POV di Harry.
"Ricordi qualcosa? Di ieri notte?" Le chiedo per la seconda volta.
"Perché sei venuto?" Risponde a bassa voce, evitando la mia domanda.
"Lui perché è qui?" Indico con la testa verso la cucina dove so che Noah è poggiato contro il muro ad ascoltare la nostra conversazione. Non riesco davvero fottutamente a sopportarlo.
"È venuto a vedere come stavo."
"Non ha bisogno di vedere come stai." Questo è il motivo per cui ci sono io qui.
"Harry," Si acciglia, "non oggi. Per favore."
"Scusa." Indietreggio, sentendomi uno stronzo ancora più grande di qualche secondo fa.
"Perché sei qui?" Mi chiede di nuovo.
"Per portarti la macchina. Non vuoi che resti, vero?" Non ho considerato neanche una volta, fino ad ora, l'idea che Tessa potrebbe non volermi qui. I giorni in cui trovava conforto in me non esistono più.
"Non è questo.. sono solo confusa."
"Riguardo cosa?"
"Te, ieri sera, Steph, tutto. Sapevi che aveva fatto in modo che Becca stesse con Zayn anche se sapeva che stava già frequentando Noah? Era tutto un gioco per lei e mi ha davvero sempre odiato sin dall'inizio." I suoi occhi brillano sotto la luce fioca del salotto di sua mamma.
"No, certo che non lo sapevo." Le dico.
"Non avevi idea che avesse cattivi sentimenti verso di me?"
Dannazione.
"Forse un po', Molly l'aveva menzionato una volta o due, ma non mi aveva detto i dettagli e non pensavo fosse così."
"Molly? Da quando a Molly importa di me?"
"Non le importa, ti odia comunque." Le dico.
"Ma mi chiamò dopo quella merdata all'Applebee ed ero incazzato. Non volevo che lei o Steph rovinassero le cose tra me e te. Pensavo che Steph stava cercando di impicciarsi solo per are la stronza ficcanaso, non pensavo fosse una fottuta psicopatica." Quando guardo verso di lei, Tessa si sta asciugando le lacrime dagli occhi. Mi sposto sul divano per chiudere lo spazio tra di noi, ma lei indietreggia. "Ehi, va tutto bene." Le prendo il braccio e la attiro al mio petto. "Shh." Poggio una mano sui suoi capelli e dopo qualche secondo in cui tenta di allontanarsi, cede.
"Voglio ricominciare daccapo, voglio dimenticare tutto quello che è successo negli ultimi sei mesi." Singhiozza. Mi si stringe il petto mentre annuisco, concordando con lei anche se non voglio. Non voglio che voglia dimenticarsi di me.
"Odio il college, in passato non vedevo l'ora di andarci, ma per me è stato un susseguirsi di errori." Mi tira la maglietta, portandosi più vicina a me. Resto in silenzio, non volendola far sentire peggio.
Non avevo la più fottuta idea di ciò a cui stessi andando incontro quando ho bussato alla porta, ma sicuro come la morte non mi aspettavo di avere una Tessa piangente tra le mie braccia.
"Sono così drammatica." Si allontana troppo presto e per un momento considero di attirarla di nuovo a me.
"No, non è vero. Ti stai comportando in modo davvero tranquillo considerando quello che è successo. Dimmi cosa ricordi, non farmelo chiedere di nuovo." Dico. "Per favore."
"È tutto confuso in realtà, è stato così.. strano. Ero consapevole di tutto, ma niente aveva senso. Non so come spiegarlo. Non potevo muovermi, ma potevo sentire le cose." Rabbrividisce.
"Sentire le cose? Dove ti ha toccato?" Non voglio saperlo.
"Sulle gambe, mi hanno spogliato."
"Solo sulle gambe?" Per favore, dici di sì.
"Sì, penso di sì. Sarebbe potuta andare molto peggio, ma Zayn.."
Si ferma.
"Comunque, le pillole hanno reso il mio corpo pesantissimo, non so come spiegarlo."
"Ho preso pillole del genere in passato, so cosa intendi."
"Davvero?" Spalanca la bocca e io annuisco.
"Di proposito?"
"Sì, possono essere divertenti se prendi il tipo giusto."
Ricordi spezzati di nottate incoscienti in cui barcollavo per le strade di Londra si rincorrono nella mia mente. L'idea che prima avevo di divertimento è completamente diversa da ciò che considero divertente adesso.
"Immagino che divertenti non sia la parola giusta." Faccio marcia indietro. Lei sorride dolcemente e si aggiusta il collo della felpa.
"Quella da dove viene?" Le chiedo.
"La felpa? È di mia madre, non si capisce?" Tira la pesante stoffa color crema troppo stretta sul suo seno.
"Non lo so, mi ha aperto Noah e tu sei vestita così, pensavo di essere entrato in una macchina del tempo." Scherzo. I suoi occhi si illuminano di divertimento, tutta la tristezza scompare per un momento, e si morde il labbro nel tentativo di nascondere il suo sorriso. Tira su col naso e allunga un braccio verso il tavolino per prendere un fazzoletto dalla scatola floreale.
"No, nessuna macchina del tempo." Scuote la testa lentamente mentre si soffia il naso.
Cazzo, anche dopo aver pianto è così dannatamente stupenda.
"Ero preoccupato per te." Le dico. Il suo sorriso sparisce. Cazzo.
"È questo che mi confonde."
"Cosa? Che ero preoccupato?"
"Sì."
"Mi preoccupo sempre per te, lo sai."
"Non lo dici sempre."
Ha ragione, non lo dico sempre, ma è vero. Passo ore ogni giorno a preoccuparmi per lei.
"Mi hai detto che non volevi più provarci, ma eccoti qui a dirmi che eri preoccupato per me." Mi guarda senza espressione, il labbro che le trema.
Emozioni, ecco di cosa ho bisogno da parte sua. Ho bisogno di rassicurazione.
"Non fa niente, non sono arrabbiata con te." Sta interpretando il mio silenzio nel modo sbagliato. "Apprezzo il fatto che sei venuto qui a portarmi la macchina. Significa molto per me."
Continua, mentre io resto seduto in silenzio sul divano.
"Non è niente." Faccio spallucce. Devo dire qualcosa, qualsiasi cosa.
"Come torni a casa? Aspetta.. come sapevi che ero qui?" Merda.
"Liam, lui lo sapeva." Mento.
"Oh, è qui?" I suoi occhi si illuminano di nuovo.
"Sì, è fuori."
"Oh! Vi sto trattenendo, mi dispiace." Arrossisce e si alza.
"No, per niente. A lui sta bene aspettare."
Balbetto.
Non voglio andarmene.
A meno che tu non venga con me.
"Sarebbe dovuto entrare."
"Sta bene." La mia voce esce fuori troppo tagliente.
"Grazie di nuovo per avermi portato la macchina." Sta cercando di mandarmi via in modo educato.
"Vuoi che ti porti le cose dentro?" Le propongo.
"No, domani mattina me ne vado, quindi è più facile se le lascio lì." Perché mi sorprendo ogni singola volta che mi ricorda che andrà a Seattle? Continuo ad aspettare che cambi idea, ma non succede.
POV di Tessa.
"Okay." Harry si passa le mani sui capelli e sul retro del collo. "Dovrei andare allora."
"Cosa hai fatto con Dan?" Gli chiedo appena raggiunge la porta. Voglio sapere di più di ieri notte, anche se Noah è in cucina e sono sicura che sta origliando.
"Che?"
"Dan, hai detto che Molly te l'ha detto. Cosa hai fatto?" Conosco Harry abbastanza bene da sapere che l'ha assalito.
"Niente di troppo brutto." Fa un mezzo sorriso.
"Non ho ucciso Dan quando l'ho trovato, gli ho solo dato un calcio in faccia.."
"Gli hai dato un calcio in faccia.." Dico, cercando di scavare nel pasticcio che ho in testa.
"Sì.. te l'ha detto Zayn?"
"Non.. non lo so.."
"Sono Harry, non Zayn." Aveva detto Harry. La sua voce nella mia mente sembra così reale.
"Eri qui, non è vero? Ieri notte?" Faccio un passo verso di lui.
Lui indietreggia verso il muro.
"C'eri, me lo ricordo. Hai detto che stavi per bere, ma che alla fine non l'hai fatto.."
"Non pensavo te lo ricordassi." Borbotta.
"Perché non me l'hai detto?"
"Non lo so, volevo, ma poi è diventato tutto così familiare e tu stavi sorridendo e non volevo rovinare la cosa."
"Come avrebbe potuto il fatto che mi hai accompagnato a casa, rovinare la cosa?"
"Non ti ho accompagnato io, Zayn."
L'avevo ricordato prima, più o meno.
"Quindi sei venuto dopo? Che stavo facendo?" Voglio che Harry mi aiuti a mettere insieme la sequenza degli eventi.
"Eri stesa sul divano, riuscivi a malapena a parlare."
"Oh."
"Chiamavi lui." Aggiunge silenziosamente, tracce di veleno nella voce bassa.
"Chi?"
"Zayn." Una semplice risposta, ma riesco a percepirne l'emozione.
"Non è vero." Non ha senso. "È così frustrante." Passo al setaccio la poltiglia di ricordi e finalmente raccolgo qualcosa di sensato, Harry che parla di Dan, Harry che mi chiede se riuscivo a sentirlo, io che gli chiedo di Zayn.
"Volevo sapere di lui, se l'avevi picchiato. Penso."
"Hai detto il suo nome più di una volta, non fa niente. Eri completamente fuori di te, e comunque non mi aspettavo che mi volessi." I suoi occhi restano diretti verso il tappeto.
"Non volevo lui, forse non ricordo molto, ma avevo paura. Mi conosco abbastanza bene da sapere che chiamerei solo te." Ammetto senza pensare.
Perché l'ho detto? Harry ed io abbiamo rotto di nuovo. Questa è la nostra seconda reale rottura, sembra ce ne siano state molte di più. Forse perché questa volta non gli sono saltata tra le braccia al minimo accenno di affetto da parte sua, questa volta ho lasciato la casa e i regali, questa volta sto per andarmene a Seattle in meno di ventiquattro ore.
"Vieni qui." Dice, aprendo le braccia.
"Non posso."
"Sì che puoi."
Quando Harry è vicino a me, a prescindere dalla situazione, la sua familiarità mi penetra sempre in ogni fibra. O ci urliamo contro o sorridiamo e scherziamo. Non c'è mai distanza, mai una terra di mezzo. È una cosa talmente naturale per me ora, un vero e proprio istinto, lasciarmi confortare dalle sue braccia, ridere del suo atteggiamento stantio, e ignorare i problemi che ci hanno portato nella terribile situazione in cui ci troviamo.
"Non stiamo più insieme." Dico a bassa voce, per ricordarlo a me stessa, non a lui.
"Lo so."
"Non posso fingere il contrario."
"Non te lo sto chiedendo. Tutto quello che ti sto chiedendo è di venire qui." Ha le braccia ancora aperte, lunghe ed invitanti, che mi chiamano, attirandomi sempre più vicina.
"E se lo faccio, ricadremmo in quel ciclo che abbiamo deciso entrambi di terminare."
"Tessa.."
"Harry, per favore.." Indietreggio. Questo salotto è troppo piccolo per evitarlo e il mio autocontrollo sta oscillando.
"Okay." Sospira alla fine, tirandosi i capelli, il suo solito segno di frustrazione.
"Ne abbiamo bisogno, lo sai che è così. Dobbiamo trascorrere un po' di tempo separati."
"Un po' di tempo separati?" Sembra ferito, incazzato, e io ho un po' paura di cosa potrebbe uscire dalla sua bocca.
"Sì, un po' di tempo separati. Non riusciamo ad andare d'accordo e sembra sempre che tutto vada a nostro sfavore. L'hai detto proprio tu l'altro giorno che sei stanco di questo, mi hai cacciato dall'appartamento."
"Tessa.. non puoi star fottutamente.." Mi guarda negli occhi e si ferma a metà frase.
"Quanto tempo?"
"Cosa?"
"Quanto tempo separati?"
"Io.." Non mi aspettavo concordasse. "Non lo so."
"Una settimana? Un mese?"
"Non lo so, Harry, dobbiamo entrambi portare le nostre menti in un posto migliore."
"Sei tu il mio posto migliore, Tessa." Le sue parole brulicano nel mio petto e mi costringo a spostare gli occhi dal suo viso prima di perdere tutta la resistenza.
"Anche tu sei il mio, lo sai, ma sei così arrabbiato, e cammino sempre sulle uova con te. Devi fare qualcosa per la tua rabbia e io ho bisogno di tempo per me stessa."
"Quindi è tutto a causa mia?" Scatta.
"No, anche a causa mia. Dipendo troppo da te. Devo essere più indipendente."
"Da quando tutte queste cose hanno importanza?"
"Da quando abbiamo avuto quell'enorme scoppio di rabbia all'appartamento qualche sera fa. Anzi, da quando ti sei rifiutato di venire a Seattle con me anche se ti avevo promesso che avremmo potuto provare a viverci e, se non avesse funzionato, avremmo potuto trasferirci in Inghilterra."
Quando finalmente raccolgo il coraggio per guardare Harry, è nero dalla rabbia. Gli tremano le mani e ha le guance arrossate.
"Non dire nulla di cui potresti pentirti. Per favore." Lo supplico. Posso vedere le parole arrabbiate agitarsi dietro i suoi occhi. Preme le labbra in una linea dura.
"Va bene. Allora me ne vado, a che ora parti domani?"
"Alle cinque."
"Del mattino?"
"Sì."
"Okay." Si infila le mani nelle tasche strette del suo jeans nero mentre i suoi occhi studiano il mio viso, "Dirò a Liam che lo saluti."
Dice, ed esce dalla porta.
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