Capitolo 218

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POV di Tessa.
La luce del mattino si estende nella camera mentre il sole sorge in lontananza. I miei occhi si spostano dalle finestre del balcone alla mia pancia, dove Harry tiene il braccio poggiato. Ha le labbra piene separate, tra loro suonano leggeri rumori. Non so se dovrei spingerlo fuori dal letto o spostargli i capelli castani dalla fronte e premere le labbra contro la sua pelle arrossata.
Sono arrabbiata, dannatamente arrabbiata con Harry per tutto quello che è successo ieri notte. Ha avuto l'audacia di tornare in cabina all'una del mattino e proprio come mi ero aspettata, il suo fiato sapeva d'alcol. Ancora un'altra corda in questo rete aggrovigliata. Poi c'è una ragazza, una ragazza come me, sostiene lui, con la quale ha passato ore e ore. Ha detto che hanno parlato, non è che non ci creda, è che Harry si rifiuta di discutere Seattle o qualsiasi cosa anche solo lontanamente associata, con me, ma sembra essere in grado di parlarne con lei.
Non so cosa pensare e sono stufa di pensare dannatamente tutto il tempo. C'è sempre qualche problema da risolvere, qualche discussione da avere, e sono stanca. Stanca di tutto. Amo Harry più di quanto possa comprendere, ma non so per quanto ancora posso farlo. Non posso preoccuparmi che lui torni a casa ubriaco ogni volta che abbiamo un problema. Volevo urlargli contro, tirargli un cuscino in faccia, e dirgli che razza di idiota è, ma sto finalmente iniziando a realizzare che puoi litigare con qualcuno per stessa cosa solo un determinato numero di volte prima di bruciarti.
Non so cosa fare sul fatto che non ha intenzione di venire a Seattle, ma so che starmene stesa a letto non è di alcun aiuto. Alzo il braccio di Harry dalla mia vita e mi divincolo dal suo peso, poi gli poggio gentilmente il braccio sul cuscino a fianco a me. Emette un verso di lamento mentre continua a dormire, ma per fortuna si muove solo, senza svegliarsi.
Prendo il mio telefono dal comodino e vado silenziosamente verso le finestre del balcone, si aprono emettendo un minimo rumore e io rilascio un sospiro sollevato prima di chiuderle dietro di me. L'aria è molto più fresca di ieri, ma se sono solo le sette del mattino.
Con il cellulare in mano inizio a ponderare la mia situazione di vita a Seattle, che a questo punto è inesistente. Il mio trasferimento in quella città sta diventando un problema più grande di quanto mi fossi aspettata e sinceramente, a volte, come ora per esempio, sembra non valerne così tanto la pena. Mi rimprovero per averci pensato. Questo è esattamente quello che sta cercando di fare Harry, sta cercando di rendermi il trasferimento il più difficoltoso possibile, nella speranza che rinunci e resti con lui.
Beh, non succederà.
Apro internet sul mio telefono e aspetto impazientemente che si carichi la pagina di Google. Fisso il piccolo schermo nell'attesa che l'irritante cerchietto smetta di girare e girare. Frustrata per la lenta risposta del mio vecchio telefono, torno in camera e prendo quello di Harry dalla sedia e torno sul balcone senza svegliarlo.
So che si arrabbierà con me se si sveglia e mi trova col suo telefono, ma non ne ha ragione. Non sto curiosando tra le sue chiamate o i suoi messaggi, sto solo usando internet.
"Sì, è a posto." Le sue parole riguardo la ragazza si ripetono nella mia mente, mentre cerco un appartamento a Seattle.
Scuoto la testa, disfacendomi del ricordo e ammiro il lussuoso appartamento sullo schermo che vorrei potermi permettere. Scorro verso il prossimo, un appartamento più piccolo con una camera da letto in una casa bifamiliare. Non mi sento a mio agio in una bifamiliare, mi piace l'idea che qualcuno debba attraversare un ingresso per arrivare alla mia porta, soprattutto visto che sembra sarò da sola a Seattle.  Striscio il dito sullo schermo qualche altra volta prima di trovare finalmente un appartamento ad una camera da letto in un grattacielo di media altezza. Va oltre il mio budget, ma non di molto. Se devo restare senza alimentari finché non mi sarò sistemata, lo farò.
Salvo il numero di telefono nel mio cellulare e continuo a navigare tra le liste. Impossibili pensieri di cercare un appartamento con Harry mi perseguitano. Ce ne staremo tutti e due sul letto, io con le gambe incrociate, Harry con le sue lunghe stese davanti a lui e la schiena contro il poggia testa. Io gli mostrerei appartamento dopo appartamento e lui alzerebbe gli occhi al cielo e si lamenterebbe del processo, ma poi lo sorprenderei a sorridere con gli occhi fissi sulle mie labbra. Mi direbbe quanto sono tenera quando sono agitata, prima di togliermi il computer di mano e assicurarmi che troverà un posto per noi.
Però così sarebbe troppo semplice, troppo facile. Tutto nella mia vita era semplice e facile fino a sei mesi fa. Mia madre mi aveva aiutato con il dormitorio e io avevo tutto programmato ed in ordine ancor prima di arrivare a Washington. Mia madre.. non posso evitare di sentire la sua mancanza. Lei non immagina neanche che mi sono riunita con mio padre. Si arrabbierebbe così tanto, so che lo farebbe. Prima che possa convincermi a non farlo, sto componendo il suo numero.
"Pronto?" Risponde troppo cortesemente.
"Madre?"
"Chi altro poteva essere." Mi sto già pentendo di questa chiamata.
"Come stai?" Le chiedo a bassa voce.
"Sto bene, sono un po' occupata con tutto quello che sta succedendo." Sospira. Sento pentole e padelle sferragliare in sottofondo.
"Che sta succedendo?" Sa di mio padre? Decido velocemente che se non è così, questo non è il momento giusto per dirglielo.
"Niente in particolare, in realtà, ho fatto molti straordinari a lavoro e abbiamo un nuovo pastore, oh, e Ruth è passata a miglior vita."
"Ruth Porter?"
"Sì, volevo chiamarti." Sento la sua voce fredda riscaldarsi un po'.
Ruth, la nonna di Noah, era una delle persone più dolci che avessi mai avuto il piacere di incontrare. Era sempre così gentile e, a fianco a Karen, faceva i migliori biscotti con gocce di cioccolato del pianeta.
"Noah come se la passa?" Azzardo a chiedere. So che era molto vicino a sua nonna e so che dev'essere stata dura per lui. Io non ho mai avuto l'occasione di avvicinarmi a nessuno dei miei nonni, i genitori di mio padre morirono prima ancora che fossi abbastanza grande da ricordare e quelli di mia mamma non erano il tipo di persone che permettevano a qualcuno di avvicinarsi a loro.
"Abbastanza male. Dovresti chiamarlo, Tessa."
"Io.." Inizio a dirle che non posso chiamarlo, ma mi fermo. Perché non posso chiamarlo? Posso e lo farò. "Lo farò, adesso lo chiamo."
"Davvero?" La sorpresa è evidente nella sua voce. "Beh, almeno aspetta fin dopo le nove." Mi ricorda e non posso evitare di sorridere per il suo tono. So che sta sorridendo dall'altra parte del telefono. "Come va la scuola?"
"Parto lunedì per Seattle." Confesso e sento qualcosa cadere a terra.
"Cosa?"
"Te l'ho detto, ricordi?" L'ho fatto, non è vero?
"No, non me l'hai detto. Mi hai detto che ti saresti trasferita lì per lavoro, ma non mi hai mai detto che ti saresti trasferita per certo."
"Mi dispiace, è solo che sono stata molto occupata tra Seattle ed Harry."
"Lui viene con te?" La voce incredibilmente controllata.
"Io.. non lo so." Sospiro.
"Stai bene? Sembri dispiaciuta."
"Sto bene." Mento.
"So che non abbiamo avuto il migliore dei rapporti ultimamente, ma sono ancora tua madre, Tessa. Puoi parlare con me se succede qualcosa nella tua vita."
"Sto bene, davvero. Sono solo stressata per il trasferimento e il fatto che dovrò andare ad un nuovo campus."
"Andrai alla grande, primeggeresti in qualsiasi campus."
"Lo so, ma sono già così abituata a questo e ho conosciuto qualche professore e ho degli amici.. qualche amico." Non ho davvero degli amici che mi mancheranno terribilmente, a parte Liam e Steph, ma soprattutto Liam.
"E' ciò su cui lavoriamo da anni e guardati adesso, in un periodo di tempo così breve l'hai ottenuto. Dovresti essere fiera di te stessa." Sono sorpresa dalle sue parole e la mia mente si affretta per rielaborarle.
"Grazie." Borbotto.
"Dimmi appena ti trasferisci nel tuo appartamento a Seattle, così posso venire a farti visita, dato che ovviamente tu non hai intenzione di venire a trovarmi a casa tanto presto." Dice.
"Certo." Ignoro il suo tono duro.
"Devo richiamarti, devo prepararmi per lavoro. Assicurarti di non dimenticare di chiamarlo."
"Lo so, lo chiamo tra qualche ora."
Un movimento sul balcone attira la mia attenzione e alzo lo sguardo per vedere Harry. Adesso è vestito con i suoi normali t-shirt e jeans neri. Ha i piedi scalzi e gli occhi concentrati su di me.
"Chi era?" Mi chiede, nel momento in cui chiudo la chiamata.
"Mia madre." Rispondo e mi porto le ginocchia al petto, sulla sedia.
"Perché ti ha chiamato?" Afferra il retro della sedia vuota e quest'ultima stride quando la tira più vicino alla mia prima di sedersi.
"L'ho chiamata io." Rispondo aridamente.
"Perché il mio telefono è qui fuori?" Lo prende dalle mie gambe e lo guarda.
"Stavo usando internet."
"Oh." Dice, come se non mi credesse. Se non ha niente da nascondere, perché gli dovrebbe importare? "Di chi parlavi quando hai detto che l'avresti chiamato?" Mi chiede.
"Noah." Rispondo, senza guardarlo.
"Il cazzo." Dice, stringendo gli occhi.
"Io lo chiamo."
"Perché devi parlare con lui?" Si poggia le mani sulle ginocchia. "Non devi."
"Quindi tu puoi passare delle ore con un'altra persona e tornare ubriaco, ma.."
"Lui è il tuo ex ragazzo." Mi interrompe.
"E io come faccio a sapere che lei non è una delle tue?"
"Perché io non ho nessuna ex ragazza, ricordi?"
Sbuffo frustrata, la mia calma di prima adesso si sta dissolvendo e mi sto arrabbiando di nuovo.
"Non hai il diritto di dirmi chi mi è permesso chiamare. Ex ragazzo o meno." L'avverto, la voce bassa e chiara.
"Pensavo non fossi arrabbiata con me?"
"Non lo sono, davvero. Hai fatto esattamente quello che mi aspettavo." Sospiro, guardando l'oceano e non i suoi penetranti occhi verdi.
"E cosa ti eri aspettata?"
"Che scappassi e stessi via per ore, poi tornassi con l'alito di alcol."
"Me l'hai detto tu di andarmene."
"Questo non giustifica il fatto che sei tornato ubriaco."
"Ed ecco qua!" Si lamenta. "Sapevo che non saresti rimasta tranquilla come ieri notte."
"Restare tranquilla? Vedi, è questo il tuo problema, ti aspetti che io resti tranquilla. Io ho chiuso."
"Chiuso con cosa?" Si allunga verso di me, il suo viso troppo vicino al mio.
"Questo." Agito drammaticamente la mano e mi alzo. "Ho chiuso con tutto quanto. Tu fai pure quel cavolo che ti pare, ma puoi trovarti qualcun'altra che se ne stia seduta qui e resti tranquilla, perché io non ho più intenzione di farlo." Mi giro per dargli le spalle. Lui salta in piedi e avvolge le dita intorno al mio braccio per tirarmi indietro.
"Smettila." Ordina. Allarga una mano sulla mia vita, mentre l'altra mi tiene il braccio fermo. "Smettila di combattermi, tu non vai da nessuna parte."
Preme le labbra in una linea sottile, mentre io cerco di tirare il braccio dalla sua presa. "Lasciami e mi risiedo." Dico stizzita. Non voglio arrendermi, ma mi rifiuto anche di rovinare la gita a qualcun altro. Se scendo, Harry di sicuro mi seguirà e finiremo per litigare davanti alla sua famiglia.
Mi lascia velocemente e io mi lascio cadere di nuovo sulla sedia. Si siede a fianco a me e mi fissa in attesa, con i gomiti sulle cosce.
"Che c'è?" Scatto.
"Quindi mi lasci?" Sussurra e il mio comportamento duro si addolcisce.
"Se intendi che andrò a Seattle, sì."
"Lunedì?"
"Sì, lunedì. Ne abbiamo parlato migliaia di volte. So che pensavi che quella piccola bravata che hai messo in scena mi avrebbe scoraggiato." Dico rabbiosa. "Ma non l'ha fatto e niente lo farà."
"Niente?" Mi guarda tra le ciglia folte.
"Ti sposerò.", mi aveva detto mentre era ubriaco. Lo pensa davvero anche adesso? Per quanto glielo vorrei chiedere proprio qui, proprio adesso, non posso. Non penso di essere pronta per la sua risposta da sobrio.
"Cosa c'è a Seattle che sei così deciso ad evitare?" Chiedo. I suoi occhi saettano via dai miei.
"Niente di importante."
"Harry, te lo giuro, se mi hai nascosto qualcosa, non ti parlerò mai più." Dico e lo penso davvero.
"Non è niente, Tessa, ho qualche vecchio amico lì che non mi piace particolarmente, perché sono parte della mia vecchia vita."
"Vecchia vita?"
"La mia vita prima di te, il bere, le feste, scoparmi ogni ragazza che mi passava a fianco." Dice e io rabbrividisco, lui lo nota. "Scusa." Mormora, e continua. "Non c'è nessun grande segreto, solo brutti ricordi. Ma non è per questo che non voglio andare."
"Allora dimmelo, perché io non lo capisco."
"Perché hai bisogno di una spiegazione? Non voglio andarci e non voglio che tu ci vada senza di me." Il suo viso privo di qualsiasi emozione mentre mi guarda negli occhi.
"Beh, non è abbastanza come spiegazione. Io voglio andarci, e sai una cosa? Non voglio più che vieni con me."
"Che?" I suoi occhi si scuriscono.
"Non voglio che vieni." Resto il più calma possibile e mi alzo dalla sedia. Sono fiera di me stessa per star sostenendo questa discussione senza urlare. "Tu hai provato a rovinarmi questa cosa, questo è il mio sogno da quando ne ho memoria e tu hai tentato di rovinarmelo. Hai trasformato una cosa che non dovrei vedere l'ora di fare, in qualcosa che posso a malapena sopportare. Dovrei essere emozionata e pronta ad andare, invece tu ti sei assicurato che non abbia un posto in cui vivere e nessun sistema di supporto. Quindi no, non voglio che vieni."
Apre e chiude la bocca prima di alzarsi e iniziare a camminare sul balcone di legno. "Tu.." Inizia, ma poi si ferma, prima di continuare. "Tu.. sai cosa, Tessa? A nessuno fotte un cazzo di Seattle a parte te, chi diavolo cresce pianificando di trasferirsi a Seattle fottutamente Washington, davvero ambizioso." Ringhia. "E nel caso te lo fossi dimenticato, io sono l'unica ragione per cui tu hai quest'opportunità, tanto per iniziare. Pensi che qualcun altro abbia un fottuto stage pagato come matricola al college? Cazzo, no! La maggior parte delle persone lottano per ottenerlo anche dopo essersi laureati, quindi tu dovresti baciarmi i dannati piedi per averti fatto ottenere quel fottuto lavoro, ingrata stro.."
Faccio un passo verso di lui e la mia mano vola tra noi senza il consenso della mia mente. Lui è troppo veloce e mi afferra il polso, fermandomi a pochi centimetri dalla sua guancia.
"No." Mi avverte, la sua voce mi manda brividi lungo la schiena e vorrei non mi avesse fermato dal dargli lo schiaffo. Il suo alito alla menta soffia sulle mie guance mentre cerca di controllare il suo temperamento. Datti da fare, Harry, lo sfida il mio subconscio, mentre cerca i suoi guantoni da box.
Nessuno dei sue parla, mentre mi abbassa la mano e gira sui tacchi per andare via, lasciandomi assolutamente fumante di rabbia.
...
"Sicuro questo vada bene?" Chiedo a Liam, mentre mi fisso nel lungo specchio.
"Sì, va bene. Possiamo provare a ricordare che sono un ragazzo?" Sorride e io sospiro.
"Lo so. Mi dispiace. Non è colpa mia se sei il mio unico amico."
Il vestito nero luccicante mi porta una sensazione strana contro la pelle, il materiale è duro e le piccole perline mi graffiano quando mi muovo. La piccola boutique in città non aveva molto tra cui scegliere e di sicuro non volevo scegliere il vestito rosa fatto interamente di tulle. Ho bisogno di qualcosa da indossare a questa temuta cena di stasera e il suggerimento di indossare i jeans da parte di Harry non funzionerà.
"Pensi che tornerà prima che sia ora di andar via?" Chiedo a Liam.
Harry se n'è andato, come sempre, dopo il nostro litigio e non è ancora tornato. Non ha neanche chiamato o mandato un messaggio. Probabilmente è con la ragazza misteriosa con la quale adora discutere dei nostri problemi. Nella sua rabbia, non sarei sorpresa se facesse qualcosa con lei per farmi un dispetto.
No, non lo farebbe.
"Sinceramente, non lo so. Spero di sì, mia mamma ne sarà delusa altrimenti."
"Già." Spingo un'altra forcina nella mia crocchia e prendo il mascara dal bancone.
"Tornerà sui suoi passi, è solo ostinato."
"Non so se ce la faremo." Sospiro, passandomi il pennello tra le ciglia. "Sto raggiungendo il mio punto di rottura, lo sento. Sai cosa ho provato ieri notte quando mi ha detto che era con un'altra ragazza?"
"Cosa?"
"Un po' di rabbia, basta. È come se fossi insensibile adesso, a tutto quanto. Proprio non me la sento di continuare a farlo ancora e ancora. Sto iniziando a pensare che sia una causa persa e questo mi spezza il cuore." Dico, vietandomi di piangere.
"Non è una causa persa, solo che lui pensa di esserlo, quindi a volte non si disturba neanche a provare."
"Ragazzi, siete pronti?" Chi chiama la voce di Karen dal salotto e Liam le assicura che scenderemo a minuti. Infilo le mie nuove scarpe col tacco con i cinturini sulle caviglie, sfortunatamente sono scomode proprio come sembrano. Sono volte come queste quelle in cui mi manca indossare le mie Toms tutti i giorni.
Harry continua a non essere tornato quando entriamo in macchina. "Non possiamo aspettare oltre." Ken ha un cipiglio deluso sul viso.
"Non fa niente, possiamo portargli qualcosa al ritorno." Propone dolcemente Karen, consapevole che non è questa la soluzione, ma sta facendo del suo meglio per risolvere l'irritazione di suo marito.
Liam mi guarda e io gli rivolgo un sorriso per assicurargli che sto bene nonostante l'assenza di Harry.
Il ritornate è squisito. L'edificio è una cabina enorme, abbastanza da poter essere una loggia, e l'interno contraddice la sensazione boisé dell'esterno. È moderno ed elegante, bianco e nero ovunque con dei dettagli grigi lungo le pareti e il pavimento. L'illuminazione è al limite del troppo buio, ma aggiunge qualcosa al fascino del ristornate. Il mio vestito è la cosa più luminosa all'interno della stanza, quando la luce colpisce le perline luccicanti, queste brillano come diamanti nel buio e tutti sembrano notarlo.
"Styles." Sento Ken dire alla bellissima donna dietro il podio.
"Il vostro gruppo è già qui." Sorride, i suoi denti bianchi quasi accecano nel buio di questo posto.
"Gruppo?" Mi giro verso Liam e lui fa spallucce.
Seguiamo la donna verso il tavolo all'angolo della stanza. Odio il modo in cui tutti sembrano fissarmi a causa di questo vestito. Avrei dovuto scegliere la mostruosità rosa, avrebbe attirato meno attenzione. Un uomo di mezz'età fa cadere il suo bicchiere quando gli passiamo a fianco e Liam mi attira più vicino a lui. Il vestito non è inappropriato, mi arriva giusto al di sopra delle ginocchia. Il problema è che è stato creato per qualcuno con un busto più piccolo del mio, dato che c'è un reggiseno interno che fa da push-up, regalandomi una scollatura enorme.
"Era ora che ci raggiungeste." Dice una sconosciuta voce maschile e io scruto oltre Karen per vederne la fonte.
L'uomo che presumo sia l'amico di Ken si alza per stringerli la mano. I miei occhi si spostano alla sua destra, sua moglie sta sorridendo, salutando Karen. A fianco a lei c'è una ragazza, la ragazza, e il mio stomaco affonda. È bellissima, estremamente bella e indossa esattamente il mio stesso vestito. Ovviamente. Posso vedere il blu brillante dei suoi occhi anche da qui e quando mi sorride, è ancora più bella. Sono quasi troppo distratta dalla mia crescente gelosia, per notare che Harry è seduto a fianco a lei, con addosso una camicia bianca.

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