Capitolo 36 - Ferite Profonde

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Fulke e Clizia galopparono per venti minuti, attraversando stradine di ghiaia e sabbia. Il cielo era nuvoloso e il verso dei gabbiani li accompagnò. I viaggiatori avevano lasciato il campo d'ulivi alle loro spalle, la giovane provava paura e ansia verso ciò che aveva visto con i suoi occhi. Fulke fermò la bestia e scese dalla sua groppa guardando le piante di capperi e pini marittimi.

Fulke - Dobbiamo aspettarlo qui.

Le mani di Clizia tremarono, mentre i suoi occhi color miele si spalancarono per la tensione.

Clizia - Perché non siamo rimasti?! È stato ferito, dovevamo rimanere!

Fulke aprì una delle due borse e rimase in silenzio, il suo volto trasmetteva una terribile angoscia. La giovane lo guardò con ira, si morse le labbra e strinse le redini.

Clizia - Fulke! Perché non siamo rimasti!?

L'uomo la fissò chiudendo una delle due borse, per poi gettare con rabbia un fagotto pieno di provviste.

Fulke - Non era conveniente restare lì! Tu non hai mai visto Rubellius nella sua vera forma, fidati non è una scena adatta ad una fanciulla.

Clizia - Ma era ferito!

Fulke - Lo so! Ascolta Clizia - sospirò stropicciandosi gli occhi - se la caverà, quella ferita non è nulla in confronto a quello che farà ai Cacciatori Bianchi.

La giovane lo guardò e si spostò i capelli sulla fronte, rilasciò un sospirò e la sua voce diventò lieve. La fanciulla riprese il controllo della sua rabbia, non voleva rispondere male a Fulke poiché non era colpa sua di ciò che era successo.

Clizia - Scusami, Fulke. Non volevo risponderti così, io...

Fulke legò Tenebris vicino ad un cespuglio e accennò un sorriso.

Fulke - Tranquilla. So che provi amore per quel cretino ed è normale la tua reazione. L'unica soluzione che possiamo fare è accamparci qui e aspettarlo, conoscendolo si muoverà di notte.

Clizia - Come sai che tornerà?

Fulke prese le borse di Tenebris e le posò su un piccolo spazio erboso circondato da alcuni pini marittimi.

Fulke - Se ucciderà quei Cacciatori, cercherà immediatamente di volare e di nascondersi su qualche albero. Dopodiché arriverà qui volando e ci troverà grazie al falò che accenderemo stanotte.

Clizia annuì e scese da Tenebris, posò il suo fagotto bianco vicino alle provviste di Fulke. La giovane si propose di raccogliere un po' di legna, voleva distrarsi da quel turbinii di pensieri negativi. Fulke accettò e le mostrò con pazienza, la legna da raccogliere e le varie piante selvatiche che potevano utilizzare per gli impacchi curativi. I due continuarono il loro lavoro per tutta la mattina, riposandosi soltanto a pranzo. Clizia ogni tanto stringeva la sua collana ripensando alle parole scritte nel diario di sua madre. La sua mente era confusa e di certo non voleva dir a nessuno quella sconvolgente verità.

Fulke le insegnò come creare degli impacchi curativi e come cercare le piante adatte. Il pomeriggio passò così, tra un insegnamento e una raccolta di legna. Quando la notte arrivò e la stanchezza si fece sentire, Fulke finalmente accese un piccolo falò, porgendo alla giovane una coperta per il freddo. Fulke e Clizia si sedettero vicino al fuoco e cercarono di mangiar qualcosa, Clizia strinse il piatto colmo di formaggio e fichi selvatici, ma non li mangiò. La giovane si toccò la fronte e socchiuse gli occhi riflettendo su quei maledetti attimi di dolore.

Clizia - "E se non tornasse? E s-se m-morisse?"

La ragazza si mordicchiò le dita e i suoi occhi iniziarono a lacrimare per l'angoscia. Fulke guardò il suo dolore e restò in silenzio, le spalle di Clizia tremarono.
All'improvviso un rumore distrasse i due viaggiatori, Clizia e Fulke si voltarono ma non notarono nessuno. Il buio regnava sovrano in quel campo di capperi. Fulke si alzò osservandosi intorno, notando all'ultimo una figura misteriosa coperta da un mantello. L'uomo si alzò ed estrasse le due asce dai foderi, ma poi abbassò le armi bianche quando notò il suo amico. La giovane si alzò di colpo dal suo posto facendo cadere il piatto, i suoi occhi si posarono sul demone, Rubellius sorrise e posò la mano sul dardo spezzato. Il demone era nella sua forma umana, la manica che copriva il braccio ferito era sporca di sangue e sabbia. La fanciulla si coprì la bocca con la mano e iniziò a piangere, si spostò dal suo posto e con passo veloce gli saltò addosso, avvinghiandosi al suo collo. Clizia posò il viso sulla sua spalla mentre gemette per il dolore, Rubellius tolse la mano dalla ferita e l'appoggiò sulla nuca della giovane.

Daemon Patronum [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora