POV di Tessa.
"Mi scuso di nuovo per averne parlato a tavola, è stato completamente fuori luogo." Ken si rimette il tovagliolo sulle gambe.
"Non fa niente, davvero. Apprezzo molto la tua offerta." Forzo un sorriso. L'apprezzo, ma è troppo da accettare.
"Ne parliamo dopo." Mormora Harry nel mio orecchio. Sono sollevata dal fatto che né Harry né Ken sono tornati in sala da pranzo con nasi sanguinanti o occhi neri.
Annuisco e Karen si alza per sparecchiare. Io ho a malapena toccato cibo, il discorso sul.. problema di mio padre mi ha tolto l'appetito.
"Mangia il dolce, almeno." Harry tira la mia sedia più vicina alla sua. Ho di nuovo i crampi, l'ibuprofene ha esaurito il suo effetto e mal di testa e crampi sono tornati alla ribalta.
"Ci provo." Concordo. Karen porta un vassoio pieno dei suoi dolci allo sciroppo d'acero a tavola e io prendo un cupcake. Harry un'omelette, guardando i fiori di glassa perfettamente definiti in cima.
"L'ho fatta io questa." Mento.
Lui mi sorride, scuotendo la testa.
"Vorrei non dovessimo andarcene." Gli dico, quando guarda l'orologio. Cerco di non pensare a quello che Harry ha dato via per compensare i soldi che mio padre doveva a quell'uomo. La riabilitazione è davvero la cosa migliore per mio lui? Accetterebbe l'offerta?
"Sei tu ad aver fatto le valige ed essertene andata a Seattle." Borbotta.
"Intendevo da qui, stasera." Chiarisco, sperando che capisca.
"Oh, no.. io non resto."
"Io voglio." Mi imbroncio.
"Tessa, noi torniamo a casa.. nel mio appartamento, dov'è tuo padre."
Mi acciglio, questo è esattamente il motivo per cui non voglio andarci. Ho bisogno di un po' di tempo per pensare e respirare, e questa casa sembra perfetta per farlo, nonostante il discorso di Ken sulla riabilitazione durante la cena, amo questa casa, e quell'appartamento mi sta torturando sin da quando sono arrivata ieri.
"Okay." Punzecchio l'angolo del mio tortino con la forchetta e Harry sospira.
"Va bene, restiamo." Sospira sconfitto. Lo sapevo.
Il resto del tempo a tavola non è imbarazzante come la prima metà. Liam è silenzioso, troppo silenzioso, e ho tutte le intenzioni di chiedergli cosa c'è che non va appena finisco di aiutare Karen a pulire la cucina.
"Mi è mancato averti intorno." Karen chiude la lavastoviglie e si gira verso di me, pulendosi le mani su uno straccio.
"A me è mancato stare qui, un sacco." Mi appoggio al bancone.
"Sono felice di sentirlo. Sei diventata come una figlia per me, voglio che tu lo sappia." Le trema il labbro inferiore e le brillano gli occhi sotto le luci della cucina.
"Stai bene?" Le chiedo, spostandomi a fianco alla donna che sono arrivata a voler così tanto bene.
"Sì." Sorride, "Mi dispiace, sono molto emotiva ultimamente." Scuote la testa e come se niente fosse, torna ad essere normale, rivolgendomi un sorriso rassicurante.
"Sei pronta ad andare al letto?" Harry ci raggiunge in cucina, prendendo un'altra omelette mentre viene verso di me. Sapevo che gli erano piaciute più di quanto volesse far credere.
"Vai pure, io sono un pasticcio." Karen mi abbraccia e mi da un bacio amorevole sulla guancia, prima che Harry avvolga le braccia intorno a me, praticamente trascinandomi fuori dalla cucina.
"Sono preoccupata per lei, e per Liam." Sospiro, c'è qualcosa che non va.
"Sono sicuro che stanno bene." Harry mi guida sulle scale e verso la porta della sua camera qui. La porta di quella di Liam è chiusa e non proviene alcuna luce da sotto. "Sta dormendo."
La familiare camera da letto mi accoglie immediatamente. Dal bovindo alle nuove scrivania e sedia, rimpiazzate dall'ultima volta che Harry le ha distrutte. Sono già stata qui da allora, ma non ci avevo fatto molta attenzione. Ora che ci sono di nuovo, voglio assorbire ogni dettaglio.
"Che c'è?" La voce di Harry mi spaventa dai miei stessi pensieri.
Mi guardo intorno, ricordando la prima volta che ci sono stata con lui. "Sto solo ricordando, tutto qui." Ammetto, togliendomi le scarpe.
"Ricordando, eh?" Sorride Harry. Si toglie la t-shirt nera e me la lancia, trascinandomi ancora di più nei miei ricordi. "Ti dispiace condividere?" Si tira velocemente i jeans lungo le gambe, buttandoli sul pavimento in un mucchio disordinato.
"Beh.." Ammiro pensierosa il suo torso tatuato mentre alza le braccia per stiracchiarsi, tendendo il suo corpo lungo. "Stavo pensando alla prima volta in cui sono stata qui con te." Che poi fu anche la prima volta che Harry ci restò a dormire.
"Cosa in particolare?"
"Niente di specifico." Faccio spallucce, spogliandomi sotto il suo sguardo attento. Piego i jeans e la maglietta prima di abbassare la t-shirt nera sulla pancia.
"Togliti il reggiseno." Harry alza un sopracciglio, il tono severo e gli occhi di un profondo verde.
Mi tolgo il reggiseno e salgo sul letto per stendermi a fianco a lui. "Adesso, dimmi a cosa stavi pensando." Mi tira dalla vita e poggia la mano sul mio fianco quando sono saldamente stesa accanto a lui, il più vicino possibile al suo corpo. Le sue dita scorrono sull'elastico delle mie mutande in pizzo, mandandomi un brivido lungo la schiena e facendolo diffondere in tutto il corpo.
"Stavo solo pensando a quando Liam mi chiamò quella notte." Lo guardo per misurare la sua espressione, "Stavi facendo un casino enorme in questo posto." Mi acciglio al chiaro ricordo di vetrine di porcellana e piatti rotti in centinaia di pezzi, sparsi sul pavimento.
"Sì, vero." Risponde piano. Alza la mano che non sta usando per disegnare dei cerchi sulla mia pelle nuda per raccogliere una ciocca dei miei capelli tra le dita. La attorciglia lentamente, senza mai rompere il contatto visivo con me.
"Ero terrorizzata," ammetto, "non di te, ma di quello che avresti detto."
Si acciglia, "Confermai le tue paure, non è vero?"
"Sì, immagino di sì." Confermo. "Ma ti facesti perdonare per quelle parole dure."
Ridacchia, distogliendo gli occhi dai miei, "Già, solo per dire puttanate peggiori il giorno dopo."
So dove sta andando con questo discorso, cerco di mettermi seduta, ma lui preme il palmo della mano sul mio fianco e mi spinge verso il basso, "Ti amavo già." Parla prima che possa farlo io.
"Davvero?"
"Sì, davvero." Annuisce, stringendo la presa sul mio fianco.
"Come lo sapevi?" Chiedo a bassa voce. Harry mi aveva già detto che quella fu la notte in cui capì di amarmi, ma non ha mai elaborato. Spero lo faccia adesso.
"Lo sapevo e basta. So cosa stai facendo." Fa un sorriso luminoso.
"E cosa sto facendo?" Poggio una mano sul suo stomaco, coprendo il centro della farfalla tatuata.
"Stai ficcando il naso." Avvolge la ciocca dei miei capelli in un pugno e tira scherzosamente.
"Pensavo di essere io quella che tira i capelli qui." Ridacchio per la mia frase banale, e anche lui.
"Lo sei." Toglie la mano dai miei capelli, solo per un momento, così da poter raccogliere l'intero pasticcio di onde bionde al suo interno. Tira, facendomi alzare la testa in modo da essere costretta a guardarlo. "E' passato troppo tempo." Abbassa la testa, guidandomi gentilmente a mettermi seduta, e fa scorrere il naso sulla mia mascella e sulla linea del collo.
"Sono eccitato sin dal tuo piccolo scherzetto di questa mattina." Sussurra, premendo la prova di quanto detto tra le mie cosce. Il calore del suo fiato sulla mia pelle è quasi insopportabile, mi contorco sotto le sue parole sporche e il suo sguardo intenso. "Te ne prenderai cura, sì?" Muove il pugno dei miei capelli su e giù, costringendomi gentilmente ad annuire.
Voglio correggerlo e dirgli che in realtà, è lui quello che mi ha stuzzicato stamattina, ma resto zitta. Mi piace la direzione che stiamo prendendo. Senza una parola, Harry mi lascia i capelli e il fianco e si mette in ginocchio. Le sue mani sono fredde mentre mi alzano la t-shirt, esponendo la mia pancia e petto nudi. Le sue dita si avvolgono avidamente intorno ai miei seni, spingendo contemporaneamente la lingua nella mia bocca. Vado immediatamente in fiamme, tutto lo stress delle ultime ventiquattro ore si esaurisce e Harry riempie tutti i miei sensi.
"Siediti contro il poggia testa." Istruisce, dopo avermi tolto completamente la maglietta. Faccio come detto, abbassandomi finché ho le spalle poggiate a metà dell'enorme poggiatesta d'ardesia. Harry si abbassa i boxer e alza un ginocchio alla volta per toglierli completamente. "Un po' più giù, piccola." Mi abbasso e lui annuisce in approvazione.
Si muove sul letto in ginocchio e si posiziona davanti a me. La lingua mi scivola tra le labbra, impaziente di essere sulla sua pelle. Rilasso la mascella e Harry avvolge una mano intorno alla sua erezione, mentre lo guardo in adorazione portarla alla mia bocca, pompando lentamente. La apro di più e Harry fa scivolare il pollice sul mio labbro inferiore, affondandolo nella mia bocca solo di una frazione, prima di rimpiazzarlo. Spinge nella mia bocca lentamente, come se stesse assaporando ogni centimetro mentre sparisce all'interno.
"Cazzo." Ringhia da sopra di me. Alzo lo sguardo per vedere i suoi occhi bruciare nei miei, una mano stringe la cima del poggia testa per tenersi in equilibrio mentre si allontana e spinge di nuovo. "Di più." Ansima, e io avvolgo le mani dietro le sue cosce, attirandolo più vicino. La mia bocca lo riveste e succhio lentamente, godendomi la cosa tanto quanto lui. Sembra seta contro la mia lingua e il suo respiro rapido e bassi richiami del mio nome portano tutto il mio corpo a bruciare di bisogno per lui.
"Così fottutamente bello." Continua a muoversi, fuori e dentro, fuori e dentro, "Guardami." Mi supplica.
Alzo di nuovo lo sguardo sul suo viso, assorbendo il modo in cui le sue sopracciglia si sono abbassate, in modo in cui si è tirato il labbro tra i denti, e il modo in cui i suoi occhi mi stanno guardando. Colpisce ripetutamente il retro della mia gola e noto il modo in cui i muscoli sul suo stomaco si espandono e si restringono, segnalandomi ciò che sta per succedere.
Come se potesse leggermi nella mente, geme, "Cazzo, sto per venire." I suoi movimenti accelerano e le sue spinte sono più potenti adesso. Stringo le cosce per avere un po' di sollievo dalla pressione e succhio più forte. Sono sorpresa quando si allontana dalla mia bocca e rilascia sul mio seno nudo. Con un altro gemito del mio nome, si abbassa per la stanchezza, premendo la fronte contro il poggia testa. Aspetto pazientemente che riprenda fiato e si sposta per sedersi a fianco a me. Alza una mano e per mio orrore, la strofina sul pasticcio che ha creato sulla mia pelle. "Tutta mia." Sorride sfrontatamente, premendo un bacio leggero sulla mia bocca aperta.
"Io-" Fisso il mio petto marcato.
"Ti piace." Sorride, non lo nego. "Ti sta bene." Capisco dal modo in cui i suoi occhi sono focalizzati sulla pelle lucida, che lo pensa davvero.
"Sei lurido." E' tutto ciò che riesco a dire.
"Sì? E anche tu." Indica il mio petto con un cenno del capo e mi afferra dai fianchi per tirarmi via dal letto.
Emetto un gridolino e lui mi copre la bocca con la mano, "Shh, non vogliamo il pubblico mentre ti scopo sulla scrivania, vero?"
..
POV di Harry.
L'odore del caffè riempie le mie narici e allungo un braccio verso Tessa, sapendo che è vicina. Quando torno a mani vuote, apro gli occhi per trovarla a fare le valige, due tazze di caffè poggiate sul comò.
"Che ore sono?" Le chiedo, sperando che mi dica che è ancora presto.
"Quasi mezzogiorno."
Cazzo, ho dormito per metà giornata. "Ho già messo tutto in valigia e fatto colazione. Tra poco è pronto il pranzo." Mi dice con un sorriso. Si è già fatta la doccia e vestita. Ha messo di nuovo quei dannati jeans, quelli stretti.
Mi costringo ad uscire dal letto e cerco di non prendermela con lei per non avermi svegliato prima. "Figo." Rispondo e cerco i miei pantaloni sul pavimento, solo che non sono più sul pavimento.
"Tieni." Tessa mi passa i jeans, piegati ovviamente. "Stai bene?" Deve percepire la mia ostilità.
"Bene."
"Harry." Insiste. Sapevo l'avrebbe fottutamente fatto.
"Sto bene, è solo che il fine settimana è passato troppo velocemente."
Il suo sorriso è abbastanza per scogliere il ghiaccio che si era formato, "E' vero." Concorda con me.
Odio questa merdata della distanza. La odio così fottutamente tanto.
"Dobbiamo farcela solo fino a giovedì." Cerca di far sembrare la distanza meno.. distante.
"Che ha fatto per pranzo Karen?" Cambio argomento, "Niente che comprenda lo sciroppo, spero."
Ride, "No, niente sciroppo."
Quando arriviamo nella sala da pranzo, Liam è imbronciato al tavolo e Karen sta portando un vassoio di panini. Tessa si siede a fianco a Liam e la guardo chiedergli se sta bene.
"Sto bene, solo un po' stanco." Le mente. Non avrei mai pensato di vedere questo giorno.
"Sei sicuro, perché ti comporti in modo così-"
"Tessa," Alza un braccio e giuro che se mette la mano sulla sua.. "sto bene." Sorride, abbassando la mano dal tavolo. Io prendo velocemente quella di Tessa e poggio le nostre mani unite sulle mie gambe.
Le noiose chiacchiere da tavola nascono e si dissolvono, io non vi partecipo e tutto troppo in fretta, è tempo che riaccompagni Tessa a Seattle. Mi viene ancora una volta ricordato che fottuto idiota sono per non essermi trasferito lì in primo luogo.
"Ci rivediamo prima che te ne vai, giusto?" Gli occhi di Tessa si bagnano mentre Liam l'abbraccia. Io distolgo lo sguardo.
"Sì, certo. Magari vengo a trovarti quando torni dal viaggio?" Propone, facendola sorridere. Apprezzo i suoi sforzi, soprattutto dato che sarò io quello con cui lei se la prenderà quando scoprirà che lui e Delilah si sono lasciati e io gliel'ho nascosto.
Dieci minuti dopo, la sto praticamente trascinando fuori dalla casa, Karen è molto più dispiaciuta di quanto potrebbe essere considerato ragionevole e dice a Tessa che le vuole bene, il che è abbastanza fottutamente strano.
"Sono una brutta persona se dico che mi sento più a mio agio con la tua famiglia che con la mia?" Mi chiede Tessa dopo quindici minuti di silenzio.
"Sì." La prendo in giro.
Lei mi lancia un'occhiata, facendomi alzare gli occhi al cielo per la sua finta arrabbiatura, "Entrambe le nostre famiglie sono incasinate." Dico e lei annuisce, tornando al suo silenzio.
Più la mia auto si avvicina a Seattle, più forte diventa la corrente di ansia nel mio petto. Non voglio passare l'intera settimana via da lei, quattro giorni lontani da Tessa sono una fottuta vita per me.
"Sarò qui mercoledì sera dato che abbiamo l'aereo presto giovedì." Irrompo nel silenzio. Nel momento in cui arrivo a Pullman, vado dritto in palestra.
..
POV di Tessa.
Lunedì mattina arrivo al mio appuntamento mezz'ora prima e mi siedo su una delle sedie blu di produzione in serie. La sala d'attesa è quasi piena, bambini che piangono e donne che tossiscono riempiono lo spazio. Io cerco di tenermi occupata sfogliando le pagine si una rivista, ma l'unica disponibile parla di genitorialità, piena di pubblicità di pannolini e suggerimenti su come allattare.
"Grazie a Dio hai un appuntamento domani. Te lo sto dicendo da sette mesi, menomale che non sei rimasta incinta" ha detto Harry durante la nostra telefonata di ieri sera.
"Young? Tessa Young?" Una donna anziana chiama il mio nome da una cartellina. Mi alzo velocemente, schivando il bambino che corre sul pavimento con un camioncino in mano. Quest'ultimo cade sulla mia scarpa e lui ridacchia. Io gli sorrido, guadagnandomi un adorabile sorriso in risposta.
"Di quanto sei?" Una donna, la madre del bambino presumo, mi chiede. I suoi occhi saettano sulla mia pancia e io vi metto istintivamente una mano sopra.
"Oh! Non sono incinta." Mi scappa un'imbarazzante risata.
"Scusa!" Arrossisce, "L'avevo presunto, ma non è che sembri incinta.. avevo solo pensato che.." Il fatto che lei si senta a disagio quanto me mi fa sorridere. Chiedere ad una donna di quanti mesi è non finisce mai bene, soprattutto quando non è incinta. "Beh, ora sai, per un futuro, quando sarai una madre, che i filtri spariscono!" Ride. Sorrido educatamente e vado verso l'infermiera.
Non permetto alla mia mente di andare lì, il mio subconscio è subdolo e cerca di farsi spazio tra le porte chiuse nel retro della mia mente. Lo becco e lo faccio immediatamente indietreggiare. Non ho tempo di pensare al futuro e al fatto che se voglio una vita con Harry, non sarò mai una madre. Non avrò mai un adorabile bambino che fa camminare un camioncino sulle mie scarpe o mi sale sulle gambe nel modo in cui sta facendo adesso il bambino, quando mi giro a guardarlo un'ultima volta.
Mi viene immediatamente dato un piccolo contenitore e detto di andare nel bagno in fondo al corridoio per completare il test di gravidanza. Nonostante abbia il ciclo, sono leggermente nervosa all'idea. Siamo stati così incoscienti ultimamente e l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una gravidanza inaspettata, per Harry sarebbe la goccia he fa traboccare il vaso. Prendo il contenitore, ora pieno, torno dalla donna e lei mi guida in una sala vuota.
"Il dottor West sarà qui tra poco." Mi informa, legando una stringa intorno al mio braccio. "Disincrocia le gambe, cara." Dice dolcemente e io lo faccio.
Dopo avermi misurato la temperatura, la donna sparisce e qualcuno bussa alla porta, da cui ne entra un uomo di mezza età. Il grigio ricopre la maggior parte dei suoi capelli castani, si toglie un paio di occhiali doppi e allunga una mano verso di me.
"Dottor West, è un piacere conoscerti, Theresa." Si presenta educatamente. Speravo in una dottoressa femmina, ma il dottor West sembra abbastanza carino. Certo, vorrei fosse meno attraente, renderebbe le cose meno imbarazzanti durante quest'esperienza.
Mi fa molte domande, la maggior parte delle quali sono assolutamente orripilanti. Devo dirgli del sesso non protetto con Harry, in più di un'occasione, durante il che mi costringo a mantenere un contatto visivo con il dottore. A metà dell'imbarazzante calvario, l'infermiera torna e mette un foglio sulla scrivania, il dottor West lo guarda e io trattengo il fiato finché non parla.
"Non sei incinta, quindi possiamo iniziare." Mi rivolge un sorriso preoccupato e io rilascio il respiro che stavo trattenendo.
Mi elenca molte opzioni, alcune delle quali non avevo mai sentito, prima di restare sulla scelta tra la comune pillola e l'iniezione.
"Prima che ti faccia l'iniezione, devo farti un attimo un esame pelvico, va bene?" Mi chiede. Annuisco e deglutisco i miei nervi. Non so perché mi sento così a disagio, è solo un dottore e io sono un'adulta. Avrei dovuto prendere appuntamento dopo il ciclo, non avevo pensato agli esami mentre prenotavo, volevo solo che Harry la smettesse di starmi addosso.
"Quasi finito." Annuncia il dottor West. L'esame è veloce e neanche lontanamente imbarazzante come avevo pensato. "Hai mai fatto un esame pelvico prima?" Mi chiede, un linea profonda sulla fronte.
"No, non penso." Rispondo timidamente. So di non averlo mai fatto, ma l'ultima parte della risposta è stata un'aggiunta dettata dal nervosismo. I miei occhi si spostano sullo schermo davanti a lui mentre muove la sonda sulla mia pancia, al di sopra del bacino.
"Hmm.." Dice tra sé e sé. Il mio disagio cresce, c'è un bambino lì dentro? Inizio ad entrare nel panico. Harry perderà la testa, e io.. beh, io sono troppo giovane e non ho ancora finito il college e io e lui siamo in una situazione talmente incerta e-
"Sono un po' preoccupato per le dimensioni della tua cervice." Dice alla fine. Cosa? "Non è niente di cui preoccuparsi al momento, ma vorrei vederti ancora per fare ulteriori controlli."
"Okay?" Ho la bocca secca e lo stomaco annodato, non so perché mi stanno sudando le mani. "Cosa significa?" Mi costringo a chiedere.
"Niente per adesso, non posso esserne sicuro." Il tono non è convincente.
Mi alzo, abbassando il camice, "Cosa potrebbe significare?"
"Beh.." Il dottor West si alza gli occhiali spessi sul naso, "il caso peggiore sarebbe l'infertilità, ma senza ulteriori analisi non c'è modo di saperlo solo da questo, io non vedo cisti, il che è un ottimo segno." Indica lo schermo. Il cuore mi cade sul pavimento freddo.
"Quali.. quali sono le possibilità?" Non riesco a sentire la mia voce, o i miei pensieri.
"Non so dirlo, non è una diagnosi. Questo è il peggiore dei casi, non agitarti finché non facciamo le analisi. Voglio proseguire con l'iniezione oggi, e poi fissiamo una serie di controlli e un prelievo del sangue per essere certi."
Annuisco, incapace di parlare. Gli ho sentito dire solo che questa non è una diagnosi, ma mi sento come se lo fosse. Ho sentito l'agghiacciante vuoto agitarsi dei miei nervi strisciarmi sulla schiena alla prima menzione del problema. All'interno della stanza silenziosa si sente solo il martellare del mio cuore, mi sto deprimendo e lo so, ma non mi importa.
"Questa cosa succede tutto il tempo, non preoccuparti troppo. Chiariremo la situazione, non è niente, ne sono certo." Così, lascia la stanza, abbandonando me con la crudele ironia della situazione. Lui non ne è certo, nulla è sicuro, quindi perché non riesco a scuotere via la crescente ansia che mi scorre dentro?
Mi viene fatta l'iniezione anticoncezionale dall'infermiera che si è improvvisamente trasformata in una mamma chioccia, parlando dei suoi nipoti e il loro amore per i suoi biscotti fatti in casa. Sto zitta per la maggior parte, parlando abbastanza solo per risultare educata. Mi sento nauseata.
Mi fa un discorso veloce e accurato sul mio nuovo contraccettivo, elencando i pro ed i contro che il dottor West mi aveva già detto. Sono entusiasta di non dover più aver il ciclo, un po' preoccupata per l'aumento di peso, ma è uno scambio equo. Mi dice che dato che ora ho le mestruazioni, l'effetto dell'iniezione sarà immediato, ma di aspettare tre giorni per fare sesso non protetto, giusto per essere sicuri.
Dopo aver prenotato la temuta sessione di esami, mi dirigo direttamente in centro per fare la foto per il passaporto e finalizzare i documenti. Ovviamente, è già stato tutto pagato dal signor Vance. Rabbrividisco alla quantità di soldi che tutti sembrano non aver problemi a spendere per me. La mia priorità maggiore appena torno dall'Inghilterra sarà comprare un appartamento mio. Non sto cercando aggressivamente quanto dovrei.
Ogni singola persona che mi passa a fianco sulla strada sembra essere incinta o avere un bambino in braccio. Avrei dovuto insistere per avere altre informazioni dal medico, adesso sarò paranoica fino al prossimo appuntamento, che ovviamente è tra tre settimane. Tre settimane di follia, tre settimane di ossessione sulla possibilità che potrei non essere in grado di restare incinta. Non so perché l'idea è così dolorosa, pensavo di essere arrivata a patti con l'idea di non avere figli. Non posso ancora dirlo ad Harry, non finché non ne sono certa. Non che questo farà alcuna differenza per i suoi piani.
Quando torno alla mia auto, mando un messaggio ad Harry per dirgli che l'appuntamento è andato bene e torno a casa dei Vance. Per quando arrivo, ho convinto me stessa a trascorrere la settimana evitando l'argomento. Non c'è motivo di preoccuparmi quando il dottor West mi ha assicurato che non c'è niente di definitivo a questo punto. Il vuoto nel mio petto dice altrimenti, ma devo ignorarlo e andare avanti per adesso. Andrò in Inghilterra. Per la prima volta nella mia vita, viaggerò fuori dallo stato di Washington e non potrei essere più emozionata. Nervosa anche, ma soprattutto emozionata.
Harry arriva mercoledì sera tardi, con un'aria stanca, il raccoglitore di lavoro sotto il gomito e passa tutta la serata a lavorare mentre io completo i compiti di scienze politiche da consegnare entro il prossimo martedì.
..
POV di Harry.
"Sei sicura di avere tutto?" Chiedo sarcasticamente ad una Tessa nervosa. Sembra poter svenire in qualsiasi momento. Una penna infilata tra i denti mentre controlla ancora una volta la sua lista. A quanto pare andare dall'altra parte del mondo innesca le sue tendenze nevrotiche alla massima potenza.
"Sì." Sbuffa, concentrata sul ricontrollare la sua valigia a mano per la decima volta da quando siamo arrivati all'aeroporto.
"Se non entriamo adesso, perderemo il volo." L'avverto.
"Lo so." Alza lo sguardo su di me, la mano che ancora fruga in quella dannata borsa. È pazza, assolutamente adorabile, ma fottutamente folle. "Sei sicuro di voler lasciare la macchina qui?" Mi chiede.
"Sì, è a questo che serve il parcheggio." Indico l'insegna 'parcheggio a lungo termine' sulle nostre teste. Christian si era offerto di farci accompagnare dal suo autista a Sea-Tac, ma ho rifiutato, sarebbe stato uno spreco di tempo per l'autista portare noi e poi tornare il giorno dopo per portare Vance.
"Dammi la borsa." Tiro la cosa orrenda dalla sua spalla. È troppo pesante per lei. Questa donna ha infilato metà della sua roba solo in questa borsa.
"Allora io tiro il trolley." Allunga una mano verso il manico della valigia.
"No, faccio io." La schivo. "Rilassati, ti dispiace? Andrà bene." La rassicuro. Non dimenticherò quanto era frenetica stamattina. Piegava e ripiegava, facendo valige e disfacendole, i nostri vestiti, finché non sono entrati perfettamente nelle borse. Ci sono andato piano con lei perché so quanto fuori dal suo elemento è questa situazione, non ha mai neanche lasciato il dannato stato prima. Anche se lei è fastidiosa come sempre, non posso evitare di sentirmi emozionato. Emozionato di accompagnarla nel suo primo viaggio, emozionata di vedere i suoi occhi grigi spalancarsi alla vista delle nuvole quando vi voleremo attraverso. Mi sono assicurato che avesse un posto vicino al finestrino solo per questo.
"Pronta?" Le chiedo, appena si aprono le porte automatiche.
"No." Sorride nervosa e io la guido attraverso l'aeroporto affollato.
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