Capitolo 216

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POV di Harry.
"Hai intenzione di seguirmi per tutto il tragitto di ritorno?" Chiedo alla ragazza seccante.
"No, sto tornando alla cabina dei miei genitori."
"Beh, vacci da sola."
"Non sei molto educato."
"Davvero? Mi è stato detto che l'educazione è una delle mie qualità maggiori." Alzo gli occhi al cielo, anche se lei non può vedere il mio viso.
"Qualcuno ti ha mentito." Ridacchia dietro di me e io calcio le pietruzze sotto la suola dei miei stivali. Per una volta, sono contento che Tessa mi abbia detto di togliere le scarpe all'entrata della cabina, altrimenti sarei stato costretto ad indossare le scarpe da ginnastica di Liam. Non un bel look, e sono quasi certo che abbia i piedi più piccoli dei miei.
"Allora, di dove sei?" Mi chiede.
La ignoro e continuo a scarpinare lungo la strada, credo che devo girare a sinistra al prossimo stop, sicuro come la morte, ci spero.
"Inghilterra?" Chiede.
"Sì, da che parte?" Le chiedo, e lei indica la destra.
Ovvio che mi sbagliavo.
"I tuoi genitori sanno che te ne sei andata?" L'ultima cosa di cui ho bisogno è far incazzare qualcun altro.
"Ne dubito, hanno ospiti e mi stavano comunque ignorando." Sospira.
Ha degli occhi di un blu glaciale e la gonna struscia sulla ghiaia sotto i suoi piedi. Mi ricorda Tessa, beh, la Tessa che mi fu presentata agli inizi. La mia Tessa non indossa più queste gonne lunghe e oscene. Ha anche imparato nuovi vocaboli, e il merito va tutto a me per averla fatta incazzare troppe volte.
"Anche tu sei qui con i tuoi genitori?" La voce è bassa, quasi dolce.
"No, beh, più o meno."
"Sono più o meno la tua famiglia?" Sorride, anche il modo in cui mi pone la domanda mi ricorda Tessa.
Guardo la ragazza per assicurarmi che sia realmente qui e non è un qualche tipo di anomalia alla Christmas Carol in cui lei è un'apparizione che è venuta ad insegnarmi una qualche specie di lezione.
"Sono la mia famiglia, e la mia ragazza. Ho una ragazza, a proposito." L'avviso.
Non penso che questa ragazza sia interessata a qualcuno come me, ma in realtà, una volta pensavo lo stesso di Tessa.
"Okay.." Dice.
"Okay." Aumento il passo, volendo mettere un po' di spazio tra me e la sconosciuta.
Giriamo entrambi a destra, una volta arrivati allo stop, e ci spostiamo sul prato quando passa un camion.
"Dov'è allora? La tua ragazza?"
"A dormire." Ha senso usare la stessa bugia che ho detto a mio padre e Karen.
"Hmm."
"Hmm, cosa?" La guardo.
"Niente." Lo sguardo fisso davanti.
"Mi hai già seguito per metà strada di ritorno, se hai qualcosa da dire, allora dillo." Commento duramente.
"Stavo solo pensando che sembri star scappando da qualcosa o starti nascondendo, non lo so, non importa."
"Non mi sto nascondendo, lei mi ha detto di andarmene a fanculo, quindi l'ho fatto."
Cosa diavolo ne sa quest'aspirante Tessa comunque?
"Perché ti ha cacciato?"
"Sei sempre così ficcanaso?"
"Sì." Sorride.
"Odio le persone ficcanaso." L'avviso.
A parte Tessa, ovviamente. Non importa quanto la ami, a volte mi viene voglia di sigillarle la bocca con del nastro isolante quando inizia uno dei suoi interrogatori. È letteralmente l'essere umano più invadente che abbia mai incontrato.
In realtà sto mentendo, amo il suo comportamento assillante, prima lo odiavo, ma ora lo capisco. Anche io voglio sapere tutto di lei, cosa pensa, cosa fa, cosa vuole. Realizzo, per mio fottuto orrore, che adesso faccio più domande io che lei.
"Allora, me lo dirai?" Insiste la ragazza.
"Come ti chiami?" Le chiedo, evitando la sua domanda.
"Lillian." Si sistema i capelli dietro le orecchie.
"Harry."
"Dimmi della tua ragazza."
"Perché?"
"Sembri dispiaciuto e chi è meglio di una sconosciuta, per parlare un po'?"
Non voglio parlare con lei, è stranamente simile a Tessa e questa cosa mi sta mettendo a disagio.
"Non penso sia una buona idea." Il sole ha iniziato a scendere nel cielo, facendo diventare l'orizzonte di una profonda sfumatura di rosa.
"E tenersi tutto dentro sì?"
"Senti, tu sembri.. carina e tutto, ma non ti conosco e tu non conosci me, quindi questa conversazione non succederà." Lei dico e lei si acciglia.
"Va bene." Sospira.
Finalmente, riesco a vedere il tetto inclinato della cabina di mio padre in lontananza.
"Beh, io sono arrivato." Mi congedo.
"Davvero? Aspetta.. tuo padre è Ken, non è vero?" Si sbatte la piccola mano contro la fronte.
Che diavolo?
"Sì?" Smettiamo entrambi di camminare alla fine del viale.
"Sono un'idiota, ma certo! Con il vostro accento, come ho fatto a non pensarci prima." Ride.
"Non capisco." Abbasso lo sguardo su di lei.
"Tuo padre e mio padre sono amici, sono andati al college insieme o qualcosa del genere. Ho appena passato l'ultima ora ad ascoltarli raccontare le storie dei loro giorni di gloria."
"Oh, ironico." Faccio un mezzo sorriso, non mi sento così a disagio con lei come qualche minuto fa.
"Quindi in realtà, non siamo estranei." Sorride.

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