Capitolo 222

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POV di Tessa.
"Quindi questa praticamente è la storia della mia vita." Sorride Robert. Il suo sorriso è caldo ed onesto, quasi da bambino ma in senso più accattivante.
"E'.. interessante." Allungo un braccio verso la bottiglia di vino sul tavolo e la alzo per riempire il mio bicchiere. Non esce niente.
"Bugiarda." Scherza e io scoppio in risatine indotte dal vino. La sua storia è stata breve e dolce. Non esattamente piatta, e neanche emozionante, solo normale. È cresciuto con entrambi i genitori, sua madre è un'insegnante, suo padre lo sceriffo. Dopo essersi laureato al college pubblico a due paesi da qui, ha deciso di andare alla scuola di medicina. Adesso lavora qui solo perché è sulla lista d'attesa per entrare nel programma di medicina all'università di Washington, per quello e perché guadagna abbastanza bene lavorando nel ristorante più caro della zona.
"Saresti dovuto andare alla WSU." Gli dico e lui scuote la testa. Si alza dal tavolo e alza un dito per interrompere la nostra conversazione. Mi sistemo nella sedia mentre aspetto che torni, poggio la testa contro il legno dello schienale e guardo il soffitto. In questa piccola sezione è dipinto con delle nuvole, castelli e cherubini. L'immagine direttamente sopra di me è quella di una ragazza che dorme, le guance arrossate, capelli biondi e ricci. Le sue piccole ali bianche sono quasi piatte nel suo sonno. A fianco a lei, un ragazzo, almeno credo, la fissa, la guarda con le ali nere aperte dietro di lui.
Harry.
"Non esiste, anche se avessi voluto, non hanno il programma che serve a me. In più, il programma di medicina è parte del campus maggiore a Seattle, alla WSU il tuo campus di Seatle è più piccolo." Rober torna con una nuova bottiglia di vino tra le mani.
"Ci sei stato? Al campus?" Gli chiedo, desiderosa di sapere di più sulla mia nuova postazione. Sono anche desiderosa di smettere di fissare l'immagine raccapricciante degli angioletti sul soffitto.
"Sì, solo una volta, è piccolo, ma è carino."
"Dovrei essere lì lunedì e non ho un posto dove vivere." Rido. So che la mia scarsa organizzazione non dovrebbe essere divertente, ma in questo momento lo sembra.
"Questo lunedì? Nel senso che oggi è giovedì e lunedì è tra pochi giorni?"
"Già." Annuisco.
"Che mi dici dei dormitori?" Propone. Vivere nei dormitori non mi aveva mai attraversato la mente, neanche una volta. Avevo presunto, beh, sperato che Harry mi avrebbe accompagnato, quindi i dormitori non erano tra i miei piani.
"Non voglio vivere al campus, soprattutto ora che so com'è vivere per conto mio."
"Vero, una volta che hai un assaggio di libertà, non puoi più tornare indietro."
"Verissimo, se Harry venisse a Seattle.." Mi fermo. "Non importa."
"Stavate pensando di provare la relazione a distanza?"
"No, non funzionerebbe mai. Neanche la relazione ravvicinata funziona per noi." Inizia a farmi male il petto. Devo cambiare argomento prima di diventare un pasticcio di lacrime. Pasticcio, che parola strana.
"Pasticcio." Ripeto, premendo le labbra tra il pollice e l'indice.
"Ti diverti?" Sorride Robert e io annuisco, continuando a ridere. "Devo dire che questa è la cosa più divertente che faccio a lavoro da un po'."
"Anch'io." Concordo. "Beh, se lavorassi qui." Sto dicendo cose senza senso. "Non bevo spesso, beh, più adesso di quanto abbia mai fatto prima, ma non abbastanza da aver sviluppato una tolleranza, quindi mi ubriaco abba-stanza in fretta." Canto, alzando il bicchiere davanti al mio viso.
"Anch'io, non bevo molto, ma quando una bella ragazza sta avendo una brutta serata, faccio un'eccezione." Si complimenta e poi arrossisce terribilmente. "Intendevo.. ahh." Si copre il viso con le mani. "Sembra che non abbia filtri vicino a te."
Allungo una mano sul tavolo e gli abbasso le sue dal viso, si allontana leggermente e quando alza lo sguardo su di me, i suoi occhi azzurri sono chiarissimi.
"E' come se potessi capire cosa pensi." Dico ad alta voce, senza pensare.
"Forse puoi." Sussurra in risposta e caccia la lingua per bagnarsi le labbra.
So che vuole baciarmi, posso leggerglielo in volto. Posso vederlo nei suoi occhi sinceri. Gli occhi di Harry sono sempre così circospetti, devo lottare per riuscire a leggerlo e nonostante ciò, non sono mai riuscita a leggerlo come vorrei, come avrei bisogno. Mi avvicino a Robert, il piccolo tavolo è tra di noi mentre lui fa lo stesso.
"Se non lo amassi così tanto, ti bacerei." Dico a bassa voce, senza allontanarmi, ma neanche avvicinandomi. Per quanto ubriaca sia e per quando sia arrabbiata con Harry, non posso farlo. Non posso baciarlo, voglio, ma non posso.
Alza l'angolo sinistro della bocca in un sorriso sbilenco e dice: "E se io non sapessi quanto lo ami, ti lascerei farlo."
"Okay." Non so cosa dire e sono ubriaca e imbarazzante e non so come comportarmi con i ragazzi a parte Harry, e Zayn, ma in certo senso loro due sono simili. Robert non assomiglia a nessuno che abbia mai incontrato. A parte Liam. Liam è dolce e gentile e la mia mente sta correndo a causa del quasi bacio con una persona che non è Harry.
"Mi dispiace." Mi risistemo sulla sedia e lui fa lo stesso.
"Non esserlo, preferisco che non mi baci, piuttosto che lo fai e te ne penti."
"Sei strano." Gli dico. Vorrei aver scelto una parola diversa, ma adesso è troppo tardi. "In senso buono." Mi correggo.
"Anche tu." Ridacchia. "Pensavo fossi una ragazza ricca e snob senza alcuna personalità."
"Beh, di sicuro non sono ricca." Rido.
"O snob." Aggiunge.
"La mia personalità non è tanto male." Faccio spallucce.
"Sì, dai." Scherza con un sorriso.
"Sei terribilmente carino."
"Perché non dovrei esserlo?"
"Non lo so." Ci prendiamo in giro a vicenda. "Scusa, so che sembro un'idiota."
Sembra perplesso per un momento prima di parlare: "Non sembri un'idiota. Non devi continuare a scusarti."
"Che intendi?" Gli chiedo. Sono vagamente consapevole di aver rotto il bordo del bicchiere di polistirolo, piccoli pezzetti bianchi sono sparsi sul tavolo davanti a me.
"Continui a scusarti per tutto quello che dici, hai detto scusa almeno dieci volte nell'ultima ora. Non hai fatto niente di male, quindi non hai nulla per cui scusarti." Sono imbarazzata dalle sue parole, ma i suoi occhi sono così gentili, e la sua voce non presenta neanche un frammento di irritazione o giudizio.
"Scusa." Dico di nuovo. "Vedi! Non so perché lo faccio." Mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Posso indovinare, ma non lo farò. Sappi solo che non dovresti farlo." Dice semplicemente.
Prendo un respiro profondo e ributto fuori l'aria. È rilassante avere una conversazione con qualcuno senza la preoccupazione costante di farlo arrabbiare.
"Comunque, dimmi di più del tuo nuovo stage a Seattle." Dice e gli sono grata per aver cambiato argomento.

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