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Lara

Eravamo davanti la casa degli orrori delle Outer banks, dove John B affermava che fosse conservato l'oro.
Io ero la sentinella, stavo fuori in giardino e li avvisavo tramite walkie talkie se ci fossero state delle minacce esterne. In pratica, non facevo un cazzo. Ma meglio così dato che non mi sentivo bene. Ero spossata e mi girava la testa.
Fuori faceva freddo quindi entrai nel twinkie e accesi il telefono che avevo fatto caricare in macchina.
Non appena si accese il telefono, attivai i dati e l'unico messaggio che vorrei aver ricevuto era quello di Rafe.
Ma niente.
Né chiamate, né squilli, né niente.
Decisi di chiamarlo io.
Sapevo che dovrei ignorarlo, o aspettare che lui mi chiamasse, ma io non riuscivo a resistere.
Dovevo sentirlo.
Prima di pentirmi della mia decisione, avviai la chiamata.
Dopo molti squilli, stavo per arrendermi, ma lui rispose.
«Lara» La sua voce era strana e tremante, e in sottofondo sento delle voci.
Io non seppi cosa dire.
«Pronto? Lara?»
Andai nel panico e chiusi la chiamata.
«Cazzo» Imprecai tra me e me.
Dopo nemmeno cinque secondi, il telefono squillò. Decisi di non rispondergli.
Non appena smise di suonare, squillò dinuovo.
E ancora una volta.
Un'altra volta.
Finché non risposi.
«La smetti?!»
«Perché non mi rispondi? Bambina del cazzo»
Riattaccai immediatamente.
Se aveva intenzione di insultarmi e basta, era meglio che si trovasse qualcos'altro da fare.
Mi richiamò, ed io risposi dopo mezzo minuto, solo per farlo schiattare sto stronzo.
«Lara»
«Che vuoi?»
«Perché mi hai chiamato?» Sembrò più calmo adesso.
«Io-io ho sbagliato numero»
«Ah si? E chi volevi chiamare?»
Un giramento di testa mi colpì, facendomi cadere il telefono sotto il sedile del twinkie.
«Cazzo»
Toccai il tappetino a terra, cercandolo, e lo trovai in un angolino.
«Lara!? Mi senti?» Come non detto, ora era esaurito.
«Si, idiota»
«Che è successo? Dove sei e con chi?»
«Mi è caduto il telefono, calmati»
Sospirò dall'altro capo del telefono.
«Dove sei»
«Non ti interessa»
«Lara»
«Si?»
«Lara dimmi dove cazzo sei ora. Dobbiamo parlare» Stetti in silenzio per un po'.
«Non posso dirtelo. Tu dove sei?»
«Da Top»
«Sto arrivando. Dammi venti minuti»
«Cosa? No! Lara!»
«Che c'è»
«Ti vengo a prendere io»
Non potei dirgli dove sono. Avrei messo a rischio non solo JJ, ma anche gli altri e la loro ricerca.
«Devo andare. Ciao» Sentii Rafe urlare di no, ma io riattaccai e misi il silenzioso.
Non potevo scappare con il twinkie, quindi scesi e decisi di farmi il tragitto a piedi.

Dopo dieci minuti, ero a Figure Eight, non lontano da casa di Topper, però non vicinissimo. Camminando, una macchina blu scuro si fermò al mio lato della strada. Abbassò il finestrino e vidi che era Kelce.
«Ehi Lara!» Mi squadrò da testa a piedi con lo sguardo.
«Ciao»
«Vuoi un passaggio?»
«No, no grazie»
«Sicura? Dove stai andando?»
«Da Sarah, a casa di Top»
«Dai sali, ti accompagno, è tardi»
Ci pensai su un attimo ma alla fine feci il giro della macchina e salii nel lato passeggero. Avevo la febbre e mi sentivo svenire, per di più non avevo preso nessun farmaco, quindi non avevo più la forza di camminare.
«Grazie»
Kelce non disse nulla, ma si girò verso di me e mi guardò con occhi diversi.
Maliziosi, oserei dire.
«Kelce? Andiamo?»
Inaspettatamente, spense il motore della macchina e mise la sicura per bambini, in modo che io non potessi uscire dalla macchina.
Il cuore iniziò a battermi più veloce e non seppi cosa fare.
«Kelce apri subito la portiera!»
Lui rise.
«Andiamo tesoro, divertiamoci un po'»
«Kelce non sto scherzando!»
Avvicinò la mano sulla mia spalla ma io lo spinsi e premetti il pulsante delle portiere. Saltai fuori e corsi con le ultime forze rimaste in corpo. Lo sentii sfrecciare via, ma non mi girai.
Corsi finché non mi ritrovai difronte la casa di Top.
Al solo pensiero di quello che mi stava per accadere se non avessi reagito, mi scesero le lacrime.
Entrai in casa, la cui porta era aperta, e cors cercando di passare tra la folla.
C'era una festa qui.
Non vidi Rafe da nessuna parte, mi misi in punte per vedere meglio ma niente.
Riuscii ad uscire dal salotto, e all'improvviso mi sentii debole. Non sentii più le gambe e la testa era pesante. Mi appoggiai alla parete del corridoio. Strizzai gli occhi e sentii qualcuno chiamare il mio nome.

~~~

Rafe

Quando la vidi nel corridoio, cadere a terra, il mio cuore batteva così forte dalla preoccupazione che pensavo sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro.
La presi dalle braccia, e provai a richiamarla un paio di volte, ma lei era incosciente, inerme tra le mie mani.
Il suo viso era zuppo di sudore, così come i capelli attaccati sulla fronte. La presi in braccio e corsi via di casa.
Aprii la macchina con le chiavi automatiche, la misi al posto passeggero e, entrando anche io, sfrecciai il più veloce possibile all'ospedale più vicino.
Ero arrivato agli ottanta chilometri orari, in strade urbane. Cazzo, lei ancora non si svegliava. Potevo giurare di aver sentito delle lacrime cadere dagli occhi, e credevo che mi sarebbe venuto un infarto per il mio cuore martellante. Questa era un emozione che raramente assaggiavo. La preoccupazione, per qualcuno.
Ero nominato come Rafe menefreghista Cameron.
Io preoccuparmi per qualcuno? Nah, non era da me. Ma attorno a lei io ero diverso e non sapevo nemmeno il perché, e onestamente, non volevo saperlo.
Mi rendeva felice.

Portai Lara in braccio al pronto soccorso. Gli infermieri dissero cazzate come "non è grave", "si rimetterà"... ma perché cazzo non si svegliava, allora?
Non potevo nemmeno entrare nella sua stanza fino alle cinque del mattino, ma siamo matti? Ed io come cazzo facevo?
Camminai agitato avanti e indietro per il corridoio, fino a che un infermiera sulla cinquantina, bassina, si avvicinò a me.
«Signore, la ragazza sta bene. Ha solo un po' di febbre ma con i farmaci e il riposo si rimetterà nel giro di pochi giorni, due, tre al massimo»
«Perché cazzo non si sveglia?»
Lei si bloccò.
«Non è consentito dire-»
«Perché non si sveglia?!»
Lei sospirò.
«Sta dormendo, se volessimo svegliarla, potremmo farlo ma deve riposare, signore»
Quindi mentre io stavo morendo dentro, Lara stava semplicemente dormendo.
Quelle parole mi fecero sentire più tranquillo. Ma quella notte non avrei dormito. Mi feci un caffè doppio, e mi sedetti in sala d'attesa.
Avrei passato la notte lì.
Ma mai l'avrei lasciata sola di nuovo.
Era tutta colpa mia.

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Reflections - Rafe CameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora