POV di Tessa.
Dopo aver passato metà pomeriggio a parlare al telefono con Harry e non aver lavorato quasi per nulla, il mio primo giorno al nuovo ufficio è finito, e aspetto pazientemente l'arrivo di Trevor vicino al mio ufficio, come aveva promesso.
Harry era così calmo prima, sembrava molto sereno, come se si stesse concentrando su qualcosa. Stando qui ferma, non riesco a contenere la mia felicità per il fatto che comunichiamo ancora, è molto meglio di quando ci evitavamo a vicenda. In fondo, so che non continuerà ad essere così facile, parlare in questo modo, stuzzicare me stessa con piccole dosi di Harry, quando in realtà lo voglio, tutto, tutto il tempo. Lo voglio qui con me, ad abbracciarmi, a baciarmi, a farmi ridere.
È così che ci si deve sentire nella fase di negazione.
Per ora mi sta bene. È una sensazione non male paragonata alla mia altra opzione: la tristezza.
Sospiro e poggio la testa contro il muro mentre continuo ad aspettare. Sto iniziando a desiderare di non aver chiesto a Trevor di passare del tempo con me, preferirei andare a casa di Kimberly e parlare al telefono con Harry. Vorrei che venisse qui, potrebbe essere lui a raggiungermi nel mio ufficio. Potrebbe avere un ufficio vicino al mio, potrebbe venire nel mio molteplici volte al giorno, e tra queste volte, io potrei trovare delle scuse per andare nel suo. Sono sicura che il signor Vance gli darebbe un lavoro, se lo volesse. Al vecchio ufficio aveva già reso chiaro che voleva che Harry tornasse a lavorare per lui.
Potremmo passare la pausa pranzo insieme, magari anche ricreare alcuni dei ricordi di quando è venuto a trovarmi nell'altro mio ufficio. Proprio mentre inizio ad immaginare Harry dietro di me, io piegata sulla scrivania, i miei capelli avvolti stretti intorno al suo pugno..
"Scusa per il piccolo ritardo, la riunione si è prolungata." Trevor mi interrompe, facendomi saltare sia per la sorpresa che per l'imbarazzo.
"Oh, uhm, non fa niente. Stavo solo.." Mi sistemo i capelli dietro le orecchie e deglutisco, "aspettando." Se solo sapesse a cosa stavo pensando, grazie a dio non ne ha idea. Non so neanche da dove siano arrivati quei pensieri.
Inclina la testa, scrutando lungo il corridoio vuoto. "Sei pronta ad andare?"
"Sì."
Chiacchieriamo del più e del meno mentre camminiamo all'interno dell'edificio. Se ne sono andati quasi tutti, lasciando i corridoi silenziosi. Lui mi dice del nuovo lavoro di suo fratello in Ohio e di come è andato a comprare un nuovo completo elegante da indossare al matrimonio della nostra nuova collega Krystal il prossimo mese. Oziosamente, mi chiedo quanti completi possegga Trevor. Ne indossa uno ogni giorno al lavoro.
Seguo la BMW di Trevor mentre guida nella città affollata e alla fine, arriviamo nel piccolo quartiere chiamato Ballard, stando a Google, uno dei più hippy di Seattle. Caffetterie, ristoranti vegani e locali hipster contornano le strade strette. Fermo la mia auto nel garage e rido tra me e me mentre ricordo l'offerta di Trevor di aiutarmi a trovare un appartamento in questo palazzo costoso.
"Devo solo cambiarmi, ovviamente." Sorride, indicando il suo completo.
Mi guardo curiosamente intorno nel grande salotto dell'appartamento di Trevor. Foto di famiglia e articoli ritagliati riempiono le cornici sulla cappa, bottiglie di vino vuote fuse e modellate a formare un intricato pezzo da esposizione occupano l'intero tavolino. Non c'è traccia di polvere negli angoli. Sono impressionata.
"Pronto." Annuncia Trevor, alzando la cerniera della sua felpa rossa. Mi coglie sempre di sorpresa vederlo vestito così casual, è una differenza enorme rispetto a quando indossa i completi eleganti.
Dopo esserci allontanati di un paio di isolati dal suo edificio, stiamo entrambi rabbrividendo e tremando.
"Hai fame? Possiamo prendere qualcosa da mangiare." Bianchi sbuffi d'aria fredda seguono le sue parole e io annuisco desiderosamente. Il mio stomaco brontola per la fame ricordandomi dell'insufficiente pranzo composto da cracker al burro d'arachidi.
Dico a Trevor di scegliere il ristorante e finiamo in una piccola taverna italiana a pochi metri di distanza da dove eravamo. Il dolce profumo di aglio riempie i miei sensi facendomi venire l'acquolina in bocca mentre veniamo scortati verso un piccolo tavolo sul retro.
..
POV di Harry.
"Hai un aspetto più.. igienico ora." Dico a Richard quando esce dal bagno asciugandosi la faccia appena rasata con un asciugamano bianco.
"Non mi rasavo da mesi." Risponde, strofinandosi la pelle liscia sul mento.
"Ma non mi dire." Alzo gli occhi al cielo e lui mi concede un mezzo sorriso.
"Grazie ancora per farmi restare.." La sua voce profonda si affievolisce.
"Non è una cosa permanente, quindi non ringraziarmi. Sono oltremodo incazzato per tutta questa situazione." Prendo un altro morso della pizza che ho ordinato per me.. e sono finito col condividerla con Richard.
"Lo so. Mi sorprende che tu non mi abbia buttato fuori." Prova a fare una battuta.
Lo fisso, ha degli occhi troppo grandi per la sua faccia con dei cerchi scuri che si intravedono attraverso la pelle chiara. "Anche a me." Ammetto infastidito.
Trema sotto il mio sguardo, non perché sia intimidito, ma per la mancanza della droga che è abituato a prendere.
Voglio sapere se ha portato della droga nel mio appartamento quando è venuto qui la settimana scorsa. Però, se dicesse di sì, darei i numeri e lui sarebbe fuori dal mio appartamento nel giro di qualche secondo. Per il bene di Tessa, e il mio, mi alzo e lascio la stanza col mio piatto vuoto in mano. La pila di piatti sporchi nel lavello è riuscita a raddoppiarsi e fare la lavastoviglie è l'ultima cosa che voglio.
"Lava i piatti come pagamento!" Dico a Richard. Sento la sua risata profonda dal corridoio ed entra in cucina proprio appena io raggiungo la porta della camera da letto e la chiudo.
Voglio chiamare di nuovo Tessa, solo per sentire la sua voce. Voglio sapere com'è andato il resto della sua giornata, cosa pianifica di fare dopo il lavoro. Ha fissato il suo telefono con uno stupido sorriso sulla faccia dopo che prima abbiamo attaccato, come me?
Probabilmente no.
Ora so che alla fine tutti i miei peccati passati mi stanno raggiungendo, ecco perché mi è stata donata Tessa. Una spietata punizione camuffata da meravigliosa ricompensa. Averla per mesi solo per vedermela portare via, penzolare davanti a me per vie di casuali telefonate e distanza. Non so quanto passerà ancora prima che soccomberò al mio destino, e finalmente permetterò a me stesso di uscire da questa fase di negazione.
Negazione, è esattamente questo.
Ma non deve per forza essere così, posso cambiare il risultato di questa situazione. Posso essere la persona di cui lei ha bisogno senza trascinarla di nuovo nel mio inferno. Il suo sorriso brilla dietro i miei occhi, attraverso la mia autocommiserazione, una prigione che mi sono creato tutto da solo. Quel sorriso mi alza dal pavimento e mi porta a cercare un'uscita dalla mia cella.
Fanculo, la chiamo.
Il suo telefono squilla e squilla, ma lei non risponde. Sono quasi le sei, dovrebbe aver finito di lavorare ed essere tornata a casa dei Vance ormai. Dove diavolo è andata? Mentre dibatto se chiamare o no Christian, spingo i piedi nelle scarpe da ginnastica, le allaccio stancamente e infilo le braccia nella giacca.
So che si arrabbierebbe, sarebbe di sicuro più che incazzata, se lo chiamassi, ma l'ho già chiamata sei volte e non mi ha risposto neanche una. Emetto un verso di lamento e mi passo le dita tra i capelli non lavati, questa merdata dello spazio mi sta davvero fottutamente irritando.
"Io esco." Dico al mio ospite indesiderato. Lui annuisce, incapace di parlare a causa della manciata di patatine che si sta infilando in bocca. Almeno nel lavello non ci sono più i piatti adesso.
Dove cazzo dovrei andare?
Dopo qualche minuto, la mia auto è parcheggiata nel lotto dietro la piccola palestra. Non so cosa risolverà stare qui o se questa roba mi aiuterà, ma ora come ora mi sento sempre più irritato nei confronti di Tessa, e tutto quello a cui riesco a pensare è imprecarle contro o andare a Seattle a cercarla. Non devo fare nessuna di queste due cose, peggiorerei solo la situazione. Il fatto che non risponde alle mie chiamate mi sta davvero influenzando, quindi eccomi qui, pronto a sfogare la mia rabbia su quel vecchio sacco da boxe.
..
POV di Tessa.
Quando il mio piatto è pulito, mi sto praticamente contorcendo sulla sedia. Nel momento in cui abbiamo ordinato, mi sono resa conto di aver lasciato il telefono in macchina e la cosa mi sta facendo impazzire più di quanto dovrebbe. Di solito non mi chiama nessuno, però, non posso evitare di pensare che magari mi ha chiamato Harry o almeno mandato un messaggio. Sto cercando di fare del mio meglio nell'ascoltare Trevor mentre parla di un articolo sul The Times per non pensare ad Harry e la possibilità che potrebbe aver chiamato, ma non posso farci niente. Sono distratta per tutta la cena e sono sicura che Trevor se ne sia accorto, è solo troppo gentile per farmelo notare.
"Sei d'accordo?" La voce di Trevor mi tira via dai miei pensieri.
Mi affretto tra gli ultimi secondi di conversazione, cercando di ricordare di cosa stesse parlando. L'articolo era sull'assistenza sanitaria, mi pare?
"Sì, sì." Mento, non ho idea se sono d'accordo o no, ma vorrei che il cameriere si muovesse a portare il conto.
Proprio in quel momento, il ragazzo poggia un piccolo libretto sul nostro tavolo e Trevor prende velocemente il suo portafoglio.
"Posso.." Inizio.
"Offro io." Infila la sua carta di credito all'interno e il cameriere sparisce nella cucina del ristornate.
Lo ringrazio timidamente e guardo il grande orologio di pietra appeso giusto al di sopra della porta. Sono le sette passate, siamo qui da più di un'ora. Rilascio un sospiro di sollievo quando Trevor si alza.
Mentre torniamo, passiamo davanti ad una piccola caffetteria e Trevor alza un sopracciglio in un invito silenzioso. "Magari un'altra sera la prossima settimana?" Propongo con un sorriso.
"Mi sembra una buona idea." Alza un angolo della bocca nel suo famoso mezzo sorriso e continuiamo la camminata verso il suo edificio.
Con un saluto veloce e un abbraccio amichevole, entro in macchina e prendo immediatamente il cellulare. La mia coscienza mi deride, alzando gli occhi al cielo per la mia disperazione, ma la respingo nel buio. Nove chiamate perse, tutte da Harry. Lo richiamo immediatamente solo per essere ridiretta alla sua segreteria. Il tragitto dall'appartamento di Trevor a casa di Kimberly è lungo e noioso. Il traffico a Seattle è terribile, confusionario e rumoroso. Clacson, piccole auto che si spostano da una corsia all'altra, è leggermente opprimente e quando finalmente entro nel viale, ho un ma di testa enorme.
Quando entro in casa, Kimberly è seduta sul divano di pelle bianca, un bicchiere di vino in mano. "Com'è andata la tua giornata?" Mi chiede. Si allunga per poggiare il bicchiere sul tavolo di vetro davanti a lei.
"Bene. Il traffico qui è surreale." Mi lamento e mi lascio cadere sulla sedia rossa a fianco alla finestra.
"Sì, è vero. Bevi un po' di vino per il mal di testa." Si alza e attraversa il salotto.
Prima che possa protestare, versa il vino bianco gorgogliante in un lungo calice e me lo porta. È freddo e frizzante, dolce sulla lingua. "Grazie." Sorrido e faccio un altro sorso.
"Quindi.. eri con Trevor, giusto?" Kimberly è così ficcanaso, in senso dolce.
"Sì, abbiamo cenato insieme amichevolmente, solo come amici."
"Magari potresti provare a ridirlo e usare la parola amici qualche altra volta." Scherza e non posso evitare di ridere.
"Sto solo cercando di rendere chiaro che siamo solo amici."
"Harry sa che eri con lui?" I suoi occhi marroni brillano di curiosità.
"No, ma voglio dirglielo appena ci parlo. Per qualche ragione, Trevor non gli piace."
Annuisce, "Non posso biasimarlo. Trevor potrebbe essere un modello se non fosse così timido. Hai visto quegli occhi blu?" Enfatizza le sue parole sventolandosi la mano libera davanti al viso, e ridacchiamo entrambe come delle ragazzine.
"Intendi occhi verdi, amore?" Christian appare all'ingresso e quasi faccio cadere il mio bicchiere sul pavimento di legno.
"Ovviamente." Kim sorride al suo fidanzato e lui scuote la testa.
"Suppongo che potrei fare il modello." Il signor Vance rivolge un sorriso sornione ad entrambe e sono sollevata nel vedere che non è dispiaciuto. Harry avrebbe capovolto il tavolo, se mi avesse beccata a parlare di Trevor in quel modo.
"Come sta Harry? Immagino tu ci abbia parlato." Christian si siede sul divano a fianco a Kimberly e lei gli sale sulle gambe. Distolgo lo sguardo.
"Sì, un po'. Sta bene."
"Testardo, eh? Sono ancora offeso per il fatto che non ha accettato la mia offerta." Il signor Vance sorride nel collo di Kim e le da un bacio leggero sotto l'orecchio. Questi due sicuramente non hanno problemi con le pubbliche dimostrazioni d'affetto. Cerco di distogliere lo sguardo, ma non ci riesco.
Aspetta..
"Quale offerta?" Chiedo, incapace di nascondere la mia sorpresa.
"Di lavoro, ovviamente, un lavoro ben pagato. Gli resta solo, cosa.. un semestre e si laurea, esatto?"
Cosa?
"Ehm, sì. Credo di sì." Rispondo.
Perché io non lo sapevo?
"E' un genio praticamente, quel ragazzo. Se si fosse applicato di più, avrebbe il massimo dei voti."
"E' davvero molto intelligente." Concordo. È vero, la mente di Harry non smette mai di sorprendermi e intrigarmi. È una delle cose che amo di più di lui.
"Neanche a scrivere è male." Prende un sorso dal vino di Kimberly e continua, "Non so perché ha smesso. Non vedevo l'ora di leggere qualcos'altro di suo." Il signor Vance sospira mentre Kimberly gli scioglie la cravatta argentata dal collo.
Mi sento travolta da quest'informazione. Harry, che scrive? È capitato che mi abbia velocemente menzionato che scriveva un po' al primo anno di college, ma non è mai entrato nei dettagli. Ogni volta che provavo a parlarne, cambiava argomento o mi zittiva, dandomi l'impressione che non fosse molto importante per lui.
"Già." Finisco il mio bicchiere e mi alzo, "Posso?" Indico la bottiglia e Kimberly annuisce.
"Certo, prendine quanto ne vuoi. Ne abbiamo una cantina intera." Dice con un sorriso dolce.
Tre bicchieri di vino bianco più tardi, il mal di testa è evaporato e la curiosità è cresciuta ampiamente. Aspetto che Christian parli di nuovo del fatto che Harry scriveva o della sua offerta di lavoro, ma non lo fa. Si immerge a tutto spiano in una discussione d'affari su come ha parlato con uno gruppo di media sull'espandere la Vance Editoria anche nel campo dei film e della televisione. Per quanto sia interessante, voglio salire in camera mia e provare a richiamare Harry.
Aspetto il momento opportuno per scusarmi nella mia camera da letto temporanea e augurare una buonanotte ad entrambi. "Portati la bottiglia." Mi dice Kimberly quando passo a fianco al bancone dove c'è la bottiglia mezza piena. Annuisco, ringraziandola, e lo faccio.
Il cellulare mi vibra in mano nel momento in cui chiudo la porta della camera. È Harry.
"Dove sei stata tutta la sera?" La voce secca e irritata.
POV di Harry.
"Sono andata ad esplorare la città." Risponde calma, "Avevo provato a richiamarti, ma mi ha risposto la segreteria." Il suono della sua voce calma il mio temperamento.
"Ero tornato in quella palestra." Mi stendo sul letto, desiderando che sia qui e non in quella fottuta Seattle.
"Davvero? Hai fatto bene, io mi sto togliendo le scarpe."
"Okay?"
"Non so perché te l'ho detto." Ridacchia.
"Sei ubriaca?" Mi metto seduto, poggiando il mio peso sul gomito.
"Ho bevuto un po' di vino." Ammette.
"Con chi?"
"Kimberly, e il signor Vance.. cioè, Christian."
"Oh."
"Ha detto che sei un fantastico scrittore." Dice, chiaramente accusandomi.
Cazzo.
"Perché te l'ha detto? Non scrivo un cazzo da un sacco di tempo." Le dico.
"Perché no?"
"Non lo so, non voglio parlare di me. Voglio parlare di te e del perché mi hai ignorato."
"Beh, ha anche detto che ti laurei il prossimo semestre."
Chiaramente Christian non ha idea di come farsi i cazzi suoi.
"Sì, quindi?"
"Non lo sapevo." Dice Tessa. La sento trascinarsi in giro ed emettere un verso di lamento, chiaramente irritata.
"Non te lo stavo nascondendo, solo che non è mai uscito fuori. A te manca molto prima di laurearti, quindi comunque non importa, non è che me sarei andato da qualche parte."
"Aspetta." Dice nel telefono. Che diavolo sta facendo? Quanto ha bevuto?
"Che stai facendo?" Le chiedo alla fine.
"Mi si erano impigliati i capelli nei bottoni della camicia. Scusa, ti stavo ascoltando, te lo giuro."
"E comunque perché stavi torchiando il tuo capo su di me?"
"Ti ha messo in mezzo lui, ha anche detto che ti ha offerto un lavoro."
"Te l'avevo già detto, no?" Non ricordo esattamente di averlo fatto, ma non lo stavo omettendo di proposito. "Pensavo che le mie intenzioni riguardo Seattle fossero abbastanza chiare."
"Dimmele di nuovo." Dice e posso praticamente vederla alzare gli occhi al cielo, di nuovo.
"Non hai risposto quando ti ho chiamato, ti ho chiamato un sacco di volte." Cambio argomento.
"Lo so, avevo lasciato il cellulare in macchina nel garage di Trev.." Si blocca. Mi alzo in piedi. Cazzo, lo sapevo. "Mi stava solo facendo fare un giro come amici, tutto qui." Fa presto a difendersi.
"Non hai risposto alle mie chiamate perché eri con il fottuto Trevor?" Resto a bocca aperta, il mio battito accelera con ogni secondo di silenzio.
"Non litighiamo per Trevor, è solo un amico e sei tu a non essere qui." Scatta.
"Tessa.." L'avverto.
"Harold." Dice con tono spiritoso e scoppia a ridere.
"Perché stai ridendo?" Le chiedo. Non posso evitare il sorriso che si è impossessato del mio viso. Cazzo, sono patetico.
"Non lo so." Sta ancora ridendo, il suono mi risuona nelle orecchie, arrivando giusto al petto.
"Dovresti posare il vino." La prendo in giro, volendola vedere alzare gli occhi al cielo per il fatto che l'ho rimproverata.
"Fammelo fare tu." Mi sfida, la voce grossa ma scherzosa.
"Se fossi lì, lo farei, stanne dannatamente certa."
"Cos'altro faresti se fossi qui?" Mi chiede. Si sta dirigendo dove penso io? Non si sa mai con lei, soprattutto quando ha bevuto.
"Theresa Young, stai cercando di fare sesso telefonico con me?" La schernisco e lei tossisce violentemente, affogandosi con un sorso, immagino.
"Cosa! No! Stavo.. stavo solo chiedendo!" Squittisce.
"Certo, adesso vuoi negarlo." Scherzo, ridendo per il suo tono inorridito.
"A meno che.. è una cosa che vuoi fare?" Sussurra.
"Sei seria?" Il solo pensiero mi manda un guizzo di eccitazione.
"Forse.. non lo so. Sei arrabbiato per Trevor?" Per me il tono della sua voce è molto più intossicante di qualsiasi quantità di vino può aver consumato lei.
"Non me ne fotte un cazzo del fottuto Trevor al momento." Mento.
Diavolo, se sono incazzato che era con lui, ma non è ciò di cui voglio discutere ora. La sento deglutire forte, seguito dal leggero tintinnio di un bicchiere.
"Non scolarti tutto il vino." Ordino. La conosco troppo bene. "Poi ti senti male."
"Non puoi comandarmi da lì." Sta di nuovo bevendo il vino per acquistare sicurezza, ne sono certo.
"Posso comandarti da qualsiasi posto, piccola." Sorrido, passandomi le dita sulle labbra.
"Posso dirti una cosa?" Mi chiede timidamente.
"Per favore."
"Oggi stavo pensando a te e a quando sei venuto nel mio ufficio la prima volta.." La sua voce si affievolisce.
"Stavi pensando a me che ti scopo mentre eri con lui?" Le chiedo, pregando che dica sì.
"Lo stavo aspettando."
"Dimmi di più, dimmi cosa stavi pensando." Insisto.
E' così fottutamente confusionario. Ogni volta che parliamo non mi sento come se "ci stessimo prendo una pausa", è tutto come sempre. Finora l'unica differenza è che non posso fisicamente vederla, o toccarla. Cazzo, voglio vederla, far scorrere la lingua sulla sua pelle liscia.
"Stavo pensando a come.." Posso sentirla arrossire.
"Non essere imbarazzata." La persuado a continuare.
"Che mi era piaciuto e mi era venuta voglia di rifarlo."
"Con chi?" Le chiedo, solo per sentirglielo dire.
"Con te, solo con te."
"Bene." Sorrido. "Sei ancora mia, anche se vuoi che ti dia spazio, sei comunque solo per me. Lo sai, non è vero?" Le chiedo nel modo più gentile possibile.
"Lo so." Dice. Il mio petto si gonfia e accolgo la valanga di sollievo che arriva con le sue parole. "Tu sei mio?" La sua voce molto più sicura di qualche momento fa.
"Sì, sempre." Non ho scelta. Non ce l'ho sin dal giorno in cui ti ho conosciuta, voglio aggiungere, ma resto zitto, aspettando nervosamente la sua risposta.
"Bene." Commenta. "Ora, dimmi cosa faresti se fossi qui, non omettere nessun dettaglio."
Non smette mai di cogliermi di sorpresa.
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