Capitolo 207

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"Tessa, se non mi richiami, ti vengo a cercare, ubriaco o meno." La minaccio, premendo il tasto di fine chiamata del mio telefono troppo forte.
"Tornerà." Mi assicura suo padre.
"Lo so!" Gli urlo ed entro a grandi passi in camera da letto.
Perché cazzo quell'uomo è ancora qui?
Non può uscirne niente di buono da Molly e Tessa nella stessa stanza.
Proprio mentre inizio a tramare come andarmene dall'appartamento per cercarla senza avere chiavi, auto e un livello di alcol nel sangue che è decisamente oltre il limite legale, sento la porta d'ingresso aprirsi.
"E' in camera." Dice ad alta voce Richard, sospetto stia cercando di darmi una qualche sorta di avvertimento dell'arrivo di sua figlia.
Apro la porta prima che possa lei e faccio un passo di lato, così che possa entrare. Non sembra minimamente intimidita o preoccupata dal profondo cipiglio sul mio viso.
"Perché non hai risposto quando ti ho chiamato?" Le chiedo.
"Perché ti avevo detto che me ne sarei andata a breve, e l'ho fatto."
"Avresti dovuto rispondere, ero preoccupato."
"Preoccupato?" E' chiaramente sorpresa dalle mie parole.
"Sì, preoccupato. Perché diavolo eri con Molly?"
"Non lo so, Steph mi ha invitato a pranzo e se l'è portata dietro."
"Perché diavolo ha fatto una cosa del genere?"
Fottuta Steph.
"Cosa ti hanno detto? È stata cattiva?" Abbasso la voce.
"Non più cattiva del solito." Alza un sopracciglio.
"Steph è una stronza per averla portata, cosa hanno detto?"
"Non lo so, ma penso che le persone stiano spargendo pettegolezzi su di me." Si acciglia e si siede sulla sedia per togliersi le scarpe.
"Cosa? Che tipo di pettegolezzi?"
Quello che voglio chiedere davvero è: "Chi devo uccidere?"
Cazzo, sono ancora ubriaco. Com'è possibile? Sono passate almeno tre ore.
Ricordo vagamente che qualche tempo fa mi è stato detto che per ogni drink ci vuole un'ora a smaltirlo, allora sono fottuto per le prossime dieci ore più o meno. Ma non penso di ricordare in modo corretto.
"Mi hai sentito?" La voce di Tessa è calma, persino preoccupata.
"No, scusa." Mormoro.
"Penso che le persone stiano dicendo che io e Zayn.. sai?" Arrossisce.
"Cosa?"
"Che noi.. siamo andati a letto insieme." Ha gli occhi stanchi e la voce lieve.
"Chi lo sta dicendo?" Cerco di tenere il tono di voce  allo stesso livello di quella di Tessa, nonostante il leggero bruciore di rabbia che sta crescendo dentro me.
"A quanto pare esiste un pettegolezzo al riguardo, Steph e Molly ne stavano parlando."
Non so se confortarla o lasciare che la rabbia si impossessi di me. Sono troppo ubriaco per questa merda.
"Non voglio che le persone la pensino così su di me."
"Non li ascoltare, sono dei fottuti idioti. Se è un pettegolezzo, mi assicurerò di chiarirlo. Non ti preoccupare." Mi siedo a fianco a lei sul letto.
"Non sei arrabbiato con me?" Mi chiede, i suoi occhi blu-grigi incontrano i miei.
"Sì, sono incazzato con te perché non mi hai risposto e poi neanche Steph mi ha fottutamente risposto, ma non sono incazzato per questa merdata del pettegolezzo, non con te, almeno, probabilmente l'hanno inventato solo per fare gli stronzi." Il pensiero di quelle due che dicono queste merdate su Tessa a posta per ferire i suoi sentimenti mi disturba fottutamente tanto.
"Non capisco perché l'ha portata, e poi ovviamente Molly mi doveva ricordare che è venuta a letto con te." Rabbrividisce. Anche io.
"E' una fottuta troia che non ha un cazzo da fare se non ricordare dei giorni in cui la scopavo fino allo sfinimento."
"Harry." Si lamenta Tessa per il ricordo descrittivo.
"Scusa, sai cosa intendo."
"Sei ancora ubriaco?" Sgancia la chiusura del suo braccialetto e lo poggia sulla scrivania.
"Un po'."
"Un po'?"
"Un po' più di un po'." Sorrido.
"Ti stai comportando in modo così strano." Alza gli occhi al cielo e prende la sua dannata agenda dal cassetto della scrivania.
"In che senso?" Mi metto dietro di lei.
"Sei ubriaco e così carino su tutto, cioè, eri arrabbiato per il fatto che non ti ho risposto, ma ora sei.." Alza lo sguardo sul mio viso: "comprensivo? Immagino sia questa la parola, su tutta questa storia di Molly."
"Cosa ti aspettavi avrei fatto?"
"Non lo so, urlatomi contro? Non hai il migliore dei temperamenti quando sei ubriaco." Risponde dolcemente, posso dire che sta cercando di non farmi dispiacere.
"Non ho intenzione di urlarti contro, non volevo che stessi con loro. Sai come sono, soprattutto Molly, e non voglio che nessuno ti ferisca.. in alcun modo." Cerco di enfatizzare ogni parola.
"Beh, non l'hanno fatto, ma i miei sentimenti sono un po' feriti per il fatto che Steph l'abbia portata senza avvisarmi. So che è stupido, ma per una volta volevo solo un pranzo normale con un'amica."
Voglio dirle che Steph non è una buona scelta come amica, ma so che non ne ha nessuna, a parte Liam e me.
E Zayn.
Non più, la merdata di Zayn è superata e sono abbastanza sicuro che non si farà vedere in giro per un po'.
POV di Tessa.
"Steph vuole dare una festa d'arrivederci." Gli dico e aspetto la sua reazione.
"Dove va? LSU?"
"Per me." Spiego, omettendo il piccolo dettaglio del fatto che ho detto loro che sarebbe venuto anche lui.
"Gli hai detto che stai per trasferirti?" La sua voce si incupisce.
"Sì, perché non avrei dovuto?"
"Perché non hai ancora deciso, giusto?"
"Harry, io vado a Seattle."
"Hai ancora un po' di tempo per pensarci."
"Comunque," Cambio argomento, è ancora ubriaco e non sembra starmi ascoltando: "cosa ne pensi di questa festa? Ha detto che potrebbe essere una sorta di rimpatriata sotto forma di cena a casa di Niall e Tristan invece che una festa alla confraternita." Spiego e guardo il programma di trasferimento per la prossima settimana. Spero davvero che Sandra mi richiami presto per l'appartamento, o non avrò un posto in cui vivere quando arriverò lì e sarò costretta a vivere con una valigia in una piccola stanza d'albergo.
"No, non ci andiamo."
"Perché no? Se è una cena, non sarà così male, niente obbligo o verità, o succhia e vai, sai?"
Lui ridacchia e mi guarda col divertimento chiaro sul suo viso: "Succhia e soffia, Tess."
"Sai cosa intendo! Sarà l'ultima volta che noi.. beh, che io li vedrò e più o meno sono miei amici, in un modo molto strano." Non voglio pensare agli inizi della mia 'amicizia' con il gruppo.
"Ne parliamo dopo, questa merda mi sta facendo venire il mal di testa." Si lamenta.
Sospiro sconfitta, posso dire dal suo tono che non ha intenzione di continuare la discussione.
"Vieni qui." Si siede sul letto e apre le braccia per me.
Chiudo l'agenda e mi alzo dalla sedia per raggiungerlo, mi metto in piedi tra le sue gambe, lui porta le mani sui miei fianchi.
"Non dovresti essere incazzata o qualcosa del genere?" Alza lo sguardo su di me con un sorriso sbilenco.
"Mi sento sopraffatta, Harry." Ammetto.
"Sopraffatta da cosa?"
"Tutto, Seattle, trasferirmi in un altro campus, Liam che se ne va, la tua espulsione."
"Ho mentito."
"Cosa?" Infilo le dita tra i suoi capelli e gli alzo la testa perché mi guardi.
"Ho mentito sull'espulsione."
Cosa?
"Perché?" Faccio un passo via da lui, lui cerca di ritirarmi indietro, ma non glielo permetto.
"Non lo so, Tessa." Si alza. "Ero incazzato per il fatto che eri fuori con Zayn e tutta quella merda di Seattle."
"Quindi mi hai detto che eri stato espulso perché eri incazzato con me?" Resto a bocca aperta.
"Sì, beh, quello e un'altra ragione."
"Quale altra ragione?"
"Ti incazzerai." Sospira, gli occhi ancora rossi, ma sembra star smaltendo la sbornia velocemente.
"Dimmelo."
"Pensavo ti saresti dispiaciuta per me e saresti venuta in Inghilterra."
Non so cosa pensare della sua confessione. Dovrei essere arrabbiata, sono arrabbiata, ma sono contenta che l'abbia confessato prima che lo scoprissi da un'altra fonte. Quasi voglio dargli una pacca sulla spalla e congratularmi con lui per essere stato onesto.
"Sinceramente, mi sorprende che tu abbia confessato prima che me l'abbia detto qualcun altro."
"Anche a me." Chiude lo spazio tra noi e porta una mano sul mio collo, le dita a coprirmi la mascella: "Per favore, non essere arrabbiata con me, sono uno stronzo."
"E' una difesa terribile."
"Non mi sto difendendo, sono uno stronzo. Lo so, ma ti amo e sono stanco di tutta questa merda. So che prima o poi l'avresti scoperto, soprattutto visto questa spaventosa gita che farai con mio padre."
"Quindi me l'hai detto perché sapevi l'avrei scoperto?"
"Sì."
"Avresti continuato a nascondermelo per provare a costringermi a venire in Inghilterra con te per pena?"
"Praticamente."
Cosa diavolo dovrei dire di fronte ad una cosa del genere?
Voglio dirgli che è folle, che non è mio padre e che deve smetterla di controllarmi, ma invece me ne sto lì con la bocca aperta come una cretina.
"Lo so che è incasinato, non so perché sono come sono. È solo che non voglio perderti e sono disperato." Posso dire dalla sua espressione che non capisce davvero quanto suoni manipolatore.
"Non puoi provare a costringermi a fare cose mentendo e manipolandomi."
"Lo so."
"No, non lo sai, altrimenti non avresti mentito."
"Mi dispiace, davvero. Devi ammettere che stiamo migliorando entrambi in questa merdata della relazione."
Ha ragione, in un modo incasinato siamo davvero migliorati molto nel comunicare. Lontani da una relazione normale, ma più normale di quanto è mai stata la nostra.
"Quindi la cosa del matrimonio, non ti farà venire?"
"Ne riparliamo quando non sarai ubriaco." Il mio cuore batte incontrollato nel mio petto e sono sicura che può sentirlo.
"Non sono così ubriaco."
"Troppo ubriaco per avere questo tipo di conversazione."
"Quando tornerai da Sandpoint?"
"Tu non vieni?"
"Non lo so."
"Avevi detto di sì. Non abbiamo mai fatto un viaggio insieme prima."
"Seattle." Dice.
"In realtà, ti sei presentato lì senza essere stato invitato, e te ne sei andato la mattina dopo."
"Dettagli." Mi afferra un fianco con l'altra mano.
"Voglio davvero che vieni, Liam tra poco se ne va." Le parole mi fanno male.
"Quindi?"
"E tuo padre sarebbe felicissimo se venissi, ne sono sicura."
"Lui è arrabbiato con se stesso perché mi hanno dato un okay di merda e mi hanno messo in libertà accademica vigilata, la più piccola cazzata e sono fuori."
"Allora perché non trasferirsi con me al campus di Seattle?"
"Non posso sentire di nuovo la parola Seattle per stasera, ho avuto una giornata lunga e ora ho un diavolo di mal di testa."
"Ti sei ubriacato con mio padre e hai mentito sull'essere stato espulso, quindi parliamo di Seattle." Scatto.
"Tu ti sei messa questi pantaloni dopo avermi stuzzicato e non hai risposto alle mie chiamate." Sorride.
Non riesco a stare al passo dei nostri umori.
"Non ti ho stuzzicato e non c'è bisogno che mi chiami tutte quelle volte. È soffocante."
"Soffocante?" Alza gli occhi al cielo, facendo scorrere il pollice sul mi labbro inferiore.
"Sì, Molly ti ha chiamato stalker." Sorrido sotto il suo tocco gentile.
"Davvero?" Continua a tracciare le mie labbra, facendole aprire involontariamente.
"Sì." Respiro.
"Hmm.."
"So cosa stai facendo." Abbasso un braccio e gli tolgo la mano dal mio fianco, dove ha iniziato ad infilare le dita sotto l'elastico dei miei pantaloni.
"E cos'è?" Sorride.
"Stai cercando di distrarmi così che non sono arrabbiata con te."
"Come sta funzionando?"
"Non abbastanza bene, tra l'altro mio padre è qui e non esiste che faccio sesso con te con lui nell'altra stanza."
"Oh, intendi come quando ti ho scopato giusto lì," indica il letto, "mentre mia mamma dormiva sul divano? O la volta in cui ti ho scopato nel bagno a casa di mio padre, o le molteplici volte in cui ti ho scopato con Karen, Liam e mio padre in fondo al corridoio? Oh, aspetta, devi intendere come quando ti ho fatto piegare sulla scrivania al lavoro.."
"Okay! Okay! Ho capito, ho capito." Arrossisco e lui ride.
"Dai, Tessie, stenditi."
"Tu sei malato." Rido e mi allontano da lui.
"Dove vai?" Mette il broncio.
"A vedere cosa sta facendo mio padre."
"Perché? Così puoi tornare qui e.."
"No! Dio, vai a dormire o qualcosa del genere." Sono contenta che sia ancora scherzoso, ma io sono ancora infastidita per il fatto che mi ha mentito e per il fatto che si sta comportando in modo così ostinato riguardo a Seattle.
Avevo dato per certo che quando sarei tornata a casa dal pranzo, sarebbe stato furioso con me per non aver risposto. Non avrei mai sospettato che ne avrebbe parlato e sarebbe stato così comprensivo e avrebbe ammesso di aver mentito riguardo l'espulsione. Forse Steph gli aveva detto che stavo tornando, quindi ha avuto tempo per calmarsi, ma in realtà, il telefono di Steph era sul tavolo quando mi sono girata..
"Hai detto che Steph non ha risposto quando l'hai chiamata?" Gli chiedo.
"No, perché?"
"Me lo stavo solo chiedendo." Probabilmente lo voleva infastidire solo per farlo arrabbiare ancora di più.
Non so come mi sento al riguardo.
"Ma perché?" Il suo tono è strano.
"Le avevo detto di dirti che stavo tornando."
"Oh." Distoglie lo sguardo.
"Io vado di là, puoi raggiungerci, se vuoi."
"Sì, mi cambio un attimo."
Annuisco e abbasso la maniglia.
"Ma che mi dici di tuo padre? È appena tornato nella tua vita e tu te ne andrai?" Le sue parole mi bloccano nei miei passi.
Mi prendo un momento per riprendermi prima di lasciare la stanza. Quando entro nel salotto, mio padre è di nuovo addormentato. Bere a mezzogiorno dev'essere estenuante. Spengo la televisione e vado in cucina per prendere un bicchiere d'acqua. Le parole di Harry sul fatto di andarmene così presto dopo aver rivisto mio padre continuano a ripetersi nella mia mente. Non posso mettere il mio futuro in attesa per un padre che non ho visto per nove anni. Se le circostanze fossero state diverse, avrei preso in considerazione di ripensarci, ma è stato lui ad andarsene.
Quando raggiungo la porta della camera da letto, sento la voce di Harry.
"Che cazzo era quella merdata di oggi?" Dice, la voce smorzata.
Premo l'orecchio sulla porta, dovrei entrare e basta, ma ho la sensazione che non dovrei sentire questa conversazione.
"Non me ne fotte un cazzo, non sarebbe dovuto succedere. Ora lei è tutta dispiaciuta eccetera e tu dovresti.." Non riesco a capire il resto della frase. "Questa volta non fare cazzate." Scatta.
Con chi sta parlando? E cosa dovrebbero fare? È Steph?
O peggio, Molly?
Sento i suoi passi avvicinarsi alla porta, quindi mi affretto nel corridoio ed entro in bagno, chiudendo la porta.
"Tessa?" Le sue nocche bussano contro il legno.
Apro la porta, so che devo apparire agitata. Il mio cuore batte forte contro la gabbia toracica e ho lo stomaco annodato.
"Eri a telefono con qualcuno?" Gli chiedo, la voce troppo piccola.
"Perché?"
"Tanto per chiedere, pensavo di averti sentito parlare." Faccio spallucce e lui distoglie lo sguardo.
"Dov'è tuo padre? Dorme?" Cambia velocemente argomento.
La paranoia inizia ad infiltrarsi nei miei pensieri mentre lo seguo in camera da letto.

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