Sono in piedi da oltre due ore, in attesa che Harry si svegli. Per quando ho fatto la doccia e mi sono completamente vestita, la cucina è pulita e ho preso due pillole per liberarmi dei crampi e l'enorme mal di testa, quindi torno in camera da letto per svegliarlo.
Gli scuoto gentilmente il braccio e sussurro il suo nome, non funziona.
"Harry, svegliati." Gli afferro bruscamente una spalla e rinculo quando la visione di mia madre che butta il corpo addormentato di mio padre giù dal divano lampeggia nella mia mente. Per tutta la mattina ho evitato i pensieri di mia madre e la straziante lezione di vita che mi ha dato ieri sera. Mio padre dorme ancora, immagino che anche lui sia sfinito dalla sua breve visita.
"No." Brontola con tono assonnato.
"Se non ti svegli, vado a casa di tuo padre da sola." Dico, infilando i piedi nelle mie scarpe. Ho moltissime paia di Toms, ma mi ritrovo sempre ad indossare principalmente quelle lavorate all'uncinetto. Harry le chiama "orrendi mocassini", ma io le adoro, sono comode.
Lui emette un verso di lamento e rotola sulla pancia, alzandosi sui gomiti. Ha ancora gli occhi chiusi quando gira la testa verso di me, "Anche no." Sapevo non gli sarebbe piaciuta l'idea, questo è esattamente il motivo per cui l'ho usata per fargli portare il sedere fuori da quel letto.
"Alzati, allora, io mi sono già fatta la doccia e tutto." Mi lamento. Sono ansiosa di arrivare a casa di Liam e vedere lui, Ken e Karen di nuovo. Sembrano passati anni dall'ultima volta in cui ho visto quella dolce donna con addosso quel grembiule con le fragole disegnate, che a malapena toglie.
"Dannazione." Si imbroncia, aprendo un occhio. Soffoco una risatina per l'espressione pigra sul suo volto. Anche io sono stanca, mentalmente e fisicamente prosciugata, ma l'idea di uscire da questo appartamento mi ha rianimato incredibilmente.
"Prima vieni qui." Apre l'altro occhio e allunga un braccio verso di me. Nel momento in cui sono a fianco a lui sul letto, porta il suo corpo pesante sul mio, racchiudendomi nel suo calore. Struscia intenzionalmente la sua durezza contro di me, muovendo i fianchi finché non si è perfettamente accoccolato tra le mie cosce, la sua erezione mattutina premuta come una tortura contro di me.
"Ti sei tappata?" Sussurra, continuando a baciarmi. Ha portato le mani sul mio seno e il cuore mi batte rapidamente, rendendo la sua voce assonata a malapena udibile.
"Sì." Annuisco, rabbrividendo leggermente per il suo modo di dire a cui ormai mi sono abituata. Si allontana, i suoi occhi squadrano lentamente il mio viso e si passa la lingua sul labbro inferiore, bagnandolo.
Il rumore dei mobili che si aprono e si chiudono si trasporta nel corridoio, seguito da uno scontro di pentole sul pavimento.
"Fottutamente bellissimo." Harry alza gli occhi al cielo. "Beh, avevo deciso di scoparti prima di andarcene, ma ora che si è svegliato.." Mi guarda.
Alzo gli occhi al cielo mentre mi scende da dosso e si mette in piedi, portandosi dietro la coperta. "Faccio una doccia veloce." Lancia un'occhiata truce verso la porta.
Torna meno di cinque minuti dopo, proprio mentre sto sistemando gli angoli delle lenzuola. L'unico articolo d'abbigliamento presente sul suo corpo è l'asciugamano bianco legato intorno alla vita. Costringo i miei occhi a restare sul suo viso mentre va verso il comò e prende una delle sue classiche t-shirt nere. La infila velocemente prima di mettere un paio di boxer.
"Ieri sera è stato un fottuto disastro." Harry ha gli occhi concentrati sulla sua mano gonfia mentre si abbottona i jeans.
"Già." Sospiro, cercando di evitare altre conversazioni che hanno a che fare con i miei genitori.
"Andiamo." Prende le chiavi e il telefono dal comò e se li infila in tasca. Spinge i capelli bagnati via dalla fronte e apre la porta della camera per me. "Beh?" Commenta impazientemente, qualche momento dopo. Cosa è successo all'Harry scherzoso di solo qualche minuto fa? Se continua ad essere di cattivo umore, allora sospetto che oggi sarà una brutta giornata proprio come ieri.
Senza una parola, lo seguo attraverso l'uscita e lungo il corridoio. La porta del bagno è chiusa e l'acqua è accesa. "Gli hai detto che ce ne andiamo?" Gli chiedo a bassa voce. Non voglio aspettare che mio padre esca dalla doccia, ma non voglio andarmene senza dirgli dove siamo diretti e assicurarmi che non abbia bisogno di niente. Cosa fa in questo appartamento mentre è da solo? Pensa alla droga tutto il giorno? Fa venire gente? Scuoto l'ultimo pensiero dalla mia testa, Harry lo scoprirebbe e mio padre di certo non sarebbe ancora qui, in quel caso.
"Sì." La sua risposta è breve, a dimostrazione della sua irritazione crescente.
Harry resta in silenzio durante il tragitto verso casa di suo padre. L'unica rassicurazione che oggi non è un completo disastro è la sua mano poggiata sulla mia coscia mentre è concentrato sulla strada.
Harry, come sempre, non bussa alla porta prima di entrare. Il dolce odore di sciroppo riempie la casa, quindi seguiamo la scia verso la cucina. Karen è in piedi davanti al forno, una spatola in mano mentre muove l'altra in aria, conversando. Una giovane donna a me sconosciuta è seduta su uno degli sgabelli dell'isola. I suoi lunghi capelli castani sono l'unica cosa che vedo finché non si gira quando Karen porta l'attenzione su di noi.
"Tessa, Harry!!" Quasi urla per la gioia e poggia l'utensile sul bancone prima di correre ad avvolgere le braccia intorno a me. "E' passato così tanto!" Dice, tenendomi a distanza di braccia e poi facendomi scontrare ancora una volta col suo corpo. Il suo caldo benvenuto è esattamente ciò di cui ho bisogno dopo ieri sera.
"Sono passate solo tre settimana, Karen." Commenta rudemente Harry. Il suo sorriso si spegne un po' e si sistema i capelli dietro un orecchio.
"Che stai preparando?" La distraggo dal cattivo atteggiamento del suo figliastro e scruto oltre la sua figura verso il bancone ricoperto di dolci.
"Biscotti allo sciroppo d'acero, cupcake allo sciroppo d'acero, omelette allo sciroppo d'acero, e muffin allo sciroppo d'acero." Karen mi tira gentilmente perché la segua, mentre Harry si accascia nell'angolo, un profondo cipiglio sul viso. Lo ignoro.
Guardo di nuovo la giovane donna, non sapendo come presentarmi. "Oh!" Karen se ne accorge, "Mi dispiace, avrei dovuto presentarti subito." Muove la mano verso la ragazza. "Lei è Sophia, i suoi genitori vivono in fondo alla strada." La ragazza sorride e allunga un braccio per stringermi la mano.
"Piacere di conoscerti." Sorride. È bella, molto bella. Ha gli occhi luminosi e un sorriso caldo, è più grande di me, ma non può avere di più venticinque anni.
"Io sono Tessa, un'amica di Liam." Mi presento. Harry tossisce dietro di me, ovviamente non soddisfatto dalla mia scelta di parole per la mia presentazione. Io presumo lei conosca Liam e dato che io ed Harry siamo.. beh, qualsiasi cosa siamo, mi è sembrato più semplice presentarmi come amica di Liam.
"Io non ho ancora incontrato Liam." Mi dice Sophia. Ha una voce leggera e dolce, mi piace già.
"Oh?" Pensavo lo conoscesse, dato che la sua famiglia vive in fondo alla strada.
"Sophia si è appena laureata all'Istituto Culinario d'America a New York." Karen si vanta per lei e Sophia sorride. Non la biasimo, se mi fossi laureata nella migliore scuola di cucina del paese, anch'io lascerei che le persone si vantassero per me.
"Sono qui a trovare la mia famiglia e ho incontrato Karen in fondo alla strada che stava comprando un po' sciroppo." Sorride, guardano l'enorme quantità di cibo allo sciroppo d'acero.
"Oh, e lui è Harry." Ricordo il mio uomo rimuginante sullo sfondo.
"Piacere di conoscerti." Gli sorride lei.
"Già." Non rivolge neanche uno sguardo alla povera ragazza. Io le rivolgo una scrollata di spalle e un sorriso comprensivo.
"Dov'è Liam?" Chiedo a Karen.
Karen guarda un secondo Harry, poi di nuovo me, prima di rispondere, "Di sopra.. non si sente bene." Dice. Mi si rivolta lo stomaco, qualcosa non va al mio migliore amico, lo so.
"Vado sopra." Harry si gira per salire le scale.
"Aspetta, vado io." Propongo. Se sta succedendo qualcosa a Liam, l'ultima cosa di cui ha bisogno è Harry che lo prende in giro.
"No." Scuote la testa. "Vado io. Mangia un po' di torta allo sciroppo o quello che è." Borbotta e sale le scale due alla volta, togliendomi la possibilità di protestare.
Karen e Sophia mi guardano e io faccio spallucce.
"E' Harry, il figlio di Ken." Dice Karen, nonostante il suo cattivo atteggiamento, sorride comunque fiera quando dice il suo nome.
"Oh," Sophia annuisce in comprensione, "è adorabile." Mente e scoppiamo tutte e tre a ridere.
POV di Harry.
Apro la porta della camera da letto di Liam dopo aver bussato velocemente e sono sollevato nel vedere che non si sta masturbando. È seduto sulla poltrona contro il muro con un libro sulle gambe.
"Che ci fai qui?" Mi chiede, la voce roca.
"Sapevi che saremmo venuti." Mi prendo la libertà di sedermi sul bordo del suo letto.
"Intendevo nella mia stanza." Chiarisce.
Scelgo di non rispondergli, non so perché sono nella sua stanza. Di sicuro non volevo stare di sotto con tre donne che si ossessionano l'una sull'altra. "Stai una merda." Gli dico.
"Grazie." Riporta lo sguardo sul libro.
"Che ti succede? Perché sei qui a deprimerti?" Mi guardo intorno nella sua stanza normalmente ordinata e la trovo più o meno disordinata, pulita per i miei standard, ma non per i suoi e quelli di Tessa.
"Non sono depresso."
"Se qualcosa non va, dimmelo." Cerco di persuaderlo.
"Perché dovrei dirti qualcosa? Così che puoi ridere di me?" Chiude il libro di scatto e mi guarda.
"No. Non riderei." Gli dico. Probabilmente lo farei, in realtà mi aspettavo che mi dicesse qualche stronzata sull'aver preso un brutto voto, così da poter sfogare la mia frustrazione su di lui, ma ora che è qui davanti a me in questo stato pietoso, dargli del filo da torcere non sembra più così attraente.
"Dimmelo e basta, magari posso aiutarti." Propongo. Non ho la più fottuta idea del perché mi sono appena offerto di aiutarlo. Sappiamo entrambi che faccio schifo ad aiutare le persone. Guarda che fottuto disastro è successo ieri sera. Le parole di Richard mi stanno mangiando vivo da quando mi sono svegliato.
"Aiutarmi?" Chiede Liam sconvolto, ovviamente diffidente verso la mia offerta.
"Oh, forza, non costringermi a picchiarti per fartelo dire." Mi stendo sul suo letto e guardo le lame del ventilatore del soffitto girare.
Sento la sua risata leggera e il rumore del libro che viene poggiato sulla scrivania a fianco a lui. "Io e Danielle abbiamo chiuso." Ammette piano.
Che cazzo?
"Cosa?" Mi metto velocemente seduto. Questa è l'ultima cosa che mi sarei immaginato uscire dalla sua bocca.
"Sì, abbiamo provato a far funzionare le cose.." Si acciglia, gli occhi lucidi. Se inizia fottutamente a piangere, io me ne vado.
"Oh." Distolgo lo sguardo.
"Penso che volesse farla finita da un po'." Ammette. Gli lancio un'altra occhiata, non volendo concentrarmi troppo sulla sua espressione triste. Sembra davvero un cucciolo, soprattutto adesso. Però a me non piacciono i cuccioli, a parte questo, forse..
"Perché lo pensi?" La mia improvvisa ostilità nei confronti della ragazza riccia è alta.
"Non lo so." Fa spallucce. "Lei non l'ha detto, è solo che.. era molto impegnata ultimamente e non mi richiamava mai. Era come se più ci avvicinavamo alla mia partenza per New York, più lei diventava distante."
"Forse si sta scopando qualcun altro." Gli dico e lui indietreggia notevolmente.
"No! Non è quel genere di persona." La difende. Forse non avrei dovuto dirlo.
"Scusa." Faccio spallucce.
"Non è per niente quel tipo di ragazza." Mi dice. Neanche Tessa lo era, ma io la facevo tremare e gemere il mio nome mentre si vedeva ancora con Noah. Mi terrò questa frase per me.
"Okay." Concordo per il suo bene.
"Siamo stati insieme per così tanto tempo che non riesco neanche a ricordare com'era prima di lei." La sua voce è bassa e così piena di tristezza che mi si stringe il petto. È una strana sensazione.
"So cosa intendi." Concordo. La vita prima di Tessa non era niente, solo ricordi ubriachi e buio, ed è esattamente così che sarebbe anche dopo di lei.
"Sì, ma almeno tu non dovrai scoprire com'è dopo."
"Cosa ti rende così sicuro?" Gli chiedo, notando che mi sto allontanando dall'annuncio della sua rottura, ma devo sapere la risposta.
"Non riesco ad immaginare nulla che vi potrebbe dividere, niente l'ha fatto finora." Dice, come se fosse la riposta più ovvia al mondo. Forse lo è per lui, vorrei che fosse così ovvio anche per me.
"Quindi ora? Andrai comunque a New York? Dovresti partire tra quanto, due settimane?"
"Già, e non lo so. Ho fatto così tanto per entrare nella NYU, e mi sono già iscritto alle lezioni e tutto. Mi sembra uno spreco non andare, ma mi sembra inutile andare." Si strofina le dita contro le tempie. "Non so cosa fare."
"Non dovresti andare, sarebbe molto imbarazzante." Gli dico.
"E' una grande città, è probabile che non ci incontreremo mai e tra l'altro, resteremo amici."
"Certo, tutta la storia degli 'amici'." Non posso evitare di alzare gli occhi al cielo. "Perché non hai detto a Tessa cosa stava succedendo?" Gli chiedo. Si sentirà devastata per lui.
"Tess ha-" Inizia.
"Tessa." Lo correggo.
Alza gli occhi al cielo, "ha abbastanza cose a cui pensare, non voglio che si preoccupi per me."
"Vuoi che glielo nasconda, non è vero?" Gli chiedo. Capisco dalla sua espressione colpevole che è così.
"Solo per adesso, finché non riesce ad avere una pausa. È troppo stressata ultimamente e ho paura che uno di questi giorni qualcosa sarà la goccia che farà traboccare il vaso." La sua preoccupazione per la mia Tessa è forte e leggermente irritante, ma decido contro il mio giudizio migliore e tengo la bocca chiusa.
"Mi ucciderà per questo, lo sai." Mi lamento. Neanche io voglio dirglielo. Ha ragione, ha già abbastanza problemi e il 90% sono colpa mia.
"C'è di più.." Inizia. Ovviamente. "Mia mamma, lei-" Un leggero bussare alla porta lo zittisce.
"Liam? Harry?" La voce di Tessa suona attraverso il legno.
"Entra." Chiama Liam. Mi guarda con occhi supplicanti per riaffermare la mia promessa di nascondere la sua rottura a Tessa.
"Lo so." Gli assicuro appena la porta si apre e Tessa entra con in mano un piatto e un intenso odore di sciroppo al seguito.
"Karen vuole che li assaggiate." Poggia il piatto sulla scrivania e mi lancia uno sguardo veloce prima di girarsi verso Liam con un sorriso. "Prova prima le omelette, Sophia ci ha insegnato a glassarle, vedi i fiorellini?" Indica con il suo piccolo dito i nodi di glassa sulla crosta marrone. "Ci ha insegnato lei a farli, è così adorabile."
"Chi?" Chiede Liam, alzando un sopracciglio. Deve essere rimasto nascosto nella sua camera per tutta la mattina.
"Sophia, se n'è appena andata per tornare a casa dei suoi genitori in fondo alla strada. Tua mamma è folle di felicità per aver scoperto un sacco di segreti culinari da lei." Sorride Tessa e si porta un'omelette alla bocca. Sapevo che le sarebbe piaciuta quella Sarah, ho capito subito che avrebbero iniziato a squittire tutte insieme in cucina, ecco perché sono fuggito.
"Oh." Liam fa spallucce e prende un'omelette. Tessa mi allunga apprensivamente il piatto e io scuoto la testa, rifiutando. Abbassa le spalle delusa, ma non dice nulla.
"Prendo un'omelette." Mormoro, volendo che il suo cipiglio vada via. Sono stato uno stronzo per tutta la mattina.
Si rianima e me la passa. I cosiddetti fiori su questa sembrano dei globi di moccolo giallo. "Questa devi averlo glassata tu." La prendo in giro, tirandola dal polso per farla sedere in braccio a me.
"Era una di prova." Si difende, alzando il mento. Posso vedere che è confusa dal mio improvviso cambio d'umore, lo sono anch'io.
"Come no, piccola." Sorrido e lei mi lancia un pezzo di glassa sulla maglietta.
"Non sono una cuoca, okay?" Si imbroncia. Guardo Liam, che ha la bocca piena di un cupcake mentre guarda a terra. Porto un dito sulla maglietta per raccogliere la glassa e prima che Tessa possa fermami, lo strofino sul suo naso, spargendovi l'orrendo giallo.
"Harry!" Cerca di pulirsi, ma le prendo le mani nelle mie, facendo cadere i dolci sul pavimento di Liam.
"Oh, ragazzi, dai!" Liam scuote la testa. "La mia stanza è già un casino." Ci rimprovera. Lo ignoro e lecco la glassa dal naso arricciato di Tessa.
"Ti aiuto a pulirla!" Ride mentre trascino la mia lingua sulla sua guancia.
"Sai, mi mancano i giorni in cui non le tenevi neanche la mano davanti a me." Si lamenta Liam. Si piega per prendere l'omelette distrutta dal pavimento.
A me di sicuro non mancano quei giorni e spero neanche a Tessa.
...
"Ti sono piaciuti i biscotti, Harry?" Mi chiede Karen mentre prende una coscia di carne dal forno. Probabilmente ha ricoperto anche questa dannata cosa con lo sciroppo.
"Non male." Faccio spallucce. Tessa mi lancia un'occhiata dalla sua sedia a fianco a me, quindi faccio marcia indietro. "Erano buoni." Mi correggo, guadagnandomi un sorriso dalla mia ragazza. Ho finalmente iniziato a realizzare che le più piccole cose la fanno sorridere, è dannatamente strano, ma funziona, quindi lo faccio.
"Come va con il diploma?" Mio padre si gira verso di me. Prende il suo bicchiere d'acqua e ne prende un sorso. Sta molto meglio di quando l'ho visto nel suo ufficio la settimana scorsa.
"Bene, è completo. Ma io non parteciperò alla cerimonia, ricordi?" So che se lo ricorda, spera solo che abbia cambiato idea.
"Che significa che non parteciperai alla cerimonia?" Si intromette Tessa. Fottuto diavolo.
"Non parteciperò alla cerimonia del diploma, me lo faccio spedire per posta elettronica." Rispondo duramente. Questa cosa non si trasformerà in un intrappoliamo Harry e facciamogli cambiare idea.
"Perché?" Si acciglia Tessa. Mio padre sembra compiaciuto. Questo stronzo l'aveva pianificato, lo so.
"Non voglio." Guardo Liam in cerca di aiuto, ma lui evita il mio sguardo. Tanto per quella merdata del legame di prima, è chiaro che è tornato nel Team Tessa. "Non insistere adesso, non voglio partecipare e non cambierò idea." Le dico, a voce abbastanza alta perché mi sentano tutti, in modo che non ci siano fraintendimenti sulle mie intenzioni.
"Ne parliamo dopo." Mi minaccia con le guance arrossate. Certo, Tess, certo.
"Tua mamma ha detto che hai deciso di andare in Inghilterra." Dice mio padre. Non sembra a disagio a parlare dell'argomento davanti a Karen. Suppongo siano stati insieme abbastanza tempo perché non risulti imbarazzante.
"Sì." Rispondo velocemente e prendo un morso del mio cibo per indicare che ho chiuso con questa chiacchierata.
"Anche tu vai, giusto, Tessa?" Le chiede.
"Sì, devo finalizzare il mio passaporto, ma vado." Il sorriso sul suo viso abbassa leggermente la mia irritazione.
"Sarà un'esperienza fantastica per te, ricordo che mi dicesti di quanto ami l'Inghilterra. Odio dovertelo dire, ma la Londra moderna non è esattamente come la Londra dei tuoi romanzi." Le sorride e lei ride.
"Grazie per l'avvertimento, so che la nebbia di Dickens in realtà era solo smog." Dice entusiasta. Tessa si amalgama così bene con mio padre e la sua nuova famiglia, molto meglio di me. Se non fosse stato per lei, non rivolgerei parola a nessuno di loro.
"Fatti portare a Chawton da Harry, è a meno di due ore da Hampstead, dove vive Anne." Suggerisce mio padre.
Avevo già deciso di portarcela, grazie.
"Sarebbe bellissimo." Tessa si gira verso di me, porta una mano sotto al tavolo e mi stringe la coscia. So che vuole che faccio il bravo durante questa cena, ma mio padre la sta rendendo difficile.
"Ho sentito molto di Hampstead." Aggiunge Tessa.
"E' cambiato molto negli anni, non è più il piccolo e tranquillo borgo di quando ci vivevo io. I beni immobiliari sono saliti alle stesse." Le dice. Come se a lei fottesse un cazzo dei beni immobiliari nella mia città natale.
"Ci sono un sacco di posti da vedere, per quanto resterete?" Chiede.
"Tre giorni." Risponde Tessa per entrambi. Non ho intenzione di portarla da nessuna parte a parte Chawton, in realtà ho intenzione di tenerla chiusa dentro così che il suo fine settimana non venga rovinato da nessuno dei miei fantasmi.
"Stavo pensando," mio padre si preme il fazzoletto di stoffa sulla bocca, "ho chiamato qualche posto stamattina e ho trovato una struttura davvero carina per tuo padre."
La forchetta cade dalla mano di Tessa e si scontra sul piatto di porcellana. Liam, Karen e mio padre la fissano, in attesa che parli. "Cosa?" Rompo il silenzio così che non debba farlo lei.
"Ho trovato una struttura di recupero davvero carina, offrono un programma di tre mesi per guarire-"
Tessa emette un verso di lamento a fianco a me, è un suono talmente basso che nessun altro ha sentito, ma risuona in tutto il mio corpo. Come si permette di parlarle di questa merda davanti ad un pubblico intorno ad un tavolo da pranzo!
"Sono i migliori a Washington, potremmo cercare anche da qualche altra parte, se vuoi." La sua voce è dolce senza alcuna traccia di giudizio, ma Tessa ha le guance rosse d'imbarazzo e ho voglia di staccargli quella fottuta testa dal collo.
"Questo non è il momento di parlare di questa merda." Lo avverto. Lei scatta leggermente per il mio tono duro.
"Non c'è problema, Harry." I suoi occhi mi supplicano. "Mi ha solo colto un po' di sorpresa." Dice educatamente.
"No, Tessa, c'è problema. Come hai saputo che suo padre è un drogato, poi?" Tessa indietreggia di nuovo, non so perché stavolta.
"Liam e io ne abbiamo parlato ieri sera e abbiamo pensato che parlare di un piano di riabilitazione con Tessa sarebbe stata una buona idea, è molto difficile per i tossicodipendenti guarire da soli." Dice.
"E tu lo sai bene, no?" Le parole mi escono dalla bocca prima che possa rielaborarle.
"Sì, in quanto alcolizzato guarito, lo so bene." Afferma. Le mie parole non hanno avuto l'effetto desiderato su di lui, ma quando guardo sua moglie, la tristezza è chiara nei suoi occhi.
"Quanto viene?" Gli chiedo, guadagno abbastanza soldi da sostenere completamente me, e lei, ma la riabilitazione potrebbe dover aspettare fin dopo il diploma, il mio salario verrà quasi duplicato.
"Lo coprirei io." Risponde calmo mio padre.
"Anche no." Cerco di alzarmi dal tavolo, ma la presa di Tessa sul mio braccio è forte. Mi risiedo, "Tu non paghi per questa cosa."
"Harry, sono più che disposto a farlo."
"Dovreste parlarne in un'altra stanza." Suggerisce Liam. Quello che sta davvero dicendo è, non parlatene davanti a Tessa.
Lei lascia la sua presa sul mio braccio e mio padre si alza nello stesso momento in cui lo faccio io. Tessa non alza lo sguardo dal suo piatto mentre lasciamo la stanza.
"Mi dispiace." Sento Liam dirle, giusto prima che io schiacci mio padre contro il muro.
Lui mi spinge via con più forza del solito, "Perché non l'hai detto a me, prima di buttarglielo in faccia durante una fottuta cena?" Urlo, stringendo i pugni lungo i fianchi.
"Penso che lei dovrebbe aver diritto di parola in questa cosa e sapevo che tu non mi avresti permesso di pagare." La sua voce è calma, a differenza della mia. Io sono fottutamente incazzato e ho il sangue che ribolle nelle vene. Ricordo di tutte le volte che mi sono precipitato fuori dalla residenza Styles durante le cene di famiglia. Potrebbe anche essere una dannata tradizione a questo punto.
"Hai dannatamente ragione, non devi buttarci addosso i tuoi fottuti soldi, non ne abbiamo bisogno."
"Non è questo il mio intento, voglio solo aiutarti in ogni modo possibile."
"E come, mandare il suo casino di un padre in riabilitazione mi aiuterà?" Gli chiedo, anche se conosco la risposta.
"Perché se lui sta bene, lei sta bene. Lei è l'unico modo per aiutarti, lo so io e lo sai tu." Sospira.
Emetto un respiro profondo, senza neanche protestare, perché so che stavolta ha ragione.
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