Capitolo 241

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POV di Harry.
"Harry? Stai bene?" La voce di Tessa è appesantita dal sonno.
"Non.. non lo so." Gracchio. Sto camminando avanti e indietro a piedi scalzi, tirandomi furiosamente i capelli bagnati dal sudore.
"Che succede?"
"Sei a letto?" Le chiedo.
"Sì, sono le tre del mattino. Dove altro dovrei essere? Che succede, Harry?"
"E' solo che non riesco a dormire, tutto qui."
"Oh," rilascia un lungo sospiro di sollievo, "Per un secondo mi hai fatto preoccupare."
"Hai parlato di nuovo con Zayn?" Le chiedo.
"Che? No, non ci ho parlato da quando ti ho detto che voleva venir a far visita."
"Chiamalo e digli che non può." Sembro uno psicopatico, ma non me ne fotte un cazzo.
"Non ho intenzione di chiamarlo a quest'ora, che ti prende?"
"Niente, Tessa. Non importa." Scatto e attacco il telefono. Lei cerca di richiamarmi, ma io premo il pulsante di spegnimento finché lo schermo non diventa nero.

POV di Tessa.
"Non starai di nuovo tutto il giorno in pigiama, vero?" Mi chiede Kimberly. Mi infilo una cucchiaiata di cereali in bocca così da non poterle rispondere.
È esattamente ciò che ho in mente di fare oggi. Non ho dormito bene dopo la telefonata di Harry nel mezzo della notte. Da allora mi ha mandato qualche messaggio, senza parlare in nessuno del suo strano comportamento di ieri notte. Voglio chiamarlo, ma non ho passato molto tempo con Kimberly da quando sono arrivata. La maggior parte del mio tempo libero è trascorsa al telefono con Harry o a fare i compiti per le mie nuove lezioni. Il minimo che posso fare è chiacchierare con lei durante il brunch.
"Non ti vesti mai." Scampanella Smith e quasi risputo i cereali sul tavolo.
"Sì, invece." Rispondo, la bocca ancora piena.
"Hai ragione, Smith, non si veste mai." Schiamazza Kimberly e io alzo gli occhi al cielo. Christian entra nella stanza e le da un bacio sulla tempia, Smith sorride a suo padre e alla sua futura madre adottiva, prima di guardare di nuovo me.
"Il pigiama è più comodo." Gli dico e lui annuisce in accordo. Abbassa i suoi occhi verdi sul suo corpo, osservando il suo pigiama di Spiderman.
"Ti piace Spiderman?" Gli chiedo, volendo iniziare una conversazione.
"No." Prende il toast controvoglia con le sue piccole dita.
"No? Ma ce l'hai addosso." Indico il suo pigiama.
"Me l'ha comprato lei." Indica Kim con la testa. "Non dirle che lo odio, poi si mette a piangere." Sussurra, facendomi ridere. Smith ha cinque anni, ma è come se ne avesse venti.
"Non glielo dirò." Gli prometto e finiamo di mangiare in un confortevole silenzio.

POV di Harry.
"Cosa c'era di così urgente da farmi venire qui con questa pioggia ghiacciata?" Mi chiede Liam. Scuote il cappello sul pavimento e poggia l'ombrello chiuso contro il muro.
"Lui." Indico Richard addormentato sul divano.
"Chi è? Aspetta.. è il padre di Tessa?" Chiede stupefatto.
"No, solo un altro barbone del cazzo a caso che lascio dormire sul mio divano." Alzo gli occhi per la sua domanda.
"Perché è qui? Tessa lo sa?"
"Sì, lo sa. Però, quello che non sa è che è in astinenza da cinque giorni e sta vomitando in tutto il mio dannato appartamento."
Richard emette un verso di lamento nel sonno, quindi afferro Liam dalla manica della maglietta e lo tiro in corridoio.
"Astinenza? Da droghe?"
"Sì, e alcol."
"Non ha ancora trovato i tuoi alcolici? O li ha già consumati?" Liam alza un sopracciglio.
"Io non ho più alcolici qui, stronzo."
Scruta oltre l'angolo verso l'uomo addormentato sul mio divano, "Continuo a non capire io cosa c'entro."
"Gli farai da babysitter." Lo informo e lui fa un passo indietro.
"Non esiste!" Cerca di sussurrare, ma esce fuori più come un urlo silenzioso.
"Calmati," Gli do una pacca sulla spalla. "E' solo per una notte."
"Non esiste, non ho intenzione di restare qua con lui. Non lo conosco nemmeno."
"Neanche io." Controbatto.
"Lo conosci meglio di me, sarebbe tuo suocero un giorno, se non fossi un tale idiota." Le parole di Liam mi colpiscono più forte di quanto dovrebbero. Suocero? Il nome sembra strano quando lo ripeto in mente.
"Voglio vederla." Lo supplico.
"Chi, Tess?"
"Sì, Tessa." Lo correggo. "Chi altri?"
"Perché non viene lei qui? Non penso sia una buona idea che io resti con lui."
"Non fare la femminuccia, non è pericoloso né niente." Dico a mio fratello adottivo. "Assicurati solamente che non lasci l'appartamento. C'è un sacco di cibo e acqua qui."
"Non è un cane." Commenta Liam.
"A questo punto potrebbe anche esserlo." Mi strofino le tempie per l'irritazione. "Mi aiuterai o no?" Mi lancia un'occhiata, "Per Tessa?" La uso contro di lui, sapendo che funzionerà.
"Solo una notte." Concorda, quindi gli do le spalle per nascondere il mio sorriso.
Non so come reagirà Tessa al fatto che romperò il nostro accordo sullo 'spazio', ma è solo una notte. Una breve notte con lei è ciò di cui ho bisogno in questo momento. Ho bisogno di lei. Chiamate e messaggi sono sufficienti durante la settimana, ma ho bisogno di vederla dopo il mio incubo. Ho bisogno di avere conferma che il suo corpo non ha segni di nessun altro se non miei.
"Lei sai che andrai?" Mi chiede Liam.
Guardo sul pavimento in cerca di una maglietta da infilare. "Lo saprà quando arrivo, no?"
"Mi ha detto di voi due al telefono."
Davvero? "Perché ti ha detto di noi due che siamo venuti al telefono?" Chiedo.
"Woah! Cosa! Non.. oddio." Si lamenta. Cerca di coprirsi le orecchie, ma è troppo tardi. Ha le guance di un profondo rosso e le mie risate riempiono la camera da letto.
"Devi essere più specifico quando parli di me e Tessa, non lo sai ancora?" Ghigno, assaporando il ricordo dei suoi gemiti al telefono.
"A quanto pare, no." Mi guarda torvo. "Intendevo che avete parlato al telefono."
"E.."
"A te sembra felice?" Mi chiede e il mio sorriso sparisce.
"Perché me lo chiedi?"
"Me lo stavo solo chiedendo, sono un po' preoccupato per lei. Non sembra così emozionata e felice di Seattle come avevo pensato." La preoccupazione si diffonde sul suo viso.
"Non lo so," Mi strofino il retro del collo con una mano, "non sembra molto felice, ma non riesco a capire se è perché io sono uno stronzo o perché non le piace Seattle tanto quanto credeva." Rispondo sinceramente.
"Spero sia la prima. Voglio che lei sia felice lì." Dice Liam.
"Anch'io, più o meno." Commento e lui da un calcio ad un paio di jeans neri sporchi per toglierseli da sotto al piede.
"Volevo mettermeli." Scatto e mi abbasso per prendere i jeans sporchi.
"Non hai dei vestiti puliti?"
"Non al momento."
"Hai lavato qualcosa da quando se n'è andata?"
"Sì.." Mento.
"Non sembra." Indica la macchia sulla mia t-shirt nera, senape forse?
"Merda." Me la tolgo e la butto sul pavimento. "Non ho un cazzo da mettere." Tiro l'ultimo cassetto del comò e faccio un sospiro di sollievo quando vedo una pila di t-shirt nere pulite nel retro.
"Che mi dici di questi?" Liam indica un paio di jeans scuri appesi nell'armadio.
"No."
"Perché no? Non metti mai niente se non jeans neri."
"Esattamente." Rispondo.
"Beh, l'unico paio di pantaloni che indossi sono sporchi, quindi.."
"Ne ho cinque paia, è solo capitato che fossero esattamente dello stesso stile." Lo correggo, ma lui mi ignora.
Con uno sbuffo, lo supero e raggiungo l'armadio, tirando i jeans dalla stampella. Odio questi fottuti jeans, me li ha comprati mia mamma a Natale e avevo giurato di non indossarli mai, eppure, eccomi qui ad infilarli su per le gambe.
"Sono un po'.. stretti." Liam si morde il labbro inferiore per non ridere.
"Vaffanculo." Alzo il dito medio verso di lui e finisco di infilare la roba nella borsa.
Venti minuti più tardi, Richard sta ancora dormendo, Liam sta ancora facendo commenti odiosi sui miei fottuti jeans, e io sono pronto ad andare a trovare Tessa a Seattle.
"Cosa dovrei dirgli quando si sveglia?"
"Quello che vuoi, sarebbe abbastanza divertente se lo sfottessi un po'. Potresti fingere di essere me o che non sai perché è qui, lo confonderesti un sacco." Rido. Liam non vede l'umorismo nella mia idea e praticamente mi spinge fuori dalla porta.
"Guida prudentemente, le strade sono scivolose." Mi avverte.
"Capito." Mi metto la borsa sulla spalla e lascio l'appartamento prima che Liam possa fare un altro stupido commento.
Durante il tragitto, non posso evitare di pensare all'incubo. Era così chiaro, così fottutamente vivido. Potevo sentirla gemere il suo nome, potevo perfino sentire le sue unghie corrergli sulla pelle.
Accendo la radio per attutire i miei pensieri, ma non funziona. Decido di pensare a lei, ai nostri ricordi per fermare le immagini dal tormentarmi, o questo sarà il tragitto più lungo della mia vita.
"Guarda quanto sono carine quelle bimbe." Aveva squittito Tessa indicando un passeggino pieno di bambine. Solo due, in realtà, ma fa lo stesso.
"Sì, sì. Carinissime." Avevo alzato gli occhi al cielo e l'avevo trascinata per il negozio.
"Hanno anche dei fiocchi a completo in testa." Sorrideva così tanto e la sua voce aveva quello strano tono acuto che hanno le donne quando sono con i bambini.
"Già." Avevo continuato a camminare dietro di lei, lungo gli stretti corridoi di Conner mentre lei cercava un formaggio particolare di cui aveva bisogno per preparare la cena di quella sera.
"Ammetti che erano carine." Mi aveva detto entusiasta e io avevo scosso la testa per sfregio. "E dai, Harry, lo sai che erano carine, dillo e basta."
"Erano carine.." Avevo risposto piattamente e lei aveva premuto la bocca in una linea dura, incrociando le braccia davanti al petto come una bambina capricciosa.
"Forse sei una di quelle persone che penseranno che solo i propri figli sono carini." Aveva detto, e avevo visto la realizzazione rubarle il sorriso. "Se mai volessi dei figli." Aveva aggiunto malinconicamente e io volevo darle un bacio per toglierle il cipiglio dal suo bellissimo viso.
"Peccato che non li voglia." Avevo proceduto a trapanarle l'affermazione nella testa.
"Lo so." Poi aveva trovato il prodotto che stava così appassionatamente cercando e l'aveva lasciato cadere nel cestino che mi aveva costretto a portare in giro per il negozio.
Non le era ancora tornato il sorriso quando eravamo in fila ad aspettare di pagare. "Ehi." Avevo abbassato lo sguardo su di lei e le avevo dato un colpetto gentile con il gomito. Quando aveva alzato lo sguardo su di me aveva gli occhi offuscati ed era in attesa che parlassi. "So che abbiamo deciso di non parlare più di bambini.." Avevo iniziato, lei aveva gli occhi fissi sul pavimento. "Ehi," Avevo ripetuto e poggiato il cestino sul pavimento a fianco al mio stivale. "Guardami." Le avevo messo entrambe le mie mani sulle guance e avevo premuto la mia fronte contro la sua.
"Non fa niente, non stavo pensando quando l'ho detto." Aveva ammesso con una scrollata di spalle. L'avevo vista guardarsi intorno al piccolo supermercato, rendendosi conto di ciò che ci circondava, e potevo praticamente vederla chiedersi perché la stavo toccando in quel modo in pubblico.
"Beh, allora concordiamo di nuovo di non parlare più di bambini. Non porta nient'altro che problemi tra noi." Le avevo detto e le avevo dato un veloce bacio sulle labbra, seguito da un altro. Le mie labbra avevano indugiato sulle sue e lei aveva spinto le sue piccole mani nelle tasche della mia giacca.
"Ti amo, Harry." Aveva detto quando Gloria, la scontrosa cassiera, si era schiarita la gola.
"Ti amo, Tess. Ti amerò abbastanza da non farti sentire il bisogno di avere dei figli." Le avevo promesso e lei mi aveva dato le spalle per nascondere il suo cipiglio.
Mentre continuo a guidare, inizio a chiedermi, c'è mai stato un tempo nella mia vita in cui non sono stato un idiota egoista?

POV di Tessa.
"E' solo che non ho voglia di uscire stasera." Dico a Kimberly.
"Sei in depressione, Tessa, e in quanto tua amica e mentore, è mia responsabilità tirartene fuori." Sorride.
"Mentore? Davvero?" Ridacchio e lei alza gli occhi pesantemente truccati al cielo.
"Okay, forse non molto mentore, ma amica." Si corregge.
"Non sono in depressione, ho solo molti compiti da svolgere."
"Sei una ragazza di diciannove anni, comportati da tale! Quando io avevo diciannove anni, ero fuori tutto il tempo, a malapena andavo alle lezioni, uscivo con i ragazzi, molti, molti, ragazzi.
"Ma davvero?" Si intromette Christian. Si sta togliendo una specie di nastro dalle mani.
"Nessuno stupendo quanto te, ovviamente." Kim gli fa l'occhiolino e lui ride.
"Ecco cosa mi tocca per stare con una donna così giovane, devo competere con ricordi freschi di uomini in età da college." Sorride.
"Non sono tanto più giovane di te."
"Dodici anni." Le fa notare e lei alza gli occhi al cielo.
"Sì, ma tu sei un'anima giovane. A differenza di Tessa, che si comporta come se avesse quarant'anni."
"Certo, tesoro," Christian butta il nastro usato nel cestino, "ora illumina la ragazza su come non ci si deve comportare all'università." Le rivolge un ultimo sorriso e sparisce, lasciandola con un sorriso che va da un orecchio all'altro.
"Amo così tanto quell'uomo." Mi dice e io annuisco perché so che è vero. "Volevo davvero che venissi con noi, Christian e il suo partner hanno appena aperto un nuovo jazz club in centro. È bellissimo e ti divertiresti da impazzire."
"Ha aperto un jazz club?" Chiedo.
"Ci ha investito, quindi in realtà non ha fatto nessun lavoro." Sussurra con un sorriso sornione. "Ospitano dei musicisti il sabato, una specie di open mic night."
"Magari il prossimo fine settimana?" Faccio spallucce. L'ultima cosa che voglio fare adesso è prepararmi e uscire per andare in un club.
"Va bene, il prossimo settimana. Ci conto. Neanche Smith vuole venire, quindi la sua babysitter sarà qui tra qualche ora."
"Posso guardarlo io." Mi offro. "Sarò comunque qui."
"Non devi."
"Lo so, ma voglio."
"Sarebbe grandioso e molto più facile. Per qualche ragione la babysitter non gli piace."
"Neanche io gli piaccio." Rido.
"Vero, ma con te parla più di quanto parli con la maggior parte delle persone." Abbassa lo sguardo sul suo anello di fidanzamento e poi lo alza sul ritratto che Smith ha fatto a scuola, appeso sul camino sintetico. "E' proprio un bambino dolce, solo che alza molte protezioni intorno a lui." Dice a bassa voce. Veniamo interrotte dal campanello che suona nella stanza.
"Chi cavolo può essere a quest'ora del pomeriggio?" Mi chiede Kimberly, come se io potessi sapere la risposta.
"Bene.. bene.. bene.. Guarda chi c'è!" Kimberly mi chiama dalla porta. Quando mi giro a guardare lei e l'ospite, spalanco la bocca e mi affretto sui miei piedi.
"Harry!" Il suo nome mi cade dalle labbra senza un singolo pensiero, un'immediata adrenalina alla sua vista mi spinge ad attraversare la stanza. I miei calzini scivolano contro il pavimento di legno, facendomi quasi cadere a faccia a terra. Quando ho riacquistato abbastanza equilibrio da continuare, avvolgo le braccia intorno a lui, abbracciandolo più forte che mai.

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