PRIMA PARTE del Capitolo
La notte di quel tremendo litigio sembrò non passare mai, Clizia era seduta sulla riva del ruscelletto, aveva le ginocchia sul proprio petto e continuava a fissare l'acqua con dolore. Le lacrime scendevano sulle guance, si mordeva intensamente le labbra e alcune volte singhiozzava per la sofferenza. La ragazza si tastò la testa e tolse il diadema d'argento, lo gettò nell'acqua e si coprì il viso con le braccia, il vestito lilla si muoveva grazie a un po' di vento. Dei passi si avvicinarono, Clizia li sentì e si voltò leggermente sperando che fosse Rubellius, ma si sbagliò. Fulke la osservava con una torcia in mano, su un braccio aveva una coperta di pelliccia. L'uomo le sorrise e posò la torcia su un masso, poi mise la coperta sulle spalle di Clizia e si inginocchiò di fianco a lei. La ragazza restò in silenzio per qualche minuto, Fulke posò le braccia sulle ginocchia e fissò il pianeta viola. Clizia deglutì un po' di saliva, si graffiò le mani e continuò a piangere.
Clizia - S-scommetto che l-la pensi come... lui. Tra demoni si capiscono certe cose - singhiozzò.
Fulke guardò il ruscello e socchiuse gli occhi, la sua voce era calma.
Fulke - Tra demoni si capiscono molte cose, Clizia. Tra umani ancor di più. Io non la penso come lui, ma non per questo lo giudico. Io sono simile a lui per alcuni aspetti, ma sono anche simile a te per altri.
Clizia - Tu non sei simile a me, Fulke.
Fulke - Ah no? Se non ricordi bene la mia storia, abbiamo entrambi una mamma umana. Diversamente da Rubellius. Ascolta... - sospirò - voglio essere sincero con te, so cosa provi per lui e per quanto idiota possa essere, dovevi dirgli la verità. Si pensa che i Demoni Minori siano stupidi e che alcune volte non ci arrivino, ma non è vero. Il suo dolore è stato non sapere la verità in questi giorni.
Clizia - Il suo d -dolore è sapere la verità su ciò che sono, Fulke. F- forse hai ragione, ma ugualmente non ritornerà come un tempo.
Fulke mosse le mani e chiuse gli occhi.
Fulke - Non direi lo stesso, Clizia. Come ho detto non difendo le sue decisioni e per questo dico che si è comportato come un idiota verso di te. La vostra natura è...
Clizia - La n- nostra natura non ci vuole, l'ha detto. Non si p- può... - singhiozzò - o- ormai... l-l'ho perso per sempre.
Fulke - Non ti ricordi più cosa ti ha detto Electre? Persino i demoni e gli umani non potevano amarsi, ma guarda me, io sono qui. I miei genitori hanno affrontato la natura e si sono burlati di lei. Tu non l'hai perso, tu lo ami al tal punto che rinunceresti a tutto per il suo bene, al contrario lui rinuncerebbe alla sua vita per te. Siete due Essenze diverse, ma alla fine tornate sempre nello stesso punto d'origine.
La ragazza si asciugò le lacrime e lo fissò, accennando un sorriso, Fulke le diede una carezza sul capo arruffandole i capelli castani. L'uomo si alzò e si stiracchiò, guardò il cielo stellato.
Clizia - Idis ha capito tutto - rise un po'.
Fulke - Ah no. Idis ha capito che sono un caso perso. - Rise - Su vieni al falò, è tardi e domani dovremmo essere in forze per camminare verso il mio villaggio.
La giovane annuì e si alzò, Fulke riprese la torcia e i due tornarono al piccolo rifugio. La notte non era finita, il demone che aveva volato per qualche minuto nella Foresta Nera, si appollaiò su un ramo di una quercia. Rubellius stiracchiò le ali nere e le chiuse, camminò sul ramo e si sedette, posando la schiena sul tronco. Il demone rosso fece penzolare la gamba destra mentre l'altra la piegò, posando il piede sul ramo. La mano sinistra si appoggiò sul ginocchio sinistro, il demone fissò i rami e la luce della luna, chiuse le ali formando il solito mantello nero. Il Demone Minore si toccò il mento con i sottili artigli e rifletté, aveva incontrato poche volte Erastos. La sua mente divagò nel tempo, ricordando la giovinezza.
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Daemon Patronum [Completa]
ФэнтезиRubellius non aveva idea delle conseguenze che avrebbe comportato il suo Patto, pensava che fosse uno dei soliti disgraziati che lo supplicava per mantenere adeguatamente le sue coltivazioni nel mondo di Astrea. Ma si sbagliava di grosso, quando un...