POV di Tessa.
Ogni singola volta che Sophia nominava New York mentre cenavamo, iniziavo ad entrare nel panico. Sono stata proprio io a introdurre l'argomento, ma stavo solo cercando di distogliere l'attenzione da Liam. Sapevo essere imbarazzato e ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente, semplicemente è capitato essere l'unico argomento di cui non dovrei parlare davanti ad Harry.
Devo dirglielo stasera. Mi sto comportando da codarda ridicola ed immatura nascondendoglielo. I progressi che ha fatto su sé stesso raggiungeranno il capolinea o mi sorprenderà gestendo bene tutta la situazione. Non so mai cosa aspettarmi da lui, potrebbe andare in entrambi i modi.
Sono vicina all'entrata del salotto, in corridoio. Karen sta pulendo i fornelli con una pezza bagnata, Ken si è spostato sulla poltrona in salotto e si è addormentato. Liam e Sophia sono seduti al tavolo della sala da pranzo in silenzio. Liam cerca di lanciare un'occhiatina alla ragazza e quando lei lo guarda e lo vede, gli mostra il suo bellissimo sorriso.
Non so cosa pensare, col fatto che è appena uscito da una relazione a lungo termine, ma in realtà, chi sono io per giudicare le relazioni degli altri? È chiaro che non ho la più pallida idea neanche di come gestire la mia.
Dalla mia posizione qui in corridoio che connette il salotto, la sala da pranzo e la cucina, ho la perfetta visione delle persone che più significano per me, inclusa la più importante, Harry, che è seduto sul divano in salotto, fissando con aria assente il muro.
Sorrido all'idea di lui alla cerimonia di laurea a giugno. Non riesco ad immaginarlo con addosso toga e tocco, ma di sicuro non vedo l'ora di vederlo e so che significa moltissimo per Ken che Harry abbia accettato. Ken aveva chiarito in molteplici occasioni che non si sarebbe mai aspettato di vedere Harry laurearsi al college e ora che la verità sul loro passato è stata svelata, sono sicura che non si sarebbe mai aspettato di vederlo accettare il tipico rituale. Harry Styles è tutto tranne che uno stereotipo.
Da New York?
Avrei dovuto sapere che quella vocina non sarebbe stata via per molto. Speravo avesse mangiato troppo e sarebbe rimasta fuori gioco almeno per stasera.
Ovviamente tornerei per la laurea di Harry. Ma se glielo dico, cambierà idea e si rifiuterà di partecipare?
È una probabilità molto alta, quasi una garanzia. Mi premo le dita sulla fronte, cercando di costringere il mio cervello a collaborare. Come metto in mezzo il discorso? E se si offre di seguirmi a New York? Lo farebbe? E se lo fa, dovrei acconsentire?
Riesco a sentire i suoi occhi su di me da dov'è seduto in salotto. Ovviamente, quando alzo lo sguardo, lo trovo a studiarmi, gli occhi verdi curiosi e la bocca premuta in una linea morbida. Gli rivolgo il mio miglior sorriso da 'sto bene, solo pensierosa' e guardo le sue labbra tirarsi in una smorfia e le sopracciglia aggrottarsi. Si alza e viene verso di me, attraversando la stanza con lunghe falcate, e nel giro di qualche secondo, è quasi poggiato su di me, premendo un palmo contro la parete per sostenere il suo corpo che torreggia sul mio.
"Che c'è?" Chiede. Liam alza la testa e distoglie lo sguardo da Sophia, al suono forte della voce di Harry.
"Devo parlarti di una cosa." Ammetto a bassa voce. Lui non sembra preoccupato, non quanto dovrebbe.
"Okay, cosa?" Si avvicina ancora di più, troppo, e io cerco di allontanarmi, solo per ricordare che mi tiene premuta contro il muro. Harry alza anche l'altro braccio per bloccarmi completamente e quando i suoi occhi incontrano il mio viso, ha le labbra piegate in un chiaro sorrisetto.
"Beh?" Insiste, mentre io lo fisso in silenzio.
Nel momento più imbarazzante, mi si secca la bocca e quando la apro per parlare, inizio a tossire. Sembra essere sempre così, in una silenziosa sala del cinema, in chiesa o mentre sto avendo una conversazione con qualcuno di importante. Devo sempre tossire in situazioni in cui non si dovrebbe. Tipo ora, sto divagando internamente sul tossire, mentre tossisco, e mentre Harry mi sta guardando come se gli stessi morendo davanti.
Si allontana ed entra in cucina con decisione. Circoscrive Karen e torna da me con un bicchiere d'acqua, per quella che sembra essere la trentesima volta nelle ultime due settimane. Prendo il bicchiere e mi sento sollevata quando l'acqua fredda mi calma il bruciore in gola.
So che anche il mio corpo sta cercando di tirarsi indietro dal comunicare questa notizia ad Harry e ho voglia di darmi una pacca sulla spalle e un calcio sul mento nello stesso tempo. Se lo facessi, penso che ad Harry potrebbe dispiacere un po' per il mio comportamento da pazza e magari cambierebbe argomento.
"Che succede? La tua mente sta andando a cento all'ora." Mi guarda, alzando la mano verso il bicchiere vuoto. "Lo capisco." Aggiunge, quando inizio a scuotere la testa.
"Possiamo andare fuori a parlare?" Mi giro verso la porta del patio, cercando di chiarire che non dovremmo parlare davanti ad un pubblico. Diamine, probabilmente dovremmo tornare a Seattle per discutere di questo casino. O più lontano. Più lontano va bene.
"Fuori? Perché?"
"Voglio parlarti di una cosa." Ripeto. "In privato."
"Va bene, certo."
Faccio un passo avanti a lui per cercare un equilibrio. Se tengo il comando mentre usciamo, magari potrei avere migliori possibilità di tenere il comando della conversazione. E se tengo il comando della conversazione, allora potrei avere possibilità migliori di non permettere ad Harry di mandare tutto a rotoli. Più o meno.
Non tiro via la mano dalla sua quando sento le sue dita intrecciarsi alle mie. È tutto così silenzioso, gli unici suoni provengono dal telefilm criminale che Ken si è addormentato guardando e il basso ronzio della lavastoviglie in cucina.
Quando saliamo sul ponte, tutti i suoni si dissolvono e vengo lasciata sola con il rumore dei miei pensieri caotici e il basso canticchiare di Harry. Sono contenta di qualsiasi canzone stia canticchiando, talmente a bassa voce che quasi non si sente, ma mi distrae e mi aiuta a focalizzarmi su qualcosa al di fuori dell'esplosione che sono sicura arriverà tra pochi minuti. Se sono fortunata, mi darà qualche minuto per spiegargli la mia decisione, prima di reagire.
"Sputa il rospo." Dice Harry, tirando una delle sedie.
Addio alla speranza dell'avere pochi minuti, non è dell'umore per aspettare. Si siede e poggia i gomiti sul tavolo tra di noi. Mi affretto a sedermi di fronte a lui e mi sforzo di decidere su dove mettere le mani. Le sposto dal tavolo, alla mia pancia, alle ginocchia e di nuovo sul tavolo, prima che lui allunghi una delle sue e la poggi sulle mie dita in agitazione.
"Rilassati." Dice dolcemente. Ha la mano calda e ricopre completamente le mie, dandomi un frammento di chiarezza, anche se solo per un momento.
"Ti sto nascondendo una cosa e questo mi sta facendo impazzire. Devo dirtelo adesso, e so che non è il momento, ma devi saperlo prima di scoprirlo in qualsiasi altro modo."
Alza la mano dalle mie e si poggia allo schienale della sedia. "Che hai fatto?" Riesco a sentire l'ansia nella sua voce, il sospetto nel respiro controllato.
"Niente." Dico velocemente. "Niente di quello che stai pensando."
"Non hai.." Sbatte gli occhi, "non sei stata.. con nessun altro, vero?"
"No!" Squittisco e scuoto la testa per confermare il mio punto. "No, niente del genere. Ho solo preso una decisione che ti sto nascondendo. Non ha niente a che fare con e qualcun altro."
Non so se sentirmi sollevata o offesa per quello che ha pensato. In un certo senso, sono sollevata perché il trasferimento a New York non può essere per lui doloroso quanto me che vado con un altro uomo, ma sono leggermente offesa perché dovrebbe conoscermi meglio di così ormai. Ho fatto anch'io la mia parte di irresponsabilità, cose dolorose per lui, soprattutto riguardanti Zayn, ma non andrei mai a letto con un altro.
"Okay." Si passa una mano tra i capelli, poggiando il palmo sul retro del collo, massaggiando i muscoli. "Allora non può essere così male."
Faccio un respiro, decidendo di dirlo e basta, senza più girarci intorno. "Beh.."
Alza una mano per fermarmi. "Aspetta, che ne pensi se prima di dirmelo, mi spieghi perché."
"Perché cosa?" Chiedo, piegando la testa, confusa.
"Perché hai preso questa decisione per cui ti stai pisciando sotto." Alza un sopracciglio.
"Okay." Annuisco. Mi sposto tra i miei pensieri, mentre lui mi guarda con occhi pazienti. Da dove inizio? È molto più difficile che dirgli semplicemente che mi sto trasferendo, ma un modo davvero migliore per comunicargli una notizia.
Ora che ci penso, non credo l'abbiamo mai fatto. Ogni volta che succede qualcosa di grande e drammatico, lo veniamo sempre a sapere da altre fonti in quello stesso modo grande e drammatico.
Lo guardo un'ultima volta, prima di iniziare a parlare. Voglio assorbire ogni centimetro del suo viso, ricordare e studiare come i suoi occhi possono apparire così pazienti in momenti come questo, ma così duri in passato.
Noto come adesso le sue labbra rosa e morbide appaiano così invitanti, ma ricordo le volte in cui erano rotte da un lato o giusto al centro, col sangue che scendeva dalle ferite. Ricordo il piercing e quanto velocemente arrivò a piacermi.
Dentro la mia testa, rivivo la sensazione che mi provocava il metallo freddo quando mi sfiorava il labbro. Mi concentro sul modo in cui se lo tirava tra le labbra quando era pensieroso ed era una tale tentazione, che iniziai ad imitare quell'azione ogni volta che ci baciavamo.
Ripenso alla sera in cui mi portò a pattinare nel suo tentativo di dimostrarmi che poteva essere un fidanzato "normale" per me. Era nervoso e scherzoso e si era tolto entrambi i piercing. Disse che lo aveva fatto perché voleva, ma ancora oggi, penso l'abbia fatto per dimostrare qualcosa a sé stesso e a me. Per un po', mi sono mancati, a volte ancora mi mancano, ma in un certo senso, amo ciò che la loro assenza rappresenta, non importa quanto innegabilmente fossero sexy.
"Ti dispiace condividere?" Scherza, raddrizzando la schiena e poggiando il mento sul palmo di una mano.
"No." Sorrido nervosamente ed inizio. "Beh, ho preso questa decisione perché abbiamo bisogno di passare del tempo separati e questo sembrava l'unico modo sicuro per farlo succedere."
"Del tempo separati, eh?" Ferma gli occhi nei miei, facendomi sentire pressata a indietreggiare.
"Sì, tempo separati. È tutto un tale casino tra di noi e avevo bisogno di mettere un po' di distanza, per davvero questa volta. Lo so che lo diciamo sempre, ripetiamo sempre la stessa storia in ogni situazione e andiamo e veniamo tra Seattle e Pullman e adesso abbiamo coinvolto anche Londra, in pratica stiamo spargendo il casino della nostra relazione per tutto il mondo." Mi fermo, in attesa della sua reazione, prima di tirare via gli occhi dai suoi.
"E' davvero così tanto un casino?" La voce leggera.
"Litighiamo più spesso di quanto andiamo d'accordo."
"Questo non è vero." Risponde, tirando il colletto della t-shirt nera. "Tecnicamente e letteralmente, questa cosa non è vera, Tessa. Potrebbe sembrare così, ma quando ripensi a tutte le porcherie che abbiamo attraversato, abbiamo passato più tempo a ridere e parlare, leggere, scherzare e a letto, ovviamente." Fa un piccolo sorriso e io sento la mia sicurezza indebolirsi.
"Risolviamo tutto con il sesso e non è sano." Spingo il mio prossimo punto.
"Il sesso non è sano?" Dice, con aria derisoria. "Facciamo sesso in modo consenziente, sesso pieno d'amore e pieno di fottuta fiducia, sì, lo facciamo più spesso di altri ed è stupendo e fottutamente allucinante, ma non dimenticare perché lo facciamo. Non ti scopo solo per ricavarne un orgasmo, lo faccio perché ti amo e amo la fiducia che riponi in me quando mi permetti di toccarti in quel modo."
Tutto quello che sta dicendo ha senso, anche se non dovrebbe e sento New York scivolare sempre più lontano.
"Hai mai cercato i sintomi di una relazione abusiva?" Decido di lanciare la bomba prima piuttosto che poi.
"Abusiva?" Sembra avere problemi a respirare. "Tu mi trovi abusivo? Non ti ho mai messo una mano addosso e mai lo farei." C'è una nota difensiva nella sua voce e io abbasso lo sguardo sulle mie mani.
"No, non è questo che intendevo." Rispondo sinceramente. "Mi riferivo ad entrambi e al fatto che facciamo le cose appositamente per farci del male. Non ti stavo accusando di essere fisicamente abusivo."
Sospira e si passa entrambe le mani tra i capelli. "Okay, quindi ovviamente si tratta di molto di più che una stupida decisione di trasferirsi dall'altra parte dello Stato o una merdata del genere." Ora sta entrando nel panico.
"Adesso ti farò una domanda e voglio che mi rispondi sinceramente, niente stronzate, niente ripensamenti, dimmi solo cosa ti viene in mente appena te lo chiedo, okay?" Mi chiede Harry.
Annuisco. Non so dove voglia arrivare.
"Qual è la cosa peggiore che ti ho mai fatto? Qual è la cosa più disgustosa e terribile che ti ho mai fatto passare da quando ci siamo conosciuti?"
Inizio a pensare agli ultimi otto mesi, ma lui si schiarisce la gola, ricordandomi che vuole gli dica la prima cosa che mi viene in mente.
"La scommessa." Dico. "Il fatto che mentre io mi innamoravo di te, tu non facevi altro che prendermi in giro." Mi muovo nervosamente sulla sedia, non volendo aprire quella valvola proprio ora, né mai nel futuro, sinceramente.
Lui sembra pensieroso, perso per un momento. "La cancelleresti? Cambieresti quel mio errore, se potessi?"
Mi prendo del tempo per pensarci, pensarci davvero, prima di rispondere. Ho già risposto a questa stessa domanda in passato, molte volte, e ho cambiato idea anche di più, ma ora la risposta sembra così.. definitiva. Sembra così definitiva e determinante e semplicemente come se adesso avesse più importanza che mai prima.
Il sole si sta abbassando nel cielo, nascondendosi dietro i fitti alberi al confine della proprietà degli Styles e la luce automatica del patio si è appena accesa.
"No, non la cancellerei." Dico, più che altro a me stessa. Harry annuisce come se sapesse già esattamente che avrei risposto così.
"Okay, e oltre questo, qual è la cosa peggiore che ti ho fatto?"
"Quando mi hai sabotato l'appartamento a Seattle." Rispondo senza pensare.
"Davvero?" Sembra sorpreso.
"Sì."
"Come mai? Cosa esattamente ti ha fatto incazzare tanto?"
"Il fatto che hai preso completamente il controllo di una decisione che era mia e me l'hai nascosto."
"Non cercherò di giustificarmi, perché so che è stata una puttanata." Scrolla le spalle.
"Okay?" Spero abbia altro da dire al riguardo.
"Capisco il tuo ragionamento dietro questa cosa. Non avrei dovuto farlo, avrei dovuto parlare con te invece che provare a trattenerti dall'andare a Seattle. Mi ero fottuto il cervello al tempo, ancora tutt'oggi, ma ci sto provando ed è diverso da prima."
Non so come rispondere. Sono d'accordo sul fatto che non avrebbe dovuto farlo, e sono d'accordo quando dice che adesso ci sta provando. È difficile ricordare quale dovrebbe essere il punto dietro tutta questa conversazione.
"Tu hai questa idea nella testa, piccola, un'idea che qualcuno ti ha impiantato o forse l'hai visto in qualche telefilm di merda, o forse in uno dei tuoi libri, non lo so. Ma la vita reale è fottutamente difficile. Nessuna relazione è perfetta e nessun uomo tratterà mai una donna esattamente come dovrebbe. Non sto dicendo che è giusto, okay?" Alza una mano per fermarmi dall'interromperlo.
"Quindi ascoltami bene, sto solo dicendo che penso che se tu e magari qualcun altro in questo fottuto e critico mondo prestaste un po' più d'attenzione a quello che succede dietro le quinte, vedreste le cose in modo diverso. Non siamo perfetti, Tessa, io non sono fottutamente perfetto e ti amo, ma anche tu sei ben lontana dall'esserlo." Fa una piccola smorfia, come per farmi capire che lo intende nel modo meno cattivo possibile.
"Ti ho fatto un sacco di merdate, e cazzo, ho fatto questo discorso un migliaio di dannate volte, ma qualcosa dentro di me è cambiato, sai che è vero."
Quando Harry smette di parlare, fisso il buio dietro di lui per qualche secondo, prima di rispondere. "Ho paura che ci siamo allontanati troppo, abbiamo commesso entrambi così tanti errori."
"Sarebbe uno spreco arrendersi, invece che rimediare a quegli errori e lo sai fottutamente bene."
"Uno spreco di cosa? Tempo? Ormai non abbiamo molto tempo da sprecare." Dico, entrando gradatamente nell'inevitabile disastro.
"Abbiamo tutto il tempo del mondo, siamo ancora giovani. Io sto per laurearmi, ce ne andremo a vivere a Seattle. Lo so che sei stanca delle mie stronzate, ma io conto egoisticamente sul tuo amore per me per convincerti che dovrei avere un'ultima occasione."
"E che mi dici di tutte le cose che ho fatto io a te? Ti ho insultato, e tutta la storia con Zayn?" Mi mordo il labbro e distolgo lo sguardo alla menzione di Zayn.
Harry tamburella le dita contro il vetro che ricopre il tavolo. "Prima di tutto, Zayn non ha spazio qui, in questa conversazione. Hai fatto delle stupidaggini, e anche io. Nessuno di tutti e due aveva idea di come fosse avere una relazione. Tu potrai aver pensato di sì perché sei stata con Noah per così tanto tempo, ma guardiamo in faccia la realtà, voi due in pratica eravate due cugini che si baciavano, quella merda non era una vera relazione."
Lancio un'occhiata ad Harry, aspettando che continui a scavare questo buco sul quale sta lavorando.
"E per quanto riguarda gli insulti," sorride e io inizio a chiedermi chi sia davvero quest'uomo seduto di fronte a me. "Tutti si insultano, mi dispiace, ma anche la moglie del pastore di tua madre chiama stronzo suo marito. Potrà non dirglielo in faccia, ma è la stessa merda e io preferisco molto di più che mi chiami stronzo in faccia." Fa spallucce.
"Hai una spiegazione per tutto quanto, non è vero?" Gli chiedo.
"No, non tutto. Non molto, in realtà, ma so che tu te ne stai lì seduta a cercare una via di fuga da questa situazione e ho intenzione di fare dannatamente il mio meglio per assicurarmi che sappia di cosa stai parlando."
"Da quando comunichiamo così?" Non posso evitare di essere stupida dalla mancanza di grida e urla da parte di entrambi. Harry incrocia le braccia davanti al petto e pizzica i fili sfrangiati del gesso.
"Da adesso." Fa di nuovo spallucce. "Non lo so, ma l'altra merda non sembrava funzionare per noi, quindi perché non provare così?"
Sento la mia bocca aprirsi per la sorpresa a causa del tono noncurante con cui l'ha detto. "Perché la fai sembrare così semplice, se fosse stato così semplice, avremmo potuto farlo prima."
"No, io non ero lo stesso prima, e neanche tu." Mi guarda, in attesa che parli di nuovo.
"Non può essere così semplice. Ho bisogno di tempo per me stessa, Harry. Ho bisogno di tempo per capire chi sono e cosa voglio fare con la mia vita e come arrivarci e ho bisogno di farlo da sola." Le parole sanno di acido mentre lasciano la mia bocca.
"Hai deciso allora? Non vuoi vivere con me a Seattle? Ti sei già comprata un appartamento tuo o qualcosa del genere? È per questo che sei così chiusa e riluttante ad ascoltare per davvero quello che sto dicendo?"
"Ti sto ascoltando, ma ho già preso la mia decisione.. non posso continuare con questo avanti e indietro, avanti e indietro. Non solo con te, ma con me stessa."
"Quindi dov'è il tuo appartamento? In che quartiere di Seattle?" Harry si poggia di nuovo contro lo schienale della sedia, alzando le gambe sul tavolo.
"Non è a Seattle." Cerco di spiegare. La lingua mi sembra improvvisamente fatta di piombo, non riesco a spiccicare parola.
"Dove allora? Periferia?" Chiede.
"E' a New York, Harry. Voglio andare-"
"New York?" Toglie i piedi dal tavolo e si alza. "Stai parlando della vera New York? O è una specie di quartiere hipster di Seattle di cui non avevo mai sentito?"
"La vera New York." Chiarisco, mentre lui cammina avanti e indietro. "Tra una settimana."
Harry è silenzioso, a parte per il rumore dei piedi contro il legno mentre cammina senza una parola avanti e indietro sul ponte.
"Quando l'hai deciso?" Chiede alla fine.
"Dopo Londra e dopo la morte di mio padre."
"Quindi la mia stronzaggine ti ha fatto venir voglia di impacchettare baracche e burattini e andare a New York City? Non hai mai neanche lasciato lo stato di Washington, cosa ti fa pensare che potresti vivere a New York City?"
La sua risposta scuote il mio lato difensivo, "Posso vivere dove voglio. Non cercare di sminuirmi."
"Sminuirti? Tessa, tu sei mille volte migliore di me in qualsiasi cosa, non sto cercando di sminuirti. Sto solo chiedendo, cosa ti fa pensare che riusciresti a vivere a New York? Dove andrai a vivere?"
"Con Liam."
"Liam?" Harry spalanca gli occhi e io mi alzo. Questo è lo sguardo che stavo aspettando, desiderando non arrivasse, ma ora che è qui, tristemente, mi sento leggermente a mio agio. Harry stava prendendo tutto così bene, era più comprensivo, calmo e cauto con le parole come mai prima, era assurdo.
Questo sguardo lo conosco. Questo è Harry, alle prese con il suo temperamento. "Liam, tu e Liam vi trasferite a New York." Dice.
"Di chi è stata l'idea? Tua o sua?" La voce bassa e molto meno arrabbiata di quanto mi aspettassi. C'è qualcosa di peggio della rabbia però, c'è dolore. Harry è ferito e sento lo stomaco ed il petto stringersi per l'energia sorpresa, tradita e protettiva che lo sta invadendo.
Non voglio dirgli che è stato Liam a chiedermi di trasferirmi, non voglio dirgli che Liam e Ken mi hanno aiutato con lettere di raccomandazione e trascrizioni, pacchetti di ammissione e moduli di iscrizione.
"Mi prenderò un semestre di pausa." Gli dico, nella speranza di distrarlo dalla precedente domanda.
Si gira verso di me, le guance rosse sotto le luci del patio, gli occhi selvaggi e le mani strette lungo i fianchi. "E' stata un'idea sua, non è vero? Lo sa sin dall'inizio e mentre mi convinceva sempre di più che eravamo.. non lo so? Amici.. fratelli persino, mi stava accoltellando alle spalle."
"Harry, non è così." Cerco di difendere Liam. Io ed Harry eravamo nella peggiore delle situazioni quando Liam mi ha proposto di andare a New York con lui.
"Col cazzo che non è così, voi due siete qualcosa di speciale." Urla, agitando freneticamente le mani. "Tu te ne sei lì seduta e mi hai guardato ridicolizzarmi con proposte di matrimonio e l'adozione e tutta quella merda e sapevi, cazzo, sapevi che te ne saresti andata in ogni caso?" Si tira i capelli e cambia direzione. Sta andando verso la porta adesso e io cerco di fermarlo.
"Non entrare, per favore. Resta qui con me e possiamo finire di parlarne. Ci sono un sacco di altre cose di cui parlare."
"Smettila! Cazzo, smettila e basta!" Quando cerco di toccarlo, scuote via la mia mano dalla spalla.
Harry tira il pomello della porta e sono sicura di sentirla sposarsi dai cardini. Mi affretto a seguirlo, sperando che non farà esattamente quello che penso, esattamente quello che fa ogni volta che succede qualcosa di brutto nella sua vita, nella nostra vita.
"Liam!" Urla nel momento in cui entra in cucina. Sono contenta che Ken e Karen sembrano essere andati di sopra.
"Che c'è?" Urla lui in risposta. Seguo Harry in sala da pranzo, dove Liam e Sophia sono ancora seduti al tavolo con un piatto di dolci quasi vuoto tra loro.
L'espressione di Liam cambia nel momento in cui Harry si precipita nella stanza, con la mascella serrata e i pugni stretti. "Che succede?" Chiede, guardando Harry attentamente, prima di guardare a me.
"Non guardare lei, guarda me." Scatta Harry. Sophia salta sul posto, ma si riprende velocemente e porta la sua attenzione su di me, dietro ad Harry.
"Harry, lui non ha fatto niente di male. È il mio migliore amico e stava solo cercando di aiutarmi." Cerco di calmarlo. So di cosa è capace e il pensiero di Liam come bersaglio mi fa venire il mal di stomaco.
"Stanne fuori, Tessa." Harry non si gira a guardarmi.
"Di cosa stai parlando?" Chiede Liam alla fine, anche se so che è perfettamente consapevole del motivo della rabbia di Harry. "E' per New York, non è vero?" Dice.
"Cazzo sì, è per New York!" Gli urla Harry e Liam si alza. Sophia manda ad Harry un'occhiata omicida di avvertimento e in quel momento decido che mi va bene se lei e Liam diventano qualcosa di più che semplici vicini amichevoli.
"Stavo solo cercando di aiutare Tessa quando l'ho invitata a venire con me! Tu avevi rotto con lei e lei era distrutta, assolutamente distrutta. New York è la cosa migliore per lei." Spiega Liam, calmo.
"Sai quanto sei stronzo? Fingi di essere un mio fottuto amico e poi metti in scena questa merda?" Harry inizia a camminare di nuovo, stavolta in un piccolo cerchio intorno allo spazio nella sala da pranzo.
"Non stavo fingendo! Tu avevi incasinato di nuovo tutto e io stavo cercando di esserle d'aiuto!" Urla Liam in risposta. Il mio cuore inizia ad accelerare quando Harry attraversa la stanza e chiude i pugni sulla maglia di Liam.
"Esserle d'aiuto portandola via da me!" Lo spinge contro il muro.
"Eri troppo fatto per importartene!" Gli urla Liam in faccia. Io e Sophia stiamo entrambe guardando, insicure su cosa fare. Io conosco Liam ed Harry molto meglio di lei e non so comunque cosa fare o dire.
È caos allo stato puro, Liam e Harry che si urlano contro, il rumore di Ken e Karen che si affrettano lungo le scale, il tintinnio e lo schianto dei piatti e bicchieri caduti dal tavolo su cui Harry ha spinto il fianco di Liam, prima di sbatterlo contro il muro opposto.
"Sapevi cosa cazzo stavi facendo! Mi fidavo di te, pezzo di merda!"
"Vai allora! Colpiscimi!" Urla Liam. Harry alza un pugno, ma Liam non sbatte ciglio. Io urlo il nome di Harry e penso di sentire Ken fare lo stesso.
Con la coda dell'occhio, vedo Karen tirare Ken dalla maglietta, trattenendolo dal mettersi in mezzo.
"Colpiscimi, Harry! Tu sei così tosto e violento, vai cazzo, colpiscimi!" Liam lo sprona di nuovo.
"Sì! Io-" Harry abbassa la mano, ma poi rialza il pugno verso il viso di Liam.
"Non lo farai." Liam ha le guance arrossate per la rabbia e il petto si muove faticosamente su e giù, ma non sembra minimamente intimidito da Harry. Sembra incazzato e controllato contemporaneamente. Io mi sento tutto il contrario, mi sento come se, se le due persone di cui mi importa di più si mettessero a picchiarsi, non saprei cosa farei.
Guardo di nuovo Karen e Ken. Non sembrano preoccupati per Liam. Sono troppo calmi, mentre Harry e Liam non fanno altro che urlare.
"Sì, fottutamente sì! Distruggerò questo fottutissimo stupido gesso-" La voce di Harry si affievolisce. Fissa Liam, poi si gira a guardare me, prima di concentrarsi di nuovo su Liam.
"Vaffanculo!" Urla. Abbassa il pugno e si gira per lasciare la stanza. Liam è fermo contro il muro, con l'aria di aver voglia di colpire anche lui qualcosa. Sophia si è alzata e sta andando a confortarlo. Karen e Ken stanno parlando a bassa voce tra loro, dirigendosi verso Liam, e io, beh, io sono in piedi nel mezzo della sala da pranzo, cercando di capire cosa è appena successo.
Liam ha preteso che Harry lo colpisse, l'ho sentito urlare contro di lui. Harry era già fuori controllo, si è sentito tradito e preso in giro ancora una volta, eppure non l'ha fatto. Harry Styles ha voltato le spalle alla violenza, anche se preso dal momento, non ha alzato le mani su Liam.
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