Capitolo 279

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POV di Tessa.
"Tessie! Qui, vieni qui!" Mi chiama mio padre dal corridoio, l'emozione chiara nella voce alta. Scendo dal mio piccolo letto e corro in salotto. A causa della fretta, quasi inciampo nei lacci sciolti della vestaglia, quindi li riallaccio mentre entro nella stanza. Mia madre e mio padre sono in piedi vicino ad un bellissimo albero illuminato. Ho sempre amato il Natale.
"Guarda, Tessie, ti abbiamo preso un regalo. So che ormai sei grande, ma l'ho visto e ho dovuto comprartelo." Mio padre sorride e mio madre si appoggia a lui. Grande? Abbasso lo sguardo sui miei piedi, cercando di decifrare le sue parole. Non sono grande, o almeno non penso.
Mi passano una piccola scatole e io strappo impazientemente il fiocco lucente dal regalo. Adoro i regali. Non ne ricevo spesso, quindi quando succede, per me è una cosa speciale.
L'emozione di mia madre mi sorprende, non l'ho mai vista sorridere così e mio padre, beh, ho la sensazione che non dovrebbe essere qui, ma non riesco a ricordare come mai.
"Sbrigati ad aprirlo!" Dice mio padre, mentre alzo il coperchio dalla scatola. Infilo una mano dentro, ma la ritiro quando sento qualcosa pungermi il dito. Quasi impreco per il dolore, facendo cadere la scatola a terra. Un ago ricade sul tappeto. Quando rialzo lo sguardo sui miei genitori, la pelle di mio padre ha perso colore e ha gli occhi vuoti.
Il sorriso di mia madre è di nuovo luminoso, più luminoso che mai, mentre mio padre si piega per prendere l'ago da erra. Fa un passo verso di me, tenendolo in mano e io cerco di indietreggiare, ma i miei piedi non si muovono. Non si muovono, a prescindere da quanto mi impegni, sono indifesa, posso solo urlare, mentre lui spinge l'ago nel mio braccio.
...
"Tessa!" La voce di Liam è frenetica, alta e terrorizzata, mentre mi scuote le spalle. In qualche modo, mi siedo, sentendo la maglietta pregna di sudore. Lo guardo, prima di portare lo sguardo sul mio braccio, cercando dei buchi al suo interno come una lunatica.
"Stai bene?" Mi chiede. Respiro a fatica, mi fa male il petto mentre mi sforzo di cercare dell'aria e la mia voce. Scuoto la testa e lui stringe la presa sulle spalle. "Ti ho sentito urlare, quindi-" Viene interrotto da Harry che si precipita nella stanza. Ha le guance profondamente arrossate e gli occhi selvaggi.
"Che è successo?" Sposta Liam da me e si siede lui. "Ti ho sentito urlare, che è successo?" Porta le mani sulle mie guance e mi ripulisce i segni delle lacrime rimasti.
"Non lo so, ho fatto un sogno." Riesco a dire.
"Che tipo di sogno?" La voce quasi un sussurro, mentre i pollici continuano a strofinarmi, lentamente, la pelle sotto gli occhi.
"Come i tuoi." Rispondo, la voce ugualmente bassa.
Rilascia un sospiro, accigliandosi. "Da quando? Da quando hai questo genere di sogni?"
Mi prendo un momento per raccogliere le idee, prima di dire, "Solo da quando l'ho trovato, ed è successo solo due volte. Non so da dove provengono."
Si passa una mano tra i capelli con aria stressata e il cuore mi si ritorce alla vista del gesto familiare. "Beh, sono sicuro che trovare il cadavere del proprio padre causerebbe a chiunque-" Si blocca. "Scusa, cazzo, ho bisogno di un filtro." Sospira, frustrato.
"Hai bisogno di qualcosa? Acqua?" Sposta gli occhi dai miei, guardando il comodino. "Ho la sensazione di averti offerto dell'acqua un miliardo di volte negli ultimi giorni." Cerca di sorridere, ma è sforzato, persino triste.
"Ho solo bisogno di tornare a dormire." Gli assicuro.
"Resto?" Metà ordina, metà chiede.
"Non penso.." La mia voce si affievolisce e guardo Liam. Avevo quasi dimenticato fosse in camera con noi.
"Non c'è problema." Harry fissa il muro dietro la mia testa. "Capisco." Quando scrolla le spalle, sconfitto, mi ci vuole tutta la mia forza di volontà, ogni grammo di amor proprio per non avvolgere le braccia intorno al suo collo e pregarlo di dormire con me. Ho bisogno del suo conforto, ho bisogno delle sue braccia intorno alla vita e la testa sul suo petto, per addormentarmi. Ho bisogno che nel sonno mi dia quella pace che io ho sempre dato a lui, ma non è più il porto sicuro su cui facevo affidamento. Ma in realtà, lo è mai stato? È stato fuori e dentro, sempre fuori portata, in fuga costante da me e dal nostro amore. Non posso inseguirlo di nuovo, semplicemente non ho la forza di inseguire qualcosa di così inarrivabile, così irrealistico.
Quando riesco a liberarmi dai miei pensieri, è rimasto solo Liam in camera. "Spostati un po'." Istruisce silenziosamente. Lo faccio e mi addormento pentendomi di aver precedentemente desiderato di essere stata lontana da Harry.
Anche nel mezzo dell'inevitabile tragedia che era la nostra relazione, non cancellerei neanche un secondo. Non lo rifarei, ma non mi pento neanche di un momento passato con lui.
POV di Harry.
Qui il tempo è migliore che a Pullman. Non piove e stranamente, è uscito un po' di sole. Siamo ad Aprile, era ora che arrivasse il sole.
Tessa è in cucina con Karen e quella Sarah da tutto il giorno. Sto cercando di dimostrarle che posso darle spazio, che posso aspettare che sia pronta a parlare con me, ma è più difficile di quanto avessi immaginato. Ieri notte è stata difficile per me, davvero dannatamente difficile, vederla così turbata, così impaurita. Odio il fatto che le abbia trasmesso i miei incubi. Se potessi, me li riprenderei.
Quando Tessa era mia, dormiva sempre pacificamente. Era la mia ancora, il mio conforto nella notte, combatteva i miei demoni per me, quando ero troppo debole, troppo impegnato ad autocommiserarmi, per aiutarla a battagliarli. Lei era lì, scudo alla mano, a combattere ogni immagine che minacciava la mia mente incasinata. Ne ha sostenuto il peso da sola, ed è questo che alla fine l'ha rotta.
Lei è ancora mia, semplicemente non è pronta ad ammetterlo. Dev'essere così. Non esiste altra opzione.
Parcheggio l'auto davanti casa di mio padre. L'agente immobiliare ha cercato di rompermi il cazzo, quando gli ho detto che mi sarei trasferito. Mi ha raccontato delle cazzate sul farmi pagare due mesi per aver rotto il contratto, ma gli ho attaccato il telefono in faccia. Non mi interessa cosa devo pagare, non ho più intenzione di vivere lì. So che è una decisione compulsiva e non è che abbia esattamente un altro posto dove vivere, ma spero di poter restare a casa di Ken per qualche giorno con Tessa, finché riuscirò a convincerla a trasferirsi a Seattle con me.
Sono pronto. Sono pronto a vivere a Seattle, se è questo che vuole e la mia proposta di matrimonio non va da nessuna parte. Non questa volta. Sposerò quella ragazza e vivrò a Seattle fino alla morte, se è quello che vuole, se la rende felice.
"Per quanto resterà quella ragazza?" Chiedo, indicando la Prius parcheggiata a fianco all'auto di Liam. È stato piuttosto figo da parte sua offrirsi di prendere la mia, soprattutto dopo che l'ho fatto una merda per aver dormito in camera con Tessa. Non sarei riuscito ad aprire la porta, ha detto, ma io l'avrei buttata a terra, se avessi dovuto.
L'idea dei due che condividono un letto mi sta facendo impazzire da quando l'ho visto lasciare la stanza di lei stamattina. Ho ignorato la sua espressione perplessa quando mi ha visto mezzo addormentato seduto a terra fuori dalla sua porta.
Ho cercato di addormentarmi nel letto vuoto della stanza a me assegnata, ma non ci riuscivo. Dovevo starle più vicino, giusto nel caso fosse successo qualcosa e urlasse di nuovo. Almeno questo è quello che continuavo a dirmi mentre cercavo in tutti i modi di restare sveglio nel corridoio, per tutta la notte.
"Non lo so. Più avanti nella settimana, tornerà a New York." La sua voce risulta dannatamente acuta e goffa. Che diavolo?
"Che c'è?" Gli chiedo, mentre entriamo in casa.
"Niente." Arrossisce, mentre lo seguo in salotto. Tessa è a fianco alla finestra, fissando il vuoto, mentre Karen e mini Karen ridono. Perché Tessa non sta ridendo? Perché non è almeno coinvolta nella conversazione?
"Eccoti!" La donna sorride a Liam. È abbastanza carina, niente in confronto alla bellezza di Tessa, ma di certo non è male. Lui arrossisce mentre lei gli si avvicina, un pasticcino in mano, e tutto a un senso.
Perché non me ne sono accorto prima? Cazzo, gli piace! Un milione di battute e commenti imbarazzanti mi inondano la mente e devo letteralmente mordermi la lingua per fermarmi dal torturarlo con questa informazione.
Ignoro l'inizio della loro conversazione e vado verso Tessa. Lei non sembra notare la mia presenza, finché non sono direttamente davanti a lei.
"Che succede?" Le chiedo. C'è una linea sottile tra lo spazio e.. beh.. il normale comportamento e sto cercando di fare del mio meglio per trovare un buon equilibrio, ma è difficile rompere le abitudini.
So che se le do troppo spazio, si allontanerà da me, ma se la soffoco, scapperà. È una cosa nuova per me, un territorio completamente inesplorato. Odio ammetterlo, ma mi ero un po' troppo abituato al fatto che lei fosse il mio sacco da boxe. Mi odio per come l'ho trattata e so che lei merita di meglio, ma io ho bisogno di quest'ultima occasione per diventare un'altra persona.
No, devo essere me stesso, solo una versione che sia degna del suo amore.
"Niente, stiamo solo cucinando. Il solito." Un sorriso lieve le increspa le labbra e io le sorrido. Questi piccoli segni d'affetto, questi minuscoli indizi di adorazione verso di me infiammano le mie speranza. Speranze che sono nuove e fuori dalla mia zona di sicurezza, ma passerò felicemente il mio tempo a cercare di comprenderle.
Tessa si unisce alla conversazione con Karen e Sandra e dopo pochi secondi, io e Liam veniamo dimenticati e lasciato soli in salotto.
"Ribolli di passione per lei, eh?" Lo accuso, appena sono sicuro che le donne non possano sentirci.
"Quante volte te lo devo dire, io e Tessa siamo solo amici. Pensavo l'avessi capito solo avermi insultato per un'ora, stamattina." Fa un sospiro infastidito ed esageratamente drammatico, guardandomi torvo.
"Non Tessa, Sarah." Chiarisco.
"Si chiama Sophia."
"E' uguale." Faccio spallucce.
"No." Alza gli occhi al cielo. "Non lo è. Ti comporti come se non riuscissi a ricordarti il nome di nessuna donna a parte Tess."
"Tessa." Lo correggo con un cipiglio. "E non ho bisogno di ricordare il nome di nessun'altra donna."
"E' irrispettoso. Chiami Sophia con ogni nome che inizi per S, tranne il suo e mi faceva impazzire quando chiamavi Danielle, Delilah."
"Sei irritante." Commento e mi siedo sul divano, sorridendo al mio fratel-.. non è più il mio fratellastro. Non lo è mai stato.
"Anche tu." Combatte un sorriso. Gli importerebbe se lo sapesse? Probabilmente no, sarebbe sollevato dal fatto che non siamo imparentati, neanche dal matrimonio.
"So che ti piace, ammettilo." Lo tormento.
"No, non mi piace. Non la conosco nemmeno." Distoglie lo sguardo. Beccato.
"Sarà a New York con te, che romantico." Tiro le labbra tra i denti per soffocare una risata alla vista della sua espressione inorridita.
"La smetti? È molto più grandi di me e fuori dalla mia portata."
"E' troppo sexy per te, ma chi lo sa? Magari sta cercando un uomo più giovane." Scherzo. "Quanti anni ha?"
"Ventiquattro. Lascia stare." Mi supplica e io decido di farlo. Potrei continuare all'infinto, ma ho comunque altre cose su cui concentrarmi.
"Mi trasferirò a Seattle." Gli dico. Mi sento quasi emozionato a dire ad alta voce la notizia. Quasi.
"Cosa?" Si avvicina, un po' troppo sorpreso.
"Sì, vedrò cosa può fare Ken per aiutarmi a finire il semestre a distanza e comprerò un appartamento a Seattle per me e Tessa. Ho già rinunciato al pacchetto laurea, quindi non dovrebbe essere un gran problema."
"Cosa?" Gli occhi di Liam guizzano via dai miei. Non ha sentito quello che ho appena detto?
"Non lo ridico. So che mi hai sentito."
"Perché adesso? Tu e Tessa non state insieme e lei-"
"Lo saremo, lei ha solo bisogno di un po' di tempo per pensarci, ma mi perdonerà, lo fa sempre. Vedrai." Appena le parole lasciano la mia bocca, alzo lo sguardo e vedo Tessa sull'entrata, un cipiglio profondo sul suo bellissimo viso. Cazzo.
Gira i tacchi e torna in cucina senza una parola.
"Cazzo." Chiudo gli occhi e poggio la testa sullo schienale del divano, imprecandomi contro per il mio pessimo tempismo.
POV di Tessa.
"New York è la città migliore del mondo. È incredibile. Vivo lì da cinque anni ormai e non l'ho ancora vista tutta." Dice Sophia, strofinando una teglia in cui ho bruciato un infornata. Non stavo prestando attenzione, ero troppo persa nella mia testa per notare il fumo che usciva dal forno. È stato solo quando Karen e Sophia sono venute di corsa dalla dispensa, che me ne sono resa conto.
"Seattle è la città più grande in cui sia mai stata, ma sono pronta per New York. Devo andarmene da qui." Dico loro. Mentre pronuncio le parole, il volto di Harry non va via dalla mia mente.
"Beh, io vivo vicino alla NYU, quindi posso farti fare un giro, se vuoi. È sempre buono conoscere qualcuno, soprattutto in una città tanto grande."
"Grazie." Le dico, pensandolo davvero. Ci sarà anche Liam, ma lui si sentirà perso proprio quanto di sicurò mi sentirò io, quindi potrebbe ad entrambi essere utile un'amica che conosce il posto. Il pensiero di vivere a New York City è così intimidatorio che mi sento quasi sopraffatta, ma sono sicura che tutti si sentono così prima di trasferirsi dall'altra parte del paese. Se Harry venisse con me..
Scuoto la testa per liberarmi del pensiero inutile. Non sono neanche riuscita a convincerlo a trasferirsi a Seattle per me, mi riderebbe in faccia se gli chiedessi di venire a New York.
"Beh." Sorride Karen, alzando il suo bicchiere di latte verso il mio, "Un brindisi a New York e alle nuove avventure!" Dice, entusiasta. Anche Sophia alza il suo bicchiere e mentre brindiamo, io non riesco a smettere di ripetermi le parole di Harry in mente.
"Mi perdonerà, lo fa sempre. Vedrai." Ha detto a Liam. La paura di trasferirmi dall'altra parte del paese diminuisce con ogni sua parola pronunciata a ripetizione attraverso i miei pensieri, ogni sillaba è uno schiaffo in pieno viso al minuscolo frammento di dignità che mi è rimasto.

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