POV di Harry.
Le sue urla mi riempiono le orecchie, il petto vuoto e alla fine si fermano in un posto dentro di me che non ero sicuro di poter più raggiungere. Solo lei può, e sempre potrà.
"Cosa ci fai qui?" Noah salta in piedi e cerca di mettersi tra me e il piccolo letto come una specie di fottuto cavaliere bianco progettato per proteggerla, da me? Lei sta ancora urlando, perché sta urlando?
"Tessa, per favore." Non so cosa le sto chiedendo, ma le sue urla si trasformano in tosse e la tosse in singhiozzi e i singhiozzi in suoni strozzati che semplicemente non posso gestire. Faccio un passo cauto verso di lei e finalmente riprende fiato.
"Tess, vuoi che resti?" Le chiede Noah. I suoi occhi perseguitati sono ancora su di me, creando un foro che solo lei può riempire. Mi ci sta volendo ogni grammo di autocontrollo per ignorare il fatto che lui sia qui, prima di tutto, e adesso sta davvero esagerando.
"Prendile un po' d'acqua!" Dico a sua mamma. Mi ignora. Io non me ne vado da questa stanza.
Tessa muove velocemente la testa avanti e indietro, rifiutandomi, innescando solo di più il suo protettore.
"Non sa cosa vuole! Guardala!" Butto le mani in aria e ignoro le unghie curate di Carol che affondano nel mio braccio. Ha perso la testa se pensa che me ne andrò, non ha ancora capito che non può tenermi lontano da Tessa?
Solo io posso tenermi lontano da lei, una stupida fottuta idea che non sembro riuscire a trattenere.
"Lei non vuole vederti e faresti meglio ad andartene." Noah si mette davanti a me. Non me ne fotte un cazzo che sembra essere cresciuto di misura e massa muscolare dall'ultima volta che l'ho visto, non è niente per me. A breve capirà perché le persone non si disturbano neanche a provare a mettersi tra me e Tessa, sanno a cosa andrebbero incontro e lo saprà anche lui.
"Io non me ne vado." Mi giro verso Tessa. Sta ancora tossendo e a nessuno sembra importare. "Qualcuno le prenda della dannata acqua!" Urlo nella piccola stanza e il suono echeggia tra le pareti. Tessa mugola e si tira le ginocchia al petto.
So che sta provando dolore e so che non dovrei essere qui, ma so anche che sua mamma e Noah non saranno mai in grado di esserci davvero per lei. Conosco Tessa meglio di entrambi messi insieme e non l'ho mai vista in questo stato, quindi di sicuro nessuno di loro avrà la più pallida idea di cosa fare con lei, mentre sta così.
"Chiamo la polizia se non te ne vai, Harry. Non so cosa hai fatto stavolta, ma sono stufa di questa storia e qui non c'è posto per te. Non c'è mai stato e mai ci sarà." La voce di Carol è bassa e minacciosa, ma non potrebbe fottermene di meno.
Ignoro i due intrusi e mi siedo sul bordo del letto d'infanzia di Tessa. Per mio orrore, sfugge via da me, stavolta usando le mani dietro la schiena, cadendo a terra. Mi alzo immediatamente per prenderla tra le mie braccia. I suoni che emette quando la mia pelle tocca la sua sono persino peggiori delle urla terrificate di qualche minuto fa.
"Togliti di dosso!" Un urlo spezzato lascia le sue labbra secche e mi taglia il petto. Le sue piccole mani sbattono sul mio petto e mi artigliano le braccia, cercando di rompere la mia presa su di lei.
Per quanto mi uccida vederla volersi allontanare da me così disperatamente, sono onestamente fottutamente felice di vederla almeno reagire. La Tessa muta era la peggiore per me e sua mamma dovrebbe ringraziarmi per averla portata fuori da quella fase del dolore.
"Togliti!" Urla di nuovo Tessa e Noah inizia a protestare dietro di me. La sua mano colpisce il mio gesso, urlando di nuovo. "Ti odio!" Le sue parole mi bruciano, ma continuo a stringere il suo debole corpo tra le braccia.
"Stai peggiorando le cose!" La voce profonda di Noah interrompe le urla di Tessa, ammutolendola di nuovo e lei fa la cosa peggiore che mai potrebbe fare al mio cuore. Libera le mani dalle mie, è più difficile del previsto tenerla con una sola, e le allunga verso Noah. Tessa si rivolge a Noah in cerca di aiuto, perché non sopporta la mia vista.
La lascio immediatamente e si affretta tra le sue braccia. Lui ne avvolge uno intorno alla sua vita e l'altro alla base del collo, tirando la sua testa sul suo petto. La furia fa a cazzotti con il buon senso e io sto cercando di fare del mio meglio per restare calmo alla vista delle sue mani su di lei. Se lo tocco, lei mi odierà ancora di più.
Cazzo, perché sono venuto? Sarei dovuto restarle lontano, proprio come avevo pianificato. Ora che sono qui non riesco a portare i miei piedi fuori da questa dannata stanza e le sue urla fanno solo aumentare il mio bisogno di tenerla vicina. Non posso fottutamente vincere per perdere e questo mi sta rendendo fottutamente folle.
"Fallo andare via." Singhiozza Tessa nel petto di Noah.
Mi ritrovo nella cucina di Carol a riempire un bicchiere d'acqua. È più difficile di quanto pensassi fare tutto con una sola mano. La donna che sbuffa dietro di me mi sta dando sui nervi, quindi mi giro a guardarla, in attesa che mi dica di aver chiamato la polizia.
"Non mi interessa di queste banalità in questo momento, chiama pure la polizia o fai quello che devi, ma io non me ne vado da questo buco di città finché lei non mi parlerà." Prendo un sorso dal bicchiere e attraverso la piccola ma immacolata cucina.
"Come sei arrivato qui? Eri a Londra." La voce di Carol è dura.
"Sono salito su un dannato aereo, ecco come."
"Solo perché sei arrivato dall'altra parte del mondo, non significa che hai il diritto di stare con lei. L'ha reso ben chiaro, perché non te ne vai? Le stai solo facendo del male e io non continuerò a permettertelo." Dice, con voce rabbiosa.
"So di non piacerti, ma la amo. Faccio errori, fottutamente troppi, ma Carol, se pensi che la lacerò con te dopo che ha trovato suo padre morto, sei più pazza di quanto pensassi."
"Starà bene." Commenta freddamente sua mamma. "Le persone muoiono, lo supererà!" Sta alzando la voce adesso e spero che Tessa non riesca a sentire i freddi commenti di sua madre.
"Sei seria? Sei la sua fottuta madre e lui era tuo marito.." Lascio la frase in sospeso, ricordando che i due non erano davvero legalmente sposati. "Lei è ferita e tu ti stai comportando da stronza insensibile, e questo è esattamente il motivo per cui non la lascerò con te. Liam non avrebbe mai dovuto permetterti di andare a prenderla!" Tocca a me alzare la voce.
"Permettermi? È mia figlia."
"Allora forse dovresti comportarti come una madre e cercare di esserci per lei!" Il bicchiere nella mia mano trema, facendo ricadere l'acqua sul pavimento.
"Esserci per lei?" La sua voce priva di emozioni si spezza e mi ritrovo sconvolto quando la donna che ero convinto essere di pietra si sgretola e si regge al bancone per non cadere a terra. "Non vedevo quell'uomo da anni." Le lacrime rotolano lungo il suo viso pesantemente truccato, nonostante il fatto che non siano neanche le cinque di mattina.
"Ci ha abbandonate! Mi ha abbandonata dopo aver fatto promesse su promesse di una vita felice!" Colpisce il bancone con le mani, facendo cadere barattoli di utensili sul pavimento. "Ha mentito, ha mentito a me e a Tessa e ha rovinato tutta la mia vita! Non riuscivo neanche a guardare un altro uomo dopo Richard Young e lui ci ha abbandonate!" Urla. In questo momento assomiglia così tanto alla ragazza che amo, che non riesco a trovare la forza di spingerla via quando mi afferra le spalle e affonda la testa nel mio petto, piangendo ed urlando.
Non sapendo cos'altro fare, avvolgo un braccio intorno a lei e resto in silenzio. "L'ho desiderato, ho desiderato che morisse." Ammette attraverso le lacrime, riesco a sentire la vergogna nella sua voce. "Prima lo aspettavo, mi dicevo che sarebbe tornato da noi. L'ho fatto per anni, e ora che è morto, non posso neanche più fingere."
Restiamo così a lungo, con lei che piange sul mio petto, dicendomi che si odia perché è felice della sua morte. Non riesco a trovare le parole per confortare questa donna, ma per la prima volta da quando l'ho conosciuta, riesco a vedere la persona danneggiata dietro la maschera.
POV di Tessa.
"Vado a prenderti qualcosa da bere. Hai bisogno anche di mangiare." Noah mi fa sedere sul letto e cerca di andare via. Chiudo i pugni intorno alla sua maglietta e scuoto la testa, pregandolo di non lasciarmi da sola.
"Ti sentirai male se non mangi qualcosa al più presto." Sospira, ma so di aver vinto la battaglia. Noah non è mai stato il tipo che tiene la sua posizione. L'ultima cosa che voglio è magiare o bere. Voglio una sola cosa, che lui se ne vada e non torni più. "Penso che tua mamma gliene stia dicendo quattro." Noah cerca di sorridere, ma fallisce. Sento le sue urla e qualcosa che si rompe in lontananza, ma mi rifiuto di permettere che Noah mi lasci sola nella stanza.
Se vengo lasciata sola, lui verrà qui. È ciò che fa: preda le persone nei loro momenti di maggiore debolezza. Soprattutto con me, che sono debole dal giorno in cui l'ho incontrato.
Poggio la testa sul cuscino e blocco fuori ogni cosa, mia mamma che urla, la voce fortemente accentata che le urla contro in risposta, e anche i sussurri confortanti di Noah. Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare tra incubi e realtà, cercando di decidere quale dei due è peggio.
...
Quando mi sveglio di nuovo, il sole brilla attraverso le tapparelle abbassate sulle finestre. Mi sbatte la testa, ho la bocca secca e sono da sola nella stanza. Le scarpe da ginnastica di Noah sono sul pavimento e dopo un tranquillo momento di confusione, il peso delle ultime ventiquattro ore mi toglie il respiro e affondo la testa tra le mani.
Era qui.
"Tessa." La sua voce mi spaventa e mi rifiuto di guardarlo, mentre entra nella stanza. Perché è qui? Perché pensa di potermi buttar via e ripiombare nella mia vita quando gli conviene? Non succederà più. Ho già perso lui e mio padre e non ho bisogno che mi venga ricordato di nessuna delle due perdite in questo momento.
"Esci." Tengo la mia posizione e cerco di nascondere il brivido che mi attraversa quando sento il materasso piegarsi sotto il suo peso.
"Bevi un po'." Mi preme un bicchiere freddo contro la mano, ma io lo sbatto via. Non mi smuovo minimamente quando lo sento cadere a terra. "Tess, guardami." Ha le mani ghiacciate, il suo tocco quasi sconosciuto, e scatto via da lui.
Per quanto gli voglia strisciare in braccio e lasciare che mi conforti, non lo faccio. E non lo farò, mai più. Anche con la mente nello stato in cui si trova adesso, so che non lo lascerò mai più entrare. Non posso e non voglio.
"Tieni." Harry mi passa un altro bicchiere d'acqua preso dal comodino. Il suo nome echeggia nella mia mente. Non volevo sentire il suo nome, non nella mia testa, l'unico posto in cui sono al sicuro da lui. "Bevi un po' d'acqua." Dice dolcemente.
Resto in silenzio e prendo il bicchiere per portarmelo alle labbra. Non ho la forza di negare dell'acqua per dispetto, e davvero, ho bisogno di bere. La finisco dopo pochi secondi, i miei occhi non lasciano mai il muro.
"So che sei incazzata con me, ma voglio solo esserci per te." Mente. Tutto ciò che dice è una menzogna, da sempre, per sempre.
Resto zitta, solo un leggero sbuffo scappa dalla mia bocca alla sua pretesa.
"Il modo in cui ti sei comportata ieri sera quando mi hai visto.." Riesco a sentire i suoi occhi su di me, ma mi rifiuto di guardarlo. "Il modo in cui hai urlato.. Tessa, non ho mai sentito tanto dolore-"
"Smettila." Scatto, la mia voce non sembra la mia voce e inizio a chiedermi se sono davvero sveglia in questo momento, o è solo un altro incubo.
"Voglio solo sapere che non hai paura di me. Non hai paura, vero?"
"Non si tratta di te." Riesco a dirgli. È vero, si tratta della morte di mio padre e del fatto che non posso sopportare altra sofferenza.
"Cazzo." Sospira e so che si sta scorrendo le mani tra i capelli. "Lo so. Non è quello che intendevo. Sono preoccupato per te."
Chiudo gli occhi e non rispondo. È preoccupato per me? Se fosse stato così preoccupato per me, non avrebbe dovuto rispedirmi in America da sola. Vorrei non essere mai arrivata a casa, vorrei che mi fosse successo qualcosa durante il tragitto, così lui potrebbe vedersela con la mia perdita, ma in realtà, probabilmente non gli importerebbe nemmeno. Sarebbe troppo occupato a drogarsi.
Continua, "Non sei te stessa, piccola." Inizio a tremare per l'uso del nomignolo malsano. "Hai bisogno di parlarne, di tutto ciò che pensi di tuo padre. Ti farà sentire meglio." La sua voce è troppo alta e la pioggia sta battendo contro il vecchio tetto. Vorrei solo che cedesse e mi trascinasse via insieme alla pioggia.
Chi è quest'uomo seduto qui con me? Di sicuro io non lo voglio e lui non sa di cosa sta parlando. Dovrei parlare di mio padre? Chi diavolo pensa di essere stando qui seduto comportandosi come se gliene importasse di me, come se potesse aiutarmi? Non ho bisogno d'aiuto, ho bisogno di silenzio.
"Non ti voglio qui."
"Sì che mi vuoi, sei solo incazzata con me in questo momento perché mi sono comportato da stronzo e ho fatto un casino." Cerca di spiegare.
Il dolore che dovrei sentire non c'è, non c'è niente. Neanche quando la mia mente ripete le immagini della sua mano sulla mia coscia mentre siamo nella sua auto, le sue labbra che scivolano gentilmente sulle mie, le mie dita che si infilano tra i suoi capelli folti. Niente.
Non sento niente mentre i piacevoli ricordi vengono rimpiazzati da pugni sul muro e dalla donna con cui è andato a letto solo pochi giorni fa. Niente. Non sento niente ed è così bello non sentire finalmente nulla, avere finalmente il controllo sulle mie emozioni. Realizzo, mentre fisso il muro, che non sono costretta a sentire nulla, se non voglio. Non devo ricordare nulla se non voglio, posso dimenticare tutto e mai più permettere ai ricordi di ferirmi.
"Non lo sono." Non specifico le parole e lui cerca di toccarmi di nuovo. Non mi muovo, mi mordo l'interno della guancia con la voglia di urlare ancora una volta, ma non voglio dargli la soddisfazione. La calma che mi arriva quando le sue dita toccano le mie è sola la prova di quanto sia debole quando si tratta di lui.
"Mi dispiace per Richard, so come-" Inizia.
"No." Lo interrompo e tiro via la mano. "No, non hai il diritto di fare così. Non hai il diritto di venire e fingere di essere qui per aiutarmi, quando sei la persona che mi ha ferito di più. Non te lo dirò un'altra volta." La voce piatta, poco convincente e vuota proprio come mi sento dentro. "Esci."
Mi fa male la gola per quanto ho parlato, non voglio più parlare. Voglio solo che se ne vada e voglio essere lasciata in pace. Mi concentro di nuovo sul muro, non permettendo alla mia mente di tormentarmi con immagini del cadavere di mio padre. Tutto si sta prendendo gioco di me, incasinandomi la testa e minacciando quel minimo di ragionevolezza rimasto dentro di me. Sto piangendo due morti adesso, e questo mi sta distruggendo pezzetto dopo pezzetto.
Il dolore non è neanche remotamente gentile, il dolore vuole la sua promessa quantità di carne, grammo per grammo. Non si fermerà finché non ti resterà altro che un guscio sfaldato di ciò che eri. Il bruciore del tradimento e del rifiuto fa male, ma niente può essere messo a confronto con il dolore del sentirsi vuoti. Niente fa più male del non provare alcun dolore e tutto ciò non ha alcun senso ma perfettamente senso allo stesso tempo, e sono certa di stare fottutamente impazzendo e la cosa mi sta realmente bene.
"Vuoi che ti prenda qualcosa da mangiare?" Mi chiede. Non mi ha sentito? Non capisce che non lo voglio? È impossibile pensare che non senta il caos dentro la mia testa.
"Tessa." Insiste, quando non rispondo. Ho bisogno che si allontani da me. Non voglio guardare dentro quegli occhi, non voglio sentire altre promesse che verranno spezzate quando inizierà a lasciarsi sopraffare di nuovo dall'odio per sé stesso.
"Noah!" Mi brucia la gola quando urlo il suo nome e nel giro di secondi, lo vedo affrettarsi attraverso l'entrata, verso di me.
"Ti avevo detto che se mi avesse chiamato, saremmo arrivati al limite." Noah si mette davanti a me e finalmente lancio un'occhiata ad Harry. Sta sparando colpi a Noah solo con lo sguardo e so che sta disperatamente cercando di tenere il suo temperamento sotto controllo. Ha qualcosa sulla mano, un gesso? Guardo di nuovo e in effetti, un'ingessatura nera gli copre la mano e il polso.
"Chiariamo una cosa." Si alza e abbassa lo sguardo su Noah. "Sto cercando di non sconvolgerla e questa è l'unica ragione per cui non ti ho ancora spezzato quel fottuto collo, quindi non tentare la tua fortuna." Lo minaccia e nella mia mente danneggiata e caotica, rivedo la testa di mio padre scattare, la mascella aprirsi. Voglio solo silenzio. Voglio silenzio nelle orecchie e ho bisogno di silenzio nella mente.
Sento dei conati di vomito mentre le immagini si moltiplicano e le loro voci diventano più alte, più arrabbiate, e il mio corpo mi prega di rimettere i contenuti del mio stomaco. Il problema è che non c'è niente dentro di me, solo acqua, così sento il bruciore dell'acido quando vomito sulla mia vecchia coperta.
"Cazzo! Esci, dannazione." Harry da uno spintone a Noah con una mano, facendolo inciampare all'indietro, e lui si regge contro il cornicione della porta.
"Esci tu! Non sei neanche il benvenuto qui!" Dice Noah in risposta, e spinge Harry.
Nessuno di loro mi nota mentre mi alzo dal letto, ripulendo l'eccesso di vomito dalla mia bocca con la manica. Riesco ad uscire dalla stanza, percorrere il corridoio e uscendo dalla porta d'ingresso senza che nessuno si disturbi a farci caso.
POV di Harry.
"Fanculo!" Il gesso entra in collisione con la mascella di Noah e lui si rialza, sputando sangue. Ma non si ferma, carica contro di me, buttandomi a terra.
"Figlio di puttana!" Urla e io rotolo su di lui. Se non mi fermo adesso, Tessa mi odierà ancora di più. Non sopporto questo stronzo, ma lei gli vuole bene e se gli provoco qualche danno serio, non mi perdonerà mai.
Riesco a rialzarmi e mettere abbastanza distanza tra me e questo fottuto difensore. "Tessa." Guardo il letto e sento lo stomaco affondare quando lo trovo vuoto. La macchia bagnata di vomito è l'unica prova del fatto che fosse qui. Senza una singola occhiata verso Noah, esco in corridoio, chiamandola. Come ho potuto essere così stupido? Quando smetterò di essere un tale casino?
"Dov'è?" Chiede Noah alle mie spalle.
Carol è ancora addormentata sul divano. Non si è mossa da dove l'ho distesa ieri sera dopo che si è addormentata tra le mie braccia. Quella donna potrà odiarmi a morte, ma non sono riuscito a negarle il conforto quando ne ha avuto bisogno.
Per mio orrore, la porta d'ingresso è aperta, con il vento della tempesta che la spinge avanti e indietro. Ci sono due auto parcheggiate nel viale, quella di Noah e quella di Carol. Il tragitto in taxi da cento dollari che ho fatto dall'aeroporto a qui è valso il tempo che avrei sprecato tornando fino a casa di mio padre.. di Ken, per prendere la mia auto. Almeno Tessa non ha preso la macchina.
"Le sue scarpe sono qui." Noah prende una delle fragili scarpe di Tessa prima di ributtarla a terra. Ha del sangue sul mento e gli occhi selvaggi, pieni di preoccupazione.
Tessa sta camminando da sola nel mezzo di questa enorme tempesta perché io ho lasciato che il mio fottuto ego prendesse il sopravvento. Noah torna dopo aver cercato di nuovo nella sua stanza, la borsa di Tessa in una mano. Non indossa delle scarpe, non ha soldi né un telefono. Non può essere andata lontano, mi sono distratto solo per uno o due minuti. Come ho potuto lasciare che il mio temperamento mi distraesse da lei?
"Entro in macchina e controllo intorno all'isolato." Prende le chiavi dalla tasca dei jeans ed esce dalla porta. Lui è avvantaggiato, ci è cresciuto in questa strada, conosce questo posto, io no. Mi guardo intorno nel salotto ed entro in cucina. Guardo fuori dalla finestra e realizzo che sono io ad essere avvantaggiato, non lui. Lui potrà conoscere la città, ma io conosco la mia Tessa e so esattamente dove si trova.
La pioggia continua a scendere in grandi aghi d'acqua mentre attraverso il portico con un passo, camminando sul prato in direzione della piccola serra nell'angolo, nascosta tra uno sciame di alberi oscillanti. La porta di metallo è semichiusa, confermando il mio istinto, e trovo Tessa rannicchiata a terra, i jeans coperti di terra e i piedi di fango. Ha le ginocchia tirate al petto e le mani tremanti a coprirsi le orecchie. È una cosa che distrugge il cuore vedere davanti a me la mia ragazza forte ridotta a nient'altro che un guscio. Vasetto dopo vasetto, il terreno incornicia la povera scusa che è questa serra, è ovvio che nessuno ci è entrato da quando Tessa se n'è andata di casa. C'è qualche crepa nel soffitto che lascia cadere gocce di pioggia in alcuni punti tutto intorno alla serra.
Non dico niente, spero lei riesca a sentire il rumore scrosciante dei miei stivali contro il fango che ricopre il pavimento. Quando guardo di nuovo, noto che in realtà non c'è nessuna pavimentazione. Questo spiega tutto il fango. Togliendole le mani dalle orecchie, mi abbasso per costringerla a guardarmi. Lei si dimena come un animale messo all'angolo e io mi acciglio per la sua reazione, ma tengo la presa sulle sue mani.
Affonda le unghie nel terreno e usa le gambe per calcarmi via. Nel momento in cui le lascio i polsi, si ricopre le orecchie, un terribile mugolio ricade dalle sue labbra piene.
"Ho bisogno di silenzio." Mi prega, dondolandosi lentamente avanti e indietro. Ho così tante cose da dire, così tante parole da riversarle nella speranza che mi ascolti ed esca dal suo nascondiglio, ma mi basta un'occhiata nei suoi occhi disperati per perderle tutte.
Se vuole silenzio, glielo darò. Cazzo, a questo punto le darei qualsiasi cosa, basta che non mi costringa ad andarmene.
E quindi mi avvicino a lei e ce ne stiamo seduti sul pavimento infangato della vecchia serra. La serra nella quale si nascondeva da suo padre, la serra che ora sta usando per nascondersi dal mondo, per nascondersi da me.
Ce ne stiamo qui seduti mentre la pioggia batte contro il tetto sottile. Ce ne stiamo qui seduti mentre i suoi mugolii si trasformano in silenziosi singhiozzi, mentre fissa lo spazio vuoto davanti a lei, e ce ne stiamo qui seduti in silenzio con le mie mani sulle sue piccola dita, per coprirle le orecchie, per impedire ai rumori intorno a lei di raggiungerla, per concederle il silenzio di cui ha bisogno.
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Ngẫu nhiênParte 3