Fuga a New York

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Jess se n'è andato, senza salutarmi.
Mi manca.
Vorrei tanto chiamarlo, ma non ho un numero di telefono a cui chiamare.
Non so nemmeno esattamente dove viva.
Non so nulla della sua vita a New York.

Mamma sta per diplomarsi.
Quando mi ha avuta non ha potuto concludere gli studi, non si è mai diplomata, e non è andata all'università, com'è avrebbero voluto i miei nonni.
Da circa 3 anni frequenta un corso pomeridiano di economia aziendale, e ora finalmente sta per diplomarsi!
Ha finito l'ultimo esame ieri, quindi ora è libera, manca solo la consegna dei diplomi, che si terrà questo giovedì.
Ho dovuto convincerla a decidere di andarci: l'ho vista studiare e dannarsi per settimane, ora che ha finito tutto, non può non andare alla cerimonia, non può non festeggiare.
La cerimonia del diploma non si dimentica.

Stiamo festeggiando insieme la fine degli esami, quando il telefono di casa inizia a squillare.
Rispondo. "Pronto?"
"Ciao."
Jess.
Sentirlo, dall'altra parte della cornetta, mi fa realizzare quanto mi mancasse la sua voce.
"Pronto?" Mi fa, visto che non ho ricambiato il suo saluto.
Trovo la forza di dire: "Ciao."
"È un brutto momento?"
"Ehm, no... aspetta un attimo."
Non riesco a sentire bene, per via della musica che mamma sta ascoltando.
Abbasso la cornetta.
"Ehm... la musica... torno subito." Dico a mamma.
In realtà non è solo per la musica: non voglio parlare con Jess davanti a mamma.
Mi chiudo in camera mia, e mi siedo sul letto.
"Ciao." Gli dico.
"L'hai già detto."
"È vero, l'ho già detto, scusa."
"Allora, che mi dici?" Mi chiede.
"Niente, e tu?"
"Uguale."
"Ehm... che cosa stai facendo?"
"Oh, niente, sto girando un po', in un parco."
"Central Park?"
"Washington Square Park."
"Oh."
"È più fico."
"Già."
"È dove David Lee Roth è stato arrestato per droga."
"Vero! Vero, spero che stia meglio, ora."
"Sembra che ci sia una festa, lì da te."
"Oh no, siamo solo io e mia madre."
"Giusto... allora ti lascio, è un'interurbana, questa."
"Ah, si, è vero."
"Allora, ci vediamo."
"Si... ci vediamo."

Perché mi ha chiamata?
Gli mancavo?
Voleva salutarmi?
Voleva sapere come stavo?
Gli mancava la mia voce, come a me mancava la sua?

Se rimarrà a New York, non ci vedremo più...
Vorrei tanto vederlo ancora una volta, per salutarlo. Sento che non può finire così.
Non riesco a starmene qui, consapevole di non averlo salutato di persona.

~

Questa sera c'è la cerimonia della consegna dei diplomi di mamma.
Ho invitato i nonni, senza dirle niente.
Lei ha insisto a non voler invitarli, perché è convinta che se venissero, rimuginerebbero troppo sul passato e su tutte le volte che lei li ha delusi.
Io non la penso così. Non mi sembra giusto privarli a priori di questa esperienza, non dar loro neanche la possibilità di scegliere.
Proprio per questo ho dato loro un biglietto a testa, dicendo che se vogliono venire, sono i benvenuti, e se non se la sentono, sono liberi di non venire e bruciare i biglietti, senza nessun rancore.
Ma la decisione deve essere loro.

Oggi ho scuola, ma pomeriggio avrò tutto il tempo di prepararmi, per poi raggiungere mamma alla cerimonia.
Conoscendola, lei andrà lì ore in anticipo, per rilassarsi e mettersi a suo agio.

Sono nel cortile di scuola, con Paris, che sta blaterando da 5 minuti su non so che cosa.
Non la sto ascoltando, la mia mente è lontana 190 chilometri dal mio corpo: i miei pensieri sono rivolti a New York.
A Jess.
È da quando mi ha chiamata, qualche giorno fa, che non riesco a smettere di pensare a lui.
Non riesco a fare a meno di pensare che se mi ha chiamata, vuol dire che voleva sentirmi, perché gli mancavo.
Voglio vederlo, vedere di nuovo il suo viso, sentire di nuovo la sua voce.

Senza neanche rendermi conto della severità e della stupidità delle mie azioni, decido di non entrare a scuola, con Paris.
Mi volto, e mi dirigo verso la stazione degli autobus.

Credo Di Amarti | Rory & JessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora