Capitolo 293

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POV di Harry.
Complicazioni.
La vita ne è piena, la mia sembra esserne fottutamente soffocata, traboccante, si riversano oltre l'orlo in un'ondata infinita. Onda su onda di complicazioni si scontrano con i momenti e le cose più importanti della mia vita, ma questo è uno di quei momenti in cui non posso permettermi di affogare.
Se resto calmo, se resto fottutamente calmo e cerco di spiegarle, posso trattenere il maremoto che è destinato ad irrompere in questo piccolo salotto a momenti.
Riesco a vederlo prepararsi dietro il grigio dei suoi occhi. Riesco a vedere la confusione turbinare con la rabbia, producendo un violento temporale, proprio come il mare prima che i fulmini si infrangano e i tuoni rimbombino. L'acqua è calma, riposata, a malapena increspata sulla superfice: Tessa è uguale al momento.
È in piedi, un foglio bianco stretto tra le mani tremanti e l'espressione minacciosa, una sorta di avvertimento del pericolo incombente.
Sinceramente, non ho la più fottuta idea di cosa dirle, da dove iniziare. È una storia talmente complicata e io sono la merda più totale a risolvere i problemi. Devo regolarmi, devo sforzarmi per cercare di plasmare e modellare le parole, per formare una spiegazione che la bloccherà dal fuggire, di nuovo.
"Che cos'è?" Porta gli occhi su un foglio, prima di buttarlo in aria con una mano e stropicciare gli angoli della piccola pila rimasta nella sua presa.
"Tessa." Faccio un passo cauto verso di lei.
"Non fare un altro passo verso di me." L'espressione dura, protetta in un modo a cui non sono abituato, mentre i suoi piedi si trascinano all'indietro.
"Ho bisogno che mi ascolti." La supplico, osservando la sua espressione annebbiata. Mi sento una merda, completamente e totalmente una merda. Eravamo appena tornati ad essere noi e io ero finalmente riuscito a tornare da lei, e adesso questo.
"Oh, ti sto ascoltando." La voce alta, il tono sarcastico.
"Non so da dove iniziare, dammi solo un minuto per spiegarti."
Mi passo le dita tra i capelli, tirandone le radici, vorrei poter scambiare il suo dolore con il mio e strapparmi i capelli dalla testa. Sì, un'immagine incasinata.
Tessa è in piedi, pazientemente impaziente, gli occhi che si spostano da pagina a pagina. Le sue sopracciglia si alzano e abbassano, gli occhi si stringono e si allargano, quando inizio.
"Smetti di leggere." Faccio un passo e prendo il manoscritto dalle sue mani. I fogli cadono a terra, raggiungendo il resto delle cazzate ai suoi piedi.
"Spiega. Adesso." Incalza, gli occhi freddi, un grigio fragoroso che sinceramente mi terrorizza.
"Okay, okay." Mi muovo sui talloni. "Okay, è un po' di tempo che scrivo." Confesso.
"Quanto tempo?" Fa un passo verso di me. Mi sorprendo di sentire che il mio corpo reagisce come se avesse paura di lei.
"Molto tempo." Cerco di evitare la verità.
"Me lo dirai, e me lo dirai adesso."
"Tess."
"Non ci provare, Harry. Non sono la stessa ragazzina che hai incontrato un anno fa. Dimmelo adesso o vattene da qui." Mette intenzionalmente un piede su un foglio, ma non riesco a trovare la forza per biasimarla. "Beh, non posso cacciarti perché è casa di Liam, ma me ne vado io, se non mi spieghi. Adesso." Aggiunge, dimostrando che, nonostante la rabbia, è sempre dolce.
"Scrivo da molto tempo, sin dall'inizio della nostra storia, ma non avevo nessuna intenzione di farci qualcosa. Era solo uno sfogo, usare la carta per cercare di capire cosa cazzo stesse succedendo nella mia testa, ma poi ho avuto quest'idea."
"Quando?" Preme un dito contro il mio petto, colpendomi in un modo che lei deve pensare essere forte, ma non potrebbe sbagliarsi di più. Comunque non glielo dirò, non adesso.
"E' iniziata dopo che ci siamo baciati."
"La prima volta?" Apre le mani, premendomele contro il petto, e io avvolgo le dita intorno ad esse mentre mi spinge. "Ti stavi prendendo gioco di me." Tira le mani dalle mie e se le infila tra i capelli lunghi.
"No, per niente! Non era così!" Cerco di non alzare la voce, ma fallisco.
"Poteva a malapena sopportare il suono della sua voce, alle due del mattino." Imita rabbiosamente.
Mi ci vuole un secondo per riconoscere le parole. "Non parlava di te, quella parte non riguardava te, te lo giuro."
"Davvero, Harry? Non riguardava me? Da chi altro tornavi a casa alle due del mattino?"
"Beh, riguardava te, ma non ero io che parlavo. A quel punto, stavo solo scrivendo merdate, sai che la mia testa era incasinata al tempo."
"Quindi.." Mi lancia un'occhiataccia. "Quindi hai scritto cose orribili su di me, abbastanza da riempire un intero libro di cui non sapevo niente, e a me dovrebbe andare bene perché tu avevi dei casini nella testa? Non mi importa in che stato fosse la tua testa, non è una scusa per avermelo nascosto finora." Inizia a camminare avanti e indietro nel piccolo salotto, rabbia fumante e turbinante.
Serra le mani lungo i fianchi, prima di alzarle in aria, di nuovo. "Così tanti segreti, troppi segreti. Ho chiuso."
"Hai chiuso?" Resto a bocca aperta. Il suo corpo continua a muoversi senza sosta per la stanza. "Parlami, dimmi come ti senti riguardo tutta questa situazione."
"Come mi sento?" Scuote la testa, gli occhi selvaggi. "Mi sento come se questa sia stata una sveglia, la corda che mi ha riportato alla realtà e lontano dalle ridicole speranze degli ultimi pochi giorni. Questi siamo noi." Sventola una mano avanti e indietro. "C'è sempre una bomba in attesa di esplodere, e non sono tanto stupida da restare ad aspettare di essere distrutta. Non più."
"Non è una bomba, Tessa. Ti comporti come se avessi scritto quelle cose appositamente per ferirti."
Apre la bocca per parlare, prima di chiuderla di nuovo, in mancanza di parole, sono sicuro. Quando si riprende, dice: "E esattamente, come pensavi mi sarei sentita quando l'avessi scoperto? Sapevi alla fine sarebbe successo, perché non me l'hai detto e basta? Odio questa sensazione."
"Che sensazione?" Le chiedo, cauto.
"Questa sensazione, questo bruciore nel petto quando tu fai cose del genere, e lo odio. Non mi sentivo così da tanto tempo e non avrei mai voluto riprovarlo, eppure eccoci qui." Il suono della sconfitta è chiaro nella sua voce leggera, sento i brividi formarsi sulla pelle quando si gira e mi da le spalle.
"Vieni qui." Le prendo il braccio e l'attiro quanto più vicino possibile mi permetta. Incrocia le braccia davanti al petto quando la schiaccio contro il mio.
Non mi combatte, ma neanche mi abbraccia. Resta ferma, e non sono sicuro il peggio sia passato. "Dimmi cosa senti." La mia voce esce fuori goffa e bassa. "Cosa pensi."
Lei spinge di nuovo contro il mio petto, con meno forza stavolta, quindi la lascio andare. Si piega e prende una delle pagine.
All'inizio avevo iniziato a scrivere come una forma di espressione e sinceramente, perché non sapevo più cosa leggere. Mi dividevo tra libri e Tessa, Theresa Young al tempo, e iniziava ad intrigarmi. Iniziava ad irritarmi e a farmi incazzare e mi ritrovavo a pensare a lei sempre più spesso.
Quando c'era lei nella mia testa, sembrava non esserci spazio per nient'altro. Era diventata un'ossessione e io mi convinsi fosse parte del gioco, in realtà sapevo non era la verità, ma non ero pronto ad ammetterlo. Ricordo come mi sentii la prima volta che la vidi, come erano imbronciate le sue labbra e come rabbrividii per i suoi vestiti.
La gonna toccava il pavimento e il fatto che portasse delle scarpe basse facevano in modo che quella dannata cosa si trascinasse su di esso. "Uhm, sì.. mi chiamo Tessa." Aveva lo sguardo basso quando disse il suo nome per la prima volta e ricordo che pensai avesse un nome strano, dopo di che, non prestai più molta attenzione. Niall fu carino nei suoi confronti, ma io mi sentivo irritato dal modo in cui mi guardava, giudicandomi con quei suoi occhi grigi.
Era un tormento quotidiano, anche quando non mi parlava, soprattutto quando non mi parlava.
"Mi stai almeno ascoltando?" La sua voce interrompe i miei ricordi, quindi la guardo, trovandola di nuovo fumante per la rabbia.
"Io.." Esito.
"Non mi stavi neppure ascoltando." Mi accusa, giustamente. "Non posso crederci. È questo che facevi tutte le volte che tornavo a casa e ti vedevo nascondere via quel raccoglitore, lo stesso che ho trovato nell'armadio giusto prima di trovare mio padre.."
"Non cercherò delle scuse, ma la metà delle merdate là dentro è spazzatura, completamente."
"Spazzatura?" I suoi occhi squadrano il foglio che ha in mano. "Non reggeva l'alcol, barcollava per la stanza in modo caotico, nel modo in cui quelle ragazze slavate si muovono quando bevono troppo per impressionare gli altri."
"Smetti di leggere quella merda." Le tiro via il foglio, ma lei lo recupera velocemente.
"No! Non puoi scrivere la mia storia e dirmi che non posso leggerla. Non hai ancora spiegato nulla." Si muove per il salotto, prendendo una scarpa dal tappeto a fianco alla porta d'ingresso. Se le infila entrambe ai piedi e si sistema i pantaloncini.
"Dove stai andando?" Le chiedo, pronto a seguirla.
"A fare una passeggiata." Capisco che si sta mentalmente insultando per avermi dato anche la minima informazione.
"Vengo con te."
"No. Per niente." Ha le chiavi in mano e si raccoglie i capelli disordinati sulla testa, attorcigliandoli e legandoli di nuovo, nel tentativo di controllarli.
Senza una parola, esce dall'appartamento, sbattendo la porta dietro di sé.
Niente è stato assolto, niente è stato risolto. Il piano che avevo di controllare le complicazioni si è rivelato un fottuto disastro e adesso le cose sono persino più complicate. Mi inginocchio sul pavimento, costringendomi a non seguirla, buttarmela in spalla mentre scalcia e urla, e chiuderla a chiave nella sua camera finché non è pronta a parlarmi.
No, non posso farlo. Sarebbero mille passi indietro su tutti i "progressi" che ho fatto. Invece, raccolgo le pagine sfuse sul pavimento e rileggo alcune delle parole, cercando di ricordare perché, in primo luogo, ho deciso di provare a fare qualcosa con questa merda.
..
"Cos'è lì che continui a cercare di nascondere?" Niall si allungò verso di me, ficcanaso come sempre.
"Niente, amico, fatti i fatti tuoi." Dissi con tono minaccioso, guardando verso il cortile. Non sapevo quando avessi iniziato a sedermi lì ogni giorno, a quel preciso orario. Non aveva niente a che fare col fatto che Tessa e l'irritante Liam del cazzo si incontrassero in caffetteria ogni mattina. Assolutamente niente a che fare con quello.
Non volevo vedere quella ragazza odiosa. Proprio per niente.
"Ho sentito te e Molly nel corridoio ieri sera, bastardo malato." Niall diede un colpetto alla sigaretta per far scendere la cenere, facendomi una smorfia.
"Beh, io non volevo farla entrare nella mia stanza e lei non accettava un no come risposta." Risi, fiero del fatto che lei fosse tanto disposta a farmi un pompino in qualsiasi momento, persino nel corridoio a fianco alla mia stanza. Non dissi loro che però l'avevo rifiutata ed ero finito per farmi una sega pensando ad una certa bionda.
"Sei uno stronzo." Niall scosse la testa. "Non è uno stronzo?" Chiese a Louis, mentre si avvicinava al malandato tavolo da picnic.
"Sì, lo è." Louis allungò una mano per chiedere una sigaretta a Niall, mentre io cercavo di non guardare la ragazza con addosso quel sacco di patate in attesa dall'altra parte della strada.
"Uno di questi giorni, ti innamorerai e io me la riderò fottutamente a crepapelle. Sarai tu a prestare favori orali nel corridoio mentre la ragazza non ti permetterà di entrare nella sua stanza." Niall si divertiva da matti a prendermi in giro in quel modo, ma io lo sentivo a stento.
Perché lei si vestiva in quel modo? Mi ritrovo a chiedermi, mentre si arrotolava le maniche della maglietta fino ai gomiti. La guardai, penna in una mano, mentre si avvicinava, gli occhi fissi sul marciapiede davanti a lei, scusandosi fin troppe volte quando andò a finire addosso ad un gracile ragazzo, facendogli cadere un libro di mano.
Si piegò ad aiutarlo, scusandosi nuovamente. Gli sorrise e non potei evitare di ricordare quanto erano morbide le sue labbra quando la notte precedente mi aveva baciato con la forza. Ero fottutamente sorpreso, non l'avevo data come il tipo di ragazza che fa la prima mossa ed ero abbastanza sicuro avesse baciato solo il suo perdente palloso di un fidanzato, prima di me. I suoi ansimi e il modo in cui le sue mani erano così impazienti di toccarmi, l'avevano reso piuttosto chiaro.
"Allora, come va la scommessa?" Louis annuisce verso Tessa, mentre lei fa un grande sorriso quando vede Liam in tutta la sua gloria da nerd, zaino e tutto quanto.
"Niente di nuovo." Risposi immediatamente, coprendo il foglio davanti a me con un braccio. Come potevo sapere cosa stesse succedendo con quella ragazza pomposa e mal vestita? Mi aveva a malapena rivolto la parola da quando la sua folle mamma del cazzo e il suo palloso fidanzato del cazzo erano arrivati alla sua porta quel sabato mattina.
Perché c'era il suo nome scritto sui fogli? E perché sentivo di poter sciogliermi per il sudore se Louis non avesse smesso di guardarmi come se sapesse qualcosa che io non sapevo?
"Lei è irritante, ma almeno sembro piacerle più di Zayn."
"E' sexy." Dissero i due ragazzi contemporaneamente. "Se fossi una testa di cazzo, andrei contro entrambi. Tanto io sono comunque più bello." Scherzò Niall, condividendo una risata con Louis.
"Io non voglio averci niente a che fare con questa merda. È davvero fottutamente stupido, non ti saresti dovuto scopare la sua ragazza." Louis cercò di rimproverarmi.
"Ne è valsa la pena." Risi, riportando lo sguardo sul marciapiede dall'altra parte del cortile. Lei era sparita, quindi cambiai argomento, chiedendo della festa del fine settimana che stava per arrivare.
Mentre i due battibeccavano su quanti bariletti comprare, io mi ritrovai a scrivere di quanto lei sembrasse spaventata quel venerdì in cui quasi mi buttò giù la porta per scappare da quel verme, Neil, che ci aveva provato con lei. È un bastardo. Ero sicuro sarebbe rimasto incazzato con me per la bottiglia di candeggina che gli avevo versato sul letto il sabato sera. Non è che me ne fottesse qualcosa di lei, era per principio.
..
Dopo di ciò, le parole semplicemente hanno continuato a scriversi da sole. Non avevo nessun controllo e, con ogni interazione che avevo con lei, avevo più cose da dire. Sul modo in cui arricciava il naso per il disgusto quando mi aveva spiegato che odia il ketchup. Con ogni piccolo dettaglio che imparavo di lei, i miei sentimenti crescevano. Li ho negati per un bel po', ma c'erano.
Quando vivevamo insieme, era diventato più difficile scrivere, mi ritrovai a farlo molto meno spesso, ma quando succedeva, dopo nascondevo sempre tutto in una scatola di scarpe nell'armadio. Fino ad ora, non avevo idea che Tessa avesse trovato quella dannata cosa, ed eccomi qui, a chiedermi quando la smetterò di complicarmi la dannata vita.
Altri ricordi mi inondano la mente e vorrei semplicemente prenderla e infilarmela nella testa, così potrebbe leggere i miei pensieri e decifrare le mie intenzioni.
Se fosse nella mia testa, potrebbe vedere la conversazione che mi ha portato a New York City per un incontro con degli editori. Non era una cosa che avevo pianificato, è semplicemente successo. Ho scritto di così tanti momenti, così tanti momenti memorabili di noi. La prima volta che le ho detto di amarla, la seconda volta, quando non me lo sono rimangiato. Pensare a tutti quei momenti, mentre sistemo questo casino, è sopraffacente, ma non posso fermare i ricordi dal tornarmi alla memoria.
..
Ero poggiato al palo della porta da calcio, incazzato e contuso. Perché avevo iniziato a litigare con quei tizi nel mezzo di uno stupido falò del cazzo? Oh, già, perché Tessa se n'era andata con Zayn e lui mi aveva attaccato il telefono in faccia, lasciandomi con nulla se non il suo tono sarcastico e la consapevolezza che lei fosse nel suo appartamento.
Mi faceva impazzire più del dovuto. Volevo dimenticarmene, bloccare tutto fuori e provare dolore fisico invece dello sgradito bruciore di gelosia che sentivo. Se lo sarebbe scopato? Continuavo a pensare. Avrebbe vinto lui?
Si trattava ancora della vittoria? Non sapevo dirlo. Ad un certo punto, i confini si erano mescolati e non riuscivo esattamente a capire quando fosse successo, ma sapevo che ora era così, più o meno.
Mi ero seduto sul prato e mi stavo pulendo il sangue dalla bocca, quando Tessa si avvicinò a me. La mia vista era leggermente offuscata, ma lei era nitida, questo lo ricordo. Durante il tragitto verso casa di Ken, lei era frenetica, insicura, e si comportava come se io fossi una specie di animale con la rabbia.
Si concentrò sulla strada e chiese, "Mi ami?"
Ne fui sorpreso, diavolo, ne fui davvero fottutamente sorpreso e non ero preparato a rispondere a quella domanda. Avevo già dichiarato il mio amore per lei, poi me l'ero rimangiato, ed eccola lì, pazza come sempre, a chiedermi se l'amavo, mentre la mia faccia si gonfiava e riempiva di lividi.
Certo che l'amavo, chi cazzo volevo prendere in giro?
Evitai di rispondere a quella domanda per un po', finché non diventò inevitabile e mi ritrovai a riversare fuori le parole, "Sei tu. Sei tu la persona che amo di più al mondo." Confessai. Era vero, per quanto imbarazzante e scomodo fu ammetterlo, l'amavo e da lì in poi, capii che la mia vita non sarebbe mai più stata la stessa Dopo di lei.
Se lei mi avesse lasciato, se avesse passato il resto della sua vita assente dalla mia, non sarei comunque mai più tornato lo stesso. Mi aveva alterato, ed me ne stavo lì, con le nocche insanguinate e tutto, a desiderare di poter essere migliore per lei.
Il giorno seguente, mi trovai a dare a quelle pagine stropicciare e macchiate di caffè, un titolo. After.
..
Non ero comunque pronto né avevo davvero preso in considerazione l'idea di pubblicarlo, finché non ho fatto l'errore di portarlo ad una delle sessioni di terapia di gruppo qualche mese fa. Luke ha preso il raccoglitore da sotto la mia sedia di plastica mentre raccontavo di aver dato alle fiamme la casa di mia madre. Le parole erano sforzate, odio parlare di quella merda, ma ho tenuto gli occhi alti tra gli sguardi curiosi che mi osservavano, e ho finto che Tessa fosse lì, nella stanza, sorridente e fiera di me per aver condiviso uno dei miei periodi più bui con un gruppo di sconosciuti incasinati proprio quanto lo sono io.. ero.
..
Mi abbassai a prendere il raccoglitore mentre il dottor Tran dimetteva il gruppo. Il mio panico ebbe vita breve quando alzai lo sguardo e trovai Luke con il raccoglitore tra le mai.
"Cos'è tutta questa roba?" Mi chiese, gli occhi che si muovevano su una pagina.
"Se mi avessi incontrato un mese fa, adesso staresti ingoiando i tuoi fottuti denti." Gli lanciai un'occhiataccia, strappando il raccoglitore dalla sua presa.
"Scusa, amico, non sono bravo con l'etichetta sociale." Mi sorrise a disagio e, per qualche ragione, sentii di potermi fidare di lui.
"Chiaramente." Alzai gli occhi al cielo, rinfilando tutte le pagine negli anelli.
"Mi dici che cos'è, se ti offro una birra analcolica al ristorante a fianco?" Rise.
"Quanto siamo tristi? Una coppia di alcolisti in recupero, mentre tu mi persuadi per leggere la storia di una vita." Scossi la testa, chiedendomi come fossi arrivato a quel punto così giovane, ma ero grato per Tessa, se non fosse stato per lei, starei ancora nascondendomi nel buio, lasciato a marcire.
"Beh, un analcolico non ti farà bruciare nessuna casa e non mi farà dire nessuna cattiveria a Kaci." Rispose. Sapevo lui andasse dal dottor Tran per più di una semplice consulenza di coppia, ma decisi di non comportarmi da completa testa di cazzo e smascherarlo per questo.
"Va bene. Una birra analcolica va bene." Concordai, e andammo al ristorante a fianco. Io finii per ordinare quantità industriali di cibo, sul suo conto, e per fargli leggere alcune pagine delle mie confessioni.
Venti minuti più tardi, dovetti darci un taglio. Avrebbe letto tutto, se gliel'avessi permesso. "E' stupendo, davvero, amico. È.. un po' un casino in alcune parti, ma lo capisco. Non eri tu a parlare, erano i demoni."
"Demoni, eh?" Presi un lungo sorso, finendo la birra analcolica dal mio bicchiere.
"Sì, demoni. Quando sei ubriaco, ne sei pieno. Alcune delle cose che ho appena letto, so che non sono state scritte da te. Devono essere stati i demoni." Sorrise e io scossi la testa. Aveva ragione, ovviamente, ma non potei evitare di immaginare un raccapricciante draghetto rosso sulla mia spalla, a scrivere quella merda stampata su quei fogli.
"A lei lo farai leggere quando sarà finito, giusto?" Mi chiede. Affondai uno stuzzichino di formaggio nella salsa e cercai di non insultarlo per aver rovinato i miei pensieri divertenti sui piccoli demonietti.
"No, non esiste che le faccia leggere quella merda." Diedi un colpetto al raccoglitore di pelle con un dito, ricordando quanto Tessa fosse emozionata quando me lo aveva regalato. Al tempo mi opposi all'idea di usarlo, ovviamente, ma adesso amo questo stupido coso.
"Dovresti. Cioè, togli alcune delle cose più contorte, soprattutto la parte sulla sua infertilità. Quella è proprio sbagliata."
"Lo so." Non lo guardai, abbassai lo sguardo sul tavolo e rabbrividì, chiedendomi che diavolo mi stesse passando per la testa quando avevo scritto quella merda.
"Dovresti prendere in considerazione di farne qualcosa di più, non sono un esperto di letteratura né Heningsway, ma so che quello che ho letto è buono, molto buono."
Deglutii, decidendo di ignorare la sua pronuncia sbagliata di Hemingway.
"Pubblicarlo?" Ridacchiai, "Non esiste al mondo." Chiusi la conversazione.
..
Colloquio di lavoro dopo colloquio di lavoro, ero annoiato. Così fottutamente annoiato e me ne andavo da ognuno di essi sentendoli una sfida ancora minore dei precedenti, e non riuscivo ad immaginarmi seduto in nessuno di quegli uffici di merda. Volevo lavorare nell'editoria, davvero, ma mi ritrovavo a leggere pagina dopo pagina dei miei pensieri incasinati, e più leggevo e ricordavo, più volevo.. no, avevo bisogno, di farci qualcosa.
Se ne stavano lì, implorandomi almeno di provarci, e avevo questa idea nella testa che se lei l'avesse visto, dopo che avessi tagliato alcune delle parti peggiori, l'avrebbe amato. Era diventata un'ossessione, ed ero sorpreso dall'interesse che le persone sembravano avere nel guardare la strada di qualcun altro verso l'auto recupero.
Incasinato, ma lo divorarono. Diedi una copia ad ogni potenziale casa editrice tramite mail. A quanto pare, i giorni in cui bisognava portare delle pagine per metà scritte a mano, per metà stampate, sono finiti.
E sarebbe andata così, o così pensavo. Pensavo questo libro sarebbe stato il grande gesto di cui lei aveva bisogno per accettare di tronare nella mia vita. Certo, pensavo sarebbe stato a mesi da adesso, quando il libro sarebbe stato stampato e lei avesse avuto più tempo per fare quel cazzo che sta facendo qui a New York City.
Non posso più starmene qui seduto. C'è un limite alla mia nuova ritrovata pazienza e l'ho raggiunto. Odio, assolutamente odio l'idea di Tessa che se ne va in giro per quest'enorme città da sola, nel bel mezzo del pomeriggio, con addosso solo un pigiama. È via da abbastanza tempo e io ho delle spiegazioni da dare, molte.
Prendo l'ultima pagina del libro e me la infilo in tasca, senza prendermi neanche il disturbo di piegarla. Poi, mando un messaggio a Liam per dirgli di lasciare la porta aperta nel caso tornasse o se ne andasse, ed esco dall'appartamento per cercarla.
Non devo andare lontano. Quando esco, la trovo seduta sulle scale all'ingresso del palazzo. Ha lo sguardo perso nel nulla, gli occhi concentrati e duri. Non mi nota quando mi avvicino. È solo quando mi sedio a fianco a lei, che alza lo sguardo su di me, gli occhi ancora distanti, ma guardo attentamente mentre iniziano lentamente ad addolcirsi.
"Dobbiamo parlare." Le dico. Lei annuisce e distoglie lo sguardo, in attesa di una spiegazione.

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