Capitolo 23

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[Capitolo modificato]

"Cosa hai subìto?" mi chiede guardandomi negli occhi. Le sue iridi alla luce del sole sembrano ancora più chiari e li guardo meravigliata, la sua bocca carnosa è esposta grazie al suo piercing e il suo naso all'insù gli rendono il viso perfetto.

I capelli castani oggi sembrano aver fatto la guerra visto che sono tutti scombinati.

Mi stupisco di tale bellezza.

Sospiro cercando di riempire i miei polmoni d'aria ma nessuna sillaba esce dalla mia bocca.

Quel periodo l'ho superato da tempo oramai ma ricordare i loro atteggiamenti mi provoca dei piegamenti allo stomaco.

"Non devi dirlo subito me lo dirai quando sarai pronta" sussurra con un tono strano.

Il clima sembra cambiare, il vento forte fa smuovere le foglie degli alberi e il cielo sembra scurirsi ad una vista d'occhio.

"Dobbiamo andare via da qua, sta cominciando a fare freddo sul serio." Cerca di sorridermi e capisco che non ci troviamo in una bella situazione.

Mezz'ora prima eravamo riattaccati ad un muro a palparci e adesso siamo ad un parco dove lui ha passato l'infanzia, dove poco prima stavamo per litigare.

Non so questo ragazzo che intenzione abbia con me ma non nego di avere paura. Paura delle conseguenze.

Ci avviciniamo alla macchina e menomale l'aria è ancora calda all'interno, mette la chiave al suo posto e la macchina si accende con un rombo.

Vorrei riuscire a parlare, a dirgli quello che mi tormenta ma qualcosa me lo impedisce.

"Stai tremando" mi dice in modo cauto "senti freddo o è per prima?." Dice girando il capo.

"Non lo so, non me sono nemmeno resa conto."

Lui annuisce come se lo sapesse già e sospira.

Una sua mano si poggia delicatamente sul mio ginocchio e io sobbalzo.

"Va tutto bene, stai tranquilla" sussurra.

La sua mano e lì poggiata sulla mia gamba, il palmo immobile e il cuore impazzito.

"Io..-io ho paura delle stanze piccole" sussurro. Mi guardo intorno e le altre macchine sembrano sfrecciare davanti al mio finestrino.

"Mi sento come soffocare, mi sento mancare l'aria" dico portandomi la mano alla gola "loro non so come ma l'hanno scoperto e lo usavano contro di me."

"Non devi parlarne se non te la senti" mi ferma cauto.

"Devo riuscirci, mi sento un forte vuoto nel petto. Devo dirlo ad alta voce."

Lui annuisce comprensivo e spesso muove il viso per guardarmi ma deve stare attento alla guida e ne sono grata per questo.

"Loro chi?" chiede riferendosi alla mia esposizione di prima.

"I miei vecchi compagni di scuola" dico ingoiando il boccone. "In classe stavo sempre seduta al primo banco da sola. Mi prendevano i quaderni, copiavano i miei compiti e strappavano le pagine così la professoressa pensava che non li svolgevo e io sapendo ciò li riscrivevo in altri quaderni o in altri fogli anche a tre volte. Per non ritrovarmi senza quei esercizi." Sospiro e cerco di trattenere le lacrime.

"Mi rubavano la merenda ma non era importante perché avevo anche smesso di mangiare un certo periodo. Quando a volte andavo in bagno si mettevano fuori dalla porta e mi bloccavano la porta. Io..- io piangevo tanto e li sentivo ridere da fuori.."

Il velo del doloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora