Capitolo 284

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POV di Harry.
Ho chiamato quarantanove volte.
Quarantanove fottute volte.
Quarantanove.
Avete idea di quante chiamate sono?
Fottutamente tante.
Troppe da contare e io non riesco a pensare abbastanza chiaramente da contarle, ma se potessi, sarebbero un sacco di fottute chiamate.
Se riesco a superare i prossimi tre minuti, ho intenzione di strappare la porta d'ingresso dai cardini e schiantare il telefono di Tessa, a cui apparentemente lei non sa rispondere, contro il muro.
Okay, allora forse non schianterei il telefono contro il muro. Forse ci passerei solo sopra qualche volte finché lo schermo non si incrina sotto il mio peso.
Forse.
Dannazione, gliene dirò quattro, questo è fottutamente certo. Non la sento da due ore e non ha una fottuta idea di che tortura siano state le ultime cinque. Ho corso, superando il limite di trenta chilometri orari, per arrivare il più velocemente possibile.
Sono le tre del dannato mattino e Tessa, Vance e Kimberly sono sulla mia lista nera. Forse dovrei distruggere i cellulari a tutti e tre dato che ovviamente hanno dimenticato come rispondere a quei fottuti cosi.
Quando raggiungo il cancello, inizio ad entrare nel panico, ancora di più che nelle ultime cinque fottute ore. E se hanno deciso di chiuderlo? Se hanno cambiato il codice?
Almeno lo ricordo quel fottuto codice? Certo che no. Risponderanno quando chiamerò per chiederlo? Certo che no.
E se non rispondono perché è successo qualcosa a Tessa e la stanno portando in ospedale e lei non sta bene e loro non hanno linea e..
Quando raggiungo il viale, il cancello è aperto e anche questa cosa mi infastidisce un po'. Perché Tessa non ha acceso i sistemi di sicurezza, se è da sola? Mentre guido lungo la strada tortuosa, vedo che la sua auto è l'unica parcheggiata nell'enorme casa.
Bello sapere che Vance c'è sempre quando ho bisogno di lui.. che fottuto amico che è. Padre, non amico. Cazzo.
Quando esco dall'auto e mi avvicino alla porta, la rabbia e l'ansia crescono. Il modo in cui parlava, il tono di voce.. sembrava non controllasse le sue azioni.
La porta è sbloccata, ovviamente, e attraverso il salotto, poi il corridoio. Mi tremano le mani quando spingo la porta della sua camera e mi si stringe il petto quando trovo il letto vuoto. Non solo è vuoto, è intatto, perfettamente sistemato e gli angoli sono piegati in quel suo modo impossibile da ricreare. Ci ho provato, è impossibile fare il letto come Tessa.
"Tessa!" La chiamo mentre entro nel bagno dall'altra parte del corridoio. Tengo gli occhi chiusi mentre accendo la luce. Niente.
Respiro a fatica e mi sposto verso la prossima camera. Dove cazzo sta?
"Tess!" Urlo di nuovo, più forte stavolta.
Dopo aver cercato in quasi tutto il fottuto palazzo, riesco a stento a respirare. Dov'è? Le uniche stanze rimaste da controllare sono la camera da letto di Vance e una stanza chiusa a chiave al piano di sopra. Non sono così sicuro di volerla aprire.
Controllerò il patio e il giardino e se non è neanche lì, non ho la più fottuta idea di cosa farò.
"Theresa! Dove diavolo sei? Non è divertente, ti giuro-" Smetto di urlare quando noto la pallina arrotolata sulla poltrona. Ha le ginocchia tirate al petto e le braccia chiuse intorno ad esse come se si fosse addormentata mentre cercava di tenersi insieme.
Tutta la mia rabbia si dissolve, quando mi inginocchio a fianco a lei. Spingo i capelli biondi via dal suo viso e mi preparo a non scoppiare a piangere istericamente ora che so che sta bene. Cazzo, ero così preoccupato.
Con il battito accelerato, mi avvicino a lei e faccio scorrere il pollice lungo il suo labbro inferiore. In realtà non so perché l'ho fatto, semplicemente è successo, ma di certo non me ne pento quando apre gli occhi ed emette un verso di lamento.
"Perché sei qui fuori?" Le chiedo, la voce alta e sforzata.
Lei mugola, chiaramente infastidita dal volume delle mie parole.
Perché non sei dentro? Ero fottutamente preoccupato per te, ho pensato ad ogni possibile scenario nella mia testa nelle ultime cinque ore, voglio dirle.
"Grazie a Dio dormivi." Dico invece. "Ti ho chiamato, ero preoccupato."
"Harry?" Si mete seduta, reggendosi il collo come se potesse caderle la testa.
"Sì, Harry." Chiarisco. Si sforza per vedere nel buio e si strofina il collo. Quando si muove per alzarsi, una bottiglia di vino vuota cade a terra, spaccandosi a metà.
"Scusa." Dice, piegandosi per prendere il vetro rotto. Le spingo gentilmente via la mano e avvolgo le dita intorno alle sue.
"Non toccarla. La prendo io dopo. Entriamo."
"Come sei arrivato qui?" Mi chiede Tessa, mentre l'aiuto ad alzarsi. Le sue parole sono oltremodo farfugliate e non voglio neanche sapere quanto ha bevuto dopo che abbiamo attaccato al telefono. Ho visto almeno quattro bottiglie vuote in cucina.
"In macchina, come altrimenti?"
"Per tutto il tragitto? Che ore sono?" I miei occhi seguono il suo corpo, è coperta solo da una maglietta. La mia maglietta.
Nota che la sto fissando ed inizia a tirare l'orlo per coprirsi le cosce nude. "L'ho messa solo -" La sua voce si affievolisce, balbettando. "L'ho messa solo adesso, solo una volta." Dice, la frase non ha quasi nessun senso.
"Va bene, voglio che la indossi. Entriamo."
"A me piace qui." Dice a bassa voce, fissando il buio.
"Fa troppo freddo. Entriamo dentro." Cerco di prenderle la mano, ma la tira via. "Se vuoi stare qui, okay, ma io resto con te." Ridirigo il mio ordine.
Annuisce e si appoggia alla ringhiera, le tremano le ginocchia e ha il viso pallido. "Cosa è successo stasera?" Chiedo.
Resta in silenzio, continuando a fissare.
"Non hai mai la sensazione che la tua vita si sia trasformata in un enorme scherzo della natura?" Si gira verso di me.
"Quotidianamente." Scrollo le spalle, insicuro su dove diavolo stia andando questa conversazione, ma odiando la tristezza nei suoi occhi. Anche nel buio, quella tristezza brucia, depressa e profonda, tormentando quegli occhi luminosi che tanto amo.
"Beh, anch'io."
"No, tu sei quella positiva. Quella felice. Io sono lo stronzo cinico, non tu."
"E' estenuante essere felice, lo sai?"
"Non proprio." Ammetto e faccio un passo verso di lei. "Non sono esattamente il bambino solare e felice dei manifesti, nel caso non l'avessi notato." Cerco di alleggerire la tensione e lei mi concede un sorriso un po' ubriaco, un po' divertito.
Vorrei solo che mi dicesse cosa le sta succedendo ultimamente, non so quanto posso fare per lei, ma è colpa mia, tutta colpa mia. L'infelicità dentro i suoi occhi è il mio peso da portare, non il suo.
Alza un braccio per poggiarlo sull'asse di legno, ma la manca e inciampa, quasi sbattendo la faccia nell'ombrellone attaccato al tavolo del patio.
"Potremmo entrare? Devi dormire per smaltire il vino che hai bevuto." Chiudo una mano intorno al suo gomito per stabilizzarla e lei inizia ad appoggiarsi a me.
"Non ricordo di essermi addormentata."
"Probabilmente perché hai bevuto fino allo sfinimento." Indico la bottiglia rotta a pochi metri di distanza.
"Non cercare di rimproverarmi." Scatta e si allontana da me, quando mi avvicino.
"Non lo sto facendo." Alzo le mani in segno di innocenza e ho voglia di urlare per l'ironia di tutta questa fottuta situazione.
"Scusami." Sospira. "Non riesco neanche a pensare."
La guardo sedersi a terra e portarsi di nuovo le ginocchia al petto. "Posso parlarti di una cosa?" Alza la testa per guardarmi.
"Certo."
"E sarai completamente onesto?"
"Ci proverò."
La risposta sembra andarle bene e mi siedo sull'orlo della sedia più vicino a lei. Ho leggermente paura di cosa potrebbe voler parlare, ma ho bisogno di sapere cosa le succede, quindi tenendo la bocca chiusa, aspetto che parli.
"A volte ho la sensazione che tutti gli altri ottengano ciò che voglio io." Mormora, imbarazzata. Solo Tessa potrebbe sentirsi in colpa per dire ciò che prova.. "Non è che non sia felice per loro." Posso a malapena distinguere le sue parole, ma riesco a vedere le lacrime accumularsi nei suoi occhi anche da dove sono seduto, a circa un metro di distanza.
"Si tratta di Kimberly e Vance?" Chiedo. "Perché se è così, non dovresti volere ciò che hanno loro. Lui è un bugiardo e un traditore e-" Mi fermo prima di finire la frase.
"La ama. Tantissimo però." Farfuglia Tessa. Le sue dita tracciano dei disegni contro il pavimento sotto di lei.
"Io ti amo di più." Dico senza pensare.
Le mie parole hanno l'effetto opposto a quello desiderato e Tessa emette un mugolio. Letteralmente, avvolgendosi le braccia intorno alle ginocchia.
"E' vero. È così."
"Tu mi ami solo a volte." Dice, dal suo tono si direbbe che è la cosa più vera del mondo. Non lo è, non potrebbe essere più falso.
"Cazzate. Sai che non è vero."
"E' così che sembra." Sussurra, guardando il mare. Vorrei che fosse giorno, così almeno il panorama potrebbe aiutare a tranquillizzarla, dato che ovviamente io non sto facendo un buon lavoro.
"Lo so." Concordo. È vero, adesso posso ammetterlo.
"Prima o poi amerai qualcuno tutto il tempo."
Cosa?
"Di che stai parlando?"
"La prossima volta, la amerai tutto il tempo."
In questo momento, anche se ci ripenserò tra cinquant'anni da adesso, so che ricorderò il dolore tagliente che ha accompagnato le sue parole. La sensazione è opprimente ed è così ovvio, mai stato più ovvio, che ha rinunciato a me. A noi.
"Non c'è una prossima volta!" Non posso evitare il modo in cui la mia voce si alza, il modo in cui il sangue brucia giusto al di sotto della superfice, minacciando di lacerarmi proprio su questo dannato patio.
"C'è. Io sono la tua Anne."
Di che cosa sta parlando? So che è ubriaca, ma cosa c'entra mia mamma con tutta questa storia?
"La tua Anne. Sono io. Anche tu avrai una Karen e lei potrà darti un figlio." Tessa si strofina sotto gli occhi e io scendo dalla sedia per mettermi in ginocchio a fianco a lei.
"Non so cosa stai dicendo, ma ti sbagli." Avvolgo le braccia intorno alle sue spalle proprio appena inizia a singhiozzare.
Non riesco a distinguere le sue parole, sento solo "figlio, Karen, Anne, Ken". Dannata Kimberly per aver lasciato il frigo del vino aperto.
"Non so cosa Karen o Anne o qualsiasi altro nome che stai buttando alla rinfusa possa c'entrare con noi." Le dico. Mi spinge le spalle, ma io stringo la presa intorno a lei.
Potrà non volermi, ma in questo momento, ne ha bisogno. "Tu sei Tessa e io sono Harry. Fine."
"Karen è incinta." Singhiozza nel mio petto. "Avrà un figlio."
"Quindi?" Muovo la mano ingessata lungo la sua schiena, non sapendo bene cosa fare o dire con questa versione di Tessa.
"Sono andata dal dottore." Dice e io mi blocco. Porca fottuta merda.
"E?" Cerco di non entrare nel panico.
Non risponde in un linguaggio vero e proprio. La sua risposta è più una sorta di pianto ubriaco e io mi prendo un momento per cercare di pensare chiaramente. Ovviamente, non è incinta, perché se lo fosse, non avrebbe bevuto. Conosco Tessa e so che mai e poi mai farebbe una cosa del genere. È ossessionata dall'idea di essere una madre un giorno, non metterebbe in pericolo suo figlio non ancora nato.
Mi permette di stringerla mentre si calma.
"Tu vorresti?" Mi chiede, dopo qualche minuto. Il suo corpo continua a tremare tra le mie braccia, ma le lacrime si sono fermate.
"Cosa?"
"Avere un figlio?" Si strofina gli occhi e io rabbrividisco.
"Uhm, no." Scuoto la testa. "Non voglio avere un figlio con te."
Chiude gli occhi, mugolando di nuovo. Ripeto le parole nella mia testa e mi rendo conto di come le ho pronunciate. "Non intendevo in quel senso. Semplicemente non voglio avere figli, lo sai." Tira su col naso e annuisce, ancora in silenzio.
"La tua Karen potrà darti un figlio." Dice, gli occhi ancora chiusi e la testa contro il mio petto.
Sono più confuso che mai. Cerco una connessione con Karen e mio padre, ma non voglio intrattenere il pensiero che Tessa pensi di essere il mio inizio, non il mio finale.
"Va bene, è il momento di andare a letto." Avvolgo le braccia intorno alla sua vita e la alzo da terra insieme a me. Stavolta non mi combatte.
"E' vero. L'hai detto tu una volta." Mormora e avvolge le gambe intorno alla mia vita, rendendomi più semplice portarla in braccio attraverso il corridoio.
"Detto cosa?" Le chiedo.
"Che non può esserci un finale felice." Cita le mie precedenti parole.
Fottuto Hamingway e la sua prospettiva negativa sulla vita.
"E' stata una cosa stupida. Non lo pensavo davvero." Le prometto.
"Che cosa vuoi fare? Rovinarmi?" Cita di nuovo quel bastardo. Guarda se non è Tessa che si mette a citare delle merdate mentre è troppo ubriaca persino per reggersi in piedi.
"Shh, possiamo citare Hamingway quando sarai sobria."
"Tutte le cose veramente peccaminose nascono dall'innocenza." Dice contro il mio collo, stringendo le braccia intorno alla mia schiena, mentre apro la porta della sua camera.
Adoravo questa citazione, ma non avevo mai capito il significato. Pensavo di sì, ma non è fino ad ora, ora che sto vivendo il fottuto significato, che davvero lo capisco.
La faccio distendere gentilmente sul letto e butto i cuscini a terra, lasciandogliene uno per la testa. "Spostati più sopra." Ordino dolcemente. Ha gli occhi chiusi e capisco che sta per addormentarsi. Finalmente. Lascio le luci spente, sperando che riuscirà a dormire per il resto della notte.
"Restiii?" Trascina la parola, aggrottando le sopracciglia.
"Vuoi che resti? Posso dormire in un'altra stanza." Propongo, anche se non vorrei. È così spenta, così distaccata da sé stessa che sinceramente, ho quasi paura a lasciarla da sola.
"Mhmm." Mormora, prendendo la coperta. Ne tira l'angolo e sbuffa frustrata quando non riesce a tirarne abbastanza per coprirsi.
Dopo averla aiutata, mi tolgo le scarpe e salgo nel letto con lei. Mentre sto dibattendo quanto spazio lasciare tra i nostri corpi, lei avvolge una gamba intorno alla mia vita, attirandomi più vicino.
Posso respirare. Finalmente, posso fottutamente respirare.
"Avevo paura non saresti stata bene." Ammetto, nel silenzio della camera buia.
"Anch'io." Concorda, con la voce rotta.
Spingo un braccio sotto la sua testa e lei sposta i fianchi, girandosi verso di me e stringendo la gamba intorno al mio corpo.
Non so dove andare da qui, non so cosa le ho fatto che l'ha resa in questo modo.
Sì, lo so. L'ho trattata di merda e mi sono approfittato della sua gentilezza. Ho esaurito possibilità dopo possibilità, come se la riserva fosse infinita. Ho preso la fiducia che mi dava e l'ho fatta a brandelli come se non avesse alcun significato e gliel'ho buttata in faccia ogni volta che pensavo di non essere abbastanza per lei.
Se semplicemente avessi accettato il suo amore sin dall'inizio, accettato la sua fiducia e mi fossi preso cura della vita che lei cercava di respirare in me, adesso non starebbe così. Non sarebbe distesa a fianco a me, ubriaca e sconvolta, sconfitta e distrutta da me.
Lei mi ha aggiustato, ha incollato i minuscoli pezzettini della mia incasinata anima in qualcosa di impossibile, qualcosa di quasi persino attraente. Mi ha reso qualcosa, mi ha reso quasi normale, ma con ogni goccia di colla che usava su di me, la perdeva da sé stessa, ed essendo io il pezzo di merda quale sono, non avevo nulla da offrirle in cambio.
Tutto ciò che temevo sarebbe successo, è successo e non importa quanto abbia provato a prevenirlo, capisco solo ora che non ho fatto altro che peggiorare la situazione. L'ho cambiata e l'ho rovinata, proprio come avevo promesso di fare tutti quei mesi fa.
Sembra folle.
"Mi dispiace averti rovinata." Sussurro tra i suoi capelli, mentre il suo respiro inizia a mostrare i segni del sonno.
"Anche a me." Sussurra e il rimorso riempie lo spazio tra noi, mentre si addormenta.
POV di Tessa.
Un ronzio. Tutto ciò che riesco a sentire è un ronzio costante e la testa sembra potermi esplodere a momenti. E fa caldo. Troppo caldo. Il peso di Harry è notevole, con il gesso che mi preme sulla pancia e devo fare pipì.
Harry.
Gli alzo il braccio e mi dimeno, letteralmente, per uscire da sotto il suo corpo. La prima cosa che faccio è prendere il cellulare dal comodino per fermare il ronzio. Messaggi e chiamate da parte di Christian riempiono lo schermo. Rispondo con un semplice "stiamo bene." e gli metto il telefono in silenzioso, prima di andare in bagno.
Il cuore mi pesa nel petto e le tracce dell'abuso di alcol nuotano nelle vene. Non avrei dovuto bere così tanto vino, mi sarei dovuta fermare dopo la prima bottiglia. O la seconda. O la terza.
Non ricordo di essermi addormentata e non riesco a ricordare come Harry è arrivato qui. Un ricordo confuso della sua voce attraverso il telefono risale in superfice, ma è difficile da distinguere e non sono completamente sicura sia successo, ma è qui adesso, addormentato nel mio letto, quindi immagino i dettagli non siano così importanti.
Mi poggio con un fianco contro il lavandino e accendo l'acqua fredda. Me ne spruzzo un po' in viso, come fanno nei film, ma non sortisce il risultato sperato. L'acqua fredda non mi sveglia né mi schiarisce i pensieri, fa solo in modo che il mascara di ieri sbavi ancora di più sulle guance.
"Tessa?" Mi chiama la voce di Harry. Spengo il rubinetto e lo raggiungo in corridoio.
"Ehi." Evito i suoi occhi.
"Perché sei sveglia? Ti sei addormentata solo due ore fa." Chiede.
"Non riuscivo a dormire, credo." Faccio spallucce, odiando la goffa tensione che sento in sua presenza.
"Come ti senti? Hai bevuto molto ieri sera."
Lo seguo di nuovo in camera da letto e chiudo la porta dietro di me. Lui si siede sul bordo del letto e io torno sotto le coperte. Non me la sento ancora di affrontare la giornata, ma va bene, il sole non è ancora sorto.
"Mi fa male la testa." Ammetto.
"Non intendevo fisicamente."
La voce del dottor West che pronuncia cattive notizie, le peggiori, si fa spazio a spintoni nella mia testa dolorante. Ho condiviso la notizia con Harry? Oh, no, spero di no.
"Cosa.. cosa ho detto ieri notte?" Cerco di indagare.
Emette un respiro e si passa una mano tra i capelli. "Parlavi di Karen e mia mamma. Non voglio neanche sapere cosa significasse." Fa una smorfia e presumo possa andare a completo con la mia espressione.
"E' tutto?" Chiedo, sperando di sì.
"Praticamente. Oh, e hai citato Hamingway." Fa un piccolo sorriso, ricordandomi quanto può essere affascinante.
"Non è vero." Mi copro il viso con le mani.
"Sì, invece." Una risata leggera gli cade dalle labbra e io spio tra le mie mani per guardarlo, mentre aggiunge, "Hai detto anche che accetti le mie scuse e mi darai un'altra occasione." I suoi occhi incontrano i miei tra le dita e non riesco a distogliere lo sguardo. È bravo. Molto bravo.
"Bugiardo." Non so se voglio ridere o piangere. Eccoci di nuovo, nel mezzo del nostro vecchio avanti e indietro, spingi e tira. Non posso ignorare il fatto che stavolta sembri diverso, ma so anche che non sono affidabile quando si tratta di giudicare questa situazione, mi è sembrato diverso ogni volta che faceva una promessa che poi non riusciva a mantenere.
"Vuoi parlare di cosa è successo ieri sera? Perché ho odiato vederti in quel modo. Non eri in te."
"Sto bene."
"Eri completamente sbronza. Hai bevuto fino ad addormentarti sul patio e ci sono bottiglie vuote sparse per tutta la casa."
"Non è divertente trovare qualcuno in quello stato, eh?" Chiedo, sentendomi una stronza immediatamente dopo.
"No," Abbassa le spalle. "No davvero."
Ricordo le notti e a volte anche i giorni, in cui trovavo Harry ubriaco. L'Harry ubriaco si trascinava dietro sempre lampade rotte, buchi nei muri e parole crudeli usate per lasciare tagli profondi.
"Non succederà più." Risponde ai miei pensieri.
"Non stavo-" Inizio a mentire, ma mi conosce troppo bene.
"Sì, invece. E va bene, me lo merito."
"Comunque sia, non sarebbe giusto da parte mia sbattertelo in faccia." Gli dico. Devo imparare a perdonare Harry o nessuno di noi due troverà pace nella vita, dopo questo.
Prende il telefono dal comodino e se lo porta all'orecchio. Chiudo gli occhi per cercare di alleggerire un po' del dolore, mentre impreca contro Christian dall'altra parte della linea. Sventolo una mano, cercando di farlo smettere, ma mi ignora, affrettandosi a dire a Christian che razza di stronzo sia.
"Beh, avresti dovuto fottutamente rispondere. Se le fosse successo qualcosa ti avrei ritenuto fottutamente responsabile." Ringhia e io cerco di bloccare fuori la sua voce.
Sto bene, ho bevuto un po' troppo perché ho avuto una cattiva giornata, ma adesso sto bene. Cosa c'è di male?
Quando attacca, sento il materasso affondare a fianco a me e mi spinge la mano via dagli occhi. "Dice che gli dispiace di non essere tornato a controllare." Dice, a pochi centimetri dal mio volto. Riesco a vedere la peluria sulla sua mascella e sul mento. Non so se è perché sono ancora un po' ubriaca, o semplicemente pazza, ma alzo una mano e faccio scorrere un dito sulla linea della sua mascella. Le mie azioni lo sorprendono e i suoi occhi vanno in confusione, quasi incrociandosi, mentre gli accarezzo la pelle.
"Cosa stiamo facendo?" Mi chiede, avvicinandosi ancora di più.
"Non lo so." Rispondo con l'unica verità che conosco. Non ho idea di cosa stiamo facendo, cosa sto facendo, quando si tratta di Harry. Non ce l'ho mai avuta.
Dentro, sono triste e ferita e mi sento tradita dal mio stesso corpo ed essenzialmente il karma e la vita in generale, ma fuori, so che Harry può scacciare via tutto. Anche se solo temporaneamente, può farmi dimenticare di tutte le preoccupazioni, può ripulire tutto il caos nella mia mente, così come io facevo per lui.
Adesso lo capisco. Capisco cosa intendesse quando tutte quelle volte diceva che aveva bisogno di me. Capisco perché mi usava come faceva.
"Non voglio usarti." Gli dico.
"Cosa?" E' confuso dal mio sfogo, e anch'io.
"Voglio che mi fai dimenticare tutto quanto, ma non voglio usarti. In questo momento voglio esserti vicina, ma non ho cambiato idea sul resto." Divago, sperando che capirà ciò che non so come dire.
Si poggia sul gomito e mi guarda, "Non mi interessa come o perché, ma se tu mi vuoi, in qualsiasi modo, non mi devi delle spiegazioni. Sono già tuo." Le sue labbra sono così vicine alle mie e potrei così facilmente alzare la testa e toccarle.
"Mi dispiace." Mi giro. Non posso usarlo in questo modo, ma più di tutto, non posso fingere che è tutto ciò che sarebbe. Non sarebbe solo una distrazione fisica dai miei problemi, sarebbe di più, molto di più. Lo amo ancora, anche se a volte non vorrei. Vorrei essere più forte e vorrei scrollarmi tutto via come una semplice distrazione, niente sentimenti, niente di più, solo sesso.
Ma il mio cuore e la mia coscienza non me lo permettono. Per quanto sia ferita dal fatto che il mio futuro ideale mi sia stato strappato via, non posso usarlo così, soprattutto adesso che sembra star facendo un tale sforzo.
Mentre io do battaglia a me stessa, lui fa rotolare il suo corpo sul mio e mi prende entrambi i polsi nelle mani. "Cosa stai-" Inizio a chiedere, ma me li alza sulla testa.
"So cosa stai pensando." Mi preme le labbra sul collo e il mio corpo assume il controllo, giro il collo, dandogli accesso più facile alla pelle sensibile.
"Non è giusto nei tuoi confronti." Ansimo, quando i suoi denti mi mordicchiano la pelle giusto al di sotto dell'orecchio. Rilascia la presa sui miei polsi abbastanza solo da togliermi la maglietta e buttarla a terra.
"Non è giusto che mi permetti di toccarti anche dopo tutto quello che ti ho fatto, questo non è giusto, ma lo voglio. Ti voglio, ti voglio sempre e so che lo stai combattendo, ma vuoi che ti distraggo. Lascia che lo faccia." Spinge il suo peso su di me, i fianchi a schiacciarmi contro il materasso in quel modo dominante ed esigente che mi fa sentire la testa leggera, ancora più di ieri sera.
"Non pensarci, pensa solo a te e a cosa vuoi." Fa scivolare un ginocchio tra le mie cosce, aprendole.
"Okay." Annuisco, gemendo quando il suo ginocchio mi strofina tra le gambe.
"Ti amo, non sentirti mai in colpa per permettermi di dimostrartelo." Le sue parole sono così dolci, ma le mani così ruvide mentre una mi tiene entrambi i polsi schiacciati al letto e l'altra mi entra nelle mutande.
"Così bagnata." Geme, muovendo il dito su e giù. Cerco di restare ferma mentre mi porta il dito alla bocca, spingendomelo tra le labbra. "Così dolce, non è vero?" Non mi permette di rispondere prima di liberarmi le mani e posizionarsi con la testa tra le mie gambe.
La sua lingua mi colpisce e io spingo le dita tra i suoi capelli. Con ogni carezza della sua lingua sul mio clitoride, mi sento quasi persa in questo posto con lui. Non sono più circondata dall'oscurità, non sono più incazzata, non mi concentro più sui rimpianti e sugli errori.
Sono concentrata solo sul mio corpo e sul suo. Sono concentrata sul modo in cui geme contro di me quando gli tiro i capelli. Sono concentrata sul modo in cui le mie unghie lasciano graffi arrabbiati sulle sue scapole mentre spinge due dita in me, posso concentrarmi solo sul fatto che mi tocchi, ogni parte di me, dentro e fuori, in un modo in cui nessun altro potrebbe o ha mai potuto.
Mi concentro sul suo respiro rapido quando lo supplico di girarsi e permettermi di procurargli piacere mentre lui lo procura a me, il modo in cui spinge i pantaloni a terra e quasi strappa la maglietta per la fretta di toccarmi di nuovo. Mi concentro sul modo in cui mi alza su di lui, il mio viso nella direzione opposta rispetto al suo. Mi concentro sul fatto che questa cosa non l'abbiamo mai fatta prima, ma amo il modo in cui geme il mio nome quando lo prendo nella mia bocca.
Mi concentro sul modo in cui le sue dita affondando nei miei fianchi mentre lui lecca e io succhio. Mi concentro sul modo in cui sento la pressione salire in me, e mi concentro sulle cose sporche che mi sta dicendo per portarmi oltre il limite.
Vengo per prima, seguita da lui che mi riempie la bocca e quasi collasso per il sollievo che il mio corpo prova dopo l'orgasmo. Cerco di non concentrarmi sul fatto che non mi sento in colpa per aver permesso al suo tocco di essere la distrazione dal mio dolore.
"Grazie." Sussurro nel suo petto, quando mi tira per farmi stendere a fianco a lui.
"No, grazie a te." Mi sorride e preme un bacio sulla mia spalla. "Mi dirai cosa ti sta preoccupando?"
"No." Traccio le dita sull'inchiostro sul suo petto.
"Va bene, mi sposerai?" Chiede, il corpo scosso da una leggera risata sotto il mio.
"No." Gli do uno schiaffetto, sperando stia solo scherzando.
"Va bene. Ti trasferirai con me?"
"No." Sposto il dito su un altro gruppo di tatuaggi, tracciando le ali dell'uccello disegnato.
"Lo prenderò come un forse." Ridacchia, avvolgendo il braccio intorno alla mia schiena. "Mi permetterai di portarti a cena stasera?"
"No." Rispondo troppo velocemente.
"Lo prenderò come un sì." Ride. La sua risata viene interrotta dal suono della porta di ingresso che si apre e voci che riempiono il corridoio.
"Merda." Diciamo entrambi contemporaneamente. Mi guarda, perplesso dal mio linguaggio e io faccio spallucce, prima di infilare le mani nei cassetti per vestirmi.

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