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Quando al mattino mi svegliai, al mio fianco, lei non c'era. La cercai per tutta casa ma non v'era traccia, andai in cucina e trovai un biglietto tenuto sul frigorifero con una calamita a forma di Tour Eiffel che comprò a Parigi.

"Buongiorno, fa come se fossi a casa tua. In fondo per un po' l'abbiamo condivisa. Mangia quello che vuoi, fai quello che vuoi. Sono a lavoro."

Presi quel biglietto, lo guardai meglio e poggiai la testa allo sportello del frigo. Avrei voluto trovare una soluzione per diminuire il suo dispiacere, il suo dolore ma non mi venne niente in mente. Sapevo che dietro quel sorriso e quel "è passato" si nascondeva tanta tristezza. Episodi del genere rimangono impressi a lungo soprattutto quando a farti del male è una persona al quale vuoi bene.

Presi il cellulare e ci trovai dei messaggi di Jessica molto carini ma al quale risposi freddo e distaccato. Non avevo il coraggio di lasciarla, nel momento in cui pensavo di farlo mi ritornava in mente Christina che non era sicura di voler stare con me e guardando Jessica pensavo che sarebbe stata il mio futuro. Forse con il tempo avrei imparato ad amarla più intensamente. Pensai addirittura di lasciarla e provare ad innamorarmi di un'altra ma il problema era che con chiunque fossi stato non avrei mai amato nessuna. Il mio cuore apparteneva ad una bellissima ragazza dagli occhi azzurri, i capelli color cioccolato, labbra rosse come ciliegie e con un cuore infinitamente grande. Lei era la mia anima gemella.

Mi guardai un po' intorno, feci il giro delle stanze, aprii i suoi mobili e dentro vi regnava il caos. Lei viveva nel disordine più totale. Da fuori sembrava una casa molto più che ordinata ma appena si apriva anche un solo cassetto ci si poteva trovare di tutto. Infondo la propria casa è lo specchio di se stessi.

Mi decisi a farmi una doccia e dopo aver finito e messo un po' in ordine uscii da casa sua incrociando Steve che mi salutò calorosamente. A lui quel Noah non piaceva affatto e ci aveva visto lungo fin dal primo momento in cui lo conobbe.

Quando ritornai a casa vidi la sciarpa di Jessica sul pianoforte e la chiamai.
-Pronto.- rispose dall'altro capo del telefono.
-Ehi, buongiorno.-
-Ciao amore.-
-Come stai?- le chiesi.
-Bene, e tu?-
-Bene. Dove sei?-
-Sono a casa, sto facendo la valigia. Tra un po' ho il volo per New York. Sono stanchissima, non ho chiuso occhio.-
-Si, lo so. Ti accompagno io.- cercai di mostrarmi il più amorevole possibile.
-Grazie amore, allora ci vediamo tra un ora.-
-Ok, a dopo.-

Lei ed io non ci vedevamo molto spesso, in un mese passavamo una settimana o due insieme e questa situazione mi permise di stare più tempo con Christina.

All'aeroporto, dopo averla vista salire su quell'aereo mi decisi. Appena sarebbe ritornata l'avrei lasciata, non sapevo e non potevo più prenderla in giro e soprattutto non potevo prendere in giro me stesso.

Verso le 18:00 andai a trovare Christina a lavoro sapendo che sarebbe uscita a breve. Ogni volta che la vedevo sembrava fosse la prima, era bellissima nei suoi Jeans stretti a vita alta, un top corto trasparente sulle maniche, la giacca di pelle che le comprai a Parigi e la mia fedora nera che mi rubò al mattino prima di uscire. Gli occhi tristi, il corpo stanco e magro. Bussai il clacson e lei sorrise appena mi vide.
-Ciao, cosa ci fai qui?- disse mettendo le sue mani nei miei capelli.
-Non mi dai un bacio?-
-Potrebbero vederti.-
-Entra allora.-
-Ho la macchina nel parcheggio.-
-Lasciala qui. Domani ti accompagno io.- sorrise nuovamente ed entrò in macchina. Chiuse il finestrino e mi baciò.
-Allora, cosa ci fai qui?-
-Volevo vederti.-
-Per fare cosa?-
-Sei maliziosa.-
-Quando ci sei tu di mezzo si. Jessica?-
-A New York.- annuì e continuò a fissare fuori dal finestrino. -Vuoi qualcosa da mangiare?-
-No, grazie.-
-Ok, ho capito.- presi la strada per andare al suo ristorante italiano preferito, lo capì.
-Bruno, non voglio mangiare.-
-Lo vedremo!- parcheggiai e la feci scendere.

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