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Passai la mattinata con Sarah, facendo attività da kook con i kook.
Eravamo in cucina, e Sarah mi stava versando un po' di soda in un bicchiere, che afferrai sorseggiandone il contenuto.
«Perché non resti tutto il giorno? Ci prepariamo insieme per stasera, che dici?»
Ci penso un po'.
«Si, perché no.»
«Si! Ora momento pranzo e film. Preparo due panini e saliamo sopra. »
Sorrisi al suo entusiasmo e le dissi che sarei uscita un attimo in porticato per fumare.
Mi affacciai alla staccionata e ne accesi una.
Dopo due minuti, vidi la macchina di Ward fermarsi davanti casa.
Cazzo.
Scese e si avvicinò alla porta principale.
«Oh buongiorno Lara»
«Buongiorno a lei» Dissi fredda, facendo un tiro dalla sigaretta.
«Volevo scusarmi con te, non mi sarei dovuto permettere di parlarti in quel modo. Scusami, davvero»
Lo guardai per un po' e poi annuii.
«Si...acqua passata.»
Lui mi sorrise e aprì la porta.
«Vuoi rimanere a pranzo?»
«Ehm, Sarah sta preparando due panini, li mangiamo insieme in camera»
«Oh, certo d'accordo. Sappi che qui sei sempre la benvenuta»
Senza aggiungere niente, entrò dentro casa.

~~~

«Non metterò nessun vestito, cambio solo la maglietta, ok?» Eravamo in camera di Sarah, che era da un'ora che cercava di convincermi a indossare uno dei suoi vestiti.
«Va bene! Come vuoi»
«Ehi, hai visto il mio telefono?»
Sarah si guardava intorno come me, ma non lo trovammo da nessuna parte.
«Prova a vedere in terrazzo, siamo state lì prima» Annuii ed uscii dalla camera.
Mi incamminai verso il terrazzo e vidi Rafe, sulla poltrona con il bong in mano.
Appena mi vide lo mise giù ed evitò in tutti i modi il mio sguardo. Andai dalla parte opposta della veranda, e cercai il mio telefono sul tavolino. Nessuna traccia.
Cercai meglio anche sotto il divano, ma niente. Nel frattempo sentii il suo sguardo bruciarmi la schiena, e infatti, quando mi girai, lo trovai a fissarmi.
«Hai visto il mio telefono?»
«Huh?»
«Hai visto il mio fottuto telefono?»
Alzai la voce come se stessi parlando con un vecchio sordo, e lui sembrò innervosirsi.
«No non ho visto il tuo fottuto telefono, Lara» Si alzò di scatto, facendo cadere il bong a terra.
«Che problemi hai!?»
«No tu! Tu che problemi hai!» Mi gridò addosso, puntandomi il dito contro.
«Sei tu che mi infastidisci!»
«Io?! Io ho solo cercato di essere gentile con te! Sei tu che fai la fottuta stronza arrogante senza un cazzo di motivo!»
Aggirò il tavolino difronte la poltrona e si avvicinò a me, mentre facevo passi indietro finché non mi ritrovai con la schiena al muro. Tremai sul posto, e lui sembrò notarlo.
«Rafe»
«Zitta!» Mi prese i polsi e li strinse leggermente. Ci guardammo negli occhi tutto il tempo. Le sue pupille erano dilatate, le mie lucide.
Abbassai lo sguardo e lasciai cadere una lacrima. Lui la notò e alleggerì la presa sui miei polsi. Non seppi perché stavo piangendo. Mi ero agitata quando si era avvicinato in modo minaccioso, mi aveva ricordato mio padre.
Lo spinsi via con tutta la forza rimasta, e lasciai la terrazza piangendo.
Uscii dalla proprietà senza dire nulla a Sarah, senza prendere né telefono, né sigarette. Corsi via e basta. Non mi ero mai sentita così sola in vita mia.
Era tutta colpa mia.
La gente cercava di avvicinarsi a me, di relazionarsi...e io respingevo tutti.
Ero sempre stata la gemella sbagliata, quella rotta.

~~~

Rafe

Mi sentivo una merda.
Avevo detto a Lara che le botte che gli dava il padre, se le meritava. Cazzo se sono un bugiardo di prima categoria. Ma quando mi altero in quel modo, dico cose che non penso assolutamente e poi me ne pento.
Ma lei mi fece incazzare.
So che però non ho scusanti, e che il mio atteggiamento è sbagliato. Ma sono anche incazzato con lei perché è un ingrata di merda. Prendere l'amica di mia sorella e accompagnarla dove vuole? Non è da me.  E non so perché lo feci.
Non so anche perché avevo tirato fuori dall'armadio il bong e perché mi fossi messo a fumarlo a quell'ora del giorno. Non era da me. Ma dovevo calmare la mente, che lavorava troppo veloce per quanto io riesca a sopportare.
A volte mi capitava, anzi, molto spesso in questo periodo, di avere pensieri strani.
L'altro giorno, stavamo cenando tutti insieme a tavola. Avevo il coltello del pane, quello con la serra, in mano.
Era come se stessi per impazzire quando il cervello mi disse di tagliare la gola alla persona vicina a me.
Stavo per tagliare la gola a Sarah, se non mi fossi alzato e se non me ne fossi andato da quella casa.
Stava dialogando troppo con mio padre e lui le stava facendo tantissimi complimenti su quanto fosse la figlia perfetta, su quanto fosse buona la purea di patate che aveva cucinato lei in persona.
Ed io, non ce la feci più.
Quella sera sniffai ben due strisce di cocaina, finendola del tutto.
Non riuscivo a controllare questi pensieri...malati. L'unica cosa che riesce a "fermarli" per un po' era la droga. Ed io senza di essa sentivo come se potessi impazzire, capace di far del male senza volerlo davvero.
Ma con il tempo peggioravo, e mi sentivo impotente.
Avevo cercato di chiedere aiuto.
Tante volte, quando ero piccolo.
Ma nessuno mi aveva mai ascoltato veramente. Le mie richieste di aiuto venivano viste come capricci, come trasgressioni di un ragazzino immaturo.
Da allora non feci che peggiorare e peggiorare, non chiedendo ausilio più a nessuno. Perché non avrebbero capito.
Con Lara, finiva sempre con me che sbagliavo con lei.
Potevo evitarle di urlarle contro in quel modo, e potrei dare la colpa all'erba ma so benissimo che non era solo per quello. Mi sentivo strano vicino a lei, e questa cosa mi faceva imbestialire.
Non sopportavo di vedere i suoi occhi grandi e dolci spaventati quando le urlavo contro. Eppure, lo facevo.
Ero un disastro. Un completo disastro.
Perciò dovevo starle alla larga, perché sentivo che solo la mia presenza vicino a lei l'avrebbe fatta a mille pezzettini. Ogni volta che mi avvicinavo sentivo una strana morsa a petto, che mi faceva incazzare di brutto, e me la prendevo con lei.
Ma lei non c'entrava nulla. E lo sapevo.
Quando era scappata in lacrime, volevo solo correrle dietro e abbracciarla, accarezzandole i suoi morbidi capelli.
Ma non l'avrei mai fatto. Non potevo e poi lei non si meritava un mostro come me.
Lei merita una persona che invece di urlarle contro, le parli in modo dolce e pacato. Perché per quanto possa mostrare di essere forte, lei in realtà era la persona più fragile che avessi mai conosciuto. Solo che a differenza mia, lei trasformò la sua debolezza in una corazza di ferro. Ma io quella protezione l'avevo disintegrata. E non ne andavo fiero per niente. 
Sentivo come se meritassi che qualcuno venisse qui ora e mi accoltellasse nello stomaco.
Ma d'ora in poi, dovevo starle alla larga. Per il suo bene.

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Reflections - Rafe CameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora