.

"Saresti disposta a fare un test di recupero oggi stesso?" mi chiese e inizialmente mi trovai spiazzata da quella proposta. Non mi aspettavo che volesse farmi recuperare il test così presto.

"Intende subito?" chiesi ancora stupita, ma il professore mi fece cenno di aspettare.

"Ti posso concedere un'ora per ripassare, dopodiché ti farò il test" rispose e così accettai. Tornai al mio posto e avvisai i miei zii che sarei tornata più tardi. Spensi il telefono e tirai fuori il libro di arte. Lo aprii e iniziai a ripassare gli argomenti del test.
La maggior parte delle cose già le sapevo, perciò ci misi relativamente poco per ripassare, ma il problema era sempre Camilla, che non aveva intenzione di uscire dalla mia testa.
Lei mi aveva ferita molto, voleva che la dimenticassi e io tentavo di farlo, ma non ci riuscivo. Sembrava che più cercassi di dimenticarmi di lei, più il suo pensiero si instaurasse nella mia testa.
Cercai anche di capire il motivo di quella rabbia nei miei confronti, perché il mio sesto senso mi diceva che c'era di più oltre al fatto che io fossi una distrazione per lei, però non riuscii a trovarne una sensata.

Terminata l'ora concessami dal professore, misi via il libro e mentre studiavo lui aveva preparato il test di recupero. Me lo consegnò, presi una penna e iniziai a rispondere alle domande.
Alcune erano più mirate e precise ed erano quelle più difficili, altre invece più generali e semplici.
A metà test, però, la mia mente decise di giocarmi un brutto scherzo e Camilla tornò a dominare i miei pensieri.
Cercai di scacciarla e di concentrarmi sul test e per fortuna ci riuscii, perciò mi affrettai a finirlo prima che quei pensieri tornassero.
Una volta scaduta l'ora, fui costretta a consegnare. Presi di nuovo le mie cose, salutai il professore e uscii dall'aula.
Erano passate da un po' le 4 del pomeriggio e la scuola era pressoché deserta. Camminavo per i corridoi e l'unica cosa che sentivo erano i miei passi.
Accesi il telefono per informare i miei zii che stavo tornando, ma improvvisamente qualcuno mi prese da dietro, mi bloccò tappandomi la bocca e sentii una puntura al collo.
In pochi secondi, la testa mi si fece leggera e svenni.
Il mio aggressore fu scaltro e non si fece vedere da nessuno, ma anche se qualcuno lo avesse visto probabilmente avrebbe detto che ero stata male e che mi stava portando in ospedale.
Mi caricò sui sedili posteriori della sua macchina e partì verso il suo nascondiglio.
Ero appena stata drogata e rapita dal Fotografo.

Quando mio zio non mi vide tornare, provò a chiamarmi, ma nessuno rispose. Il mio telefono cadde nel corridoio della scuola quando fui aggredita, perciò nessuno avrebbe mai risposto e non poteva nemmeno essere usato per rintracciarmi come nei film.
Mio zio, allora, provò a chiamare i miei amici, ma nulla, allora provò con Damien, per sapere se fossi da lui, ma, quando il ragazzo negò, capì che mi fosse successo qualcosa.
I Drake si riunirono e andarono alla centrale di polizia, dove mio zio, dopo il ritrovamento del mio telefono, aveva mobilitato tutti gli agenti per cercarmi.

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