Capitolo 267

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POV di Harry.
"Dove devo andare?" Mi chiede piano Tessa. La voce leggera e roca sopra il mio respiro affannato.
"Non lo so." Rispondo sinceramente. Una parte di me vuole dirle di salire sul primo aereo che va via da Londra, da sola, ma la parte egoista e più forte di me sa che se lo facesse, non supererei la notte senza ubriacarmi fino allo svenimento. Di nuovo. Ho il sapore del vomito in bocca e mi brucia la gola per aver espulso l'alcol dal mio sistema in modo tanto brutale.
Tessa apre la console tra di noi, prende un tovagliolo dallo scompartimento e inizia a ripulirmi gli angoli della bocca con la carta ruvida.
Le sue dita mi toccano a malapena la pelle, ma indietreggio per la temperatura ghiacciata. "Sei congelata. Accendi la macchina."
Non aspetto che mi ascolti, mi allungo e giro le chiavi, alzando il livello delle ventole al massimo. All'inizio l'aria è fredda, ma quest'auto costosa del cazzo si riscalda velocemente e il calore si diffonde nel piccolo spazio.
"Dobbiamo andare a fare benzina. Non so quanto ho guidato, ma c'è la spia accesa e lo dice anche quello schermo." Mi dice, indicando lo schermo del navigatore davanti a noi. Il suono della sua voce mi sta ammazzando.
"Hai perso la voce." Dico, anche se è incredibilmente ovvio. Annuisce e si gira via da me. Avvolgo le dita intorno al suo mento facendola voltare di nuovo. "Se vuoi andartene, non ti biasimo. Ti porto immediatamente in aeroporto."
Mi rivolge un'occhiata perplessa prima di aprire la bocca, "Tu resti qui? A Londra? Pensavo che il nostro volo fosse stasera?" Mi chiede. La sua voce risulta più uno squittio che reali parole e inizia a tossire forte.
Controllo i portabicchieri in cerca di qualcosa con cui aiutarla, ma sono vuoti. Cambio argomento, "Scambiamoci i posti, guido io fino a lì." Indico con il capo la stazione di servizio dall'altra parte della strada. "Hai bisogno d'acqua e qualcosa per la gola." Aspetto che si sposti dal suo sediolino, ma mi squadra il viso prima di far partire l'auto ed uscire dal parcheggio.
"Sei ancora oltre il limite consentito." Sussurra alla fine, attenta a non sforzare la sua voce inesistente. Non posso esattamente protestare. Non esiste al mondo che qualche ora di sonno in quest'auto mi abbiano fato smaltire completamente la sbornia. Ho bevuto abbastanza alcol da oscurare la maggior parte della notte e ho un mal di testa atroce. Probabilmente resterò ubriaco per l'intera fottuta giornata, o per metà. Non lo so. Non riesco neanche a ricordare quanti drink ho bevuto..
I miei conti confusi vengono interrotti quando Tessa parcheggia davanti alla pompa della benzina e afferra la maniglia. "Vado io." Le dico ed esco dall'auto prima che possa protestare.
A quest'ora del mattino non ci sono molte persone all'interno, solo un uomo vestito da lavoro. Ho le mani piene di aspirine, bottigline d'acqua e una busta di snack, quando Tessa entra nel piccolo negozio. Vedo ogni singola testa girarsi a guardare la sua scarmigliata bellezza in quel vestito bianco sporco.
"Perché non hai aspettato in auto?" Le chiedo appena si avvicina.
"Il portafoglio." Me lo sventola davanti al viso.
"Oh." Non so come l'ha avuto, ma sono contento che me l'abbia portato prima che arrivassi davanti alla fila. Sparisce per un secondo ma si posiziona a fianco a me appena raggiungo il bancone. Ha entrambe le mani piene di tazze di caffè fumante.
"Puoi localizzare il luogo sul tuo telefono mentre pago?" Le chiedo, prendendo le grandi tazze dalle sue piccole mani.
"Cosa?"
"Localizzare il luogo sul tuo telefono, così possiamo capire dove siamo." Chiarisco.
"Allhallows." Risponde l'uomo corpulento dietro il bancone. "E' qui che siete." Annuisce verso Tessa, che ricambia educatamente il suo sorriso.
"Grazie." Sorride ancora di più e il povero bastardo arrossisce. Sì, lo so che è sexy, adesso smetti di guardarla prima che ti strappi gli occhi dalla testa. Voglio dirgli. Dopo la nottata di ieri, potrebbe davvero essermi utile questo sfogo e non sono davvero dell'umore per assistere ai suoi occhi che le squadrano il seno alle sette di mattina.
Se non fossi immensamente consapevole della mancanza di emozioni dietro gli occhi di Tessa, probabilmente lo avrei tirato sul bancone, ma il suo sorriso finto, i suoi occhi cerchiati di nero e il suo vestito macchiato mi fermano e mi tirano via dai miei pensieri violenti. Ha un aria così persa, triste, e fottutamente persa.
Cosa ti ho fatto? Le chiedo silenziosamente. Adesso ha spostato la sua attenzione sulla porta, dove stanno entrando una giovane donna e una bambina, mano nella mano. La guardo guardarli, un po' troppo attentamente a mio parere, è quasi al limite del raccapricciante. Quando la bimba alza lo sguardo su sua mamma, a Tessa trema il labbro inferiore.
Che diavolo le prende? È perché me la sono presa per la nuova rivelazione sulla mia famiglia?
"Pronta?" Le chiedo, dandole una leggera gomitata perché ho le mani e le braccia piene di roba.
"Sì, scusa." Mormora e mi prende le tazze di caffè dalle mani.
Riempio il serbatoio di benzina e considero le conseguenze nel caso in cui dovessi lanciare l'auto a noleggio di Vance a mare, siamo giusto lungo la costa di Allhollows, non sarebbe difficile. Io e Tessa potremmo chiamare un taxi perché ci porti dov'è parcheggiata la mia di auto a noleggio.
"Quanto siamo lontani dal bar di Gabriel? È lì che è la tua auto." Mi informa Tessa quando la raggiungo in macchina, è come se potesse leggermi nel pensiero.
"Solo circa un'ora e mezza, considerando il traffico."
Tessa alza il tappo del piccolo contenitore di aspirine e me ne versa tre in mano. "Vuoi parlare di ieri notte? Ho appena ricevuto un messaggio da Kimberly." Si acciglia, guardando il piccolo schermo.
Le domande iniziano a raggiungere la superfice, spingendo tra le immagini e voci infangate di ieri notte. Vance che mi chiude fuori e torna nella casa in fiamme.. "Lui non.." Non so come porre la domanda. Sembra non riuscire a superare il nodo che ho in gola.
"E' vivo, ovviamente, ma.." Gli occhi di Tessa iniziano a riempirsi di lacrime.
"Cosa? È cosa?"
"Si è scottato."
Un leggero e davvero poco desiderato dolore cerca di penetrare attraverso le spaccature. Spaccature che in primo luogo, è stata lei a causare.
"Solo ad una gamba. Kim ha detto che si è scottato ad una gamba e che verrà arrestato appena lascerà l'ospedale, che dovrebbe succedere a breve, a minuti."
"Arrestato per cosa?" Conosco la risposta prima che me la dia.
"Ha detto alla polizia di essere stato lui ad appiccare l'incendio." Tessa alza il suo cellulare di merda davanti al viso, in modo che possa leggere il lungo messaggio di Kimberly.
Lo leggo, non c'è nulla di nuovo rispetto a quello che mi ha appena spiegato Tessa. Non dico nulla. Non ho niente da dire.
"Beh?" Mi chiede dolcemente.
"Beh cosa?"
"Non sei leggermente preoccupato per tuo padre?" Si rende conto della mia occhiata assassina, "Cioè, Christian."
"Non sarebbe dovuto venire."
"Harry." Sembra costernata dalla mia affermazione. "Quell'uomo è venuto ad aiutare me, ad aiutare te." Inizia a divagare.
"Tessa, so-" La interrompo e lei mi sorprende alzando una mano per zittirmi.
"Non ho finito. Per non parlare del fatto che si è preso la colpa per un incendio che tu hai causato e in cui lui è rimasto ferito. Io ti amo e so che lo odi in questo momento, ma ti conosco, conosco il vero te, quindi non startene qui seduto a fingere che non te ne fregi un cazzo di quello che gli succede, perché so dannatamente bene che non è così." Tossisce dopo il suo discorso arrabbiato e io spingo la bottiglia d'acqua verso la sua bocca.
Mi prendo un momento per pensare al suo discorso mentre beve. Ha ragione, certo che ha ragione, ma io non sono pronto ad affrontare nessuna delle cose di cui ha appena parlato. Non sono fottutamente pronto ad ammettere che lui ha fatto qualcosa per me. Non sono pronto a lui che vuole essere improvvisamente un fottuto padre per me. Cazzo, no.
Non voglio che nessuno, soprattutto lui pensi che questo in qualche modo ci renda alla pari, che in qualche modo io dimentichi di tutte le cose che si è perso, di tutte le notti che ho passato ad ascoltare i miei genitori urlarsi contro, di tutte le volte che ho corso lungo le scale al suono della voce ubriaca di mio padre.
No, fanculo. Non siamo fottutamente pari e non lo saremo mai.
"Tu pensi che perché si scotta un po' su una gamba e si prende la colpa per me, io lo perdonerò?" Mi passo le mani tra i capelli. "Dovrei perdonarlo come se nulla fosse dopo che mi ha mentito per ventuno fottuti anni?" Le chiedo, la voce più alta di quanto intendessi.
"No, certo che no!" Alza la voce in risposta. "Ma mi rifiuto di permetterti di lasciarla passare come una cosa da niente. Andrà in prigione per te e tu ti comporti come se non potessi prenderti neanche il disturbo di chiedere come sta. Assente, bugiardo, padre o meno, ti vuole bene e ieri notte ti ha salvato il culo."
"Da quale fottuta parte stai?" Le chiedo. Ma che cazzo.
"Non ci sono parti!" Urla, la sua voce echeggia forte nel piccolo spazio, non aiutando minimamente il mio mal di testa. "Sono tutti dalla tua parte, Harry. So che ti senti come se fossi solo contro il mondo, ma guardanti intorno. Hai me, tuo padre, entrambi, Karen ti vuole bene come un figlio, Liam ti vuole bene più di quanto entrambi sarete mai disposti ad ammettere."
Tessa fa un mezzo sorriso nel nominare il suo migliore amico e continua, "Kimberly potrà sfidarti, ma anche lei ti vuole bene, e Smith, sei letteralmente l'unica persona che piace a quel bambino." Raccoglie entrambe le mie mani nelle sue tremanti e mi accarezza gentilmente i palmi con il pollice.
"E' davvero ironico, l'uomo che odia il mondo è il più amato da esso." Sussurra, gli occhi lucidi e pieni di lacrime. Lacrime per me, tantissime lacrime per me.
"Piccola." La attiro verso il mio sedile e lei si siede a cavalcioni su di me. Chiude le braccia intorno al mio collo. "Ragazza altruista." Affondo il viso nel suo collo, quasi nel tentativo di nascondermi fra i suoi capelli disordinati.
"Lascia entrare tutti, Harry. La vita è molto più facile quando ti lasci andare agli altri." Dice, strofinandomi la testa come se fossi una qualche specie di animale domestico, ma è una cosa che fottutamente amo. Frugo di più in lei.
"Non è così semplice." Le dico. Mi brucia la gola e mi sento come se potessi riprendere fiato solo quando sto respirando il suo profumo. È annebbiato dal leggero odore del fumo e del fuoco di cui sembro aver impregnato l'auto, ma comunque calmante.
"Lo so." Dice, la voce bassa mentre continua a far scorrere le mani tra i miei capelli.
Perché è sempre così comprensiva quando non merito che lo sia?
Il clacson di un'auto mi porta fuori dal mio nascondiglio. Tutte le pompe sono occupate e a quanto pare l'uomo nel fuoristrada dietro di noi non apprezza che gli facciamo perdere la sua mattinata. Tessa mi scende dalle gambe e si allaccia la cintura di sicurezza sul sedile del passeggero.
Prendo in considerazione l'idea di tenere la macchina parcheggiata qui solo per fare lo stronzo, ma sento lo stomaco di Tessa brontolare, facendomi cambiare idea. Quand'è stata l'ultima volta che ha mangiato? Il fatto che non riesca a ricordarlo mi fa capire che è stato troppo tempo fa.
"Mangia qualcosa." Spingo una barretta tra le sue mani mentre attraverso la strada per parcheggiare nel parcheggio vuoto in cui abbiamo dormito ieri notte. Mi fermo nel retro, vicino ad un gruppo di alberi, e accendo il riscaldamento. Siamo in primavera, ma l'aria mattutina è frizzante e Tessa ha i brividi.
"Potremmo andare a Haworth, vedere Bronte County. Potrei mostrarti le lande." Propongo.
Mi sorprende ridendo.
"Che c'è?" Alza un sopracciglio e do un morso al muffin alla banana.
"Dopo la nottata che hai passato," si schiarisce la gola, "parli di portarmi a vedere le lande?" Scuote la testa e prende la tazza di caffè.
Faccio spallucce, masticando pensieroso. "Non lo so.."
"Quanto dista?" Mi chiede, molto meno entusiasta di quanto pensavo sarebbe stata. Certo, se questo fine settimana non fosse stato una pura merda, probabilmente adesso sarebbe molto più emozionata. Le avevo anche promesso di portarla a Chawton, ma le lande sembrano molto più adatte al mio umore in questo momento.
"Circa quattro ore fino ad Haworth."
"E' un tragitto lungo." Medita, sorseggiando il caffè.
"Pensavo volessi andarci." Il mio tono è duro.
"Vorrei.." La sua voce si affievolisce.
Capisco chiaramente che c'è qualcosa che la turba nella mia proposta. Diavolo, quand'è che non creo problemi dietro quegli occhi grigi?
"Allora perché ti stai lamentando del tragitto?" Finisco il muffin e ne apro un altro.
Sembra leggermente offesa, ma la sua voce resta dolce e roca, "Mi sto solo chiedendo perché vorresti arrivare fino ad Haworth per vedere le lande." Si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio e fa un respiro profondo.
"Harry, ti conosco abbastanza da capire quando stai rimuginando e allontanandoti da me. Il fatto che tu voglia portarmi nelle lande che hanno ispirato Cime Tempestose piuttosto che in un posto di un romanzo della Austen mi mette in ansia, più di quanto non ci sia già." Si slaccia la cintura e ruota il corpo per guardarmi.
Riesce a vedere perfettamente attraverso le mie cazzate. Come fa a riuscirci sempre?
"No." Mento, evitando quei suoi dannati occhi. "Stavo solo pensando che ti sarebbe piaciuto vedere le lande e Bronte County. Denunciami." Alzo gli occhi al cielo, non disposto ad ammettere che ha ragione.
"Beh, io preferirei non andarci. Voglio solo andare a casa." Le sue dita giocano con l'involucro della barretta.
"Devi mangiare qualcosa, sembri poter svenire a momenti."
"E' così che mi sento." Dice a bassa voce, più a sé stessa che a me, direi. Prendo la barretta dalle sue mani e la apro. Considero di infilarle questa dannata cosa direttamente in bocca, quando la prende e vi da un morso.
"Vuoi andare a casa allora?" Le chiedo alla fine. Non voglio chiederle cosa intende esattamente per casa.
"Sì, tuo padre aveva ragione. Londra non è come la immaginavo." Fa una smorfia.
"Te l'ho rovinata, ecco perché."
Non lo nega, ma non lo conferma neanche.
Il suo silenzio mi spinge a dirle quello che devo. Ora o mai più.
"Penso che io dovrei restare qui per un po'.." Dico nell'aria aperta tra noi.
Smette di masticare e stringe gli occhi verso di me. "Perché?" Mi chiede.
"Non ha senso per me tronare."
"No, non ha senso per te restare. Perché stai considerando questa cosa?" E' ferita, sapevo sarebbe successo, ma quale altra scelta ho?
"Perché mio padre non è realmente mio padre, mia mamma è una bugiarda-" Mi fermo dall'insultarla come vorrei, "e mio il mio padre biologico andrà in prigione perché ho dato fuoco alla casa di mia madre. È già un dramma, tutto ciò di cui avremmo bisogno sarebbe un cast di ragazze con troppo trucco e vestiti scomodi e faremmo un successone." Rispondo ironicamente.
"Continuo a non capire perché queste cose vogliono farti restare qui." I suoi occhi tristi mi studiano. "Lontano da me, è questo che vuoi fare, non è vero? Vuoi stare lontano da me." Dice l'ultima parte come se sapesse la verità.
"Non è questo." Non so come esprimere i miei pensieri, è sempre stato il mio più grande fottuto problema. "Penso solo che se passassimo un po' di tempo separati, tu potresti capire cosa ti sto facendo. Guardati." Si acciglia, ma mi costringo a continuare. "Te la stai vedendo con problemi che non dovresti mai affrontare se non fosse per me. Hai già troppe cose a cui pensare per conto tuo."
"Non ti azzardare a comportarti come se lo stessi facendo per me." La voce fredda come il ghiaccio. "Sei la persona più autodistruttiva del mondo e questo è l'unico motivo dietro tutto ciò."
E' vero. So che è vero. È ciò che faccio, ferisco le altre persone e poi ferisco me stesso prima che lo possa fare qualcun altro. Sono un casino, è così e basta.
"Sai cosa?" Dice, dopo avermi dato abbastanza tempo per rispondere, "Va bene. Ti lascerò ferirci entrambi in questa tua missione di auto privazio-" Le mie mani sono sui suoi fianchi attirandola sulle mie gambe prima che possa finire.
Cerca di scendermi da dosso, graffiandomi le braccia quando non la lascio muovere di un centimetro.
"Se non vuoi stare con me allora togliti di dosso." E' nera di rabbia. Niente lacrime, solo rabbia. Questa la posso gestire, sono le lacrime che mi uccidono.
"Smettila di combattermi." Insisto, raccogliendo entrambi i suoi polsi dietro la sua schiena e tenendoli in una sola mano.
"Non puoi fare così ogni volta che qualcosa ti ferisce. Non puoi decidere che sono troppo per te!" Mi urla in faccia. La ignoro e porto la bocca sulla curva del suo collo. Il suo corpo sussulta di nuovo, stavolta per il piacere, non per la rabbia.
"Smettila." Dice, assolutamente senza alcuna convinzione. Sta cercando di negarsi a me perché pensa che è ciò che deve fare, ma sappiamo entrambi che questo è ciò di cui abbiamo bisogno entrambi. Abbiamo bisogno di quella connessione fisica che ci porta ad una profondità emotiva che nessuno dei due può spiegare né negare.
"Ti amo, lo sai che ti amo." Succhio la pelle sensibile alla base del suo collo, dilettandomi del rosa che si forma a causa dell'aspirazione delle mie labbra. Continuo a succhiare e mordicchiarle la pelle, abbastanza da creare un gruppetto di segni, ma non forte abbastanza da farli restare più di qualche secondo.
"Di sicuro non lo dai a vedere." La voce roca e i suoi occhi seguono la mia mano libera mentre si muove sulla sua coscia esposta. Ha il vestito raccolto in vita nel modo più sexy possibile.
"Tutto ciò che faccio lo faccio perché ti amo. Anche le cose stupide." Raggiungo il merletto del suo intimo, facendola ansimare quando passo un singolo dito sull'umidità che si è già formata tra le sue cosce. "Sempre così bagnata per me, persino adesso." Spingo due dita in lei, facendola gemere e piegare la schiena contro il volante. Indietreggio ancora di più il sedile.
"Non puoi distrarmi con-" Tolgo le dita da lei e le immergo di nuovo, fermando le parole prima che possano cadere dalle sue labbra.
"Sì, piccola, posso." Porto le labbra al suo orecchio, "La smetterai di combattermi se ti lascio le mani?" Le chiedo. Annuisce. Nel momento in cui lo faccio, le porta tra i miei capelli. Affonda le dita nel loro disordine e io le abbasso il vestito con una mano.
Il reggiseno di pizzo bianco è peccaminoso nonostante il colore sacro. Tessa, con i suoi capelli biondi e il suo completo bianco si scontra nel più ovvio dei modi con i miei capelli scuri e vestiti neri. C'è qualcosa di così fottutamente erotico nel contrasto, l'inchiostro sul mio polso mentre le mie dita spariscono di nuovo in lei, tra la pelle chiara e pulita delle sue cosce, nel modo in cui i suoi leggeri gemiti e ansimi riempiono l'aria mente i miei occhi si spostano spudoratamente lungo il suo corpo e di nuovo sul suo seno.
Stacco gli occhi dalle sue tette perfette abbastanza a lungo da squadrare il parcheggio. I finestrini sono oscurati, ma ho bisogno di assicurarmi che siamo ancora soli da questa parte della strada. Le slaccio il reggiseno con una mano e rallento i movimenti dell'altra. Lei emette un verso di protesta e io non mi disturbo a nascondere il sorriso sul mio viso.
"Per favore." Mi prega affinché continui.
"Per favore cosa? Dimmi cosa vuoi." La persuado nel modo in cui ho sempre fatto sin dall'inizio della nostra relazione. Ho sempre avuto quella sensazione per cui se lei non dicesse le parole ad alta voce, non potevano essere vere. Che non fosse possibile che mi volesse come la voglio io.
"Toccami." Abbassa un braccio e rispinge la mia mano tra le sue cosce. È turgida e in attesa e fottutamente bagnata, che mi vuole, che mi necessita, e io la amo fottutamente più di quanto lei stessa potrebbe mai comprendere.
Ho bisogno di questo, ho bisogno che lei mi distragga, mi aiuti a scappare da tutte queste porcherie, anche se solo per poco.
Le do ciò che vuole e lei geme il mio nome in approvazione, tirandosi il labbro tra i denti. Porta una mano sotto la mia per prendermi attraverso i jeans. Sono così eccitato da far male e Tessa che mi tocca e stringe gentilmente non aiuta.
"Voglio scoparti, adesso. Devo." Dico, facendo scorrere la lingua su uno dei suoi seni. Annuisce, i suoi occhi ruotano all'indietro quando succio sulla punta sensibile, mentre le massaggio l'altro seno con la mano che non è tra le sue cosce.
"Harry." Geme. Le sue mani sono impazienti di liberarmi dai miei jeans e boxer. Alzo abbastanza i fianchi perché riesca ad abbassarmi i pantaloni lungo le cosce. Ho ancora le dita sepolte in lei, muovendomi lentamente, giusto abbastanza da farla fottutamente impazzire. Tolgo le dita da lei e le porto sulle sue labbra gonfie, premendole nella sua bocca. Succhia, la lingua che si muove lentamente lungo di esse e io quasi ringhio, allontanandole velocemente prima di venire solo a causa loro. La alzo da i fianchi e la riabbasso su di me.
Condividiamo lo stesso gemito di sollievo, entrambi disperati l'uno per l'altra. "Non dovremmo stare separati." Dice, tirandomi dai capelli finché la mia bocca non è sullo stesso livello della sua.
"Dobbiamo per forza." Dico, mentre lei a ruotare i fianchi. Cazzo.
"Non ti costringerò a volermi. Non più." Tessa si alza lentamente. Inizio ad entrare nel panico ma perdo tutti i miei pensieri appena si riabbassa su di me e poi ripete gli stessi torturanti movimenti.
"Io ti voglio." Respiro nella sua bocca, la sua lingua ruota intorno alla mia, prendendo il controllo. "Ti voglio fottutamente sempre, lo sai." Un suono basso mi squarcia il petto quando velocizza i suoi movimenti. Porca troia. Mi ucciderà.
"Mi stai lasciando." Struscia la lingua sul mio labbro inferiore e io abbasso una mano dove i nostri corpi sono connessi e porto il suo clitoride gonfio tra le mie dita.
"Ti amo." Non riesco a trovare altre parole e lei si ritrova zittita dal mio pizzicare e strofinare il suo sensibile bocciolo di nervi.
"Oddio." La sua testa cade sulla mia spalla e avvolge le braccia intorno al mio collo. "Ti amo." Praticamente singhiozza mentre viene intorno a me. La seguo immediatamente, riempendola con ogni mia goccia, letteralmente e metaforicamente.
Passano minuti di silenzio tra di noi e io tengo gli occhi chiuse e le braccia avvolte intorno a lei. Siamo entrambi coperti di sudore, il calore che continua a riversarsi dalle ventole, ma non voglio lasciarla abbastanza tempo da riuscire a spegnerlo.
"Cosa stai pensando?" Le chiedo alla fine. Ha la testa poggiata sul mio petto, il respiro lento e stabile.
Non apre gli occhi quando risponde, "Che vorrei poter stare con te per sempre."
Per sempre. Ho mai voluto qualcosa in meno con lei?
"Anch'io." Dico, vorrei poterle promettere un futuro che merita.
Il telefono di Tessa vibra sul cruscotto e io mi allungo per prenderlo, spostando il suo corpo con il mio. "E' Kimberly." Glielo passo.
Due ore dopo, stiamo bussando sulla porta della stanza dell'hotel di Kimberly. Quando vedo l'aspetto di Kimberly sono quasi convinto che siamo alla stanza sbagliata. Ha gli occhi gonfi e non ha neanche un po' di trucco. Mi piace di più così, ma sembra talmente distrutta in questo momento, come se avesse pianto per giorni. Probabilmente è così.
"Entrate. È stata una lunga mattinata." Dice, il suo normale atteggiamento impertinente completamente assente. Tessa la abbraccia immediatamente, avvolgendo le braccia intorno alla vita della sua amica, e Kimberly inizia a piangere.
Mi sento incredibilmente a disagio in piedi sulla porta e nonostante il fatto che Kim mi irriti da morire, so che non è il tipo a cui piace un pubblico mentre è in uno stato così vulnerabile. Le lascio nel salotto della suite e mi siedo in cucina.
Mi verso una tazza di caffè e fisso il muro finché i singhiozzi nell'altra stanza non si trasformano in voci smorzate. Terrò le mie distanza per ora.
"Mio papà torna?" Il bambino dagli occhi verdi si siede sulla sedia di plastica a fianco a me. Non l'avevo neanche sentito avvicinarsi.
"Sì. Penso di sì." Faccio spallucce, fissando intensamente il muro. Dovrei proprio dirgli che fottuto grandioso uomo è suo padre.. nostro padre, in realtà.
Porca puttana. Questo bambino è il mio fottuto fratello. Non riesco a capacitarmene.
"Kimberly ha detto che è nei guai ma che può pagare per liberarsene. Cosa significa?" Non riesco a fermare la risata dalla mia bocca per l'invadente origliare e minuzioso interrogare.
"Sono sicuro che è così." Mormoro. "Intende semplicemente che sarà presto fuori dai guai. Perché non vai da Kimberly e Tessa?" Mi brucia il petto al suono del suo nome appena esce dalla mia bocca.
"Sono arrabbiati con te. Soprattutto Kimberly, ma è più arrabbiata con mio padre, quindi dovresti essere apposto." Mi dice.
"Imparerai che le donne sono sempre arrabbiate." Informo il bambino.
"A meno che non muoiano come mia madre." Mi si spalanca la bocca e lo guardo.
"Non dovresti dire queste cose. Le persone lo troveranno.. strano."
Fa spallucce come per dire che le persone lo trovano già strano. Suppongo sia vero.
"Mio papà è gentile, non è cattivo." La sua scelta causale di parole mi fa tener pronto a scappare a gambe levate.
"Okay?" Fisso il tavolo.
"Mi porta in un sacco di posti e mi dice cose carine." Poggia un pezzo di treno giocattolo sul tavolo. Cos'ha questo bambino per i treni?
"E?" Ingoio le sensazioni che arrivano con le sue parole. Perché me ne sta parlando adesso?
"Porterà anche a te nei posti, e ti dirà cose carine."
"Perché dovrei volerlo?" Gli chiedo, i suoi occhi verdi mi dicono che sa molto di più di quanto pensassi.
"Tu non vuoi che io sia tuo fratello, vero?" Mi chiede. Dannazione. Cerco disperatamente Tessa, sperando che arrivi e mi salvi da quest'imbarazzante conversazione. Lei saprebbe esattamente cosa dire.
"Non l'ho mai detto."
"Non ti piace mio papà." Dice. Tessa e Kimberly entrano in cucina prima che debba rispondergli. Grazie a Dio.
"Stai bene, tesoro?" Chiede Kimberly al bambino. Non parla, annuisce e si porta il piccolo vagone nell'altra stanza.

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