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Mi alzai di colpo dal letto pensando fossi in ritardo per il lavoro ma quando guardai il cellulare erano solo le 6:30 del mattino. Guardai anche la data 22 Giugno.
-Cazzo, cinque giorni.-
Restai a letto guardando il soffitto e nella mi testa si formarono cinquanta o più ipotetiche conversazioni tra me ed il mio amore più grande.
L'amore, esiste sul serio? Si, l'avevo provato sulla mia pelle quanto facesse male l'amore.
Appoggiai il cuscino sulla mia faccia ed urlai scalciando. Se qualcuno mi avesse visto forse avrebbe pensato che fossi una pazza nevrotica.
Tra pensieri sconcertanti, nella confusione più totale, mi addormentai di nuovo.

Il cinguettio degli uccellini mi fece riaprire gli occhi. Purtroppo non erano veri uccellini ma solo la mia sveglia che mi indicava che era ora di alzarsi. Fortunatamente era l'ultima settimana di lavoro, poi delle meritatissime ferie mi attendevano.
Volevo prenotare un viaggio con le ragazze ma tutta la storia di Bruno mi distrasse. Non pensavo ad altro: "ci vado? Non ci vado? Si, ci vado. No, non ci vado". Erano questi i pensieri che più o meno affollavano la mia testa.
Volevo auto convincermi a non andarci, a resistere alla tentazione di vederlo ma sapevo che la mia testa avrebbe perso in partenza. Ci sarei andata. Mi sarei vestita bene, avrei messo il suo profumo preferito, mi sarei truccata e sarei scesa con il mio VIP pass appeso al collo.
Le ragazze non lo sapevano ancora, nessuno lo sapeva. Qualsiasi opinione non mi interessava e non volevo sentire cose negative sul suo conto, a quanto mi fece stare male e bla bla bla.
Tutto questo io lo sapevo e nessuno mi avrebbe detto "vai, segui il tuo cuore".

Mi alzai e la solita routine mi investì. Feci colazione, pensai a Bruno, mi lavai, pensai a Bruno, scelsi cosa mettere, pensai a Bruno. Era tutto un susseguirsi di pensieri su di lui, un alternarsi tra ricordi meravigliosi e ricordi orribili. Lui era tutto questo, era Bruno e si prendeva tutto di me senza chiederlo nemmeno, anche a chilometri di distanza.
Il ricordo del suo amore, del nostro amore non mi abbandonava mai, persino a letto con un altro uomo, ogni tanto, mi balenavano nella testa i suoi capelli selvaggi, il suo petto liscio e i suoi tatuaggi. Non sapevo se a lui accadesse la stessa cosa, probabilmente no, era un uomo, agli uomini non accadono queste cose.

Mi fermai da Starbucks e mentre prendevo il mio caffè vidi chi avevo intenzione di evitare. Cercai di nascondermi ma in fondo non se lo meritava. Mi alzai e gli toccai la spalla. Si girò e mi sorrise. Tolse gli occhiali scuri e mi baciò sulla guancia.
-Come stai piccola?-
-Bene, tu?-
-Bene. Non ti sei fatta più sentire.-
-Lo sai, te lo dissi, non me la sento di iniziare qualcosa di cui non conosco nemmeno il nome per definirla.-
-Sesso. Puoi definirlo così.- disse bevendo il suo frappuccino.
-Quello non ti manca dai, sei pieno di ragazze Turner.- mi prese per mano e mi fece sedere ad un tavolo con lui.
-Mi manchi tu, Anderson.-
-Non facciamoci del male.-
-Sei bellissima.-
-Non farmi arrossire.-
Si sporse verso di me e mi baciò. Un bacio talmente intenso che quando ci staccammo un po' di persone ci guardarono.
-Ci guardano tutti.- dissi ricomponendomi.
Mi prese per mano ed uscimmo dal locale. -Dove mi porti?-
Andammo in un vicolo cieco a pochi passi da lì, dietro ad un grande cassonetto della spazzatura. Mi spinse contro il muro e mi baciò nuovamente. Mi baciò come se volesse mangiarmi. Mi prese in braccio facendomi avvolgere le mie gambe intorno ai suoi fianchi, facendolo la gonna si alzò rivelando le mie mutandine di pizzo bordeaux. Potevo sentire la sua erezione premere sul mio sesso e Dio, era una sensazione straordinaria.
Ansimai involontariamente, aveva risvegliato la mia libidine ed io volevo saziarla. Mi tirò un po' la coda e mi mordicchiò il collo.
-Lo sai perché mi piaci?-
Scossi la testa e lo ribaciai. -Perché siamo in un posto squallido dove qualcuno potrebbe vederci e non t'importa, perché sei bellissima e sei una dea a letto.-
-Che ne dici di scoparmi adesso?- dissi toccandogli il membro.
-Cazzo. Dove la trovo una come te?- si sbottonò il pantalone liberando l'erezione, scostò le mie mutandine ed entrò dentro di me. Ansimò e mi baciò. Cosa diavolo stavo facendo? E se qualcuno ci avesse visto? Alex era questo, ti trascinava in cose pazzesche e tu ci stavi senza rendertene conto del perché.
Ansimavo sul suo collo e cercavo di farlo il più piano possibile. Avevo paura che qualcuno ci vedesse o sentisse ma ero talmente eccitata che non riuscivo a fermarmi. Era un mix tra eccitazione, vergogna, adrenalina, piacere e orgasmo in arrivo ed infatti arrivò intenso e violento. Ero in paradiso.

Mi fece scendere dai suoi fianchi e si ricompose. Abbassai la gonna e mi appoggiai a lui cercando di aggiustarmi le scarpe.
-Sei l'unico che mi fa fare queste cose stupide.-
-Hai bisogno di queste cose stupide. Era un addio?- mi spiazzò con quella domanda improvvisa.
-Credo di si. Cavolo io sono innamorata di un altro e tu lo sai e non voglio fare del male a nessuno. C'è stata troppa merda nella mia vita, mi basta. Sei una nota positiva in questo periodo del cazzo Alex.-
-Sei speciale Chris, sul serio. Mi sarebbe piaciuto davvero conoscerti in un altro modo però hai ragione, meglio fermarci prima che possa farmi del male. Non sono abituato a questo ma tu sei straordinaria e avrei potuto innamorarmi di te.-
-Allora...-
-Allora... ciao. Stai attenta e buona vita.-
-Ciao Alex.- lo abbracciai ed andai via.

Non capii bene cosa diavolo era appena successo ma sapevo che ci eravamo detti addio a nostro modo. Mi ero tolta un peso dallo stomaco perché evitarlo senza salutarlo non mi sembrava giusto. Guardai l'ora ed ero fottutamente in ritardo. Sul cellulare c'erano cinque chiamate perse di Austin e sapevo che quando fossi andata mi sarei beccata una lavata di testa.

In serata dopo il lavoro chiesi alle ragazze di vederci per dirgli tutto quello in cui ero invischiata. Ci vedemmo in un ristorante, un posto neutrale dove non avrebbero potuto uccidermi.

Dopo le chiacchiere con un bel bicchiere di vino e i gossip che circolavano in quel periodo le fermai.
-Che c'è? Cosa c'è di più importante delle corna che Bryan Nichols ha messo a Julie?- disse Ashley.
-Ecco, c'è una cosa che non vi ho detto e che non sa nessuno, beh, nessuno tranne Steve. Ero in panico ed era l'unico che non mi avrebbe... ucciso/assillato. Spero non vi sentiate offese, lo so che lo fate per il mio bene ma in quel momento avevo bisogno d'altro.-
-Merda, io lo so già.- disse Hilary.
-Cosa sai?-
-So che c'entra lui. Lo so per certo. Ho visto un cartellone per strada con il suo enorme faccione e la data del suo concerto qui. Quindi spara Anderson o ti spariamo noi.-
-Merda!- dissi. -Ecco, ci ha invitate al suo concerto e...- mi bloccai scavando nella borsa. Presi i biglietti con i VIP pass e li misi sulla tavola. -... si, insomma io voglio andarci.-
-Cosa?- dissero in coro tutte e tre. Spiegai loro il mio punto di vista. Spiegai loro che non ce la facevo a starmene a casa quando lui mi scrisse una lettera e mi invitò a vederlo. Spiegai che comunque il mio cuore avrebbe sempre avuto la meglio perché ero così, non sapevo seguire la testa. Non ero così fredda da non avere alcuna reazione, ero una donna innamorata e anche se non volevo ritornarci insieme volevo vederlo. Mi mancava.
-Ok, dici di non volerci tornare insieme, allora qual è il senso di andarci?- domandò Hilary addentando una patatina.
-Non lo so, non lo so sul serio ma io non vedo l'ora. Mi sento una ragazzina di quindici anni. Ve lo giuro non so che mi succede.-
Guardai Sam che era molto silenziosa. Non parlò per quasi tutta la cena.
-Sam? Allora?-
-Fai tu.- disse fredda.
-Fai tu?- risposi.
-Si, fai tu. Non mi esprimo perché sarebbe inutile.-
-Sam, parlami.-
-Ok, la vedo una cazzata. Sei una cazzo di masochista. Ti farai del male perché lui se ne andrà di nuovo e se ne sbatterà il cazzo di te e del tuo cuore che ricadrà in pezzi. Tanto alla fine sei tu che ci rimetti, no? Sei tu che ti trasformi in uno zombi che non mangia e si trascina per casa mezza ubriaca, no? Lui si farà il suo balletto e la sua cantata da star internazionale con te che lo segui come un' idiota, scoperete, lui ti dirà "ti amo ma devo andare" e tu piangerai. Come al solito piangerai ed io non voglio più raccogliere i tuoi cocci e rimetterli insieme e non per cattiveria ma perché sono stanca di vederti in quello stato. Per una cazzo di volta, visto che lui ama di più il suo sogno che te, fai tu la mossa adesso, amati, non lo fai mai.-
Quelle parole mi trafissero come una lama. Aveva ragione, che cazzo avevo in mente? Perché ero decisa a farmi del male?
Dopo le sue parole taglienti restammo tutte in silenzio. -Merda.- disse accendendosi una sigaretta.
-Signora, qui non...-
-Non si può fumare lo so.- disse interrompendo il cameriere che gentilmente la riprese. Spense la sigaretta nel piatto ed addentò tre o quattro patatine insieme. Era nervosissima. -Mi ha chiamato "signora", come si permette?-
Ridemmo e le presi la mano.
-Hai ragione Sam.-
-Ma?-
-Non c'è nessun "ma", hai ragione.-
Mi guardò in modo strano.
-Hai ragione.- Dissi convinta.
-Non ci andrò. Non me lo merito.-

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