Capitolo 265

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POV di Harry.
"Jack e coca." Abbaio il mio ordine al barista. L'uomo calvo mi lancia un'occhiata mentre prende un bicchiere vuoto dalla mensola e lo riempie di ghiaccio. Stavo pisciando, quando ho visto dalla finestra del bagno l'auto di Christian uscire dal parcheggio. Dev'essere venuto qui a cercarmi. Peccato non sia rimasto, potevamo condividere una bevuta tra padre e figlio.
Cazzo, è tutto un gran casino.
"Doppio, in realtà." Modifico l'ordine.
"Capito." Risponde sarcasticamente il barista. I miei occhi trovano la vecchia televisione sul muro e leggo le scritte sullo sfondo dello schermo. È la pubblicità di una compagnia di assicurazioni e lo schermo è coperto da un bambino che ride. Perché decidono sempre di mettere dei bambini in ogni dannata pubblicità, non lo capirò mai.
Il barista mi passa il drink sul bancone di legno senza una parola e io porto il bicchiere alle labbra, consentendo alla mia mente di fuggire da qui.
...
"Perché hai comprato dei prodotti per bambini?" Le chiesi. Lei si sedette sul bordo della vasca, legando i capelli in una coda. Iniziai a preoccuparmi che avesse un'ossessione con i bambini, di sicuro ne dava l'impressione.
E ancora tutt'oggi in realtà.
"Non è un prodotto per bambini." Rise Tessa. "Ha solo un bambino e un padre stampati sull'etichetta."
"Davvero non capisco cosa ci sia di attraente." Presi la scatola di prodotti per la rasatura che mi aveva comprato Tessa, esaminando le guance cicciotte del bambino e mi chiesi che diavolo c'entrasse un bambino con un kit per la rasatura.
"Non lo capisco neanch'io, ma sono sicura che mettere una foto di un bambino aiuti con le vendite." Disse con un sorriso.
"Solo per le donne che comprano la roba per i loro ragazzi o mariti." La corressi. Nessun uomo sano di mente prenderebbe quella merda dagli scaffali.
"No, sono sicura che anche i padri li comprerebbero."
"Come no." Aprii la scatola e ne posai il contenuto davanti a me. "Una ciotola?" Guardai nello specchio per creare un contatto visivo con lei.
"Sì, è per la crema. Otterrai una rasatura migliore se usi il pennello." Disse.
"E tu come lo sai?" Alzai un sopracciglio, sperando che non l'avesse appreso dall'esperienza con Noah.
"L'ho cercato."
"Ovviamente." La presi in giro, la mia gelosia sparita, e lei mi diede scherzosamente un calcio. "Dato che sembri essere un'esperta nell'arte della rasatura, vieni ad aiutarmi." Dissi. Avevo sempre usato un semplice rasoio e della crema, ma dato che lei si era chiaramente impegnata in questa cosa, non gliel'avrei negato e francamente l'idea di lei che mi rasa la faccia mi faceva fottutamente eccitare.
Tessa sorrise e si alzò in piedi, raggiungendomi davanti al lavello. Prese il tubo di crema e ne riempì la ciotola, mescolando poi con il pennello per creare la schiuma.
"Tieni." Mi sorrise, passandomi il pennello.
"No, fallo tu." Le rimisi il pennello in mano e avvolsi le mani intorno alla sua vita. "Su." Dissi, facendola sedere sul lavandino. Le aprii le gambe e mi ci misi in mezzo.
La sua espressione era cauta ma concentrata mentre affondava il pennello nella schiuma per poi passarmelo sulla mascella.
"Non ho molta voglia di uscire stasera. Ho un sacco di lavoro da fare. Tu mi distrai." Le dissi, mettendo le mani sulle sue tette e stringendole. La sua mano si mosse di scatto, facendo colare un po' di schiuma sul mio collo.
"Menomale che non avevi il rasoio." Scherzai.
"Menomale." Mi fece il verso e prese il nuovo rasoio. "Sicuro che vuoi lo faccia? Ho paura di tagliarti per sbaglio." Si morse il labbro pieno.
"Smettila di preoccuparti, comunque sono sicuro che hai fatto delle ricerche anche su questa parte." Dissi. Lei non disse nulla perché sapeva che avevo ragione. Tirò fuori la lingua come una bambina e si sporse in avanti per baciarmi prima di iniziare. "Ma sappi che se mi tagli, dovresti correre." Risi, e lei mi lanciò un'altra occhiataccia.
"Stai fermo, per favore." Aveva la mano leggermente tremante, ma trovò velocemente un equilibrio mentre trascinava il rasoio sulla mia mascella.
"Dovresti semplicemente andare senza di me." Dicci e chiusi gli occhi. Tessa che mi rasava il viso, in qualche modo, era confortante e sorprendentemente calmante. Non avevo davvero voglia di andare a casa di mio padre per cena, ma Tessa stava impazzendo in quell'appartamento tutto il tempo, quindi quando Karen ci chiamò per invitarci, si avventò sulla richiesta.
Ironico ora che non è neanche il mio fottuto padre.
"Se stasera restiamo a casa allora voglio rimandare e andare questo fine settimana. Avrai finito col lavoro per allora?" Mi chiede.
"Credo di sì." Mi lamentai.
"Allora puoi chiamarli e dirglielo. Dopo inizio a preparare la cena e tu puoi lavorare." Mi diede un colpetto sul labbro superiore con il dito, facendomi segno di portarlo dentro e mi rasò cautamente intorno alla bocca.
Quando finì, dissi, "Dovresti bere il resto di quel vino in frigo, perché l'abbiamo stappato da giorni. A breve si inacidirà."
"Non.. non lo so." Esitò. Sapevo perché. Aprii gli occhi e lei allungò un braccio dietro la sua schiena per accendere il rubinetto e bagnare un asciugamano.
"Tess," Premetti le dita sotto il suo mento, "puoi bere davanti a me. Non sono una specie di alcolizzato in astinenza." Dissi.
Guardami adesso, seduto in un bar con del whisky sulla lingua. E tra tutti i posti, sono finito proprio in questo bar.
"Lo so, ma non voglio che per te sia strano. Non ho comunque bisogno di bere tutto questo vino. Se tu non bevi, io non devo farlo."
"Il mio problema non è il bere. È solo quando sono incazzato e bevo, ecco quando c'è un problema."
"Lo so." Deglutì. Lo sapeva bene.
Cosa penserebbe se mi trovasse qui?
"Faccio lo stronzo solo quando bevo per cercare di risolvere qualcosa e ultimamente non c'è stato niente da risolvere, quindi sto bene." Trascinò l'asciugamano caldo sul mio viso, ripulendo l'eccesso di schiuma. "Non voglio essere uno di quei stronzi come mio padre che bevono fino a rincretinirsi e mettono in pericolo le persone intorno a loro e dato che tu sei l'unica persona di cui me ne freghi un cazzo, non voglio più bere quando sono con te." Cercai di confortarla.
"Ti amo." Disse semplicemente.
"E io amo te." Non potei evitare di abbassare lo sguardo sul suo corpo appollaiato sul lavello. Indossava una delle mie t-shirt bianche, con al di sotto nulla a parte delle mutande nere. "Potrei doverti tenere a portata di mano ora che sai rasarmi. Cucini, pulisci.." La presi in giro. Mi diede uno schiaffetto e io alzai gli occhi al cielo.
"E io cosa ottengo da questo accordo?" Mi sfidò. "Sei disordinato, mi aiuti a cucinare solo una volta a settimana, al massimo. Di mattina sei scontroso-" La interruppi mettendo una mano tra le sue gambe e spostandole le mutande di lato. "Immagino tu sia bravo in una cosa." Sorrise e io lasciai scivolare un dito in lei.
"Solo una cosa?" Ne aggiunsi un altro e lei emise un gemito, lasciando cadere la testa all'indietro.
"Vuoi un altro bicchiere?" Il barista batte una mano sul bancone davanti a me. Sbatto gli occhi qualche volta e guardo il mio bicchiere ora vuoto.
"Sì." Glielo passo, il ricordo svanisce mentre aspetto che lo riempia. "Un altro doppio."
"Harry Styles?" Dice la voce di una donna. Mi giro e vedo il volto piuttosto familiare di Judy Welch, una vecchia amica di mia mamma. Beh, ex amica.
"Dannazione! Sono passati, cosa.. sei anni? Sette? Sei da solo?" Mi mette una mano sulla spalle e si siede sullo sgabello a fianco a me.
"Sì, circa, e sì, sono da solo. Mia mamma non ti inseguirà." Commento. Ha la faccia di una donna che è stata infelice e ha bevuto troppo durante la sua vita. Ha i capelli dello stesso biondo-bianco di quando ero un adolescente e le sue tette rifatte sono troppo grandi per il suo piccolo corpo. Ricordo la prima volta che mi toccò. Mi sentivo un uomo a scoparmi l'amica di mia mamma e ora, guardandola, non me la scoperei neanche con il cazzo del barista.
"Sei decisamente cresciuto." Mi fa l'occhiolino. Mi viene posto il drink davanti e lo ingoio nel giro di qualche secondo.
"Loquace come sempre." Mi da un'altra pacca sulla spalla, richiamando il suo ordine al barista. "Qui per affogare i tuoi dispiaceri? Problemi d'amore?" Mi chiede.
"Nessuna delle due." Faccio girare il bicchiere tra le dita, ascoltando il ghiaccio colpire il vetro.
"Beh, io sono qui per affogare molti di entrambi, quindi facciamoci una bevuta." Sorride Judy e ordina per entrambi un giro di un whisky economico.
POV di Tessa.
"Dove potrebbe essere? Non conosco le strade qui e lui non risponde." Dico a Kimberly. Lei ha appena finito di insultare Christian per telefono.
"Non ne ho sinceramente idea. Christian ci raggiungerà a minuti. È ancora presto. Speriamo stia solo facendo un giro per schiarirsi le idee." Cerca di confortarmi, ma conosco Harry e so che non sta 'facendo un giro per schiarirsi le idee'.
"Non lo so.." Cerco di chiamarlo di nuovo, ma mi risponde immediatamente la segreteria. Ha completamente spento il telefono.
"Pensi che andrebbe al matrimonio?" Kim mi guarda. "Sai, per fare una scenata?"
Voglio dirle che non lo farebbe, ma con il peso di tutta questa situazione su di lui, di certo è una possibilità.
"Non posso credere di starlo suggerendo, ma forse dovresti venire al matrimonio, dopo tutto. Almeno per assicurarti che non interrompa. In più, è probabile che stia comunque cercando di trovarti, e penso quello sia il posto in cui cercherà prima."
L'idea di Harry che si presenta in chiesa per causare una scenata mi fa venire la nausea, ma egoisticamente spero ci vada, altrimenti non avrò quasi nessuna chance di trovarlo. Il fatto che abbia spento il telefono mi fa preoccupare del fatto che non voglia essere trovato.
"Immagino di sì. Magari resto fuori?" Suggerisco. Kimberly annuisce e vedo la sua espressione cambiare quando un'auto nera entra nel parcheggio.
Si ferma a fianco a quella di Kimberly e ne esce Christian, vestito con un completo elegante.
"Notizie da lui?" Ci chiede appena si avvicina. Lei scuote la testa e riporta la sua attenzione su di me. Mi fa male il cuore per lei, non si merita di essere tradita. Immagino sia questo il tradimento, non ha pregiudizi e preda coloro che mai se l'aspetterebbero.
"Tessa verrà al matrimonio per stare attenta ad Harry." Inizia a spiegare. "Così mentre siamo dentro, si assicurerà che nulla interrompa questo giorno prezioso." Il veleno nella sua voce è chiaro, ma resta calma.
"Non andremo a quel dannato matrimonio. Non dopo tutta questa merda." Dice Christian alla sua fidanzata.
"Perché no?"
"Perché questo," Vance muove una mano tra loro due, "ed entrambi i miei figli sono più importanti di qualsiasi matrimonio, soprattutto di questo. Non mi aspetto che tu te ne stia seduta con un sorriso nella sua stessa stanza." Dice. Kimberly sembra sorpresa ma molto compiaciuta dalle sue parole.
Io guardo in silenzio. Il riferimento di Christian a Harry e Smith come suoi 'figli' per la prima volta mi ha agitato. Ci sono così tante cose che voglio dirgli, così tante cattiverie che potrei e disperatamente vorrei scagliargli contro, ma so che non dovrei. Non sarebbe d'alcun aiuto e la mia concentrazione deve restare sulle posizioni di Harry e sul modo in cui starà gestendo la notizia.
"Le persone parleranno. Soprattutto Sasha." Si acciglia Kimberly.
"Non me ne fotte un cazzo di Sasha o Max, o chiunque altro. Lasciali parlare. Noi viviamo a Seattle, non ad Hampstead." Cerca di prenderle le mani e lei gliele lascia raccogliere tra le sue. "Rimediare ai miei errori è la mia unica priorità in questo momento." Le dice, la voce tremante.
"Non avresti dovuto lasciare Harry uscire dall'auto." Dice Kimberly, le mani ancora tra quelle di Christian.
"Non potevo esattamente fermarlo. Conosci Harry." Le dice e lei annuisce in accordo.
"Dove pensi sia andato? Se non si presenta al matrimonio, dove dovrei cercare?" Dico alla fine.
"Beh, io ho appena controllato entrambi i bar che sono aperti a quest'ora." Si acciglia. "Giusto nel caso." La sua espressione si addolcisce quando mi guarda. "So che non avrei dovuto separarvi mentre glielo dicevo. È stato un errore enorme e ora non ho idea di dove diavolo sia e so che tu sei ciò di cui ha bisogno adesso."
Non riuscendo a pensare a nulla di remotamente educato da dirgli, mi limito ad annuisce e prendo il telefono dalla tasca per cercare di richiamare Harry. So che non avrà acceso il suo, ma ci provo comunque.
"Il matrimonio inizia tra venti minuti. Posso accompagnarti adesso." Si offre Christian.
"Posso accompagnarla io. Tu prendi Smith e torna in hotel." Dice Kimberly.
"Ma-" Inizia a protestare, ma vista l'espressione sul viso di Kim, sceglie saggiamente di non farlo. "Tornerai in hotel, non è vero?" Le chiede. Gli occhi pieni di paura.
"Sì." Sospira, "Non lascerò il paese."
Il sollievo rimpiazza il panico di Christian e lascia le mani di Kimberly. "Stai attenta e chiamami se hai bisogno di qualcosa. Conosci l'indirizzo della chiesa, giusto?" Le chiede.
"Sì. Dammi le chiavi della tua auto. Smith è già nella mia." Allunga una mano. Le faccio un applauso silenzioso per il suo comportamento forte. Io sarei un casino al suo posto. Sono un casino adesso, dentro.
Meno di dieci minuti dopo, Kimberly mi lascia di fronte alla piccola chiesa. La maggior parte degli ospiti sono già entrati, solo pochi disertatori sono ancora sulle scale che portano all'interno. Mi siedo sulla panchina fuori e guardo le strade in cerca di qualche segno da parte di Harry.
Da dove sono seduta, si sente la musica dall'interno della chiesa. Immagino Anne nel suo vestito da sposa camminare lungo la navata per raggiungere il suo sposo. L'Anne nella mia mente non coincide con la madre che mente riguardo il padre del suo unico figlio.
Le scale si svuotano e tutti gli invitati entrano per vedere Anne e Robin sposarsi. I minuti passano e riesco a sentire quasi ogni suono provenire da dentro. Più di un'ora più tardi, gli invitati acclamano quando la sposa e lo sposo vengono annunciati marito e moglie, lo prendo come segno per andarmene. Non so dove andrò ma non posso starmene seduta ad aspettare. Anne uscirà presto dalla chiesa e l'ultima cosa di cui ho bisogno è un imbarazzante incontro con la nuova sposa.
Mi alzo e inizio a camminare lungo la strada da cui siamo arrivati, almeno credo. Non ricordo esattamente, ma spero sia così. Sennò, spero di incontrare Harry presto, perché non ho nessun posto dove andare. Riprendo il telefono e lo richiamo, il suo è ancora spento. Ho la batteria a meno della metà, ma non voglio spegnere il telefono nel caso Harry mi chiami.
Il sole sta tramontando nel cielo di Londra mentre continuo la mia ricerca. Avrei dovuto chiedere a Kimberly di prestarmi una delle loro auto a noleggio, ma non stavo pensando chiaramente in quel momento e lei ha altre cose di cui preoccuparsi al momento. L'auto a noleggio di Harry è ancora parcheggiata da Gabriel, ma io non ne ho una chiave in più.
La bellezza e la grazia di Hampstead diminuisce con ogni passo che faccio verso l'altro lato della città. Mi fanno male i piedi e l'aria primaverile si sta raffreddando mentre il sole tramonta. Non avrei dovuto indossare questo vestito o queste stupide scarpe. Se avessi saputo come si sarebbe evoluta la giornata, avrei indossato una tuta e delle scarpe da ginnastica. In futuro, se mai lascerò di nuovo il paese con Harry, quella sarà la mia uniforme standard.
Non capisco se la mia mente mi sta facendo degli scherzi o questa strada è realmente familiare. È incorniciata da piccole case che mi ricordano molto quella di Anne, ma dormivo quando con Harry siamo arrivati e non mi fido della mia testa in questo momento. Sono contenta che le strade siano piuttosto vuote e tutti i residenti sembrano essere in casa per la notte. Altrimenti, avrei più paura di camminare per le strade di Londra nel buio, da sola. Ho ancora paura, ma la preoccupazione che provo per Harry supera quella che provo per me stessa.
Quasi scoppio a piangere dal sollievo quando vedo la casa di Anne a breve distanza. È buio adesso, ma ci sono i lampioni accesi e sono sicura che sia casa sua. Non so se c'è Harry, ma prego che se così non è, almeno la porta sia aperta, così posso sedermi e bere un po'. Ho camminato ininterrottamente isolato dopo isolato per ore. Sono fortunata ad essere finita nell'unica strada di questo paese che mi potrebbe essere utile.
Una sbrindellata insegna luminosa a forma di birra mi distrae mentre mi avvicino a casa di Anne. Il piccolo bar è sistemato tra una casa e un vicolo. Sono percorsa da un brivido. È lì dentro, lo so.
Quando tiro la porta di ferro, mi sento immediatamente ancora più imbarazzata dal mio abbigliamento. Sembro una completa pazza entrando in questo tipo di bar con un vestito e a piedi scalzi, le scarpe in mano. Ho rinunciato ad indossarle un'oretta fa. Lascio cadere i tacchi sul pavimento e li rinfilo, mugolando per il dolore.
Il bar non è molto affollato, soprattutto viste le dimensioni del posto. Non mi ci vuole molto a squadrare la stanza e a trovare Harry seduto al bancone con un bicchiere alla bocca. Il mio cuore crolla sul pavimento e faccio un respiro profondo prima di avvicinarmi.
"Harry." Gli do un colpetto sulla spalla. Gira lo sgabello per guardarmi e mi si rivolta lo stomaco alla vista davanti a me. Ha gli occhi iniettati di sangue, profonde linee rosse sono talmente visibili che il bianco è quasi scomparso. Ha le guance arrossate e l'odore dell'alcol così pesante che posso assaporarlo. Mi iniziano a sudare le mani e ho la bocca secca.
"Guarda chi c'è." Farfuglia. Il bicchiere nella sua mano è quasi vuoto e rabbrividisco alla vista di altri tre bicchierini vuoti davanti a lui. "Come mi hai trovato?" Alza la testa e ingoia il reso del liquore marrone.
"Un altro." Dice all'uomo dietro il bancone.
"Stai bene?" Gli chiedo, sapendo che non sta bene, ma non sapendo come dovrei gestirlo finché non riesco a valutare il suo umore e capire quanto alcol ha consumato.
"Sì, sì. Sto bene. Siediti. Vuoi da bere?" Scuoto la testa e lui tira lo sgabello a fianco al suo, picchiettandolo. Mi guardo intorno nel piccolo bar, prima di salire sullo sgabello.
"Quindi come mi hai trovato?" Mi chiede di nuovo. Sono confusa e tesa dal suo comportamento. È chiaramente ubriaco, ma non è questo che mi preoccupa, è la misteriosa calma dietro la sua voce. L'ho già sentita in passato e non è mai finita bene.
"Ho camminato senza meta per ore e ho riconosciuta la casa di tua madre dall'altra parte della strada, quindi ho capito.. beh, ho capito che avrei dovuto cercare qui." Rabbrividisco al ricordo delle storie di Harry su Ken che passava notte dopo notte in questo esatto bar.
"La mia piccola detective." Dice Harry dolcemente, alzando una mano per sistemarmi i capelli dietro un orecchio. Non faccio nessuna smorfia, né mi allontano, nonostante la crescente ansia che mi gorgoglia dentro.
"Vieni con me? Voglio tornare in albergo per la notte e poi possiamo andarcene in mattinata." Cerco di persuaderlo proprio mentre il barista gli porta l'altro drink.
"Non ancora."
"Per favore, Harry." Incontro i suoi occhi rossi, "Sono stanchissima e so che lo sei anche tu." Cerco di usare la mia debolezza contro di lui, senza parlare di Christian o Ken. "I piedi mi stanno uccidendo e mi sei mancato." Mi avvicino. Lo conosco abbastanza da sapere che se inizio a parlare di qualcosa di troppo impegnativo, inizierà a dare i numeri e questa calma evaporerà nel giro di secondi.
"Bevi qualcosa. C'è la mia amica, ti offrirà uno shortino." Indica i bicchierini vuoti sul bancone.
"Amica?" Il mio stomaco affonda.
"Una vecchia amica di famiglia." Dice e indica con la testa la donna che sta uscendo dal bagno. Sembra essere sulla trentina inoltrata, quasi quaranta, e ha i capelli biondo ossigenato. Sono sollevata dal fatto che non sia giovane, dato che sembra che Harry ci stia bevendo insieme da un po' ormai.
"Penso davvero che dovremmo andare." Insisto e cerco di prendergli la mano. La strappa via.
"Judith, lei è Theresa." Mi presenta alla donna.
"Judy." Lo corregge nello stesso momento in cui io dico, "Tessa."
"Piacere di conoscerti." Forzo un sorriso e mi rigiro verso Harry, "Per favore." Lo supplico di nuovo.
"Judy sapeva che mia mamma era una troia." Dice Harry, l'odore del whisky bombarda di nuovo i miei sensi.
"Io non l'ho detto." Ride la donna. Indossa dei vestiti troppo giovanili per la sua età. Il suo top è molto scollato e i jeans troppo aderenti.
"Lei non l'ha detto. Mia mamma odia Judy." Sorride Harry.
"Chissà perché." La donna ricambia il sorriso e io mi sento al di fuori di una battuta privata tra loro.
"Perché?" Chiedo senza pensare.
Harry mi rivolge un'occhiata d'avvertimento e scuote la mano, dimettendo la mia domanda. Mi ci vuole tutta la mia forza per non spingerlo dallo sgabello. Se non sapessi che sta solo mascherando il suo dolore, lo farei.
"Lunga storia, bambola. Comunque, hai l'aspetto di una che ha bisogno di un po' di tequila." La donna fa segno al barista.
"No, sto bene." Declino l'offerta. L'ultima cosa che voglio è bere.
"Rilassati, piccola." Harry si avvicina a me. "Non sei tu ad aver appena scoperto che tutta la tua vita è una fottuta menzogna, quindi rilassati e fatti una bevuta con me." Mi fa male il cuore per lui, ma bere non è la risposta. Ho bisogno di tirarlo fuori di qui. Adesso.
"Il margarita lo preferisci ghiacciato o shakerato? Questo non è un posto pretenzioso, quindi non hai molta scelta." Mi dice Judy.
"Ho detto che non voglio un fottuto drink." Scatto. Spalanca gli occhi ma si riprende velocemente. Sono sorpresa dal mio sfogo quasi quanto lei.
Sento Harry ridacchiare a fianco a me, ma tengo gli occhi sulla donna.
"Okay allora. Qualcuno ha bisogno di rilassarsi." Dice, infilando le mani nella sua borsa. Ne prende un pacchetto di sigarette e un accendino.
"Vuoi?" Chiede ad Harry. Lo guardo e lui annuisce. Judy si allunga dietro di me per passargli la sigaretta accesa dalla sua bocca. Chi diavolo è questa donna?
Harry posiziona la disgustosa stecchetta tra le labbra e fa un tiro. Viticci di fumo girano tra noi e io mi copro la bocca e il naso. "Da quando fumi?" Gli lancio un'occhiataccia.
"Ho sempre fumato. Ho smesso solo quando mi sono trasferito a Pullman." Fa un altro tiro. Il luccicante fuco rosso alla fine della sigaretta mi infastidisce, quindi allungo un braccio e la strappo dalle labbra di Harry, buttandola nel suo bicchiere mezzo pieno.
"Che cazzo?" Alza la voce e fissa il suo drink rovinato.
"Ce ne andiamo. Adesso." Scendo dal bancone, afferrandogli una manica e tirandolo.
"No, per niente." Si sgancia dalla mia presa con forza e cerca di attirare l'attenzione del barista.
"Lui non vuole andarsene." Si intromette Judy. La mia rabbia ribolle e sinceramente questa donna mi sta solo facendo incazzare.
"Non ricordo di avertelo chiesto. Fatti gli affari tuoi e trovati un nuovo compagno di bevute perché noi ce ne andiamo." Le urlo.
Lei guarda Harry, aspettandosi che la difenda e la malata storia tra i due mi appare ormai chiara. Questo non è il modo in cui una "amica di famiglia" si comporterebbe con il figlio di una sua amica che ha la metà dei suoi anni.
"Ho detto che non voglio andarmene." Farfuglia Harry.
Le ho provate tutte, ma non mi ascolta. La mia ultima opzione è giocare sulla sua gelosia, un colpo basso, soprattutto visto lo stato in cui si trova, ma non mi ha lasciato altra scelta.
"Beh, se tu non vuoi riaccompagnarmi in hotel, dovrò trovare qualcun altro che lo faccia." Mi guardo intorno e i miei occhi si poggiano sull'uomo più giovane in vista. Do ad Harry qualche secondo per rispondere e quando non lo fa, inizio a camminare verso il gruppo del ragazzo.
"Assolutamente no." La mano di Harry è intorno al mio braccio nel giro di secondi.
"Allora riaccompagnami."
"Sono ubriaco." Dice.
"Lo so. Possiamo chiamare un taxi per farci accompagnare da Gabriel e da lì prendiamo l'auto a noleggio per andare in hotel."
"Hai pensato a tutto, non è vero?" Borbotta sarcasticamente.
"No, ma la tua permanenza in questo posto non sta portando a nulla di positivo, quindi o vai a pagare i tuoi drink e mi porti fuori di qui o me ne vado con qualcun altro."
Rilascia la leggera presa sul mio braccio, ma si avvicina, "Non minacciarmi. Potrei facilmente anch'io andarmene con qualcun altro." Dice, a pochi centimetri dal mio viso. Sono attraversata da una fitta di gelosia, ma la ignoro.
"Fa' pure. Vai a casa con Judy. So che ci sei andato a letto in passato. Si capisce." Tengo la schiena dritta e la voce ferma, sfidandolo. "Beh? Che facciamo?" Alzo un sopracciglio.
"Dannazione." Brontola e metà inciampa all'indietro verso il bancone per pagare.
"Ti saluta Judy." Mi dice Harry quando usciamo dal bar.
"Non parlarmi di lei." Scatto.
"Sei gelosa, Theresa?" Farfuglia, avvolgendo un braccio intorno a me. "Cazzo, odio questo posto, questo bar, questa casa." Indica la piccola casa dall'altra parte della strada. "Oh! Vuoi sapere una cosa divertente? Vance ha vissuto qui." Indica la casa di mattoni direttamente a fianco al bar. C'è una luce fioca accesa al piano di sopra e un'auto parcheggiata nel viale.
"Mi chiedo cosa stesse facendo la notte in cui quegli uomini entrarono nella nostra fottuta casa." Gli occhi di Harry squadrano l'asfalto e si piega. Prima che mi renda conto di cosa sta succedendo, ha alzato il braccio dietro la testa, un mattone nella sua mano.
"Harry, no!" Urlo, prendendogli il braccio. Il mattone cade a terra e slitta sull'asfalto.
"Fanculo." Cerca di riprenderlo, ma mi metto davanti a lui. "Fanculo tutto! Fanculo questa strada! Fanculo questo bar e questa fottuta casa! Fanculo tutti." Inciampa di nuovo e si addentra nella strada. "Se non mi lasci distruggere quella casa.." La sua voce si affievolisce e io mi tolgo le scarpe, seguendolo dall'altra parte della strada, sul giardinetto della sua casa d'infanzia.

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