Capitolo 266

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POV di Tessa.
Inciampo sui miei piedi nudi mentre mi affretto dietro ad Harry nel cortile della casa in cui ha passato la sua tormentata infanzia. Cado con un ginocchio sul prato, ma riacquisto velocemente l'equilibrio e mi rimetto in piedi. La prima delle due porte è aperta e sento Harry armeggiare con il pomello prima di sbattere un pugno contro il legno.
"Harry, per favore. Andiamocene in hotel." Cerco di convincerlo mentre mi avvicino. Lui ignora completamente la mia presenza e si piega per prendere qualcosa da terra, a fianco alla veranda. Presumo sia una chiave, ma capisco immediatamente di sbagliarmi quando una pietra delle dimensioni di un pugno viene schiantata attraverso il vetro al centro della porta. Harry vi infila il braccio, per fortuna evitando le creste taglienti del vetro rotto e sblocca la porta.
Mi guardo intorno sulla strada silenziosa, ma nulla sembra fuori luogo. Fuori non c'è nessuno che possa notare la nostra rottura della quiete del quartiere né luci si sono accese al suono del vetro in frantumi. Prego che Anne e Robin non siano in casa di Robin qui a fianco per la notte.
"Harry." Ripeto. E' come se stessi camminando sull'acqua, cercando a tutti i costi di non affondare. Un errore e affogheremo entrambi.
"Questa fottuta casa non è stata altro che un tormento per me." Mormora, inciampando sui suoi stivali. Afferra il braccio del piccolo divano per non cadere. Esamino il salotto e sono grata del fatto che la maggior parte degli arredamenti sono stati impacchettati o già stati rimossi dalla casa in preparazione della demolizione che seguirà al trasferimento di Anne.
Harry stringe gli occhi e si concentra sul divano. "Questo divano," si preme le dita contro la fronte prima di finire, "è qui che è successo, sai? Questo esatto stesso fottuto divano." Mi si rivolta lo stomaco.
"Mi dispiace tanto, lo so che è moltissimo per te in questo momento." Cerco di confortarlo, ma lui continua ad ignorarmi.
Apre gli occhi ed entra in cucina, io lo seguo a qualche metro di distanza. "Dov'è..?" Borbotta e si abbassa in ginocchio per guardare dentro il mobile sotto il lavello. "Eccola." Dice, prendendo una bottiglia di un alcolico chiaro. Non voglio chiedergli che tipo di alcol era- o è, e come è arrivato lì. Dato lo strato di polvere che appare sulla t-shirt nera di Harry quando ci strofina la bottiglia contro, direi che è rimasto nascosto lì sotto per almeno qualche mese.
Lo seguo quando torna in salotto, non sapendo cosa farà. "So che sei sconvolto ed hai tutto il diritto di essere arrabbiato." Mi metto davanti a lui nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. Si rifiuta persino di guardarmi.
"Possiamo, per favore, tornare in hotel?" Cerco di prendergli la mano, ma la tira via. "Possiamo parlarne e tu puoi smaltire la sbornia, per favore. O puoi andare a dormire, qualsiasi cosa tu voglia, ma per favore, dobbiamo andarcene da qui."
Harry mi raggira e torna verso il divano rovinato. "Lei era qui," Usa la bottiglia per indicare il divano. Gli occhi mi bruciano a causa delle lacrime, ma le ringoio, "e nessuno venne a fermare quella fottuta cosa. Nessuno di quei due stronzi." Sputa, e toglie il tappo della bottiglia piena. Se la preme alle labbra e butta la testa all'indietro, deglutendo.
"Basta!" Urlo, avvicinandomi. Sono completamente pronta a strappargli la bottiglia di mano e versarne il contenuto nel lavello. Non so quanto altro alcol il suo corpo possa sopportare prima che svenga.
Harry fa un altro sorso prima di fermarsi. Usa il dorso della mano per ripulire l'eccesso di liquore dalla bocca e dal mento. "Perché? Ne vuoi un po'?" Sorride e mi guarda per la prima volta da quando siamo entrati in questa casa.
"No- sì, in realtà sì." Mento. Voglio solo togliergli la bottiglia.
"Peccato, Tessie. Non ce n'è abbastanza da condividere." Farfuglia, alzando la grande bottiglia. Rabbrividisco per l'uso del nomignolo di mio padre. Lì dentro dev'esserci almeno un litro di qualsiasi alcol sia, l'etichetta è consumata e strappata a metà. Mi chiedo quanto tempo fa l'abbia nascosto lì, è successo durante i peggiori undici giorni di tutta la mia vita?
"Scommetto che stai adorando questa situazione." Mi dice. Faccio un passo indietro e cerco di pensare ad un piano d'azione. Non ho molte opzioni in questo momento e sinceramente, sto iniziano ad avere un po' paura. So che non mi farebbe mai del male fisico, ma non sono emotivamente pronta ad un'altra sua sferzata. Mi sono abituata troppo all'Harry piuttosto controllato che mi è stato concesso ultimamente, comunque sarcastico e lunatico, ma non più carico d'odio. Il luccichio nei suoi occhi rossi mi è fin troppo familiare e riesco a quasi a vedere la malizia muoversi al loro interno.
"Perché dovrei adorare questa situazione? Odio vederti così. Non vorrei mai che provassi tanto dolore, Harry." Gli dico. Lui sorride e ridacchia leggermente prima di alzare la bottiglia e versarne un po' sui cuscini nel divano.
"Sapevi che questo rum è uno dei liquori più infiammabili?" Mi chiede. Mi si congela il sangue.
"Harry, io-"
"Questo rum ha un volume che arriva quasi al cinquantasette percento. È abbastanza dannatamente alto." Mi interrompe. Ha la voce confusa, lenta e spaventosa, mentre continua ad annacquare il divano con il liquido pericoloso. Cercherà di dargli fuoco, che cavolo dovrei fare?
"Harry!" La mia voce diventa più alta. "Cosa vuoi fare allora? Dare fuoco alla casa? Non cambierà niente!" Gli urlo.
"Dovresti andartene. I bambini non sono ammessi." Sghignazza, sventolando sprezzantemente una mano verso di me.
"Non parlarmi così!" Sentendomi coraggiosa, e leggermente preoccupata, allungo un braccio verso la bottiglia e ne afferro il collo. Le narici di Harry si allargano e cerca di togliere la mia presa dalla bottiglia.
"Lasciala. Adesso." Dice attraverso i denti.
"No."
"Tessa, non insistere." Mi avverte.
"E cosa farai, Harry? Vuoi combattermi per una bottiglia di alcol?" Lo sfido. Lui spalanca gli occhi, apre la bocca per la sorpresa quando guarda le nostre mani fare il tiro alla fune. "Dammi la bottiglia." Ordino, stringendo la presa sul collo. È pesante e Harry non la sta rendendo più semplice, ma ho l'adrenalina che mi pompa nelle vene, fornendomi della forza di cui ho bisogno.
Impreca sottovoce e toglie la mano. Non mi aspettavo che si arrendesse tanto facilmente, quindi quando rimuove il suo peso, la bottiglia mi scivola dalla mano e cade sul pavimento davanti a noi, riversandosi sul vecchio pavimento in legno.
"Lasciala lì." Dico, abbassandomi per prenderla mentre suggerisco il contrario.
"Io non vedo il grande problema." Prende la bottiglia prima che possa farlo io e versa altro alcol sul divano, poi cammina in circolo nella stanza, lasciando una scia di rum infiammabile dietro di sé. "Questo buco di merda verrà comunque demolito, sto facendo un favore ai nuovi proprietari."
Do lentamente le spalle ad Harry e infilo una mano in borsa per cercare il cellulare. Il simbolo della batteria lampeggia sullo schermo, avvertendomi che ho solo pochi minuti prima che si spenga completamente. Compongo l'unico numero che potrebbe aiutarci, a questo punto.
Tengo il telefono in mano, quando mi giro verso Harry. "Arriverà la polizia a casa di tua madre se lo fai. Verrai arrestato, Harry." Gli dico, pregando che la persona dall'altra parte del telefono mi possa sentire.
"Non me ne fotte un cazzo." Borbotta, la mascella serrata. "Riesco ancora a sentirla urlare. Le sue urla sembravano quelle di un fottuto animale ferito. Sai com'è una cosa del genere per un bambino?" Mi fa male il cuore per lui, entrambe le sue versioni, il piccolo bambino innocente costretto a vedere sua madre picchiata e violentata e l'arrabbiato, ferito uomo che è ora davanti a me che sta cercando di dare fuoco a tutta la casa per liberarsi di quel ricordo.
"Non vuoi andare in prigione, vero? Io dove andrei? Io resterei bloccata." Dico, non che mi importi realmente di me, ma spero che l'idea lo porti a riconsiderare le sue azioni.
Lui mi fissa per un momento, le mie parole sembrano averlo scosso. "Chiama un taxi e vai alla fine della strada. Mi assicurerò che te ne sia andata prima di farlo." La sua voce più chiara di quanto dovrebbe, considerata la quantità di alcol nel suo sangue.
"Non ho modo di pagare un taxi." Gli dico, prendo il portafoglio e mostrandogli i miei dollari americani.
Stringe gli occhi e lancia la bottiglia contro il muro. Si distrugge, ma io a malapena mi smuovo, ho visto e sentito questa cosa fin troppe volte negli ultimi sette mesi per esserne scossa.
"Prendi il mio dannato portafoglio ed esci. Cazzo!" Prende il portafoglio dalla tasca posteriore e lo butta a terra davanti ai miei piedi. Mi piego e lo infilo in borsa.
"No. Tu vieni con me."
"Tu sei così perfetta, lo sai, giusto?" Fa un passo verso di me e alza una mano per poggiarmela sulla guancia. Indietreggio leggermente al contatto e sul suo viso magnificamente tormentato si forma un profondo cipiglio. "Non lo sai? Che sei perfetta." Ripete, la sua mano calda contro la mia guancia, inizia a muovere il pollice sulla pelle. Riesco a sentire le mie labbra tremare, ma mantengo un espressione neutra.
"No. Non sono perfetta, Harry. Nessuno lo è." Rispondo silenziosamente, i miei occhi nei suoi.
"Tu sì. Tu sei troppo perfetta per me." Il mio cuore affonda. Di nuovo questa storia?
"Non ti permetterò di spingermi via. So cosa stai facendo, sei ubriaco e cerchi di giustificarti mettendoci a paragone. Io sono incasinata proprio quanto te."
"Non dire così." Si acciglia di nuovo. "Non suona bene venendo da quella bellissima bocca." Porta l'altra mano sulla mia mascella e la spinge tra i capelli. Scorre il pollice sul labbro inferiore e non posso evitare di notare come i suoi occhi stiano bruciando di oscuro dolore e rabbia, mentre il suo tocco e la sua voce sono così leggeri e gentili.
"Ti amo e non vado da nessuna parte." Dico, sperando di irrompere in questa foschia ubriaca. Guardo i suoi occhi in cerca di tracce del mio Harry.
"Se due persone si amano, non può esserci alcun lieto fine." Risponde dolcemente.
Riconoscendo immediatamente le parole, distolgo lo sguardo dal suo. "Non citarmi Hemingway." Scatto. Pensava che non l'avrei riconosciuto e non avrei capito cosa sta cercando di fare?
"Ma è vero. Non c'è lieto fine, non per me comunque. Sono troppo un casino." Lascia cadere le mani dal mio viso e mi da le spalle.
"No, non è vero! Tu-"
"Perché lo fai?" Farfuglia, il suo corpo oscilla avanti e indietro. "Perché cerchi sempre di trovare la luce in me? Svegliati, Tessa! Non c'è nessuna fottuta luce!" Urla e si sbatte entrambe le mani contro il petto.
"Non sono niente! Sono un casino, un pezzo di merda con due genitori del cazzo e una testa del cazzo! Avevo cercato di avvisarti, avevo cercato di allontanarti prima di distruggerti.." Abbassa la voce e si mette una mano in tasca. Riconosco l'accendino viola come quello di Judy del bar. Harry non mi guarda mentre accende la fiamma.
"Anche i miei genitori sono un casino! Mio padre è in riabilitazione per l'amor del cielo!" Urlo in risposta.
Sapevo sarebbe successo, sapevo che la confessione di Christian sarebbe stato il suo punto di rottura. Una persona può sopportare solo fino ad un certo punto ed Harry era già così fragile.
"E' la tua ultima occasione per andartene prima che questo posto vada in fiamme." Dice senza guardarmi.
"Darai fuoco alla casa con me dentro?" Dico con voce strozzata. Sto piangendo, ma non ricordo quando ho iniziato.
"No." Dice. I suoi stivali fanno un sacco di rumore mentre attraversa la stanza, mi gira la testa, mi fa male il cuore e ho paura di aver perso il senso della realtà. "Vieni." Alza una mano verso di me, chiedendomi di prenderla.
"Dammi l'accendino."
"Vieni qui." Alza entrambe le braccia. Sono in un pianto disperato. "Per favore."
"Dammi l'accendino e ce ne possiamo andare insieme." Mi costringo ad ignorare il suo solito gesto, non importa quanto faccia male. Voglio correre tra le sue braccia e portarlo via di qui. Ma non siamo in un romanzo della Austen con un finale felice e buone intenzioni, questo al massimo è un Hemingway e posso vederlo perfettamente attraverso i suoi gesti.
"Mi avevi fatto quasi credere che potessi essere normale." Dice, l'accendino ancora pericolosamente nella sua mano.
"Nessuno lo è." Piango. "Nessuno è normale, non voglio che tu lo sia. Ti amo adesso, amo te e tutto questo!" Mi guardo intorno nel salotto e di nuovo Harry.
"Non potresti. Nessuno lo farebbe o l'ha mai fatto, neanche mia mamma.."
Vengo inondata dal sollievo quando si apre la porta d'ingresso e Christian si affretta nel salotto. Si blocca nei suoi passi quando si rende conto dello stato della piccola stanza, l'alcol a coprire quasi ogni centimetro.
"Cosa-" Inizia Christian, stringendo gli occhi sull'accendino in mano ad Harry. "Ho sentito le sirene mentre venivo. Dobbiamo andarcene, adesso!" Urla.
"Cosa hai.." Harry sposta lo sguardo tra me e Christian. "L'hai chiamato tu?"
"Certo che mi ha chiamato! Cosa avrebbe dovuto fare? Lasciarti bruciare la casa e farti arrestare?" Urla Christian.
"Vattene a fanculo! Tutti e due!" Harry muove le mani in aria, continuando a stringere l'accendino.
"Tessa, esci." Christian si gira verso di me.
"No, non lo lascio qui." Tengo la mia posizione. Christian non ha ancora capito che io ed Harry non dobbiamo stare separati?
"Vai." Dice Harry, facendo un passo verso di me. Schiocca il pollice sulla linguetta dell'accendino, accendendo la fiamma. "Portala fuori." Farfuglia.
"La mia macchina è parcheggiata nel viale dall'altra parte della strada, vai lì e aspettaci." Istruisce Christian. Quando guardo Harry ha gli occhi fissi sulla fiamma bianca, e lo conosco abbastanza da sapere che lo farà che me ne vada o meno. È troppo ubriaco e sconvolto per fermarsi.
Sento un freddo mazzo di chiavi posarsi nella mia mano, "Non lascerò che gli succeda nulla." Mi promette. Dopo un momento di battaglia interiore, chiudo le dita intorno alle chiavi ed esco dalla porta senza guardarmi indietro. Attraverso la strada di corsa e prego che le sirene che sento in lontananza abbiano un'altra destinazione in mente.
POV di Harry.
"Fallo!" Urla Vance, muovendo freneticamente le mani. Di che sta parlando e perché cazzo è qui? Odio Tessa per averlo chiamato. Lo rimangio, non potrei mai odiarla, ma cazzo, mi fa incazzare.
"Nessuno ti vuole qui." Sento la bocca intorpidita mentre parlo con quest'uomo. Mi bruciano gli occhi. Dov'è Tessa? Se n'è andata? Pensavo di sì, ma ora sono confuso.
"Accendi la fiamma." Mi dice.
"Perché? Vuoi che bruci con la casa? Tutti i tuoi errori sparirebbero se sparissi anch'io." Il metallo dell'accendino mi scotta la pelle ruvida del pollice, ma continuo a giocare col fuoco.
"No, voglio che dai fuoco alla casa. Forse allora potrai avere un po' di pace." Credo stia urlando, ma riesco a malapena a vedere, lasciamo perdere misurare il volume della sua voce. Mi sta seriamente dando il permesso di dare fuoco a questa merda? Chi ha detto che avessi bisogno di un fottuto permesso?
"Chi sei tu per darmi l'okay? Non te l'ho fottutamente chiesto." Abbasso la fiamma verso il bracciolo del divano ed aspetto. Non succede nulla.
"Non funzionerà." Dice. O forse sono io a parlare, diavolo, se lo sapessi. Prendo una vecchia rivista poggiata su una delle scatole e porto la fiamma verso gli angoli delle pagine. Si infiammano immediatamente. Guardo il fuoco mangiarsi i fogli e butto la rivista in fiamme sul divano.
Sono impressionato da quanto velocemente il fuoco ingoi il divano e giuro di poter sentire quei fottuti ricordi bruciare insieme a questo pezzo di merda.
Segue la scia di rum, bruciando seguendo la linea. I miei occhi riescono a stento a seguire le fiamme che danzano sulle assi del pavimento, schioccando ed incrinandosi, creando il più confortante dei suoni.
"Sei soddisfatto?" Urla Vance al di sopra del suono delle fiamme. Non so se lo sono. Tessa non lo sarebbe, lei sarebbe triste perché ho distrutto la casa.
"Lei dov'è?" Gli chiedo, guardandomi intorno. Se è qui e le succede qualcosa..
"Fuori. Al sicuro." Mi assicura. Lo odio, cazzo. È tutta colpa sua. Se mi avesse cresciuto lui, non sarei una così brutta persona. Non avrei ferito così tante persone, soprattutto Tessa. Non ho mai voluto ferirla, ma lo faccio sempre.
"Dov'eri?" Gli chiedo. Vorrei che le fiamme aumentassero. Sono troppo piccole, la casa non brucerà mai completamente. Devo aver nascosto un'altra bottiglia da qualche altra parte. Non riesco a pensare abbastanza chiaramente da ricordare.
"Ero in hotel con Kimberly. Andiamocene prima che arrivino i vigili del fuoco o ti fai arrestare."
"No, dov'eri quella notte." Chiarisco. La stanza sta iniziando a girare e il calore delle fiamme mi sta soffocando.
"Non ero qui! Ero in America. Non avrei mai permesso che le succedesse una cosa del genere! Dobbiamo andarcene!" Urla. Dove dobbiamo andare? Io voglio vedere questa merda bruciare.
"Beh, è successo comunque." Il mio corpo si sta appesantendo. Forse dovrei sedermi, ma se io devo avere queste immagini ripetersi nella mia mente, allora anche lui. "La picchiarono come se non ci fosse un fottuto domani. Ognuno di loro se la passò, se la scoparono ancora e ancora." Il petto mi fa così fottutamente male, vorrei poter strappare tutto fuori. Era tutto più facile prima che incontrassi Tessa, niente mi poteva ferire. Persino questa merda non mi faceva tanto male, avevo imparato a sopprimere tutto finché lei non mi ha fatto.. non mi ha fatto sentire cose che non avevo mai voluto sentire e ora sembro non riuscire più a spegnerle.
"Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo che sia successo! L'avrei fermato!" Sta piangendo. Come si permette di piangere quando non ha neanche dovuto vederlo, lui non ha dovuto vederlo ogni volta che chiudeva gli occhi, anno dopo anno dopo anno.
Luci blu ad intermittenza si riversano attraverso le finestre, interrompendo il mio falò. Le sirene sono fottutamente rumorose, porca merda se lo sono.
"Esci!" Urla Vance. "Esci adesso! Esci dalla porta sul retro e vai nella mia auto! Vai!" Urla freneticamente. Fottuto drammatico.
"Fottiti." Barcollo, la stanza sta girando più velocemente adesso e le sirene mi stanno perforando i timpani.
Prima che possa fermarlo, mi mette le mani addosso e spinge il mio corpo ubriaco attraverso il salotto e la cucina. Cerco di reagire, ma i miei muscoli si rifiutano di collaborare. L'aria fredda mi colpisce, facendomi venire le vertigini e cado col culo a terra.
"Vai nel viale ed entra nella mia auto." Penso dica. Mi rimetto in piedi dopo essere ricaduto qualche altra volta e cerco di aprire la porta sul retro, l'ha fottutamente bloccata. Sento molteplici voci, tutte urla e qualcosa che fischia. Che cazzo è stato?
Prendo il telefono dalla tasca e vedo il nome di Tessa lampeggiare sullo schermo. Posso o andare a cercare l'auto di Vance nel viale e affrontare Tessa o tornare dentro e farmi arrestare. Guardo il suo viso sfumato sullo schermo e la mia decisione è presa.
Non riesco in alcun modo a capire come cazzo farò ad attraversare la strada senza farmi vedere dagli sbirri. Lo schermo del mio telefono si è duplicato e si sta muovendo, ma in qualche modo riesco a comporre il numero di Tessa.
"Harry! Stai bene?" Piange nel microfono.
"Vienimi a prendere alla fine della strada, davanti al cimitero." Alzo il chiavistello del cancello dei vicini e chiudo la chiamata. Almeno non devo passare per il giardino di Robin. Quello potrebbe essere imbarazzante. Ha sposato mia mamma oggi? Per il suo bene, spero di no.
"Non la vorresti da sola per sempre. So che le vuoi bene, è comunque tua madre." La voce di Tessa risuona nella mia testa. Bellissimo, adesso sento le voci.
"Non sono perfetta. Nessuno lo è." Mi ricorda la sua voce dolce. Ma si sbaglia, si sbaglia molto, perché lei è così ingenua e perfetta.
Riesco ad arrivare all'angolo della strada di mia mamma. Il cimitero dietro di me è buio, l'unica luce arriva da quelle blu ad intermittenza in lontananza. L'auto nera arriva qualche momento dopo e Tessa si ferma davanti a me.
Entro senza una parola e lei preme il piede sull'acceleratore. "Dove vado?" Ha la voce roca e sta cercando di smettere di piangere, ma sta fallendo miseramente.
"Non lo so. Non ci sono molti," Ho gli occhi pesanti, "posti qui, è notte e tardi.. ed è tutto chiuso.." Chiudo gli occhi e tutto svanisce.
...
Il suono delle sirene della polizia mi sveglia di scatto. Salto per il rumore e sbatto la testa contro il tettuccio dell'auto. Auto? Perché cazzo sono in un'auto? Mi guardo intorno e vedo Tessa seduta al posto del guidatore, gli occhi chiusi e le gambe rannicchiate contro il corpo. Mi ricorda immediatamente un gattino che dorme. La testa mi sta fottutamente uccidendo. Ho bevuto fottutamente troppo.
È giorno, il sole nascosto dietro le nuvole, il cielo grigio e tetro. L'orologio sul cruscotto mi informa che sono le sette meno dieci. Non riconosco il parcheggio in cui siamo e cerco di ricordare come diavolo sono finito in questa macchina, tanto per cominciare.
Ora non ci sono auto della polizia o sirene.. devo averle sentite nel sonno. Mi sbatte la testa e quado alzo la maglietta per pulirmi il viso, il pesante odore di fumo mi invade le narici.
Barlumi di un divano in fiamme e una Tessa in lacrime si ripetono nella mia mente. Mi sforzo di metterli insieme, sono ancora mezzo ubriaco.
Tessa è seduta a fianco a me e sbatte gli occhi prima di aprirli completamente. Non so cosa ha visto ieri notte, non so cosa ho detto o fatto, ma so dal modo in cui mi sta guardando in questo momento che avrei voluto bruciare con la casa.
"Tessa, io-" Non so cosa dirle, la mia mente non funziona e neanche la mia fottuta bocca. I capelli ossigenati di Judy e Christian che mi spinge fuori dalla porta sul retro di casa di mia mamma riempiono i buchi della mia memoria.
"Stai bene?" Mi chiede, la voce dolce e ruvida allo stesso tempo. Capisco che ha quasi perso la voce.
Mi sta chiedendo se sto bene?
"Uhm, sì? Tu?" Guardo il suo viso, confuso dalla sua domanda. Potrò non ricordare la maggior parte della nottata.. diavolo, giorno o notte, ma so che dovrebbe essere arrabbiata con me.
Annuisce lentamente, i suoi occhi mi guardano con lo stesso sguardo indagatore dei miei.
"Sto cercando di ricordare.." Le dico. "E' arrivata la polizia.." Mi muovo tra i ricordi mentre arrivano. "La casa stava andando a fuoco.. dove siamo?" Guardo fuori dal finestrino, cercando di capire.
"Siamo.. beh, non lo so dove siamo." Si schiarisce la gola e fissa lo sguardo oltre il parabrezza. Deve aver urlato molto. O pianto, o entrambi, perché riesce a malapena a parlare.
"Non sapevo dove andare e tu ti eri addormentato, quindi ho semplicemente continuato a guidare, ma ero stanca. Alla fine mi sono dovuta fermare." Ha gli occhi rossi e gonfi, il trucco sciolto e le labbra secche e screpolate. È a malapena riconoscibile, sempre bellissima, ma l'ho prosciugata.
Guardandola adesso, vedo la mancanza di calore nelle sue guance, la mancanza di speranza nei suoi occhi, la mancanza di felicità nelle sue labbra piene. Ho preso una bellissima ragazza che vive la sua vita per gli altri, una ragazza che ha sempre trovato del buono in tutto, e l'ho trasformata in un guscio i cui occhi vuoti adesso mi stanno fissando.
"Mi sento male." Tossisco e spalanco la porta del passeggero. Tutto il whisky, tutto il rum, e tutti i miei errori si rovesciano sull'asfalto mentre vomito ripetutamente finché non mi resta altro che il senso di colpa.

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