Capitolo 204

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Il tragitto nell'ascensore è silenzioso. Sono troppo delusa da Harry per litigare e lui è troppo incazzato con me per parlare senza urlare. Ha gestito la notizia meglio di quanto pensassi, ma come può farmi scegliere? Sa quanto è importante Seattle per me e non ha problemi a farmici rinunciare per lui, questo è ciò che mi fa più male. Dice sempre che non può starmi lontano, eppure mi sta dando un ultimatum e non è giusto.
"Se ha preso qualcosa di nostro.." Inizia Harry.
"Basta." La mia esasperazione è udibile attraverso il mio congedo indulgente.
"Tanto per dire."
Spingo la chiave nella serratura e la giro, prendendo momentaneamente in considerazione l'idea che mio padre potrebbe davvero aver fatto quello che ha menzionato Harry. Non conosco quell'uomo, davvero.
La lieve paranoia sparisce quando attraversiamo la soglia. Il corpo di mio padre è abbandonato sul bracciolo del divano, la bocca aperta, forti russamenti scappano dalle labbra separate.
Senza parole, Harry entra in camera da letto e io decido di andare prima in cucina. Ho bisogno di un bicchiere d'acqua e un minuto per pensare a quale dev'essere il mio prossimo passo. L'ultima cosa che voglio è litigare con Harry, ma sono più che stufa del fatto che pensi solo a sé stesso. So che è cambiato molto, ha provato tanto, ma io gli ho dato occasione dopo occasione, dando vita ad un ciclo di rottura-riappacificazione che avrebbe fatto rabbrividire anche Catherine Earnshaw. Non so per quanto ancora riuscirò a tenere la testa fuori dall'acqua, quando sto combattendo contro il maremoto che chiamiamo relazione, ogni volta che penso di star riemergendo, vengo spinta al disotto da un altro problema ancora.
Con un ultimo sorso d'acqua, metto il bicchiere nella lavastoviglie e mi dirigo in camera da letto. Mio padre sta ancora russando, lo troverei divertente se la mia mente non fosse così preoccupata. Harry è disteso di schiena, le braccia piegate sotto la testa mentre fissa il soffitto.
"Sono stato espulso," Rompe il silenzio. "Nel caso te lo stessi chiedendo."
"Mi dispiace tantissimo, avrei dovuto chiedertelo prima."
Pensavo che di certo Ken sarebbe riuscito a togliere suo figlio da questo pasticcio.
"Eri altrimenti occupata con Zayn, ricordi?"
Mi siedo sul bordo del letto, quanto più lontana possibile da lui e faccio del mio meglio per mordermi la lingua. È uno sforzo sprecato.
"Stavo cercando di scoprire qualcosa sulle accuse contro di te, lui ha detto che vuole ancora.."
"L'ho sentito, ero lì, ricordi?" Mi interrompe.
"Ne ho avuto abbastanza del tuo atteggiamento, so che sei dispiaciuto, ma devi smetterla di essere così irrispettoso." Parlo lentamente, sperando che assorbi le parole.
Resta interdetto per un momento, ma si riprende velocemente.
"Scusami?"
"Mi hai sentito, smettila di parlarmi in quel modo."
"Ho il diritto di essere un po' incazzato."
"Infatti, ma non hai il diritto di fare lo stronzo. Pensavo che ne avremmo davvero potuto discutere e risolverlo come due persone adulte, per una volta.." Dico.
"Questo cosa dovrebbe significare?" Si mette seduto, ma io tengo le distanze.
"Significa che dopo sei mesi di quest'avanti e indietro, avevo pensato che saremmo riusciti a risolvere il problema senza uno di noi che va via o rompe cose."
"Sei mesi?" Potrebbe aver bisogno d'aiuto nell'alzare la sua mascella dal materasso.
"Sì, sei mesi. Beh, da quando ci siamo conosciuti."
"Non mi ero reso conto fosse passato così tanto."
"Beh, è così."
"Non sembra così tanto tempo.."
"E' un problema per te? Ci frequentiamo da troppo tempo?"
"No, Tessa, è solo strano pensarci, immagino. Non ho mai avuto una vera relazione, quindi sei mesi è un tempo lungo."
"Non siamo stati insieme per tutto il tempo, la maggior parte l'abbiamo passata a litigare o ad evitarci." Gli ricordo.
"Esattamente per quanto tempo sei stata con Noah?" La sua domanda mi sorprende. Abbiamo avuto qualche chiacchierata riguardo la mia relazione con Noah, ma di solito durano meno di cinque munti, terminando improvvisamente a causa della gelosia di Harry.
"Siamo stati migliori amici da quando ho memoria, ma ci siamo iniziati a frequentare solo a metà liceo, penso che stessimo insieme anche prima, solo che non ce ne rendevamo conto." Guardo Harry con occhi attenti, aspettando una reazione.
Parlare di Noah me lo fa mancare, non in senso romantico, ma come ti può mancare la tua famiglia dopo non averla vista per un esteso periodo di tempo. Mi chiedo come vadano le cose con Rebecca. Si vedono ancora?
"Oh." Si mette le mani in grembo, facendomi venir voglia di allungare le braccia e stringergliele.
"Litigavate?"
"A volte. I nostri litigi erano su cose come che film guardare o i suoi ritardi nel venirmi a prendere."
"Non come litighiamo noi, quindi?" Non alza lo sguardo dalle sue mani.
"Penso che nessuno litighi come noi." Sorrido, nel tentativo di rassicurarlo.
"Cos'altro facevi? Con lui, intendo." Seduto al posto di Harry sul letto, adesso c'è un piccolo bimbo, gli occhi verdi che luccicano e le mani che quasi tremano.
"Non facevamo molto, in realtà, a parte studiare e guardare un centinaio di film. Eravamo più tipo migliori amici, credo."
"Lo amavi." Mi ricorda il bimbo.
"Non come amo te." Gli dico di nuovo, proprio come le innumerevoli volte in passato.
"Rinunceresti a Seattle per lui?"
Allora è questo il motivo per cui stiamo parlando di Noah, la bassa autostima di Harry si è ancora una volta impossessata dei suoi pensieri, portandolo in quel punto in cui si mette a paragone con ciò o chi lui crede io necessiti.
"No."
"Perché no?"
"Perché non avrei mai dovuto scegliere e lui ha sempre saputo dei miei piani e sogni, quindi non avrei dovuto scegliere."
"Io non ho nulla a Seattle." Sospira.
"Me, avresti me."
"Non è abbastanza."
Oh.
Distolgo lo sguardo da lui.
"So che è incasinato, ma è vero. Io non ho niente lì e tu avrai il nuovo lavoro e ti farai novi amici."
"Anche tu avresti un nuovo lavoro, e ci faremmo nuovi amici insieme."
"Le persone che sceglieresti tu come amiche molto probabilmente non sono le stesse persone che sceglierei io."
"Questo non lo puoi sapere, sono amica di Steph."
"Solo perché eravate compagne di stanza. Non voglio trasferirmi, Tessa, soprattutto ora che sono stato espulso. Per me ha più senso tornare in Inghilterra e finire l'università lì."
"Non dovrebbe riguardare solo quello che ha senso per te."
"Considerando il fatto che hai visto Zayn alle mie spalle ancora una volta, non sei esattamente nella posizione per prendere le decisioni."
"Davvero? Perché tu ed io non abbiano neanche stabilito che siamo tornati insieme, ma io ho acconsentito a ritrasferirmi qui e tu hai acconsentito a trattarmi meglio, poi l'hai picchiato alle mie spalle, portandoti come risultato l'espulsione, quindi se qualcuno non è nella posizione per prendere la decisione, quello sei tu." Mi alzo dal letto e inizio ad camminare avanti e indietro sul pavimento.
"Tu me lo stavi nascondendo! Stavi pianificando di lasciarmi e non me l'hai detto!" Alza la voce.
"Lo so! Mi dispiace per questo, ma invece di litigare su chi ha più torto, perché non cerchiamo di aggiustare la situazione o arrivare ad una sorta di compromesso?"
"Tu.." Si ferma e si alza dal letto: "Tu non.."
"Cosa?" Urgo.
"Non lo so, non riesco neanche a pensare per quanto sono incazzato con te."
"Mi dispiace che l'hai scoperto in quel modo, ma non so cos'altro dire."
"Dì che non andrai."
"Non posso."
"Tessa."
"Non ho intenzione di fare adesso questa scelta, non dovrei."
"E cosa allora? Non ho intenzione di aspettare.."
"Cosa hai intenzione di fare allora? Andartene? Cosa è successo al da oggi in poi non voglio mai più separarmi da te?"
"Davvero? Lo metti in mezzo adesso? Non pensi che la volta ideale per parlare di Seattle sarebbe stata prima che mi facessi fare un fottuto tatuaggio per te? L'ironia della cosa non mi sfugge." Fa un passo verso di me, sfidandomi.
"Volevo farlo!"
"Ma non l'hai fatto."
"Quante altre volte lo dirai? Possiamo andare avanti e indietro tutto il giorno, ma non ne ho davvero la forza e l'ho superato." Dico.
"Superato? L'hai superato?" Fa una mezza risata.
"Sì, superato." È vero, non voglio più litigare con lui su Seattle. È soffocante e frustrante e ne ho quasi avuto abbastanza.
Prende una felpa nera dall'armadio e la indossa prima di infilarsi gli stivali ai piedi.
"Dove vai?" Gli chiedo.
"Via da te." Sbuffa.
"Harry, non devi andartene." Lo richiamo mentre apre la porta.
Mi ignora.
Se mio padre non fosse in salotto, lo seguirei e lo costringerei a restare, ma sinceramente, sono stanca di seguirlo.
POV di Harry.
"Hai bisogno di un passaggio da qualche parte?" Chiedo al padre di Tessa.
Adesso è sveglio, seduto sul divano con le braccia incrociate al petto.
"Uhm, sì, va bene?" Mi chiede.
Non sono entusiasta all'idea di accompagnarlo da qualche parte, ma sicuro come la morte, odio l'idea di lasciarlo da solo con lei.
"Sì." Rispondo velocemente.
"Okay, voglio solo salutare Tessa." Guarda verso la nostra camera da letto.
"Va bene, ti aspetto in macchina." Gli dico ed esco dalla porta.
Non so esattamente dove sto andando, ma so che non è positivo per nessuno dei sue se resto qui. Sono arrabbiato con me stesso, so che Tessa non è l'unica da incolpare qui, ma è più facile sfogarsi su di lei. Tengo gli occhi puntati sull'entrata dell'edificio in attesa di Richard. Se non arriva presto, lo lascio qui, ma non funzionerebbe per me, perché lo lascerei da solo con lei.
Finalmente, attraversa la porta e si abbassa le maniche della sua camicia. Mi ero aspettato avrebbe indossato i miei vestiti che Tessa gli aveva fatto mettere, ma non è così. Si è rivestito con i suoi vestiti sporchi e consumati.
Alzo il volume della radio mentre lui apre la porta del passeggero, sperando che la musica bloccherà ogni tipo di conversazione che potrebbe provare ad avere con me.
"Ha detto di dirti di stare attento." Mi dice, allacciandosi la cintura di sicurezza.
Annuisco ed entro in strada.
Probabilmente è confusa dall'idea di me che accompagno suo padre a casa.. beh, non casa, ovviamente.
"Com'è andato il tuo incontro oggi?"
"Davvero?" Alzo un sopracciglio.
"Me lo stavo solo chiedendo, sono contento sia venuta con te."
"Okay.."
"Assomiglia molto a sua madre."
"Che diavolo dici, non è per niente come quella donna." Sta cercando di essere sbattuto fuori dalla mia macchina in autostrada?
"Solo le qualità positive, ovviamente." Ride. "E' molto testarda proprio come Carol. Vuole quello che vuole, ma Tessie è molto più dolce, gentile."
Eccoci di nuovo con la porcheria del Tessie.
"Vi ho sentiti litigare, mi avete svegliato."
"Perdonami per averti svegliato a mezzogiorno mentre dormivi sul nostro divano." Alzo gli occhi al cielo e lo sento ridacchiare.
"Capisco, amico, sei arrabbiato con il mondo. Anche io lo ero, diavolo, lo sono ancora, ma quando trovi qualcuno disposta a sopportare le tue merdate, non devi più essere così arrabbiato."
Beh, cosa presumi che faccia quando tua figlia è l'unica a rendermi così dannatamente arrabbiato?
"Senti, ammetto che non sei male come pensavo, ma non ho chiesto i tuoi consigli, quindi non sprecare tempo a darmeli."
"Non ti sto dando un consiglio, parlo per esperienza. Odierei vedervi chiudere."
Non stiamo chiudendo, stronzo. Sto solo cercando di farle comprendere le mie ragioni, voglio stare con lei e ci starò, deve solo arrendersi e venire con me. Sono più che fottutamente incazzato che abbia riportato Zayn in questa cosa, a prescindere dal suo ragionamento.
"Neanche mi conosci, o conosci lei, per quel che importa. Perché ti dovrebbe importare?" Spengo la dannata radio.
"Perché so che vai bene per lei."
"Davvero?" Sbuffo una risata.
Per fortuna, ci stiamo avvicinando al suo lato della città, quindi questa conversazione orribile finirà presto.
"Sì, davvero."
Non lo ammetterò mai, ma è più o meno bello avere qualcuno che mi dice che vado bene per lei, anche se è il suo stronzo ubriacone di un padre, l'accetto comunque.
"Vuoi rivederla?" Chiedo: "E esattamente dove ti porto?"
"Lasciami verso il negozio dove ci siamo incontrati ieri, da lì risolvo io."
Grandioso.
"E sì, spero di rivederla. Ho molte merdate per cui farmi perdonare."
"Sì, infatti." Concordo.
Il parcheggio del negozio è vuoto, non è neanche l'una del pomeriggio ancora.
"Puoi accompagnarmi fino alla fine di questa strada?"
Annuisco e supero il negozio, l'unica cosa alla fine di questa strada è un bar e una fatiscente lavanderia a gettoni.
"Grazie per il passaggio."
"Sì."
"Vuoi entrare?" Mi chiede Richard, indicando con la testa verso il piccolo bar.
Farsi un drink con il padre ubriacone e senzatetto di Tessa non sembra la cosa più intelligente da fare al momento. Però io non sono conosciuto per prendere le decisioni giuste.
"Fanculo." Mormoro e spengo la macchina per seguirlo dentro.
Il bar è buio e puzza di muffa e whiskey. Lo seguo verso il piccolo bancone e mi siedo su uno sgabello, lasciando un posto vuoto tra di noi.
"Come puoi permetterti di essere un ubriacone se non lavori?" Gli chiedo, mentre una donna di mezz'età con addosso quelli che prego essere i vestiti di sua figlia adolescente, viene verso di noi.
"Pulisco questo posto ogni giorno, quindi bevo gratis." La vergogna è chiara nella sua voce.
Perché non essere sobrio allora?!
La donna gli passa un piccolo bicchiere pieno di un liquore marrone e del ghiaccio.
"E per te?" La sua voce roca e più profonda della mia.
"Come lui." La voce di Tessa che mi avverte di non farlo è chiara come un campanello nelle mie orecchie. La spingo via, spingo lei via.
"Non lo so, ci ho provato più volte. Spero che adesso che posso vedere mia figlia più spesso, diventi più facile." Fissa il bicchiere con occhi incupiti e per un secondo, mi ricordano i miei, posso vedere l'ombra di me stesso in loro.
Annuisco, senza neanche disturbarmi a colpirlo con un commento maligno, e avvolgo le dite intorno al mio bicchiere. È freddo e accolgo il familiare brucione dello scotch quando alzo la testa, poi rimetto il bicchiere sul bancone, chiedendone un altro.

POV di Tessa.
"Non so dov'è andato, ma doveva prima accompagnare mio padre." Dico a Liam attraverso il telefono.
"Tuo padre?"
Non ho ancora detto a Liam del ritorno di mio padre.
"Sì, l'abbiamo incontrato ieri fuori ad un negozio di tatuaggi nella parte brutta della città."
"Come sta? Cos'ha detto?"
"E'.." Non so perché, ma mi sento in imbarazzo a parlare a Liam di mio padre. So che non mi giudicherebbe mai, ma sono comunque apprensiva.
"E' ancora..?"
"Sì. Era ubriaco quando l'abbiamo visto, ma l'abbiamo portato qui ed è rimasto per la notte."
"Harry gliel'ha fatto fare?"
"Non ha avuto diritto di parola nella cosa, è anche casa mia." Scatto. "Scusa, è solo che sono stanca del fatto che Harry pensi di controllare tutto."
"Vuoi che me ne vada dal campus e vengo da te?" Mi chiede.
"No, sono solo drammatica." Sospiro e mi guardo intorno nella camera da letto. "In realtà, penso che adesso vengo lì, posso ancora farcela per l'ultima lezione." Potrebbe davvero essermi utile un po' di yoga in questo momento, e un po' di caffè.
"Il professor Soto ha chiesto della tua assenza oggi e Ken ha detto che ha scritto una testimonianza di carattere per Harry, quando l'ha deciso?" Ascolto Liam mentre mi vesto per yoga. Sembra uno spreco andare fino al campus per una sola lezione, ma non voglio starmene seduta in quest'appartamento ad aspettare che Harry torni da qualsiasi sia il posto in cui è scappato.
"Davvero? Non lo so, si era offerto di aiutarlo prima, ma non pensavo lo avrebbe fatto davvero. Immagino gli piaccia Harry o qualcosa del genere?"
"Gli piaccia Harry? Gli piaccia Harry?" Liam ride e non posso evitare di unirmi.
Mi cade il telefono nel lavandino mentre mi alzo i capelli in una coda, mi maledico e lo riattacco all'orecchio giusto in tempo per sentire Liam dire che sta andando in biblioteca prima dell'ultima lezione. Attacco e inizio a mandare un messaggio ad Harry, volendo fargli sapere dove sto andando, ma invece chiudo lo schermo.
Ci ripenserà riguardo tutta questa cosa di Seattle, deve.
Quando arrivo al campus, il vento si è alzato di nuovo e il cielo è diventato di una brutta sfumatura di grigio. Ho ancora trenta minuti prima che inizi la lezione di yoga e la libreria è dall'altra parte dell'isolato, non ho tempo di andarci. Finisco per aspettare il Professor Soto fuori dall'aula.
La sua lezione dovrebbe finire a.. i miei pensieri vengono interrotti da una folla di studenti che praticamente corre attraverso le porte, verso il corridoio. Mi sistemo la borsa sulla spalla e mi faccio spazio tra loro per entrare nella stanza. Il professore è in piedi e mi da le spalle, mentre si infila la giacca di pelle.
"Signorina Young." Mi saluta.
"Salve."
"Cosa la porta qui? Ha bisogno dell'argomento di oggi per il diario che si è persa?"
"No, me l'ha già dato Liam. Sono passata per ringraziarla." Mi sposto a disagio sulle mie scarpe da ginnastica.
"Per cosa?"
"Aver scritto la testimonianza di carattere per Harry, so che non è stato molto simpatico con lei, quindi è molto apprezzato."
"Non è niente, davvero, tutti meritano un'educazione di qualità, anche i fidanzati gelosi." Ride.
"Immagino di sì." Gli sorrido.
"Tra l'altro, Zayn se l'è meritata."
Che?
"Cosa intende?"
Sbatte gli occhi qualche volta prima di riprendersi. "Niente, solo.. sono sicuro che Harry avesse una buona ragione, tutto qui. Farò meglio ad andare, ho un incontro, ma grazie per essere passata, ci vediamo a lezione mercoledì."
"Non ci sarò mercoledì, vado ad una gita."
"Beh, si diverta allora. Ci vediamo al ritorno." Va via velocemente lasciandomi confusa.
Dovrei partire per Seattle due giorni dopo che torniamo dalla gita con la famiglia di Harry, il che significa che questo sarebbe il mio ultimo giorno qui a questo campus. Prima che il mio subconscio ostinato possa dire qualcosa, mi affretto verso l'edificio di atletica.

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