Capitolo 39

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"Le prometto che non avverà più un episodio del genere" disse mio zio al preside dopo essere stato chiamato a causa del pugno che tirai a Cheryl.
Spostai la testa e vidi proprio quella stronza con una macchia violacea attorno all'occhio e sulla quale teneva un impacco di ghiaccio.
Io invece lo tenevo sulla mano con la quale avevo sferrato il pugno.
Dietro di lei c'erano i suoi genitori che mi davano tutta l'aria di essere tutt'altro che amorevoli e gentili.

"Me lo auguro, signor Wyatt, ma devo comunque dare una punizione a sua nipote, perciò la sospendo da scuola per i prossimi giorni. Riprenderà Lunedì come gli altri" disse il preside e dopo aver dato una stretta di mano a mio zio, io e lui uscimmo dall'ufficio, seguiti però dal signor Anderson.

"Paul" lo chiamò l'uomo in corsa per la carica di sindaco di Brightwood.
Mio zio mi disse di andare in macchina senza fare alcun tipo di sosta, perciò feci come mi disse e rimase a parlare con il suo ex compagno di liceo.

"Mi dispiace davvero Marcus. Ti assicuro che non accadrà più" disse mio zio mortificato per ciò che avevo fatto.

"Lo spero vivamente...." rispose Marcus avvicinandosi di più a mio zio.

"Anche perché sarebbe imbarazzante se la gente venisse a sapere che lo sceriffo della città non sa tenere d'occhio sua nipote" gli sussurrò all'orecchio con un tono da minaccia velata.
Tra lo zio Paul e Marcus Anderson c'era un'accesa rivalità sin dai tempi del liceo e il fatto che quest'ultimo potesse diventare il superiore di mio zio e quindi avere il potere di licenziarlo lo metteva nella posizione di non provocarlo per evitare conseguenze, quindi stringeva i denti e mandava giù.

Non appena gli Anderson se ne andarono, mio zio uscì e salì sulla volante della polizia con la quale era venuto a scuola.
Io lo aspettavo già sul sedile del passeggero.
Partì verso casa, ma non disse una parola e quel silenzio iniziò a mettermi a disagio.

"Non dici nulla?" chiesi guardandolo un istante prima di guardare ancora la strada.
Sentii mio zio sospirare.

"Che vuoi che ti dica, mh? Tanto qualsiasi mia parola ti entra da un orecchio e ti esce dall'altro" rispose con un tono molto distaccato e dalla voce capii quanto ancora ci stesse male per il litigio della sera prima.

"Io....vorrei che mi perdonassi per ieri...." dissi quasi in un sussurro, tanto basso che credetti non lo avesse sentito e invece non fu così.

"Perché dovrei perdonarti? In fondo hai solo detto la verità. Io non sono tuo padre e non posso dirti cosa fare" rispose, ma il modo in cui lo fece mi ferì parecchio.
Iniziò a rallentare e si accostò vicino al marciapiede.

"Quindi perché non scendi e vai a fare quello che vuoi come hai sempre fatto nell'ultimo periodo?
Vuoi andare a farti un giro? Vai.
Vuoi fare irruzione in un'altra casa per farti un bagno e finire in manette? Vai!" io rimasi immobile, con lo sguardo basso e ferito.

"Io mi faccio il culo al lavoro per mantenere questa città sicura e lo faccio soprattutto perché tu e Travis siate al sicuro, perché odio vedervi uscire dalla porta e pensare che potrebbe essere l'ultima volta che vi vedrò.
Non mi aspetto un grazie, non lo faccio per questo, ma d'ora in poi non tollererò più questo tuo atteggiamento, quindi datti una regolata e prima di aprire la bocca collega il cervello. Mi sono spiegato?" domandò dopo avermi rifilato la sgridata più dura che avessi mai subito.

"Sì..." risposi annuendo sempre con lo sguardo basso sulle mie gambe.
Ero sul punto di piangere per quanto mi avesse ferita quella sgridata, ma riuscii a trattenere le lacrime e intanto mio zio ripartì per tornare a casa.

Arrivammo e io scesi da sola, ma non prima che lui mi avesse informato che come punizione avrei dovuto passare chiusa in casa tutto il periodo della sospensione.
Accettai in silenzio e salii, mentre lo zio Paul andò di nuovo in centrale.

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