Capitolo 237

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POV di Harry.
"Levati dal mio pavimento." Dico a Richard, dandogli un colpetto sulla coscia con lo stivale. Sono oltremodo incazzato e tutto questo casino è dannatamente colpa sua.
"Mi dispiace." Dice in tono lamentoso, cercando di alzarsi, ma trasale e scivola di nuovo a terra. L'ultima cosa che voglio fare è alzare il suo culo patetico da terra, ma a questo punto non so cos'altro fare con lui.
"Ti metto su una sedia, ma non ti siedi sul mio divano, non finché non ti fai una doccia."
"Okay." Mormora e chiude gli occhi quando mi piego per alzarlo. Non è pesante quanto mi aspettavo, soprattutto vista la sua altezza.
Lo poggio sulla sedia e lui si avvolge un braccio intorno allo stomaco, "E ora? Cosa dovrei farci con te adesso?" Gli chiedo a bassa voce.
Cosa farebbe Tessa se fosse qui? Conoscendola, gli riempirebbe la vasca di acqua calda e gli preparerebbe qualcosa da mangiare. Io non ho intenzione di fare nessuna delle due cose.
"Riportami indietro." Suggerisce. Alza le dita tremanti per alzare il colletto della sua t-shirt lacera, la mia vecchia t-shirt che Tessa gli ha lasciato tenere. L'ha tenuta addosso da quando se n'è andato? Si pulisce il sangue dalla bocca, sbavandolo stancamente sul mento e nel casino di peli che ha lì.
"Indietro dove?" Forse avrei dovuto chiamare la polizia appena sono entrato nell'appartamento, forse non avrei dovuto dare a Chad quell'orologio.. non stavo pensando opportunamente in quel momento, tutto quello che riuscivo a pensare era tenere Tessa fuori da questa situazione. "Perché l'hai portato qui? Se ci fosse stata Tessa.." La mia voce si affievolisce.
"Si è trasferita, sapevo non ci sarebbe stata." Parla a fatica. So che per lui è difficile parlare, ma ho bisogno di risposte e sto perdendo la pazienza.
"Sei venuto qui anche qualche giorno fa?"
"Sì, solo per mangiare e fare una doccia." Ansima Richard.
"Sei venuto fino a qua per mangiare a farti una doccia?"
"Sì, la prima volta ho preso l'autobus, ma Chad.." Fa un respiro e ulula di dolore prima di muoversi leggermente, "si è offerto di accompagnarmi, ma poi mi ha dato contro quando siamo arrivati."
"Come cazzo hai fatto ad entrare?"
"Ho preso la chiave di Tessa."
La chiave di Tessa? Perché non se n'è accorta? Lei nota sempre questa roba.
"Dal cassetto." Indica la cucina. La chiave di riserva, così ha più senso.
"Allora, fammi capire bene, hai rubato una chiave del mio appartamento e pensavi di poterci venire quando diavolo avessi voglia di farti una doccia, poi porti un fottuto drogato in casa mia e lui ti fa il culo nel mio salotto perché gli devi dei soldi?" Come sono finito nel bel mezzo di un episodio di Intervention?
"Non c'era nessuno. Non pensavo importasse."
"Tu non pensavi, questo è il problema." Mi sento completamente fuori posto. Il mio primo istinto è quello di trascinarlo dalle braccia fuori dal nostro -mio appartamento, e lasciarlo a sanguinare nel corridoio. Ma non posso farlo, perché, guarda caso, sono disperatamente innamorato di sua figlia e facendolo, la ferirei più di quanto non ho già fatto. "Beh, cosa dovremmo fare adesso? Devo portarti in ospedale?" Mi gratto il mento.
"Non ho bisogno dell'ospedale, solo di un cerotto o due. Puoi chiamare Tessa da parte mia e dirle che mi dispiace?"
"Anche no. Lei non deve sapere di questa cosa. Non voglio che si preoccupi di questa merda."
"Okay." Concorda e si muove di nuovo sulla sedia.
"Da quanto ne fai uso?" Gli chiedo. Deglutisce.
"Non ne faccio uso."
"Non mentirmi, non sono un fottuto idiota. Dimmelo e basta."
"Circa un anno, ma sto provando seriamente a smettere sin dal giorno in cui ho rincontrato Tessie." Sembra perso tra i suoi pensieri, distratto.
"A Tessa si spezzerà il cuore, lo sai, non è vero?" Spero di sì, io non ho problemi a ricordarglielo molteplici volte se mai se lo dimenticasse.
"Lo so, sto migliorando per lei." Sostiene.
Non lo stiamo facendo tutti..?
"Beh, dovresti sbrigarti, perché se ti vedesse ora.." Non finisco la frase. Sto dibattendo se chiamarla o no per chiederle che diavolo dovrei fare con suo padre, ma so che non è questa la risposta, non deve essere infastidita da questa cosa, non adesso.
"Io vado in camera mia. Sentiti libero di fare una doccia, mangiare, o qualsiasi cosa avessi pianificato di fare prima che arrivassi io e ti interrompessi." Attraverso la stanza ed entro in camera da letto. Chiudo la porta dietro di me e mi ci poggio contro. Queste sono state le ventiquattro ore più lunghe della mia vita.
POV di Tessa.
"E' incredibile, grazie mille." Non riesco a trattenere il sorriso ridicolo dal mio viso mentre Kimberly e Vance mi mostrano il mio nuovo ufficio. Le pareti sono di un bianco pulito, le rifiniture e la porta grigio scuro e la scrivania e gli scaffali neri, eleganti e moderni. Le dimensioni della stanza sono le stesse di quelle del mio primo ufficio, ma la vista qui è incredibile, davvero mozzafiato. Il nuovo ufficio della Casa Editoriale Vance è collocato nel centro di Seattle, la città al di sotto è fiorente, costantemente in movimento, in costante sviluppo, ed eccomi qui al centro di tutto questo.
"Tutto quello di cui hai bisogno puoi raggiungerlo a piedi, caffè, ogni tipo di cucina di cui potresti aver voglia, è tutto qui." Christian guarda fiero la città e avvolge un braccio intorno alla vita della sua fidanzata.
"Ti dispiace smetterla di vantarti?" Lo prende in giro Kimberly, e lui le da un bacio leggero sulla fronte.
"Beh, ti lasciamo stare, mettiti a lavoro." Il signor Vance mi rimprovera scherzosamente. Kimberly lo afferra dalla cravatta blu e praticamente lo trascina fuori dal mio ufficio.
Per ora di pranzo, ho mandato almeno dieci foto del mio ufficio a Liam, e ad Harry. Sapevo che lui non avrebbe risposto, ma non sono riuscita ad evitarlo. Volevo che vedesse il panorama, magari l'avrebbe convinto a venire? Sto solo inventando delle scuse per la mia momentanea mancanza di giudizio. Mi manca, ecco, l'ho detto. Mi manca terribilmente e speravo in una sua risposta, anche un semplice messaggio, qualcosa. Ma non è arrivato niente.
Liam mi ha mandato una risposta emozionata ogni volta, anche quando gli ho mandato una foto stupida di me con in mano una tazza con scritto "Vance Editoria".
Più fermo la mia attenzione sul fatto che ho mandato quelle foto ad Harry, più me ne pento. E se le ha intese nel modo sbagliato? Ha la tendenza a farlo. Potrebbe vederle come un promemoria del fatto che sto andando avanti, potrebbe persino pensare che sto cercando di rinfacciargli tutta questa cosa. Questa non era davvero la mia intenzione e posso solo sperare che non la prenda così.
Forse dovrei mandargli un altro messaggio per spiegarmi? O dirgli che gli ho mandato le foto per sbaglio, non so quale sarebbe più credibile. Nessuna delle due, ne sono sicura. Ci sto pensando troppo, sono solo delle foto.
Quando entro nella sala pausa, Trevor è seduto a uno dei tavoli squadrati con un tablet davanti. "Benvenuta a Seattle." Dice emozionato, gli occhi blu che brillano.
"Ehi." Ricambio il gesto e striscio la mia carta di credito nella fessura sull'enorme distributore automatico. Premo i piccoli bottoni con i numeri e vengo ricompensata con un pacchetto di cracker al burro d'arachidi. Domani andrò a pranzo fuori, dopo che sarò riuscita a sondare l'area.
"Come ti trovi finora?" Mi chiede Trevor. Lo guardo per chiedergli il permesso prima di sedermi sulla sedia di fronte a lui, annuisce.
"Non ho ancora visto molto, sono arrivata solo ieri, ma amo questo nuovo edificio." Due donne entrano nella stanza e sorridono a Trevor, una delle due si gira a sorridermi e io le rivolgo un piccolo saluto con la mano.
Iniziano a parlare tra di loro, quella più bassa con i capelli neri apre il frigorifero e prende un piatto pronto, mentre l'amica si mordicchia le unghie.
"Allora dovresti esplorare, ci sono un sacco di cose da fare qui. È una bellissima città." Mi spiega Trevor, mentre io sgranocchio distrattamente un cracker. "L'Ago Spaziale, il Pacific Science Center, musei di arte, chi più ne ha più ne metta."
"Voglio andare all'Ago Spaziale, e al Pike Place Market." Rispondo. Sto iniziando a sentirmi a disagio perché ogni volta che guardo le due donne, mi stanno entrambe fissando mentre parlando a bassa voce.
Sono un po' paranoica oggi.
"Dovresti, hai deciso dove starai?" Mi chiede, muovendo il dito sullo schermo del suo tablet per chiudere la finestra, facendomi sapere che ho tutto la sua attenzione.
"In realtà, per ora sto a casa di Kimberly e Christian, solo per una o due settimane, finché non riesco a trovare un posto mio." L'urgenza nella mia voce è imbarazzante, odio dover stare con loro perché Harry mi ha rovinato l'unico appartamento che ero riuscita a trovare. Voglio vivere per conto mio e non dovermi preoccupare di essere un peso per qualcuno.
"Potrei chiedere in giro e vedere se c'è qualcosa nel mio edificio?" Propone gentilmente. Si aggiusta la cravatta e piega la stoffa argentata verso il basso, prima di passare le mani sui risvolti della camicia.
"Grazie, ma non credo che il tuo edificio sarebbe nella mia gamma di prezzi." Gli ricordo dolcemente. Lui è il capo del reparto finanziario e io sono una stagista, una stagista ben pagata, ma sono sicura di non potermi permettere l'affitto neanche del bidone della spazzatura dietro al suo edificio.
"Okay." Arrossisce rendendosi conto dell'enorme differenza tra i nostri stipendi, "Posso comunque chiedere in giro per vedere se qualcuno conosce qualche posto."
"Grazie, sono sicura che mi sentirò più a casa a Seattle, una volta che ne avrò davvero una." Faccio un sorriso convincente.
"Concordo, ci vorrà un po', ma so che te ne innamorerai." Il suo sorriso sbilenco è caldo e accogliente.
"Hai piani dopo il lavoro?" Gli chiedo prima di potermi fermare.
"Sì, ma posso cancellarli." La sua voce dolce annaspa.
"No, no. Non fa niente, stavo solo pensando che dato che conosci la città, potresti farmi fare un giro, ma dato che sei impegnato, non preoccuparti." Spero di potermi fare qualche amica qui a Seattle.
"Mi piacerebbe moltissimo farti fare un giro, non preoccuparti dei miei impegni. Volevo andare a fare jogging, tutto qua."
"Jogging? Per cosa?" Arriccio il naso.
"Per divertimento."
"Non sembra molto divertente." Rido e lui scuote la testa in scherzoso dispiacere.
"Di solito ci vado ogni giorno dopo il lavoro, anche io sto ancora conoscendo la città ed è un buon modo per imparare la disposizione dei posti. Dovresti venire con me un giorno."
"Non lo so.." L'idea non sembra molto attraente.
"Potremmo camminare. Io vivo a Ballard, è un quartiere abbastanza alla moda." Ridacchia.
"Ho sentito parlare di Ballard, in realtà." Gli dico, ricordando di aver navigato in ogni pagina di ogni quartiere di Seattle. "Okay, facciamo un giro a Bellard, allora." Chiudo le mani davanti a me e le poggio in grembo.
Non posso evitare di pensare a come si sentirebbe Harry al riguardo. Odia Trevor e se la sta già passando male con il nostro accordo di "spazio". Non che l'abbia detto, ma mi piace pensare che è così. A prescindere da quanto spazio metto tra me ed Harry, letterale o metaforico, vedo Trevor solo come un amico. L'ultima cosa che ho in mente è stare con qualcuno in senso romantico, soprattutto qualcuno che non sia Harry.
"Okay, allora." Sorride, chiaramente sorpreso che abbia accettato. "La mia pausa pranzo è finita, quindi devo tornare al mio piano, ma ti mando un messaggio col mio indirizzo o possiamo andare direttamente da qui, se vuoi."
"Possiamo andare direttamente da qui, indosso delle scarpe accessibili." Indico le mie ballerine, dandomi mentalmente una pacca sulla spalla per non aver messo i tacchi oggi.
"Va bene, ci vediamo al tuo ufficio alle cinque?"
"Sì, va bene." Mi alzo dalla sedia e butto l'involucro del mio piccolo pranzo nel cestino.
"Sappiamo tutti perché ha ottenuto il lavoro, comunque." Sento una delle donne dire dietro di me. Guardo verso il tavolo giusto per curiosità e loro abbassano velocemente lo sguardo sul tavolo.
Non posso evitare di avere la sensazione che stessero parlando di me. Menomale che volevo farmi delle amiche.
"Sanno solo spettegolare, ignorale." Trevor mi mette una mano tra le scapole e mi guida fuori dalla sala pausa.
Quando torno al mio ufficio, apro il cassetto della scrivania e prendo il mio cellulare. Due chiamate perse, entrambe da Harry.
Devo richiamarlo adesso? Mi ha chiamata due volte, quindi magari c'è qualche problema, devo chiamarlo ora, decido.
Risponde al primo squillo, "Perché non hai risposto?" La voce affrettata.
"E' successo qualcosa?" Mi alzo dalla sedia con un po' di panico addosso.
"No. Niente." Respira, riesco ad immaginare il modo esatto in cui le sue labbra rosa si muovono mentre dice queste semplici parole, "Perché mi hai mandato quelle foto?"
"Scusa, ero solo emozionata per l'ufficio e volevo fartelo vedere. Spero tu non abbia pensato che volevo essere cattiva e vantarmi."
"No, ero solo confuso." Risponde freddamente dopo qualche secondo di silenzio.
"Non te ne manderò più, non avrei dovuto farlo." Poggio la testa contro la finestra e guardo il panorama.
"Non fa niente.. com'è lì? Ti piace?" Harry ha la voce triste e voglio appianargli il cipiglio che so essere sul suo viso in questo momento.
"E' bellissimo."
"Non hai risposto alla domanda." Mi smaschera, sapevo l'avrebbe fatto.
"Mi piace."
"Sembri assolutamente estasiata." Il tono arido, privo di senso dell'umorismo.
"Mi piace davvero, mi sto solo.. adeguando. Ecco tutto. Lì che succede?" Gli chiedo, per continuare la conversazione, non sono ancora pronta ad attaccare il telefono con lui.
"Niente." Risponde velocemente.
"E' imbarazzante per te? So che hai detto che non volevi parlare al telefono, ma mi avevi chiamata, quindi.."
"No, non è imbarazzante," mi interrompe. "Non è mai imbarazzante tra noi, e intendevo solo che non dovremmo parlare per ore ogni giorno se non stiamo insieme, perché non ha senso e mi tortura solamente."
"Allora vuoi parlare con me?" Gli chiedo, perché sono patetica e ho bisogno di sentirglielo dire.
"Sì, certo che voglio." Il clacson di un'auto suona in sottofondo, deve star guidando. "Allora che facciamo, chiacchieriamo al telefono, come due amici?" Mi chiede, non c'è rabbia nella sua voce, solo curiosità.
"Non lo so, magari potremmo provarci?" Questa separazione è così diversa dall'ultima, questa volta ci siamo separati in buoni rapporti e non è stato un taglio netto. Non sono pronta a decidere se un taglio netto da Harry è ciò di cui ho realmente bisogno, quindi respingo il pensiero, lo archivio e prometto di rivalutarlo più avanti.
"Non funzionerà."
"Non voglio che ci ignoriamo e non parliamo più, ma non ho cambiato idea sulla cosa dello spazio." Gli dico.
"Okay, raccontami di Seattle allora." Dice alla fine.

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