Capitolo 40 - Ritorna da me

1.7K 151 309
                                    

Rubellius camminò vicino alle tende dei vari artigiani che lavoravano e maneggiavano i loro strumenti con precisione. Il demone si fermò davanti ad un fabbro che con forza e fatica stava martellando la lama di una spada, il metallo luccicava come un piccolo raggio di sole. Il demone guardò il lavoro con serietà, mentre si strofinava le dita della mano destra vicino alle labbra, come se volesse togliere via ogni singola preoccupazione. Il braccio destro era piegato, mentre la mano sinistra sorreggeva il suo gomito. Il demone non aveva paura, anche se molti di quegli Angeli lo avevano notato. I Cavalieri alati erano a debita distanza ma tenevano saldamente in mano le loro spade, come se dovessero prepararsi per uno scontro.

Il fabbro finì di martellare la spada sull'incudine e alzò il suo lavoro, immergendo l'arma calda e lucida all'interno di un recipiente pieno d'acqua. L'Angelo con la lunga barba grigia si voltò e osservò il demone, si asciugò il volto con il guanto in pelle e deglutì un po' di saliva, mentre i suoi piccoli occhi blu erano colmi d'odio. L'uomo era basso ma robusto, le ali grigie erano piegate, indossava dei pesanti pantaloni marroni e una tunica rossa, sporca di cenere e carbone.

Rubellius fissò le varie armi e stette in silenzio, c'erano: spade, archi, pugnali e fruste. I suoi occhi ametista si posarono su una frusta chiamata Gatto a Nove Code, la stessa che Tarasios aveva usato per punirlo. I ricordi di quel dolore penetravano nella sua mente, ma non lo fecero vacillare. Il fabbro l'osservò male come se provasse disgusto. In quel preciso momento Rubellius udì una voce famigliare, era Fulke.

Fulke - Ah Rubellius, sei qui.

Il demone si voltò guardando l'amico, Fulke si avvicinò mettendosi alla sua sinistra. Rubellius continuò ad osservare il lavoro del fabbro ascoltando la voce del mezzo-demone.

Fulke - Electre ha detto che deve parlare un po' con Clizia. Forse ha un piano per tutelarla, ma non so a cosa.

Rubellius - Capisco.

Fulke osservò il demone con i suoi occhi grigi e sospirò, posò le mani sui fianchi e guardò un attimo il cielo nuvoloso. La cupola dell'accampamento irradiava delle scintille di luce.

Fulke - Non dovevi prendertela per quello che è successo con Clizia, forse è disorientata e non sa cosa sta provando.

Rubellius mugugnò e continuò a strofinar l'indice e il pollice con insistenza.

Rubellius - Quella non è confusione, Fulke. Ho visto uomini e donne in questi milleseicento anni. Conosco le loro facce e i loro sentimenti quando sono confusi e tormentati, ma quello che ha mostrato Clizia non è confusione. Sta nascondendo qualcosa, qualcosa che è legato a loro...

Fulke sospirò e chiuse gli occhi, ascoltando il rumore del martello del fabbro.

Fulke - Quale sarebbe il suo segreto?

Rubellius - Non lo so. C'entra qualcosa con Erastos, ma non so cosa. Quell'Angelo era conosciuto nella sua Dimensione per non far trapelare nulla fra i suoi sottoposti, aveva una specie di riservatezza e si fidava di pochi. Caratteristica molto comune nella sua nobile famiglia.

Fulke - E riguardo al Patto? Davvero non è concluso?

Rubellius guardò l'amico e sospirò, si strofinò le mani e alla fine schioccò le dita facendo comparire la pergamena bluastra. Alcuni Angeli si fermarono a guardare la strana carta. Il demone la srotolò e controllò i vari nomi scritti su quel foglio, i suoi occhi sfiorarono le lettere e alla fine si fermarono sul nome di Erastos.

Rubellius - Sì. Non mento mai quando si parla di Essenze. Vedi?

Rubellius mostrò a Fulke il nome scritto con l'inchiostro nero.

Daemon Patronum [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora