Le gocce di umidità all'interno della cella, dove la giovane Regina era rinchiusa, cadevano lentamente sul pavimento di pietra. Clizia era seduta in un angolo, rannicchiata con le ginocchia sul petto e la testa abbassata. La fanciulla tremò per la paura, aveva fame e freddo. Le labbra carnose erano secche, la pelle morbida era bianca, mentre delle profonde occhiaie delineavano i suoi occhi color miele. La cella era piccola, le ragnatele sul soffitto grigio erano grandi, alcuni insetti zampettavano sulle pareti e un topo sbucava dalla sua tana. La giovane cercò di addormentarsi per trovare un po' di pace e quando chiuse gli occhi, sentì un brivido sulle braccia.
Il buio di quel sogno freddo la stava distruggendo. Improvvisamente e dolcemente, un calore al petto nacque in lei. L'incubo tetro e malinconico, venne spazzato via da una voce profonda. La fanciulla non poteva riconoscerla, poiché non la conosceva. La ragazza alzò lo sguardo e notò una pallina di luce dorata, le sue spalle tremarono, mentre il globo galleggiava nell'aria. Clizia tirò su con il naso e deglutì, nascondendo il suo volto nelle braccia. Un respiro pesante sfiorò la sua guancia e una mano sfiorò i suoi capelli castani. La Nefilim si morse le labbra e alzò lo sguardo, spalancò gli occhi. Un uomo era in ginocchio di fronte a lei, indossava una tunica azzurra con una cintura rossa attorno alla vita, aveva un mantello color porpora che gli copriva una spalla. La creatura le fece un sorriso e le asciugò le lacrime, socchiudendo gli occhi marroni. I capelli ondulati, identici a quelli della fanciulla erano morbidi, la giovane si coprì la bocca con le dita, mentre guardava le due ali. Le piume erano bianche all'esterno e grigie con delle chiazze azzurre all'interno. La ragazza sussurrò, mentre l'Angelo le sfiorò una ciocca castana.
Clizia – P-padre...
L'Angelo era coperto da un'aura bianca, la sua voce era un sussurrò.
Erastos – Mi dispiace per ciò che ti è successo. Non era mia intenzione condurti a questo dolore.
Lei scosse la testa e deglutì a fatica.
Clizia – No, no. Non è colpa vostra. Io... - singhiozzò.
Erastos sospirò e chiuse gli occhi, era addolorato per ciò che sentiva.
Erastos – Invece sì, piccola mia. Ascoltami bene.
L'Angelo del Tempo prese le sue mani e la guardò con dolcezza, Clizia continuò a piangere, osservando le sue gesta.
Erastos – Il tempo è giunto quasi alla fine. So che ti sto chiedendo molto, piccola mia, ma devi resistere. Ci sarà un momento in cui avrai la tua gloria. – Deglutì - Ho sperato con tutto me stesso che questo giorno non arrivasse mai, ma il tempo non può essere cambiato.
L'uomo le accarezzò il volto e sorrise, notando le guance rosse della figlia.
Erastos –. Ci sarà un momento che avrai la possibilità di fermare questo orrore. E quando accadrà io ti guiderò.
Clizia prese le mani di suo padre e singhiozzò, Erastos baciò la fronte della figlia. L'uomo iniziò a scomparire lentamente, l'eco della sua voce risuonò nella mente della giovane.
Erastos – Ti vorrò sempre bene, piccola mia. Prendi le redini della nostra famiglia, rendi orgogliosa la nostra razza e il nostro amore.
Clizia – Non andate via! Vi prego, restate con me.
L'Angelo scomparve improvvisamente. Le sue urla echeggiarono in quel sogno e la fanciulla si vegliò.
Il suo sguardo stanco osservò la cella grigia, le sue orecchie percepirono dei passi nel corridoio stretto e puzzolente. La figura maschile che era dall'altra parte della cella, posò la mano destra sulla porta di ferro. Clizia deglutì a fatica quando notò Tarasios, l'uomo aveva in una mano un pezzo di stoffa con qualcosa al suo interno. I capelli biondi rasati erano sottili e gli occhi blu erano freddi. Indossava una tunica verde con un mantello grigio che gli copriva le spalle. L'Angelo traditore prese dalla pezza bianca e lo lanciò dalla fessura della porta in ferro. L'oggetto cadde sul pavimento, Clizia l'osservò con fatica e spalancò gli occhi, si toccò le labbra con le dita.
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Daemon Patronum [Completa]
FantasyRubellius non aveva idea delle conseguenze che avrebbe comportato il suo Patto, pensava che fosse uno dei soliti disgraziati che lo supplicava per mantenere adeguatamente le sue coltivazioni nel mondo di Astrea. Ma si sbagliava di grosso, quando un...