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Passarono i giorni, iniziai ad andare dallo psicologo e anche se mi pesava ammetterlo, mi faceva bene. Iniziai a sfogarmi con lui di tutto quello che era accaduto nella mia vita.

Gli raccontai di mio padre, di quanto fosse rude, cattivo e ubriacone. Di quanto facesse male a mia madre, ai miei fratelli e a me. Gli raccontai che anche se per me era un bastardo senza palle e senza dignità, era comunque mio padre ed io avrei voluto perdonarlo in qualche modo ma... Lui non c'era più.

Gli raccontai di Zac, dell'incidente, degli incubi, che era sempre e costantemente con me anche se lui non c'era più.

Gli raccontai di Bruno, della nostra storia travagliata, di quello che lui fece per me, di quando mi tradì, di quando ci lasciammo di comune accordo e di quando ci ritrovammo. Gli raccontai anche che lui aveva ancora Jessica ma che di lì a poco l'avrebbe lasciata. Gli raccontai le mie perplessità sulla sua partenza per il tour e che a distanza di anni da quel tradimento avevo il terrore di allontanarmi da lui per paura che lui potesse ricascarci. In fondo una bella donna attraente potrebbe far cadere in tentazione anche un "santo" e Bruno un santo non lo era. Tra un mese anche lui non ci sarebbe più stato accanto a me.

Aveva lasciato Jessica per telefono in mia presenza visto che lei prolungò la sua permanenza a New York e non poté farlo di persona. Cercava di accontentarmi in tutto quello che volevo. Non sapevo precisamente che piega stesse prendendo il nostro rapporto ma sentivo di allontanarmi da lui. Lo vedevo meno spesso e cercavo sempre scuse per non andare da lui. Era come se vedendolo soffrissi di più quindi cercavo di tenermi occupata il più possibile in altro.

Il giorno dopo essere uscita dall'ospedale ritornai a lavoro e ripresi la mia routine. Alla mia agenda di impegni aggiunsi il Dottor Shepard. Lo vedevo 2 giorni a settimana. C'erano giorni in cui parlavamo di tutto ed altri in cui restavo a guardare il soffitto senza fiatare e lui restava lì seduto con fare professionale a guardarmi e a prendere appunti.

Era uno di quei giorni in cui dovevo vederlo. Appena uscita da lavoro andai nel suo studio non troppo lontano da casa mia. Ero seduta in sala d'attesa e per rendere il tempo d'attesa più produttivo lavoricchiavo e messaggiavo con Bruno e le mie amiche. Il suo studio non sembrava quello di uno psicologo ma una casa accogliente, con colori caldi e cornici alle pareti che attestavano quanto il Dottor Shepard fosse bravo.

Sentii la porta aprirsi ed un ragazzo con dei lunghi capelli neri e gli occhi verdi uscì dal suo studio. Mi alzai e lo salutai con un sorriso ma lui mi guardò imbarazzato, come se stare lì non era una cosa per cui sorridere e andò via. Il primo giorno in cui ci andai anche io feci così ma pian piano mi ci abituai e capii che infondo non era così malvagio parlare con una persona che ti fa guardare più lontano, che ti fa arrivare con la testa a ragionamenti che forse precedentemente non avrei fatto.

Entrai nel suo studio e lui era in piedi appoggiato alla scrivania. Era un bell' uomo sui quaranta o quarantacinque anni, se ne aveva di più li portava veramente bene. I capelli erano brizzolati e corti, un fisico asciutto, alto e aveva gli occhi color nocciola.

Appena mi vide mi sorrise calorosamente.
-Salve...- dissi timida.
-Ciao Christina, prego, accomodati pure.-
-Grazie.-
-Allora, come va?-
-Bene... Nel senso.... Bene per me.-
-Bene per te? Cosa intendi?-
-Che per me, per la mia "guarigione" o come vogliamo chiamarla... Va bene, per il resto un po' meno.-
-La tua non è una convalescenza Christina. Stai solo cercando di capire cosa ti abbia portato ad un gesto estremo.-
-Ma quello è stato un gesto non... Come posso spiegarmi... Non premeditato insomma.-
-Spiegami. Da quando vieni qui non mi hai mai voluto raccontare come è andata, te la senti?-
-Beh... Avevo da poco litigato con Bruno per una cosa importante, importante per me e per il nostro futuro ma... Mi sentivo... Come dire... Abbattuta per tutto quello che mi stava succedendo e volevo solo... Dimenticare. Non volevo uccidermi. È stato l'alcool a farmi fare una cosa stupida.-
-Bevi spesso? Hai mai bevuto tanto da perdere i sensi?-
-No... Bevevo quando uscivamo tutte insieme con le mie amiche ma mai tanto. Si, sono tornata qualche volta a casa ubriaca però è stato tanto tempo fa. A volte mi ci sono rifugiata ma non è un vizio. È sempre la stessa storia, bevevo per dimenticare.-
-Lo sai vero che non risolve niente il bere.-
-Certo dottore ma le assicuro che non è un vizio. Sono una persona molto realista e se avessi un problema del genere lo ammetterei per prima a me stessa.-
-Sei qui, di solito chi viene qui non ammette di avere qualche problema. Tu perché secondo te sei qui? E non parlo dell'incidente.-
-Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, un estraneo che segua "i fatti" da un'altra prospettiva perché i miei amici o la mia famiglia mi diranno cose per farmi stare bene o per confortarmi pensando che sia per il mio bene ma io ho bisogno di prendere a schiaffi questa vita. Ho bisogno di capire me stessa e la situazione.-
-Secondo te stai facendo un buon lavoro? Cosa hai capito?-
-Ci sto provando dottore, ci sto provando con tutte le mie forze.-
-Analizziamo la cosa, qual è adesso la situazione?- disse accavallando le gambe e togliendosi gli occhiali da lettura.
Esitai un po' prima di rispondere, pensai a cosa dire ma non c'era tanto da pensare, la situazione era più che chiara ed io dovevo solo ammetterlo a me stessa.
-Beh... Come dire... È un casino ma... Non un casino facile da risolvere, uno stramaledettissimo e orribile casino.-
-Orribile?-
-Si, orribile perché so che soffrirò di nuovo ed il saperlo è ancora più brutto della sofferenza in se.-
-Perché soffrirai?-
-Beh... Sono una ragazza di ventitré anni che ne ha passate troppe e non tanti anni fa ha visto seppellire il proprio ragazzo. A ventuno ne ho conosciuto un altro che mi ha totalmente travolto la vita, un cantante. Chi se lo sarebbe mai aspettato? I musicisti sono difficili da tenere a "bada"... Ci siamo lasciati non poche volte, litigato tre miliardi di volte e ripresi altrettante volte. Lui mi tradisce, lo perdono. Ci lasciamo, passa un anno e ci ricaschiamo ed ora sono sul filo del rasoio perché lui partirà ed io non posso stare così lontano da lui perché non ce la faccio. Stiamo insieme adesso ma ci stiamo facendo del male perché lo sappiamo come andrà a finire. Ci dobbiamo lasciare ma... Nessuno ha il coraggio di farlo. Ci stiamo allontanando piano piano perché pensiamo che così, tra un mese, non sarà così doloroso però... Lo sappiamo entrambi che, almeno io, soffrirò da morire.- dissi tutto in poco tempo e appena finii di parlare il dottore mi fissò a lungo.
-Ecco, l'ho detto ad alta voce. Ora so che è vero e non è tutto un brutto incubo. Dio, sono un disastro, la mia vita è un disastro.-
-Christina, la cosa positiva è che stai reagendo a questi eventi, stai cercando di mettere di nuovo tutto in ordine e credo che tu stia facendo più di un ottimo lavoro. Non posso dirti cosa fare perché non è mio compito dirtelo ma hai detto tutto quello che c'era da dire. Pensaci e la prossima volta ne parliamo insieme se sei giunta ad una conclusione.-
-Va bene, grazie dottore.- ci alzammo, gli tesi la mano per salutarlo ed andai via.

Uscii fuori dall'edificio e mi fermai. Avevo tutto il quadro della mia storia con Bruno davanti agli occhi e adesso sul serio sapevo cosa fare. Era la cosa più dolorosa per me, più straziante perché già avevo capito cosa si provasse a stare lontano dall'uomo che più amavo al mondo. Era come se il cuore mi si stesse di nuovo spezzando in frantumi e forse nessuno dopo di lui avrebbe mai potuto aggiustarlo.

Avevo capito, dovevo farlo e di lì a poco sarei andata da lui.

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