Capitolo 231

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POV di Harry.
Nel momento in cui vedo il fuoristrada di Zayn nel viale della piccola casa di mattoni, quasi vomito. Non possono essere arrivati da molto, ho superato il limite di venticinque chilometri orari per tutto il tragitto. Il mio temperamento si infiamma e la mia visione diventa rossa quando esce sul portico. Cammina lentamente verso il suo fuoristrada mentre io parcheggio in strada, non volendolo bloccare quando se ne va a fanculo da qua.
Cosa gli dico? Cosa le dico? Riuscirà a sentirmi?
"Sapevo saresti venuto qui." Dice a bassa voce, quando appaio davanti a lui.
"Perché non avrei dovuto?" Ringhio, cercando di tenere a bada la mia rabbia crescente.
"Forse perché è tutta colpa tua." Dice con tono spiritoso.
"Sei fottutamente serio? È colpa mia se Steph è una dannata psicopatica?" Sì, lo è.
"No, è colpa tua perché non sei andato alla festa con lei. Avresti dovuto vedere la sua faccia quando sono entrato in quella stanza."
Scuote la testa come per liberarsi del ricordo. Mi si stringe il petto.
"Non.. non sapevo ci sarebbe andata, quindi vaffanculo. Ora dov'è?"
"Dentro." Afferma l'ovvio lanciandomi un'occhiata assassina.
"Non guardarmi fottutamente in quel modo, non dovresti neanche essere qua." Gli ricordo.
"Se non fosse stato per me, sarebbe stata violentata e dio sa cos'altro." Le mie mani trovano il colletto della sua giacca di pelle e lo spingo contro il cofano del suo fuoristrada.
"Non importa quante volte ci provi, non importa quante volte la 'salvi', non ti vorrà mai. Non dimenticarlo." Gli do un ultimo spintone e mi allontano. Voglio picchiarlo, rompergli quel fottuto naso per essere un tale stronzo soddisfatto di sé, ma Tessa è a pochi metri da me e vederla è molto più importante in questo momento. Quando passo a fianco ai suoi finestrini vedo la borsa e.. il vestito.. di Tessa sul sediolino.
"Perché non ha il vestito addosso?" Oso chiedere. Apro la portiera e raccolgo le sue cose tra le mie braccia, mentre aspetto la sua risposta.
"Gliel'hanno tolto." Commenta semplicemente, l'espressione torva.
"Cazzo." Sibilo e salgo sul portico di cemento.
"Che diavolo ci fai qui?" La mamma di Tessa mi blocca l'entrata. Mi sta già urlando contro. Fottuttamente stupendo.
"Devo vederla." Afferro il pomello della porta d'ingresso e lei scuote la testa, ma si sposta. Ho la sensazione che sa che potrei anche spingerla pur di passare.
"Tu qui non entri!" Urla.
La ignoro, aggirandola. "Non mi senti! Non superarmi come se non mi avessi sentito." La porta sbatte e io vado verso il salotto per cercare Tessa.
Mi blocco momentaneamente quando la vedo. È stesa sul divano con le ginocchia leggermente piegate, i capelli formano un'aureola bionda intorno alla sua testa e ha gli occhi chiusi. Carol continua a tormentarmi, minacciandomi di chiamare la polizia, ma non me ne fotte un cazzo. Mi metto in ginocchio sul pavimento in modo da essere al livello del suo viso. Senza pensarci, le accarezzo lo zigomo con il pollice prima di poggiare tutta la mano sulla sua guancia.
"Cristo." Impreco, e la guardo da vicino mentre il suo petto si muove su e giù lentamente.
"Cazzo, Tess, mi dispiace tantissimo. È tutta colpa mia."
Le sussurro, sperando che possa sentirmi.
"Hai capito bene! È colpa tua, ora esci da casa mia prima che ti faccia scortare dalla polizia!"
"Ti dispiace darci un taglio! Non vado da nessuna parte. Fa' pure, chiama la polizia e falli venire qua a quest'ora, sarai il centro dei pettegolezzi della città e sappiamo tutti che non è quello che vuoi."
So che mi sta mandando delle occhiatacce, lanciandomi pugnali nella sua mente, ma non posso distogliere lo sguardo dalla ragazza davanti a me.
"Va bene." Sbuffa Carol alla fine.
"Hai cinque minuti." Le sua scarpe si trascinano sul tappeto nel modo più orrendo. Perché è vestita così elegante a quest'ora?
"Spero tu riesca a sentirmi, mi dispiace tantissimo. Dio, mi dispiace tantissimo per tutto questo. In primo luogo, non avrei dovuto lasciarti andare. A cosa stavo pensando?" Le mie parole sono affrettate, ma il mio tocco è gentile mentre le accarezzo la pelle morbida della guancia. "Saresti fiera di me, un po', penso. Non ho ucciso Dan quando l'ho trovato, gli ho solo dato un calcio in faccia.. oh, e l'ho strozzato un pochino, ma respira ancora, e ho quasi bevuto stasera, ma mi sono fermato. Non potevo peggiorare le cose tra noi ancora di più. Lo so che pensi che non mi interessa, ma invece sì, solo che non so come dimostrartelo." Mi fermo per esaminare il modo in cui le sue palpebre si muovono al suono della mia voce.
"Riesci a sentirmi?" Le chiedo.
"Zayn?" È a malapena un sussurro e per un momento, giuro che il diavolo si sta prendendo gioco della mia mente.
"No, Harry. Sono Harry, non Zayn." Non posso evitare di sentirmi irritato per il fatto che il suo nome è uscito dalle sue labbra a stento coscienti.
"Harry no." Si acciglia confusa, ma tiene gli occhi chiusi. "Zayn?" Ripete, e lascio cadere la mia mano dalla sua guancia.
Quando mi alzo, sua mamma non è in vista. Sono sorpreso che non sia rimasta a torreggiare sulla mia spalla mentre cercavo di fare ammenda con sua figlia.
"Hai finito?" È tornata.
"No." Vorrei, lei sta chiamando Zayn dopo tutto.
"Puoi metterla nella sua stanza prima di andartene? Non può restare sul divano." Dice.
"Quindi non posso restare qui, ma.." Mi fermo, sapendo che non porterà a niente di buono litigare con questa donna per la decima volta da quando l'ho conosciuta.
"Certo, dov'è la sua stanza?"
"Ultima porta sulla sinistra." Risponde seccamente e sparisce di nuovo. Non so da dove diavolo è venuta la gentilezza di Tessa, sicuro come la morte, non da questa donna. Sospirando, spingo un braccio sotto le sue ginocchia e un altro sotto il collo, alzandola gentilmente dal divano. Un leggero lamento fuoriesce dalle sue labbra quando lo faccio, stringendola al mio petto. Tengo la testa leggermente abbassata mentre la portò in braccio attraverso il corridoio. Questa casa è piccola, più piccola di quanto avessi immaginato. L'ultima porta sulla sinistra è chiusa e quando la apro, sono sorpreso dal sentimento di nostalgia che mi risuona dentro alla vista della stanza in cui non sono mai entrato fino ad ora. C'è un piccolo letto contro il muro che divide la stanza minuscola in due parti. Una Tessa adolescente mi inonda l'immaginazione, il modo in cui deve aver passato ore ed ore seduta alla grande scrivania a svolgere infiniti compiti per casa.
Le sopracciglia aggrottate, la bocca stretta in una linea fin troppo concentrata, i capelli che le ricadono sugli occhi e lei che li spinge via velocemente, prima di rimettersi la matita dietro l'orecchio. Conoscendola ora, non avrei immaginato che quelle lenzuola rosa e il piumino viola appartenevano a lei. Devono essere state comprate anni fa, quando Tessa stava attraversando la sua fase da Barbie che una volta ha descritto come "il periodo migliore e peggiore della sua vita", il problema con quella fase è che analizzava tutto fin troppo, come fa ancora adesso, e si ritrovava a chiedere a sua mamma dove lavorava Barbie, quale università frequentava, se un giorno avrebbe avuto figli.
Abbasso lo sguardo sulla Tessa adulta tra le mie braccia e trattengo una risata per la sua costante curiosità, una delle cose che più e meno preferisco di lei. Tiro la coperta e la poggio gentilmente sul letto, assicurandomi che ci sia solo un cuscino sotto la sua testa, proprio come dorme a casa. Casa.. non è più casa sua. Proprio come questa piccola casa, il nostro appartamento era solo una piccola fermata sulla strada verso il suo sogno.
Seattle.
Il piccolo comó di legno cigola quando tiro la maniglia del cassetto in cima, alla ricerca di vestiti da mettere sul suo corpo mezzo nudo. Il pensiero di Dan che la spoglia mi fa stringere i pugni contro una vecchia t-shirt che prego le entri ancora, altrimenti per me sarà un lungo tragitto di ritorno senza maglietta. Questa è una di quelle volte in cui la mia vecchia abitudine di accumulare magliette nel portabagagli tornerebbe utile.
Alzo Tessa il più lentamente possibile e le porto la maglietta sulla testa. Ha i capelli disordinati adesso, grazie alle mie mani tremanti, e quando cerco di sistemarglieli, faccio solo peggio. Emette di nuovo un verso di lamento e le sue dita si contraggono. Sta cercando di muoversi ma non ci riesce. Odio questa cosa. Ingoio la bile che mi è salita in gola e sbatto gli occhi per disfarmi dei pensieri delle mani di Dan su di lei.
Devo distogliere lo sguardo da lei quando le infilo le braccia nei piccoli buchi della maglietta e finalmente è vestita. Carol è in piedi all'entrata, un'espressione pensierosa e incazzata le copre il volto e mi chiedo per quanto tempo sia rimasta lì.
"Ti amo e mi dispiace da morire." Sussurro contro la pelle giusto al di sotto del suo orecchio sinistro e le ripoggio la testa sul cuscino morbido.
Lasciare la sua stanza, la camera della sua infanzia, è già abbastanza difficile senza il mugolio strozzato che esce dalle sue labbra quando raggiungo il corridoio.
"Voglio portarla a casa." Dico alla donna di fronte a me che ha le braccia incrociate sotto il petto.
"Non succederà."
"Lo so." Dico rabbioso e mi chiedo quanto si incazzerebbe Tessa se imprecassi contro sua madre.
"Dov'eri tu stasera mentre succedeva tutto quanto?" Mi chiede, seguendomi lungo il corridoio stretto.
"A casa."
"Perché non eri lì a fermarlo?"
"Cosa ti rende così sicura che non ci fossi dentro anch'io? Di solito fai presto ad incolparmi per tutte le cose sbagliate che esistono al mondo."
"Perché so che a prescindere dalle tue misere scelte e il tuo atteggiamento anche peggiore, non permetteresti mai che le accadesse una cosa del genere se potessi evitarlo."
È un complimento? Ambiguo, ma lo accetto, soprattutto considerate le circostanze.
"Beh.." Inizio.
Alza una mano per zittirmi. "Non ho finito. Non ti incolpo per tutte le cose sbagliate che esistono al mondo, solo il suo mondo." Indica la ragazza dormiente, o cosciente per metà, distesa nel piccolo letto.
"Non ti contraddirò su questo." Sospiro sconfitto. So che ha ragione, non è possibile negare che ho rovinato quasi tutto nella vita di Tessa.
"È il mio eroe, il mio tormento a volte, ma soprattutto il mio eroe." Diceva il suo diario. Un eroe? Sono lontano dall'essere un fottuto eroe.
Darei qualsiasi cosa per esserlo per lei, solo che non so cosa fare.
"Beh, almeno siamo d'accordo su una cosa." Le sue labbra piene si piegano in un mezzo sorriso, ma sbatte gli occhi e se ne libera, abbassando lo sguardo sui suoi piedi.
"Beh, se non hai bisogno di altro, puoi andare."
"Okay.." Guardo Tessa un'ultima volta e poi di nuovo sua mamma.
"Che piani hai con mia figlia? Devo sapere quali solo le tue intenzioni a lungo termine, perché ogni volta che mi giro, le succede qualcos'altro e non in senso buono. Cosa farai con lei a Seattle?"
"Non vado a Seattle con lei." Le parole pesano sulla mia lingua.
"Che?" Inizia a camminare lungo il
corridoio e io la seguo.
"Non ci vado. Lei va senza di me."
"Per quanto mi renda felice, posso chiedere il perché?" Inarca un sopracciglio perfettamente definito e io distolgo lo sguardo.
"Non ci vado e basta, ecco perché. Comunque per lei è meglio se non vado."
"Sembri proprio il mio ex marito." Deglutisce.
"A volte incolpo me stessa per l'attaccamento che Tessa sente verso di te, ho paura che sia a causa del modo in cui era suo padre, prima che ci lasciasse." Alza una mano perfettamente curata per sistemarsi i capelli e cerca di sembrare intoccata dall'aver menzionato Richard.
"Lui non ha niente a che fare con la sua relazione con me, a malapena lo conosce. I pochi giorni che hanno passato insieme ultimamente lo hanno dimostrato, non ricorda abbastanza di lui perché questo possa avere effetti sulle sue scelte di uomini."
"Ultimamente?" Carol spalanca gli occhi sorpresa e io guardo inorridito come i colori si prosciugano dal suo viso.
Merda.
Cazzo.
Fottuta merda.
"Lei, uhm, l'abbiamo incontrato per caso poco più di una settimana fa."
"Richard? L'ha trovata?"
"No, l'ha incontrato per caso."
"Dove?"
"Non penso che dovrei dirti niente di tutto questo."
"Scusami?"
"Se Tessa avesse voluto farti sapere che ha visto suo padre, te l'avrebbe detto."
"Questo è più importante della tua antipatia verso di me, Harry. L'ha visto spesso?" I suoi occhi grigi ora sono lucidi, minacciano di versare lacrime a momenti, ma conoscendo questa donna, mai in un milione di anni verserebbe una lacrima davanti a qualcuno, soprattutto me.
Sospiro, non volendo tradire Tessa, ma non volendo causare altri problemi con sua mamma
"È stato con noi per qualche giorno."
"Non me l'avrebbe detto, vero?"
La voce sottile e roca mentre si mangiucchia le unghie rosse.
"Probabilmente no. Non sei la persona più facile con cui parlare." Le ricordo. Mi chiedo se è il momento giusto per parlarle dei mie sospetti sul fatto che Richard potrebbe aver fatto irruzione nell'appartamento.
"Sei sicuro? Almeno a me importa del suo benessere, è più di quanto possa dire di te!" Alza la voce e io mi avvicino.
"A me importa di lei più che a chiunque altro, persino di te!"
Rispondo con veemenza.
Sapevo che la conversazione civile tra di noi non sarebbe durata molto.
"Io sono sua madre, nessuno la ma più di me. Il fatto che tu pensi di potere dimostra esattamente quanto demente sei in realtà!"
"Sai cosa penso? Io penso che mi odi perché ti ricordo lui. Odi il costante promemoria di quello che hai rovinato, quindi odi me in modo da non dover odiare te stessa, ma vuoi sapere una cosa?" Aspetto che annuisca sarcasticamente e continuo,
"Anche io e te siamo molto simili. Più simili di me e Richard in realtà, ci rifiutiamo entrambi di assumerci le responsabilità dei nostri errori, e incolpiamo tutti gli altri. Isoliamo quelli che amiamo e li costringiamo.." Vengo interrotto prima di poterle dire che passerà il resto dei suoi giorni da sola.
"No! Ti sbagli!" Adesso sta piangendo.
"No, non mi sbaglio, ma comunque ora me ne vado. La macchina di Tessa è ancora a Pullman, da qualche parte, quindi domani gliela porto, a meno che non vuoi farlo tu."
"Va bene, porta la macchina. Ma questo non cambia niente. Non mi piacerai mai." Sputa.
"E a me non importerà mai di quello che pensi tu." Vado verso la porta, dibattendo mentalmente se dovrei tornare in corridoio e portare Tessa con me.
"A che ora porti la macchina domani?" Mi chiede Carol.
"Mezzogiorno, devo trovare un modo per tornare dopo, quindi potrebbe volerci un po' di più. Non preoccuparti, domani sarà qui."
"Apprezzo che sei venuto a controllare come stava, Harry, nonostante quello che penso di te, so che ami mia figlia. Voglio solo ricordarti ancora una volta che se la ami, ami davvero, la smetterai di interferire nella sua vita.
"Puoi farmi un favore?" Le chiedo e lei mi guarda sospettosa.
"Di cosa si tratta?"
"Non dirle che ero qui. Se non se lo ricorda, non dirglielo." Le chiedo. Tessa è talmente fuori che probabilmente non ricorderà niente, non penso sappia che sono qui ora.
"Posso farlo." Annuisce, e io esco dalla porta.

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