POV di Tessa.
"So che è difficile rendersene conto, ma io penso-" Inizio. Sono divisa tra la voglia di confortarlo e il bisogno di proteggermi.
"Sto bene. Ho bisogno di una doccia." Mi interrompe. Mi metto seduta, cercando di tirare il lenzuolo con me per coprirmi.
"Sono qui se ne vuoi parlare. Volevo essere io a dirtelo." Dico, cercando di nascondere il bruciore che sento nel petto a causa del suo allontanamento. Eccomi, eccoci, in questo infinito cerchio di felicità, lussuria, passione, amore travolgente, e dolore. Il dolore sembra vincere, vince sempre e sono stanca di lottare.
Lo guardo, sforzandomi di non dargli importanza, infilarsi i pantaloncini e attraversare la stanza. Nel momento in cui si chiude la porta alle spalle, mi porto le mani sulla testa e mi strofino le tempie. Cos'ho di sbagliato che non riesco a vedere niente a parte lui? Perché mi sono svegliata questa mattina pronta ad affrontare la vita senza di lui, solo per ritrovarmi nel suo letto poche ore dopo?
Odio che abbia questo potere su di me, ma potrebbe dipenderne anche la mia vita e io non riuscirei a fermarlo. Non posso incolpare lui per la mia debolezza, ma se dovessi farlo, discuterei il fatto che mi rende difficile distinguere tra i confini di giusto e sbagliato. Quando mi sorride, quei confini si confondono e mescolano ed è letteralmente impossibile combattere l'attrazione che sento quando gli sono vicina.
Mi fa ridere tanto spesso quanto mi fa piangere e mi ha fatto provare emozioni quando ero convinta che il mio destino fosse il nulla. Credevo davvero che non avrei mai più provato nulla, ma Harry mi ha tirato fuori da quello stato, mi ha preso la mano quando a nessun altro sembrava importare abbastanza da farlo, e mi ha tirato verso la superfice.
Niente di tutto ciò cambia il fatto che non possiamo stare insieme. Semplicemente non funzioniamo e non posso permettere a me stessa di riacquistare le speranze, solo per esserne schiacciata quando lui si allontanerà di nuovo, quando ritirerà tutto quello che mi ha confessato, e mi rifiuto di essere lacerata, ancora una volta, dall'unica mano che mi aiuta.
Eccomi, il viso tra le mani, pensando e ripensando ossessivamente agli errori commessi. I miei errori, i suoi errori, gli errori dei nostri genitori e di come i miei sembrano starmi mangiando viva, rifiutandosi di concedermi un minimo di pace.
Ne ho avuto un assaggio, un assaggio di serenità e calma quando le sue mani erano su di me, la sua bocca calda sulla mia, le sue dita nella pelle sensibile sui miei fianchi, ma solo pochi minuti più tardi, sono da sola. Sono da sola e ferita e imbarazzata, ed è la stessa storia, solo con un finale ancora più patetico del precedente.
Mi alzo, allacciando il reggiseno e infilano la felpa di Liam il più velocemente possibile. Non posso essere qui quando tra pochi minuti tornerà. Non posso passare i prossimi dieci minuti a prepararmi per l'arrivo di Harry. L'ho fatto fin troppe volte ed ero finalmente arrivata ad un punto in cui il mio bisogno per lui non era così travolgente.
Non mi consumava ogni pensiero, non era responsabile di ogni mio respiro, e riuscivo finalmente a vedere una vita dopo di lui.
È stata una ricaduta. Tutto qui. È stata una terribile caduta di giudizio, cosa che mi viene duramente ricordata dal silenzio nella stanza.
Quando sento la porta del bagno aprirsi, sono vestiti e in camera mia. Il suono dei suoi passi si intensifica e mi ci vuole qualche secondo per rendermi conto che non sono più nella stanza in cui mi aveva lasciata.
Non bussa, sapevo non l'avrebbe fatto, prima di entrare.
Sono seduta sul letto, le gambe incrociate piegate davanti al mio corpo, come una sorta di protezione. Devo sembrare patetica, con gli occhi che bruciano per lacrime di pentimento e la pelle che profuma di lui.
"Perché te ne sei andata?" Mi chiede, i capelli bagnati che gli gocciolano sulla fronte e le mani sui fianchi nudi, i pantaloncini a vita troppo bassa.
"Io non me ne sono andata, tu l'hai fatto." Gli faccio notare ostinatamente.
Mi fissa inespressivo per qualche secondo. "Immagino tu abbia ragione, torni?" Mi ordina, con tono interrogativo e combatto contro me stessa per non alzarmi dal letto.
"Non penso sia una buona idea." Distolgo lo sguardo dal suo e lui attraversa la stanza per sedersi di fronte a me sul letto.
"Perché? Scusa se ho dato di matto, solo che non sapevo cosa pensare e se devo essere completamente fottutamente onesto, avevo paura di dirti la cosa sbagliata, quindi ho pensato di lascare la stanza per schiarirmi le idee."
Perché non poteva comportarsi così anche in passato? Perché non poteva essere onesto ed equilibrato quando avevo bisogno che lo fosse? Perché ha aspettato che decidessi di allontanarmi, prima di voler cambiare?
"Vorrei me l'avessi detto, invece di lasciarmi da sola." Annuisco, raccogliendo quel minimo di forza dentro di me. "Non penso dovremmo stare da soli."
"Di cosa stai parlando?" Brontola, gli occhi selvaggi. Menomale che era equilibrato.
"Voglio esserci per te e ci sarò. Sei hai bisogno di parlare di qualsiasi cosa o di sfogarti, o semplicemente vuoi che ci sia qualcuno per te, io sono qui, ma penso davvero che dovremmo restare in delle aree comuni. Tipo il salotto o la cucina?"
"Non dici sul serio." Sbuffa.
"Sì, invece."
"Aree comuni? Così Liam può farci da Eleanor Tinley? È ridicolo. Possiamo stare nella stessa stanza senza bisogno di una dannata dama da compagnia."
"Non ho parlato di dame da compagnia, semplicemente penso che con questo stato di cose," sospiro, prima di continuare, "penso che tornerò a Seattle per qualche giorno." Non l'avevo completamente deciso fino ad ora, ma adesso che l'ho detto, ha senso. Devo prepararmi per andare a New York e mi manca Kimberly. Ho un appuntamento dal dottore al quale ho cercato di non pensare, e non vedo nulla di positivo nel giocare alla famiglia felice nella residenza degli Styles. Di nuovo.
"Vengo con te." Propone, come se fosse la soluzione più semplice.
"Harry."
"Volevo aspettare per dirtelo, ma ho deciso di andarmene dal mio appartamento per trasferirmi a Seattle. È ciò che hai sempre voluto e sono pronto a farlo. Non so perché ci abbia messo tanto." Si passa una mano sui capelli, spingendo le ciocche umide in un'onda disordinata.
"Di che cosa stai parlando?" Scuoto la testa. Adesso vuole trasferirsi a Seattle?
"Ci comprerò un posto carino. Non sarà un palazzo come quello a cui eri abituata con i Vance, ma sarà migliore di qualsiasi posto potresti mai permetterti da sola." Non intendeva insultarmi, ma è così che suona questa frase e sento immediatamente i nervi a fior di pelle.
"Non capisci." Lo accuso. "Ti sfugge il punto di tutta questa situazione!"
"Quale punto? Perché deve esserci un punto? Perché non possiamo semplicemente essere, e perché non puoi semplicemente permettere che ti mostri la persona che posso essere per te? Non si tratta per forza di punti e risultati, e renderti miserabile perché mi ami ma non vuoi permettere a te stessa di stare con me." Mi copre le mani con le sue.
"Voglio darti ragione e mi piacerebbe da morire lasciarmi andare a questo mondo fantastico in cui noi possiamo funzionare, ma l'ho fatto per troppo tempo e non ci riesco più. Mi avevi avvertito e mi hai dato infinite possibilità per vedere l'inevitabile, ma io non facevo altro che negare. Ma adesso lo vedo, vedo che siamo condannati sin dall'inizio. Quante altre volte avremo questa conversazione?"
"Tante quante ce ne vorranno per farti cambiare idea."
"Io non sono mai riuscita a farla cambiare a te, cosa ti fa pensare che tu potresti cambiare la mia?"
"Quello che è appena successo tra noi non lo rende ovvio per te?" Mi chiede.
"Voglio che tu sia parte della mia vita, solo non in quel senso. Non come mio ragazzo."
"Marito?" Chiede, gli occhi pieni di umorismo e.. speranza?
"Non stiamo insieme, Harry, e non puoi buttarmi il matrimonio addosso solo perché pensi che mi farà cambiare idea. Ciò che volevo era che tu volessi realmente sposarmi, non che me lo proponessi come ultima spiaggia."
Il suo respiro accelera e ancora una volta, la breve distanza tra di noi è troppo. "Non è un'ultima spiaggia. Non sto facendo nessun giochetto, ho imparato la lezione. Voglio sposarti perché non riesco ad immaginare di vivere la mia vita in nessun altro modo e tu puoi anche dirmi che mi sbaglio, ma sai che potremmo sposarsi anche adesso. Non staremo separati, e lo sai." Sembra così sicuro di sé stesso e della nostra relazione e ancora una volta, sono confusa e non riesco a decidere se dovrei sentirmi arrabbiata o felice per le sue parole.
Il matrimonio non ha più lo stesso valore che aveva solo pochi mesi fa. I miei genitori non si sono mai sposati, fingevano di esserlo per compiacere mia madre e i miei nonni. Anne e Ken erano sposati, ma il legame legale non è riuscito a fermare l'affondamento della nave. Sinceramente, qual è il punto nell'essere sposati? In ogni caso, non funziona quasi mai e sto iniziando a capire che è solo un concetto ridicolo. È davvero un casino, il modo in cui l'idea che dovremmo promettere noi stessi ad un'altra persona e dipendere da loro come nostra fonte di felicità ci venga infilata nella testa.
Per mia fortuna, ho finalmente imparato che non posso dipendere da nessuno per la mia felicità.
"Non penso di volermi sposare, mai."
Harry risucchia un respiro e mi porta una mano sul mento, "Cosa? Non dici davvero." Dice, gli occhi che cercano i miei.
"Sì, dico davvero. Qual è il punto? Non funziona mai e il divorzio non è una cosa economica." Faccio spallucce e ignoro l'espressione inorridita sul suo volto.
"Di che diavolo stai parlando? Da quando sei così cinica?"
Cinica? Non credo di essere cinica, ho solo bisogno di essere realista e non desiderare un finale da libro che ovviamente non avrò mai.
"Non lo so, da quando mi sono resa conto di quanto fossi perdutamente stupida. Non ti biasimo per aver chiuso con me, ero ossessionata dall'avere una vita che non avrei mai potuto ottenere e questo deve averti fatto impazzire."
"Tessa, stai dicendo delle pazzie. Non eri ossessionata da niente, solo che io ero uno stronzo." Si tira i capelli per la frustrazione come fa sempre. "Cazzo, guarda cosa ti ho portato a pensare! E' tutto al contrario." Emette un lamento frustrato e si inginocchia davanti a me.
Mi alzo, odiando il fatto che mi stia sentendo in colpa per aver detto la verità su ciò che penso. Mi sento così combattuta dentro, e stare in questa piccola stanza con Harry non mi sta aiutando. Non riesco a concentrarmi vicino a lui e non riesco a tenere la mia posizione quando mi guarda come se ogni mia parola fosse un'arma contro di lui, non importa quanto sia tutto vero, provo lo stesso compassione per lui, anche se penso che non dovrei. Ma è così.
Facevo sempre presto a giudicare le donne che provavano questi sentimenti. Quando guardavano una relazione fin troppo drammatica in televisione, etichettavo immediatamente la donna come "debole", ma non è così semplice o scontato.
Ci sono così tante cose da prendere in considerazione quando etichetti qualcuno e ammetto che prima di incontrare Harry, lo facevo spesso. Ma chi sono io per giudicare una persona in base ai suoi sentimenti? Non sapevo quanto potessero essere forti queste stupide emozioni, non riuscivo a comprendere l'attrazione magnetica che si prova. Non capivo come l'amore potesse sopraffare il buon senso e la passione la logica, e nessuno sa come ci si sente, nessuno può giudicarmi per essere debole o stupida, nessuno può incolparmi per i sentimenti che provo.
Non sosterrò mai di essere perfetta e mi sforzo ogni secondo per tenermi a galla, ma non è facile come credono le persone. Non è facile andar via da qualcuno, quando questa persona ti è entrata in ogni cellula, quando questa persona si è impossessata di ogni tuo pensiero ed è responsabile dei sentimenti migliori e peggiori che abbia mai provato. Nessuno, neanche la mia coscienza può farmi sentire in colpa per amare passionalmente e sperare disperatamente di poter avere quel grande amore di cui ho letto nei romanzi.
Quando finisco di giustificare le mie azioni a me stessa, la mia coscienza si è rilassata e ha chiuso gli occhi, sollevata dal fatto che abbia finalmente smesso di incolparmi per il modo in cui le mie emozioni si sono prese gioco di me.
"Tessa, vengo a Seattle. Non ti costringerò a vivere con me, ma voglio essere dove sei tu. Terrò le distanze finché non sarai pronta a qualcosa in più e sarò carino con tutti, anche con Vance."
"Non è questo il problema." Sospiro. La sua determinazione è ammirevole, ma non è mai stata consistente. Alla fine si annoierà e andrà avanti con la sua vita. Siamo troppo distanti stavolta.
"Come ho detto prima, cercherò di tenere le mie distanze, ma verrò a Seattle. Se non vuoi aiutarmi a scegliere un appartamento, lo farò da solo, ma mi assicurerò che sia anche il tuo genere."
Uso i miei pensieri per soffocare le sue parole. Se le sentissi, se davvero le ascoltassi, romperebbero la barriera che ho costruito. Sulla superficie si è aperta una crepa solo un'ora fa e ho permesso alle emozioni di controllare il mio corpo, ma non posso lasciare che succeda di nuovo.
Harry se ne va dalla stanza dopo altri dieci minuti in cui cerco di ignorare le sue promesse e faccio le valige per Seattle. Non faccio altro che andare avanti e indietro, sto viaggiando troppo ultimamente e non vedo l'ora che arrivi il giorno in cui avrò finalmente un posto da chiamare casa. Ho bisogno di sicurezza, stabilità.
Com'è successo che ho passato la vita a pianificare tutto stabilmente solo per ritrovarmi nel mondo a fluttuare senza una base mia, una rete sicura, niente?
Quando raggiungo la base delle scale, Liam è poggiato contro il muro. "Ehi, volevo parlarti prima che te ne andassi." Mi ferma, mettendomi una mano sul braccio. Mi metto davanti a lui e aspetto che parli. Spero non abbia cambiato idea sul farmi andare a New York con lui.
"Volevo solo sapere come stai e vedere se avessi cambiato idea sul venire con me a New York. Se sì, non fa niente, ho solo bisogno di saperlo per informare Ken per il volo." Dice Liam.
"No, voglio venire. Devo solo fermarmi a Seattle e salutare Kim e-" Voglio dirgli del mio appuntamento dal dottore, ma non penso di essere ancora pronta ad affrontarlo. Non c'è nulla di certo, ma preferisco non pensarci ancora.
"Sei sicura? Non voglio che ti senti come se fossi costretta a venire, capisco se vuoi restare qui, con lui." Il tono della sua voce è così gentile, così comprensivo, che non riesco a non buttargli le braccia al collo.
"Sei stupendo, lo sai, giusto?" Gli sorrido. "Non ho cambiato idea. Voglio farlo, devo farlo per me stessa."
"Quando glielo dirai? Cosa pensi farà?"
Non ho pensato molto a cosa potrebbe fare Harry quando gli comunicherò i miei piani di trasferimento. Non ho tempo per lasciare che l'opinione di Harry determini le mie decisioni, non più.
"Sinceramente non so come reagirà. Fino al funerale di mio padre, pensavo non gliene sarebbe minimamente importato."
"Non sono d'accordo, ma capisco perché lo penseresti." Annuisce Liam. Dei rumori dalla cucina ci zittiscono entrambi e ricordo di non avergli ancora fatto le congratulazioni per la notizia.
"Non posso credere che tu non mi abbia detto della gravidanza di tua madre!" Sono contenta del cambio d'argomento.
"Lo so, mi dispiace. Me l'aveva detto da poco e tu te ne stavi chiusa in quella stanza." Sorride, prendendomi scherzosamente in giro.
"Ora che c'è un fratellino in arrivo, ti dispiace andartene?" Gli chiedo. Mi domando se a Liam piaccia essere figlio unico. Ne abbiamo parlato solo poche volte, ma lui ha sempre evitato di discutere di suo padre, quindi l'attenzione veniva ogni volta passata velocemente su di me.
"Un po'. Sono solo un po' preoccupato per come mia mamma gestirà la gravidanza, da sola, e mi mancheranno lei e Ken, ma sono pronto." Mi sorride. "Almeno penso." Aggiunge e io annuisco in accordo.
"Staremo bene. Soprattutto tu, sei già stato accettato. Io mi trasferisco senza sapere neanche se riuscirò ad entrare e mi prenderò un semestre di pausa, il che significa che mi laureerò dopo di te e me andrò vagando per New York senza nessuna iscrizione e non ho neanche un lavoro e-"
Liam mi copre la bocca con una mano, ridendo. "Provo lo stesso sentimento di panico quando penso a tutti i cambiamenti, ma mi sforzo di concentrarmi sulle cose positive."
"Che sarebbero?" Farfuglio contro la sua mano.
"Beh, è New York. Questo è tutto ciò a cui sono riuscito a pensare finora." Ammette, ridendo profondamento e io mi ritrovo con un sorriso che va da un orecchio all'altro, quando Karen ci raggiunge nel corridoio.
"Mi mancherà questo suono, quando voi due ve ne sarete andati." Dice, gli occhi che le brillano sotto le luci. Ken arriva dietro di lei e le da un bacio sulla testa.
"Harry è qui? Vorrei parlargli." Ken sposta lo sguardo tra me e Liam, prima di posare una mano sul fianco della moglie.
Dopo aver detto a Ken che Harry è sopra, prendo il mio borsone e me ne vado. Dopo circa cinque miglia, mi ritrovo bloccata nel traffico e spero che la coda senza fine non sia un segno di come saranno le prossime sei ore di tragitto.
POV di Harry.
Qualcuno bussa alla porta e non nascondo la mia delusione quando vedo che non è Tessa.
Mio padre mi rivolge un sorriso imbarazzato e aspetta che gli dia il permesso di entrare. "Volevo parlarti del bambino." Dice. Sapevo sarebbe successo e per mia delusione, non c'è modo di evitare questa merda.
"Entra allora." Mi sposto e mi siedo sulla sedia a fianco alla scrivania. Non ho la più fottuta idea di cosa dirà lui o cosa dirò io o come finirà questa cosa, ma non penso bene.
Lui non si siede, resta in piedi a fianco al comò con le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloni grigi eleganti. Lo stesso grigio delle strisce sulla cravatta che insieme al gilet nero urlano "sono il cancelliere di un'accreditata università". Ha gli occhi marroni preoccupati e le sopracciglia aggrottate. Armeggia con le mani in modo talmente patetico che voglio solo tirarlo fuori da questo stato di miseria.
"Sto bene. So che probabilmente avevi pensato che mi sarei messo a rompere roba e fare i capricci, ma sinceramente, non mi interessa se avrai un figlio." Dico alla fine.
Sospira, non è sollevato come più o meno avevo sperato. "Va bene se sei un po' dispiaciuto. So che è inaspettato e so cosa pensi di me. Spero questo non accresca i tuoi cattivi sentimenti verso di me." Abbassa lo sguardo sul pavimento e io mi ritrovo a desiderare che Tessa fosse qui a fianco a me, invece che al piano di sotto. Devo vederla prima che se ne vada. Le avevo promesso di darle spazio, ma non mi aspettavo di avere questo momento padre-figlio.
"Non sai niente di quello che penso di te." Gli ricordo. Diavolo, penso di non saperlo neanche io.
La sua pazienza con me è infinita quando dice, "Spero questa situazione non cambi o rovini i progressi che abbiamo fatto. So che ho molto di cui farmi perdonare, ma spero davvero che mi concederai di continuare a provare."
Quando lo guardo, vedo una somiglianza tra noi che non avevo mai notato prima. Siamo entrambi dei casini, entrambi siamo stati guidati da stupide decisioni e dipendenze, e sono incazzato di aver ereditato questo tratto, essendo stato cresciuto da lui.
Se mi avesse cresciuto Vance, non sarei così. Non sarei un tale casino dentro. Non avrei avuto paura del ritorno del mio padre ubriaco a casa e non sarei stato seduto per ore sul pavimento con mia mamma mentre lei piangeva e sanguinava e si sforzava di restare cosciente dopo essere stata picchiata a causa degli errori di quest'uomo.
La rabbia mi ribolle dentro, mi ronza nelle vene, e sono a due secondi di distanza dal chiamare Tessa. Ho bisogno di lei in momenti come questo, beh, ho bisogno di lei sempre, ma soprattutto adesso. Ho bisogno che la sua voce dolce mi sussurri parole di incoraggiamento, ho bisogno che la sua luce spinga va le ombre della mia mente.
"Voglio che tu sia parte della vita di questo bambino, Harry. Penso potrebbe essere una cosa molto positiva per tutti noi."
"Noi?" Dico, in tono derisorio.
"Sì, tutti noi. Te incluso. Sei parte di questa famiglia. Quando ho sposato Karen e ho assunto il ruolo di padre di Liam, so che ti sei sentito come se mi stessi dimenticando di te e non voglio che ti senti così per via del bambino."
"Dimenticarti di me? Ti sei dimenticato di me molto prima di sposare Karen." Gli ricordo. Non provo più lo stesso brivido di piacere nel farlo sentire una merda, ora che so la verità sul passato di mia mamma e Christian.
Mi dispiace per lui e le merdate che si sono inventati, ma allo stesso tempo, sono fottutamente incazzato con lui per il padre di merda che è stato fino allo scorso anno.
"Quand'è che hai scoperto che mia mamma si scopava Vance alle tue spalle?" Non posso evitare di chiederglielo. Devo sapere perché ha voluto provare a fare ammenda con me, se non è completamente sicuro di essere mio padre.
Il silenzio riempie la stanza e lui sembra poter svenire a momenti. "Come-" Si ferma per strofinarsi una mano sulla peluria sul mento. "Chi te l'ha detto?"
"Basta con le stronzate. So tutto di loro. Ecco cosa è successo a Londra. Li ho beccati insieme. La teneva sul bancone della cucina."
"Oddio." Ha la voce strozzata e il petto si muove forte a causa del respiro sforzato. "Prima o dopo il matrimonio?"
"Prima, ma si è comunque sposata. Perché sei rimasto con lei, se sapevi che voleva lui?"
Fa qualche respiro, prima di rispondere. "L'amavo. Non ho un'altra ragione. Amavo lei e amavo te e continuavo a sperare che un giorno lei avrebbe smesso di amare lui. Quel giorno non è mai arrivato e la cosa mi stava mangiando vivo. Sapevo cosa faceva lei e cosa stava facendo lui, il mio migliore amico, ma avevo così tanta speranza per noi, pensavo che alla fine avrebbe scelto me."
"Non l'ha fatto." Gli ricordo. Potrà aver scelto di sposarlo e passare la vita con lui, ma non l'ha scelto nei modi che contano.
"Lo so adesso e avrei dovuto rinunciare molto prima di ripiegare sull'alcol."
"Sì, avresti dovuto." Sarebbe stato tutto così diverso.
"So che non lo capisci e so che le mie cattive decisioni e false speranze hanno rovinato la tua infanzia, quindi non mi aspetto il tuo perdono né la tua comprensione."
Resto in silenzio, perché non mi viene in mente nulla da dire. La mia testa sta accelerando a causa degli orrendi ricordi e la realtà di quanto siano incasinate tutte le mie tre.. figure genitoriali. Non so neanche come chiamarli.
"Suppongo pensassi che lei alla fine avrebbe capito che lui non poteva offrirle quella stabilità che potevo darle io. Avevo un buon lavoro e non ero un rischio come lo era invece Christian. Credo che se Tessa sposasse un altro uomo, è così che lui si sentirebbe. Sempre in competizione con te e anche quando la lasceresti per la centesima volta, sarebbe in competizione con il ricordo di te."
"Io non la lascerò di nuovo."
"Lo diceva anche lui."
"Io non sono lui."
"Lo so. Non sto in alcun modo dicendo che tu sei Christian o che Tessa è come tua mamma. Per tua fortuna, Tessa vede solo te. Se tua mamma non avesse combattuto i suoi sentimenti per lui, sarebbero potuti essere felicemente insieme, invece hanno lasciato che la loro tossica relazione rovinasse la vita di tutte le persone intorno a loro."
Mi vengono in mente Catherine e Heathcliff e ho voglia di vomitare per il semplice paragone. Io e Tessa saremo anche un enorme fottuto disastro come i due personaggi, ma non permetterò che abbiamo lo stesso fato.
La cosa continua a non aver senso per me. Perché lui ha sopportato così tante mie merdate, se aveva anche solo la minima idea che io non fossi un suo problema, alla fine dei conti?
"Quindi è vero? È lui tuo padre, no?" L'uomo forte e spaventoso della mia infanzia è sparito per essere rimpiazzato da uno con il cuore spezzato e sull'orlo delle lacrime.
Voglio dirgli che è un dannato idiota per aver sopportato tutte le merdate mie e di mia mamma e che non posso dimenticare l'inferno in cui ha reso la mia vita quando ero piccolo. È colpa sua se prendo le parti dei demoni e combatto contro gli angeli, è colpa sua se ho un posto speciale all'inferno e non sono il benvenuto in paradiso. È colpa sua se Tessa non vuole stare con me. È colpa sua se l'ho ferita così tante volte che ho perso il conto ed è colpa sua se solo ora mi sono deciso a provare a rimediare a ventuno anni di errori.
"L'ho capito dalla prima volta che ti ho visto che eri suo." Le sue parole quasi mi tolgono il fiato, insieme ai rabbiosi pensieri nella mia mente. "Lo sapevo." Sta cercando di non piangere, ma fallisce e rabbrividisco, distogliendo lo sguardo alla vista delle lacrime sulle sue guance.
"Lo sapevo. Come potevo non saperlo? Eri esattamente uguale a lui e con il passare degli anni, tua mamma piangeva un po' più forte, sgattaiolava via con lui un po' più spesso. Lo sapevo. Non volevo ammetterlo perché tu eri tutto ciò che avevo. Non avevo tua mamma, non l'ho mai avuta, sin da quando la conobbi, è sempre stata sua. Tu eri tutto ciò che avevo e permettendo alla mia rabbia di prendere il controllo, ho rovinato anche te." Si ferma per riprendere fiato, mentre io me ne sto seduto in un silenzio confuso.
"Saresti stato meglio con lui, lo so, ma io ti amavo, ti amo ancora, come se fossi sangue del mio sangue, e posso solo sperare che mi permetterai di restare nella tua vita." Sta ancora piangendo, troppe lacrime mostrano la prova delle sue emozioni e mi ritrovo dispiaciuto per lui. Un po' del peso sul mio petto si è alzato e riesco a sentire anni di rabbia dissolversi dentro di me.
Non so cosa sia questa sensazione, è forte ed è liberatoria. Quando mi guarda, non mi sento neanche più me stesso. Non sono me stesso, questa è l'unica spiegazione che ho, quando le mie braccia toccano le sue spalle e si avvolgono intorno alla sua schiena per confortarlo mentre piange.
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