Lara
Quelle parole rimbombavano nella mia testa.
Ward ha ucciso big John.
Ward era un assassino.
John B, dicendo quelle parole, era sgommato via senza aggiungere null'altro.
JJ, Pope e Kiara avevano capito dov'era diretto - la tenuta Cameron - e decisero di andare con la barca anche loro.
Io ero rimasta allo Chateau in caso ritornasse direttamente a casa.
Per di più mi era appena arrivato il ciclo e mi scoppiava la testa.
Entrai in cucina, e mi feci un analgesico per alleviare il dolore alla fronte insopportabile.
Mescolando il medicinale nell'acqua, mi tuffai in un vortice di pensieri.
Non sapevo cosa fare.
Con Rafe.
Lo amavo.
Ero innamorata di lui.
Non potevo farci niente, era così e basta.
Ma quello che mi aveva fatto...non era perdonabile.
Non era...normale.
Lo sapevo, ma rifiutavo la realtà.
La cosa più strana e malata, era che il mio primo vero pensiero fosse se lui in quel momento stesse bene.
E che volevo vederlo, ma allo stesso momento no perché sapevo che non avrei resistito dal perdonarlo.
Che fosse ossessione...manipolazione, questo non lo sapevo.
Mi odiavo perché mi mancava.
Con lui mi sentivo protetta, come con nessuno.
Mi sentivo sua e questo mi confortava.
Ma allo stesso tempo mi spaventava la sua violenza.
Quella mattina non era fatto.
Ma comunque non era lucido.
Aveva la testa altrove e a giudicare da come mi guardava con occhi distaccati...arrivai a pensare che c'era qualcosa in Rafe che non era normale.
Me l'aveva confessato.
Mi aveva detto che spesso aveva brutti pensieri e che non riusciva sempre a controllarli e mantenere la sua mente a bada.
Ma cosa significava? Quali pensieri?
Erano causati dalla sua dipendenza da droghe o facevano proprio parte di lui?
Era per questo che suo padre lo odiava, forse.
Perché sapeva che fosse diverso.
Ma...
No.
Non volevo pensarci.
Ingoiai la medicina e bevvi un altro bicchiere d'acqua.
Mi girava la testa.
Durante tutta la giornata non avevo ingerito assolutamente nulla.
Se non avessi mangiato qualcosa subito, sarei collassata.
Trovai del pollo fritto di chissà quanti giorni fa, e lo divorai seduta al tavolo in cucina.
Mentre cenavo, sentii il rombo di un motore fuori.
Il cuore mi saltò in gola.
Scattai all'istante dalla sedia.
Lavai le mani velocemente e mi affacciai alla finestra che dava sul porticato.
Nel buio vidi una figura scendere da una moto.Dalla...moto.
Rafe.
Feci un passo indietro.
Poi un'altro.
Andai a sbattere contro il tavolo dietro di me.
Me lo sentivo che sarebbe venuto, ma non stasera cazzo.
Misi una mano sul petto, il cuore mi batteva all'impazzata e il respiro era affannato.
Afferrai veloce una sigaretta dal pacchetto e me l'accesi.
Ero agitata e non sapevo cosa fare.
Cazzo.
Feci un respiro profondo.
Non avevo idea di come mi sarei comportata. Ma l'avrei affrontato.
La rabbia mi scorreva nelle vene.
All'improvviso sentii bussare alla porta principale.
Saltai dallo spavento.
Mi avvicinai alla porta, rimanendo ferma, senza aprirla.
L'ansia prese il sopravvento.
Bussò ancora.
Dall'altra parte della porta, sentii sospirare.
Mi mancò un battito.
Non sapevo descrivere cosa cazzo stavo provando in quel momento.
Ma so per certo che entrambi avevamo bisogno dell'altro.
Questa volta però, dovevo proteggere la mia dignità. Non poteva calpestarmi e rimanerne illeso.
No.
Dovevo amarmi, a cominciare da stasera.
Aprii la porta, e me lo ritrovai davanti.
Il suo viso si illuminò per la luce accesa della cucina.
Non aveva un bell'aspetto.
Le sue occhiaie erano enormi e le sue pupille dilatate.
Però profumava di doccia fresca.
Ci guardavamo negli occhi senza dire niente.
Lui però cercava di guardare ovunque tranne me.
Camminai indietro e lui lo prese come invito ad entrare perché entrò e chiuse la porta dietro di lui.
Lui sembrava che stesse per scoppiare a piangere...d'altro canto io era una furia pronta ad esplodere da un momento all'altro.
Continuava a spingersi nervosamente i capelli all'indietro con la mano.
Poi si avvicinò a me di un passo.
«Lara...io-» Successe in un secondo.
Non mi resi nemmeno conto di averlo fatto.
Ma lo feci.
Scattai verso di lui e il palmo della mia mano graffiò la sua guancia, forte.
Lui nell'impeto, girò la faccia, poi portò la mano sulla sua guancia e tornò a guardarmi.
«Mi fai schifo» Sbottai.
Lui strizzò gli occhi e poi li riportò su di me.
Fu lì che notai il suo labbro graffiato e le sue nocche spaccate e colme di sangue secco.
Aveva fatto a botte?
L'impulso di chiedergli cosa fosse successo era forte.
«Lo so, e hai-»
Lo spinsi lontano da me, con le mani sul suo petto.
E gli puntai un dito contro.
«Chiudi quella merda di bocca! Non devi mai più avvicinarti a me, capito!? Mai più!»
Lui sembrava avere il respiro affannato e i suoi occhi erano rossi e lucidi.
«Vai. Prendimi a pugni, sfogati. Me lo merito»
Lo guardai ancora più infuriata.
No.
Non l'avrei mai fatto.
Ma su una cosa aveva ragione:
Se lo meritava.
«T-ti rendi conto di quello che mi hai fatto?!»
Piansi come una matta.
Iniziai a scuotere la testa nervosamente, mentre le lacrime scesero sul mio viso libere, colando sul mio
collo ancora rosso e gonfio.
«Mi fidavo di te, cazzo! Ma- ma sono io la stupida...non dovevo darti fiducia già dalla prima volta che mi hai spinta!»
Lui non diceva una singola parola.
Vidi lacrime uscire dai suoi occhi.
«Ti odio, cazzo»
Singhiozzai.
«Sei violento.»
Tirai su col naso.
«Aggressivo»
«Lara...» La sua voce tramante si spezzò.
«Tu mi fai male Rafe» Mi ruppi in un pianto disperato.
«Rovini sempre tutto»
Rafe non smetteva di piangere e singhiozzare.
«Mi fai soffrire»
Mise la mani chiuse sulla fronte, tirando su col naso.
Non dissi più niente.
Dopo il mio sfogo, la mia rabbia svanì quasi del tutto.
«Mi...mi dispiace, io-» Si interruppe.
Abbassò le mani e mi guardò.
Sospirò, cercando di placare il pianto.
«Sono un disastro»
Cazzo.
«Non ho scuse Lara...io-»
Sospirò.
Aveva la voce che gli tremava.
«Io non posso perderti» Disse in un sussurro, piangendo.
Forse quello che provavo in quel momento era pena...ma sapevo che non era così.
Vederlo spezzarsi in quel modo...mi faceva stare male.
«Rafe» Asciugai le lacrime.
Lui scattò lo sguardo su di me.
«Io non posso continuare così»
Lui spalancò gli occhi, inumidendosi le labbra.
«Che...che significa?» Chiese tremante.
Abbassai il capo.
Sospirai.
«È da tutta la vita che do amore, nonostante il trattamento che ricevo, ma non vengo amata. È da sempre che cerco in tutti il buono. È da sempre che giustifico i comportamenti di mio padre prendendomi io tutte le colpe; oppure quando mia madre mi picchiava con gli anelli, dicendomi che nella vita avrei fatto la prostituta in mezzo alle strade, e tutto ciò a tredici anni e solo perché avevo un amichetto maschio.
È da tutta la vita che tiro avanti dicendo a me stessa che prima o poi avrei raggiunto la felicità, e che la mia vita non era da buttare.
Sai quante cazzo di volte ho cercato di farla finita? A otto anni dopo che papà mi aveva picchiato così forte che mi sentivo stordita, avevo ingerito quattro pillole per la schiena che avevo trovato nel bagno, aspettando nel mio letto di morire. A dodici anni cercai di affogare da sola in mare.
A quattordici anni sono salita sul tetto del mio palazzo e giuro su dio che stavo per buttarmi, se non avessi pensato a mio fratello.
È da sempre che mi convinco che un giorno la vita mi ripagherà per tutta la merda che ho dovuto ingoiare. Sono stanca. Pensavo finalmente di aver trovato una persona che mi avrebbe fatta sentire protetta e amata. Mi sbagliavo, forse non me lo merito. Ma una cosa è certa: io e te non possiamo stare più insieme...forse siamo fatti l'uno per l'altra ma questo non è il momento giusto.» Mi resi conto che non pensai tutto questo. Ma lo avevo detto davanti a lui, piangendo come una matta.
Tutto quello che dissi era vero.
Inconsciamente ho sempre voluto farla finita.
Ma non l'ho mai fatto, per JJ.
Lui era l'unico motivo per non lasciare questo mondo di merda.
Guardai Rafe.
Stava asciugando le lacrime.
Si avvicinò cauto a me: voleva abbracciarmi.
Scossi la testa.
Lui abbassò il capo.
«Non ti merito» Mi disse.
«Rafe, vattene»
Strizzò gli occhi.
«Per favore»
Lui annuì nervosamente.
Rimasi impietrita, quando si aprì la porta principale.
John B era tornato, ed era solo.
Aveva una faccia sconvolta e stanca.
Appena vide Rafe, accadde il putiferio.
Guardò prima lui, poi me, lacrimante con il collo ferito e poi le sue nocche sanguinanti.
Senza dire niente, John scattò su di Rafe in un lampo.
Mi allarmai subito quando il moro lo spinse con furia alla parete.
«John B!» Urlai.
Rafe capovolse la situazione, prendendolo dalle spalle e tirandogli un pugno sul labbro.
«Rafe! Smettetela!»
La furia di John prevalse: con un calcio alle gambe lo fece cadere a terra e iniziò a tirargli pugni ovunque.
Rafe sembrò essersi arreso.
La preoccupazione salì alle stelle.
«John!»
Saltai sulle sue spalle, per fermarlo.
«Smettila!» John mi spinse via, ma io non mi arresi.
L'avrebbe ucciso se avesse continuato.
Con tutta la forza in corpo, con entrambe le mani spinsi via John B dal corpo di Rafe.
«Lasciami!» Cercò di liberarsi di me ma io lo tenni lontano.
«Basta! Lo ammazzi!»
«È quello l'obiettivo, Lara»
Lo guardai sconvolta.
Mi girai verso Rafe.
«Rafe alza quel culo e vattene immediatamente da qui» Sbottai.
«Capito cazzo?!» Urlai.
Rafe si alzò da terra.
Fucilò prima John con lo sguardo, poi guardò me con uno sguardo indecifrabile, prima di uscire e sgommare via da qui.
Mi alzai, e tesi la mano a John.
«Ti ha ferita?» Chiese.
«Quel sangue sulle sue mani non è mio» Lo rassicurai.
Era sufficiente, il resto non era tenuto a saperlo.
«Ora spiegami che cazzo sta succedendo.»
Lui sospirò.
Si girò, sedendosi sulla sedia.
Io mi misi proprio davanti a lui, con un'altra sedia.
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Reflections - Rafe Cameron
FanfictionLara Maybank, sorella gemella di JJ Maybank, è appena ritornata sull'isola delle Outer Banks dopo tre anni di assenza. Il rapporto burrascoso sia con la madre che con il padre la spinge con il tempo ad assumere un atteggiamento solitario, chiudendo...