"Shh," Mormora dolcemente Harry tra i miei capelli. Mi sta stringendo mentre emetto gli ultimi ansimi che accompagnano i miei singhiozzi.
Non so perché sto piangendo così tanto, è solo che Liam mi è mancato terribilmente e la sua calda reazione al mio ritorno mi ha reso emotiva.
"Può avere un turno anche il suo vecchio?" Sento la voce di mio padre oltre la gabbia di braccia che mi ha creato Harry.
"Tra un momento." Harry si allontana abbastanza da potermi guardare, valutando il mio stato mentale.
"Sto bene, sono felice." Gli assicuro. Le sue spalle si rilassano visibilmente e scoglie le braccia dal mio corpo. Liam è a meno di qualche metro di distanza, il suo sorriso ancora luminoso e amorevole, mentre abbraccio mio padre. Doveva sapere che sarei arrivata, i suoi.. i vestiti di Liam gli stanno stretti e ha il viso rasato.
"Ma guardati!" Esclamo con un sorriso, "Niente barba!" Emette una forte risata e mi abbraccia più forte.
"Sì, basta barba per me." Mi dice.
"Com'è andato il viaggio?" Mi chiede Liam, infilando le mani nelle tasche dei suoi pantaloni blu.
"Una merda." Dice Harry nello stesso istante in cui io dico, "Bene."
Liam e mio padre ridono, Harry sembra irritato e io sono solo felice di essere a casa.. non casa, Pullman, con il mio migliore amico e il parente più stretto con il quale sono in contatto. Devo davvero chiamare mia madre quanto prima, continuo a rimandare.
"Vado a mettere il tuo borsone in camera." Annuncia Harry, lasciando noi tre ai nostri saluti. Lo guardo sparire nella stanza da letto che una volta condividevamo, ha le spalle basse e io ho voglia di seguirlo, ma non lo faccio.
"Mi sei mancata troppo, Tessie. Come ti sta trattando Seattle?" Mi chiede mio padre. È strano guardarlo adesso, con addosso una camicia di Liam e dei bei pantaloni, senza peli in faccia. Sembra un uomo completamente diverso. Però le borse sotto i suoi occhi sono aumentate parecchio, e noto il modo in cui le mani gli tremano leggermente lungo i fianchi.
"Bene, mi sto ancora abituando." Gli dico.
"E' bello sentirlo." Sorride. Liam si avvicina e mio padre si siede sul bordo del divano.
"Sembra essere passato un mese da quando te ne sei andata." Commenta Liam, tenendo il mio sguardo. Anche lui sembra stanco, forse per essere rimasto nell'appartamento con mio padre? Non lo so, ma lo voglio scoprire.
"E' vero, il tempo è strano a Seattle, come vanno le cose? Mi sento come se non avessimo quasi parlato." Davvero. Io non ho chiamato Liam spesso quanto avrei dovuto e lui deve essere stato molto impegnato con il suo ultimo semestre a Washington. Se meno di tre settimana è così dura, come sopporterò il fatto che si trasferirà completamente a New York?
"Sapevo saresti stata impegnata, va tutto bene." Dice, i suoi occhi si spostano velocemente sul muro e io sospiro. Cosa sta succedendo a Pullman da quando me ne sono andata e perché sento che mi sta sfuggendo qualcosa di ovvio?
"Sei sicuro?" Sposto lo sguardo tra il mio migliore amico e mio padre, notando la sua espressione prosciugata.
"Sì, ne parliamo dopo. Dimmi di Seattle." Dice Liam entusiasticamente, la fioca luce in lui si accende e si trasforma in un luccicante splendore di felicità, la felicità che mi è mancata tanto.
"Va bene.." La mia voce si affievolisce e sulla sua fronte si creano delle pieghe a causa del suo cipiglio. "Davvero, va bene. Molto meglio ora che Harry mi viene a trovare più spesso.
"Un po' di spazio, eh?" Dice scherzosamente, dandomi un colpetto sulla spalla con il palmo della mano. "Voi due avete la definizione più strana di rottura." Ride timidamente e io alzo gli occhi al cielo, concordando.
"E' stato molto bello averlo lì, sono sempre confusa come non mai, ma Seattle sembra più la Seattle dei miei sogni quando Harry è lì con me." Ammetto proprio appena Harry ci raggiunge nel salotto.
"Sono felice di sentirlo." Sorride Liam, il suo sguardo si sposta su Harry quando viene a mettersi a fianco a me.
"L'appartamento è in condizioni migliori di quanto mi aspettassi." Dico ai tre uomini.
"L'abbiamo sistemato mentre Harry era a Seattle." Dice mio padre e io rido, ricordano della scontrosa lamentela di Harry per il fatto che loro due gli stavano incasinando le cose.
Mi guardo intorno, ricordando la prima volta in cui attraversai quella porta con Harry. Mi innamorai immediatamente del fascino vecchio stile del posto, il classico muro di mattoni era incantevole, ed ero oltremodo impressionata dalla grande libreria che ricopre la parete di fondo. La pavimentazione in calcestruzzo da un tocco in più alla personalità dell'appartamento, unica e bellissima. Non riuscivo a credere che avesse scelto il posto più perfetto, incontrando i gusti di entrambi in un modo che non pensavo possibile. Non era stravagante, neanche un po', ma era bellissimo e pensato. Ricordo quanto lui era nervoso che non mi sarebbe piaciuto, anche io lo ero però. Pensavo fosse folle voler vivere insieme così presto nella nostra instabile relazione, ora so che la mia apprensione era ben giustificata, Harry usò quest'appartamento come una trappola. Pensava che sarei stata costretta a restare con lui dopo che avessi scoperto della scommessa tra lui e il suo gruppo di amici. In un certo senso, funzionò, ma non lo cambierei.
Per qualche ragione, non riesco a scrollarmi di dosso il ronzio inquietante che sento nella pancia. Adesso mi sento come un'estranea qui. Quel muro di mattoni una volta affascinante è adesso stato macchiato di sangue troppe volte per contarle, i libri su quegli scaffali sono stati testimoni di molte gare di urla, le pagine hanno assorbito troppe lacrime provenienti da entrambe le parti a causa delle infinite litigate, e l'immagine di Harry piegato in ginocchio davanti a me è impressa sul pavimento. Questo posto non è più il mio tesoro come lo è stato in passato, queste mura adesso trattengono ricordi di tristezza e tradimento, non solo di Harry, ma anche di Steph.
"Che succede?" Harry nota la mia espressione tetra nel momento in cui si mostra.
"Niente, sto bene." Gli dico. Voglio scuotere via gli sgradevoli ricordi che si stanno assestando nella mia mente, portandomi via da questi momenti di felicità di riunione con Liam e mio padre dopo le settimane solitarie che ho sopportato a Seattle.
"Non me la bevo." Sbuffa Harry ed entra in cucina. "Non c'è cibo in questa casa?" La sua voce arriva nel salotto.
"Ah, eccolo qui. Si stava così bene e tranquilli." Sussurra mio padre a Liam e i due condividono una risata amichevole. Sono così grata di avere Liam nella mia vita e di avere una sorta di rapporto nascente con mio padre, anche se sembra che sia Liam che Harry lo conoscano meglio di me.
"Torno tra un minuto." Dico loro. Voglio togliermi questa felpa pesante, è troppo calda nel piccolo appartamento e sento i polmoni sforzarsi per un po' d'aria fresca mentre i momenti passano. Ho bisogno di rileggere la lettera di Harry, è la mia cosa preferita in tutto il mondo. È molto più che un oggetto per me, è un qualcosa che esprime il suo amore e la sua passione in un modo che la sua bocca non potrebbe mai. L'ho letta così tante volte che l'ho imparata a memoria, ma ho bisogno di toccarla fisicamente di nuovo. Quando potrò tenere le pagine stropicciate e consunte tra le mie dita, tutta l'ansia negativa verrà rimpiazzata dalle sue parole premurose e io riuscirò a respirare di nuovo e godermi il fine settimana qui.
Cerco nel cassetto in cima al comò ed ogni altro, prima di passare alla scrivania. Le mie dita spingono tra cumuli di graffette e penne, dove altro può averla messa? Trovo il mio e-book e il braccialetto poggiati sul mio diario di religione, ma la lettera non c'è. Dopo aver poggiato il braccialetto sulla scrivania, passo all'armadio e cerco nella scatola di scarpe vuota che Harry usa per sistemare i suoi documenti durante la settimana. Alzo il coperchio, ma la trovo vuota a parte un singolo foglio, mi rattristo nel vedere che non è la lettera. Faccio un appunto mentale per ricordarmi di tornare a leggere le scritte su quella pagine. Rimetto il coperchio sulla scatola e la risistemo dove l'ho trovata.
Temendo di non aver controllato bene nel cassetto, torno indietro, frenetica. E se Harry l'ha buttata? Non lo farebbe, sa quanto significa quella lettera per me. Non lo farebbe mai.
Prendo il mio vecchio diario ancora una volta e lo scuoto, sperando che ne cada la lettera. Sto iniziando ad entrare nel panico, finché uno sfarfallio bianco attira la mia attenzione. È un brandello di carta, che ruota nell'aria tra il diario e il pavimento. Mi abbasso e lo prendo appena si poggia a terra.
Riconosco immediatamente le parole, sono incise nella mia mente. È solo la metà di una frase, è quasi troppo poco per poter essere letta, ma l'inchiostro sbavato è chiaramente nella calligrafia di Harry. Il mio stomaco affonda. Fisso il frammento di carta e la realizzazione mi colpisce. Capisco che è stato lui, l'ha distrutta. Inizio a piangere e lascio il pezzetto di carta scivolarmi tra le dita e ricadere sul pavimento. Il mio cuore si spezza immediatamente e inizio a chiedermi quanto il cuore di una persona possa realmente sopportare.
POV di Harry.
"Sei libero di andare." Congedo Liam dai suoi doveri di babysitter.
"Non voglio andarmene, Tessa è appena arrivata." Mi sfida. Immagino lui sia una delle ragioni maggiori, se non l'unica, per cui lei è voluta tornare in questo dannato posto.
"Okay." Sbuffo e abbasso la voce per chiedere, "Come si è comportato mentre non c'ero?"
"Bene, trema di meno e non vomita da ieri mattina."
"Fottuto drogato." Mi passo le mani tra i capelli, "Cazzo."
"Calmati, andrà bene." Mi assicura il mio fratello adottivo.
Ignoro le sue perle di saggezza e lo lascio da solo in cucina per cercare Tessa. Quando raggiungo la porta, sento un singhiozzo strozzato dall'interno della camera da letto. Faccio un veloce passo avanti per trovarla con entrambe le mani sulla bocca, gli occhi blu iniettati di sangue e pieni di lacrime mentre si concentrano sul pavimento. Un altro passo è tutto ciò che mi serve per vedere cosa sta guardando.
Cazzo.
Cazzo.
"Tess?" Avevo deciso di pensare ad un piano per porre rimedio al problema che ho creato strappando quella dannata lettera, solo che non ne avevo ancora avuto l'occasione. Volevo cercare i pezzi rimasti e provare a riattaccarli.. o almeno dire a Tessa quello che avevo fatto prima che lo scoprisse da sola. Adesso è troppo tardi.
"Tess, mi dispiace!" Le scuse ruzzolano fuori mentre le lacrime scendono sulle sue guance arrossate.
"Perché l'hai-" Singhiozza, incapace di concludere la domanda. Il cuore mi si comprime nel petto. Per la frazione di un attimo, sono convinto di provare più dolore di lei.
"Ero arrabbiatissimo dopo che mi avevi lasciato." Inizio a spiegare. Vado verso di lei, ma indietreggia. Non la biasimo. "Non stavo pensando come si deve e la lettera era lì, sul letto dove l'avevi lasciata."
Lei non parla, né distoglie lo sguardo da me. "Mi dispiace tantissimo, te lo giuro." Le dico freneticamente.
"Ho.." Tossisce, asciugandosi furiosamente le guance, "ho.. solo bisogno di un minuto, okay?" Chiude gli occhi e qualche altra lacrima sfugge tra le sue palpebre malferme.
Voglio darle un minuto come ha chiesto, ma ho egoisticamente paura che proverà sempre più dolore con lo scorrere del tempo e non vorrà rivedermi.
"Non lascerò questa stanza." Le dico. Un urlo smorzato si fa spazio attraverso la barriera di mani che ha creato sulla sua bocca e io indietreggio come se il suono mi avesse trapassato.
"Per favore." Mi supplica attraverso il dolore. Sapevo sarebbe stata ferita quando avrebbe scoperto che ho distrutto la lettera, ma quello che non mi aspettavo è che mi avrebbe fatto così male.
"No." Mi rifiuto di lasciarla da sola a piangere per i miei errori, di nuovo. Quante volte è successo in questo appartamento?
Lei distoglie lo sguardo da me e si siede ai piedi del letto, stringendosi le mani tremanti in grembo, gli occhi mezzi chiusi e le labbra che tremano mentre cerca di calmarsi. Ignoro la spinta della sua mano contro il mio petto quando mi metto in ginocchio davanti a lei e avvolgo le braccia intorno al suo corpo.
Dopo qualche esausto rifiuto, finalmente cede e mi permette di confortarla.
"Mi dispiace tantissimo, piccola." Ripeto le parole, non so se le ho mai davvero sentite così profondamente.
"Amavo quella lettera," Piange nella mia spalla, "significava tantissimo per me."
"Lo so. Mi dispiace un sacco." Non cerco neanche di difendermi perché sono un fottuto idiota e sapevo quanto quella cosa significava per lei. La spingo gentilmente indietro dalle spalle e prendo le sue guance rigate di lacrime tra le mani, abbassando la voce, "Non so neanche cosa dire se non che mi dispiace."
Finalmente apre la bocca per parlare, "Non dirò che va bene, perché non è vero.." Ha gli occhi cerchiati di rosso e già gonfi a causa del crollo improvviso.
"Lo so." Abbasso la testa, lasciando cadere le mie mani dal suo viso. Qualche momento dopo sento le sue dita premere sotto il mio mento, facendomi alzare il viso perché la guardi, nel modo in cui faccio di solito io.
"Sono dispiaciuta.. anzi, devastata, ma non c'è niente che possa fare al riguardo e non voglio starmene seduta qui a piangere per tutto il fine settimana, e di certo non voglio che torni a pensare male di te stesso per questo." Sta cercando di fare del suo meglio per tenersi su, per fingere che non la cosa non la scocci come invece so sta facendo.
Rilascio un respiro che non sapevo di star trattenendo, "Mi farò perdonare, in qualche modo."
"Okay?" Insisto.
Si passa le dita sugli occhi, facendo sbavare il trucco anche sui polpastrelli. Il suo silenzio mi sta mettendo a disagio, preferirei mi urlasse contro piuttosto che questo pianto silenzioso.
"Tess, per favore, parlami. Vuoi che ti riporti a Seattle?" Anche se dice di sì, di certo non lo farò, ma butto lì la proposta prima di poterci pensare.
"No," scuote la testa, "sto bene."
Con un sospiro, si alza, schivando il mio corpo davanti a lei. Esce dalla stanza mentre io mi alzo in piedi, seguendola. Chiude la porta del bagno e io torno in camera a prendere la sua borsetta. La conosco, si vorrà aggiustare quel casino di nero sbavato sotto gli occhi.
Busso alla porta e lei la apre leggermente, solo abbastanza perché riesca ad infilare la borsa nell'apertura.
"Grazie." Ha la voce piccola, sconfitta.
Le ho già rovinato il fine settimana ed è a malapena iniziato.
"Mia mamma e tuo padre vogliono che la porti a casa domani." Dice Liam dalla fine del corridoio.
"E.."
"Te lo sto solo dicendo, a mia mamma manca Tessa."
"Allora.. tua mamma può vederla qualche altra volta." Devo pensare a qualcosa per distrarre Tessa da quella dannata lettera distrutta. "Va bene." Dico, prima che possa proferire parola, "Ce la porto domani."
"Sta piangendo?" Mi smaschera.
"Lei.. non sono affari tuoi, giusto?" Scatto.
"Siete tornati da meno di venti minuti e lei si è chiusa in bagno." Incrocia le braccia.
"Questo non è il momento di iniziare con me, Liam. Sono già sul punto di esplodere, l'ultima cosa di cui ho bisogno sei tu che metti il naso in cose che non ti riguardano." Ringhio, ma lui alza gli occhi al cielo in un gesto molto alla Tessa.
"Oh, quindi mi è consentito interferire solo quando si tratta di farti un favore?" Mi sfida mio fratello adottivo. Qualche cazzo è il suo problema e perché continuo a riferirmi a lui come mio fratello adottivo.
"Fanculo."
"Probabilmente lei si sente già sopraffatta, quindi noi due dobbiamo smetterla prima che esca dal bagno." Cerca di ragionare.
"Okay, allora smettila di dire cazzate." Dico.
Prima che possa rispondere, la porta del bagno si apre e Tessa, con un aspetto presentabile ma esausta, esce nel corridoio.
"Che succede?" La preoccupazione le attraversa il viso.
"Niente. Liam adesso ordina una pizza e noi passeremo il resto della serata tutti insieme come una grande famiglia felice," lo guardo, "non è vero?"
"Sì." Concorda per il bene di Tessa. Mi mancano i giorni in cui Liam non faceva lo spaccone con me. Succedeva solo poche volte e raramente, ma con il passare dei mesi, è diventato più aggressivo. O forse sono io ad essere diventato più debole.. non ne ho la più dannata idea, ma non mi piace questo cambiamento.
"Okay." Un sospiro pesante e trascinato porta le spalle di Tessa ad accasciarsi e io faccio un cenno con la testa verso Liam, indicandogli di andare ad ordinare la cena.
Abbasso lo sguardo su di lei nel momento in cui sento Richard suggerire i condimenti per la pizza. "Non voglio rovinare il tuo fine settimana." Avvolgo una mano intorno ad entrambe le sue e le porto alle mie labbra. "Mi comporterò bene per tutto il tempo, okay?"
"Okay." Sospira di nuovo. Ho bisogno che sorrida, ho bisogno di sapere che può superare questa cosa.
"Domani ti porto a casa di mio padre, magari Karen può condividere qualche ricetta o una merdata del genere con te?" Propongo.
I suoi occhi si illuminano e sorride, finalmente. "Ricetta o una merdata del genere?" Si morde l'angolo della bocca per evitare di sorridere ancora di più. La pressione nel mio petto si dissolve.
"Sì, o una merdata del genere." Le sorrido in risposta e la guido verso il salotto, dove ci prepariamo a goderci un'intera serata di intrattenimento con Richard e Liam.
...
"Puoi passarmi un'altra suprema?" Chiede Richard per la terza volta da quando abbiamo iniziato a guardare il film orrendo. Guardo Tessa e Liam i quali, ovviamente, sono completamente affascinati dalla storia d'amore tramite email tra Meg Ryan e Tom Hanks. Se fosse un film recente, avrebbero scopato dopo la prima email, non aspettato fino all'ultima scena anche solo per darsi un bacio.
"Tieni." Mi lamento, facendo scivolare la scatola della pizza verso Richard. Sta già occupando tutto il divano e ora mi sta interrompendo ogni dieci minuti per altra fottuta pizza.
"Quest'ultima parte faceva piangere tua mamma ogni volta." Richard allunga una mano e stringe la spalla di Tessa, io faccio del mio meglio per non mettermi tra di loro o schiaffeggiargli via la mano. Se lei avesse una minima idea di cosa ha fatto suo padre nell'ultima settimana, se avesse visto le droghe abbandonare il suo sistema in un casino di vomito e convulsioni, spingerebbe via quella mano da sola.
Richard è steso sul divano, Liam è seduto sulla sedia, ed io e Tessa a terra.
"Davvero?" Tessa alza lo sguardo su suo padre con gli occhi lucidi.
"Sì. Ricordo ancora voi due guardarlo ogni volta che lo passavano. Più nel periodo delle feste, ovviamente."
"Quel-" Inizio, ma blocco le mie parole al vetriolo prima di esprimerle.
"Cosa?" Mi chiede Tessa.
"Quel.. uhm, cane doveva essere lì?" Chiedo come un idiota. Non ha senso, ma Tessa, essendo Tessa, entra completamente nella sua modalità discussione riguardo l'ultima scena del film dicendo che il cane, Barkley, mi pare ha detto si chiami, è essenziale. Bla, bla.
Qualcuno che bussa alla porta ferma la spiegazione di Tessa e Liam si alza per rispondere.
"Vado io." Lo supero con una spinta. Questo è la mia fottuta casa, dopo tutto.
Non mi prendo il disturbo di guardare attraverso lo spioncino, ma quando apro la porta, vorrei averlo fatto.
"Lui dov'è?" Chiede il drogato maleodorante.
Esco sul pianerottolo e chiudo la porta dietro di me, Tessa non dev'essere infastidita da questa merda.
"Che cazzo ci fai qua?" Sibilo.
"Sono qui per vedere il mio amico, tutto qui." I denti di Chad stanno diventando marroni e ha la barba appiccicata alla pelle. Avrà sui trent'anni, ma ha la faccia di un uomo di più di cinquanta. L'orologio che mi aveva regalato mio padre è intorno al suo polso sudicio.
"Lui non uscirà e nessuno ti darà nulla, quindi ti suggerisco di riportare il tuo culo da dove sei venuto prima che ti spiaccico la faccia contro la ringhiera." Indico la ringhiera di metallo intorno allo spazio in cui si trova l'estintore di questo piano. "Poi, mentre sanguini, chiamo la polizia e ti faccio arrestare per possessione di droga e infrazione." So che ha della droga addosso, fottuto stronzo.
I suoi occhi si concentrano su di me e io faccio un passo verso di lui. "Non metterei alla prova la mia pazienza, non stasera." Lo avverto.
Apre la bocca proprio quando la porta dell'appartamento fa lo stesso dietro di me. Cazzo.
"Che sta succedendo?" Chiede Tessa, mettendosi davanti a me. La sposto istintivamente dietro e lei fa di nuovo la stessa domanda.
"Niente, se ne stava andando." Fisso Chad, che Dio lo aiuti se fa fottutamente-
"Quello è il tuo orologio?" Tessa stringe gli occhi sull'oggetto luminoso appeso al polso magro dell'uomo.
"Cosa? No-" Inizio a mentire, ma lei ha già capito. Non è tanto stupida da pensare che sia una coincidenza che questo stronzo di un drogato possiede esattamente il mio stesso orologio costoso del cazzo.
"Harry." Mi lancia un'occhiata. "Allora, hai passato il tuo tempo con lui o qualcosa del genere?" Incrocia le braccia e mette più distanza tra di noi.
"No!" Faccio un mezzo urlo, perché è arrivata a questa conclusione?
Sono in conflitto tra lo smascherare suo padre e difendere me stesso o inventare ancora un'altra bugia.
"Non è un mio amico, se ne sta andando." Lancio all'uomo ancora un'altra occhiata d'avvertimento. Stavolta la coglie e indietreggia nel corridoio. Suppongo che è solo Liam a non essere più intimidito da me, sembra che io non abbia perso il mio spirito.
"Chi è?" Richard ci raggiunge sul pianerottolo. Beh, ma non è grandioso..
"Quell'uomo, Chad." Risponde Tessa, con un tono di chiara inquisizione.
"Oh." Richard impallidisce e mi guarda impotente.
"Devo sapere cosa sta succedendo." Tessa si sta arrabbiando. Non avrei dovuto farla tornare, l'ho visto sul suo viso nel momento in cui è entrata in quel dannato appartamento.
"Liam!" Tessa chiama il suo migliore amico e io guardo suo padre. Liam glielo dirà, non le mentirà spudoratamente come ho fatto io tante volte.
"Tuo padre gli doveva dei soldi quindi io gli ho dato l'orologio come pagamento." Ammetto. Lei sussulta e si gira verso Richard.
"Gli dovevi dei soldi per cosa? Il padre di Harry gli aveva dato quell'orologio come regalo e tu hai lasciato che lo desse via come pagamento!" Urla.
Okay.. questa non è esattamente la reazione che mi aspettavo. È più concentrata su quello stupido orologio che su tutto l'aspetto del "tuo padre doveva dei soldi a quel tipo viscido".
"Mi dispiace, Tessie. Non avevo soldi e Harry-"
Prima che mi renda conto di quello che sta facendo, Tessa è già a metà strada verso l'ascensore. Che cazzo!
Entro nel panico, correndo dietro di lei, ma entra nella cabina d'acciaio giusto un attimo prima che la raggiunga. Queste porte si muovono tremendamente piano ogni altra volta, ma quando lei sta scappando da me, si chiudono immediatamente.
"Dannazione, Tessa!" Do un pugno contro il metallo. Questo posto ha delle scale? Quando guardo verso la mia porta, Liam e Richard mi stanno entrambi fissando inespressivi, immobili. Grazie per il fottuto aiuto, stronzi.
Muovo velocemente i piedi e trovo le scale, facendole due alla volta per raggiungere il fondo. Raggiungo l'ingresso e mi guardo intorno in cerca di Tessa. Quando non la vedo, inizio ad entrare di nuovo nel panico. Chad potrebbe avere degli amici con lui.. potrebbero avvicinarsi a Tessa o farle del male..
L'ascensore si apre con un scampanellio e ne esce Tessa, con l'espressione più determinata immaginabile a coprirle il viso, finché non mi vede.
"Se fuori dalla tua fottuta testa?" Le urlo, la mia voce riempie l'ingresso.
"Ti deve ridare quel dannato orologio, Harry!" Urla in risposta. Va a grandi passi verso la porta di vetro, ma io avvolgo un braccio intorno alla sua vita, attirandola con forza al mio petto.
"Togliti di dosso!" Infila le unghie nel mio braccio, ma non cedo.
"Non puoi seguirlo come se niente fosse, che ti passa per la testa?" Continua a combattermi. "Se non la smetti di muoverti, trascinerò letteralmente il tuo culo nell'appartamento. Adesso ascoltami." Dico.
"Non può tenersi quell'orologio, Harry! Te l'ha regalato tuo padre e significava molto sia per lui che per te."
"Quell'orologio non significava un cazzo per me." Le dico.
"Sì, invece. Non lo ammetterai mai, ma è così, lo so." I suoi occhi si stanno bagnando di nuovo. Cazzo, questo fine settimana sarà un inferno.
"No, non è vero.." E' vero?
Le sue mani smettono di muoversi e si calma leggermente. La guido gentilmente verso l'ascensore, la sua missione di inseguimento dello spacciatore è abortita e non ne è felice.
"Non è giusto nei tuoi confronti che l'abbia preso perché mio padre gli doveva dei soldi per gli alcolici! Quanto cavolo beve una persona per avere dei debiti con la gente?" Chiede, il suo temperamento si sta infiammando e io sono diviso tra il pensare che sia divertente e il sentirmi terribilmente per quello che devo dirle.
"Non era per gli alcolici, Tess." La guardo piegare la testa di lato, guardando ovunque tranne che nei miei occhi.
"Deve essere per forza così." Il suo petto sale e scende ad un ritmo per niente salutare.
"Mi dispiace." Non so cos'altro dirle. Mi dispiace, mi dispiace non essere riuscito a proteggerla dal suo casino di uno padre, proprio come non riuscii a proteggere mia madre dalle ripercussioni del mio.
"No, lui.. lui non si droga." Scuote la testa. Premo il numero del mio piano sulla parete dell'ascensore e lei fissa il vuoto mentre le porte si richiudono.
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