Erano passate due settimane dalla litigata tra Clizia e Rubellius. La Regina non volle accettare altre udienze né tanto meno richiamare il demone al suo cospetto. Rubellius non protestò alla decisione.
La sua consolazione era andare in un piccolo villaggio fuori dalle mura del castello. Il sole era dietro alle gialle colline e i contadini avevano messo da parte l'ultimo raccolto. Il demone era seduto all'interno di una locanda, mentre giocava a Zara con un commerciante. I due stavano bevendo un po' di vino rosso e le chiacchere dei paesani echeggiarono all'interno di quel luogo. La locandiera conosceva Rubellius e sapeva che era un ottimo cliente. Molto spesso lo vedeva chiacchierare con il marito.
Alan – Ve lo dico io... le cose a Ebe sono migliorate. Da quando i mercanti e i pescatori hanno aumentato le tasse per le varie merci, la situazione ha preso un'ottima piega.
Rubellius bevve un po' di vino fissando il commerciante. L'umano indossava un abito color porpora e un cappello arancione, attorno alla vita aveva una cintura in pelle. Gli occhi grigi erano in contrasto con i capelli neri.
Rubellius – Non metto piede nel continente Ebe da anni. A parere mio, le cose non cambieranno mai.
Alan – Lo dite perché non avete fiducia nei commercianti - tirò di nuovo i dadi sul tavolo.
Rubellius – No. Lo dico perché conosco i commercianti. Sono peggio di chi fa i Patti. Fidatevi me ne intendo.
I due guardarono il risultato dei dadi. Alan sbuffò mentre notava una donna avvicinarsi a Rubellius. La ragazza si sedette accanto a lui e guardò i dadi, le sue mani presero un bicchiere.
Elvia – Fidarsi di te è come fidarsi del peggiore nemico.
Rubellius socchiuse gli occhi e le diede un pizzicotto sulla guancia, conosceva Elvia da un po' di anni. Aveva sempre soddisfatto i suoi piaceri grazie a quel fisico magro e tonico. Le labbra rosse erano provocanti e i capelli neri profumavano di lavanda. Il vestito attillato mostrava ciò che ogni uomo desiderava ed era molto brava nel suo lavoro.
Rubellius – Beh... lo stesso vale per te, Elvia. Come mai ti sei unita a noi?
Elvia – Noia - lo guardò con i suoi occhi azzurri, si morse un dito mentre mugugnava.
Rubellius – Detto da te, mi preoccupa - le fece un cenno con la mano invitandola a sedersi sulle ginocchia, lei accettò e spostò i capelli lunghi.
Il commerciante perse di nuovo e ritentò la sorte. Il figlio della locandiera stava servendo altre bevande agli ospiti. Gli occhi marroni caderò sui giocatori, aveva soltanto quattordici anni ma capiva perfettamente ogni ordine da parte di sua madre. La locanda non era molto pulita. Le pareti in legno erano impolverate e il pavimento era sporco. Un pesante odore di alcool impregnò i tavoloni, la porta d'ingresso si aprì e lo sguardo fragile del giovane osservò due uomini. La madre lo avvisò di pulire un altro tavolo, mentre i due clienti con un mantello marrone si sedettero su una panca. Rubellius si voltò per notarli, i suoi occhi osservarono i loro vestiti. Entrambi portavano una giacca in pelle nera e dei pantaloni marrone. Non era quel vestiario ad attirare la sua attenzione. Rubellius deglutì quando notando un simbolo sui guanti: una stella con un triangolo nero al centro. Il ragazzino si avvicinò portando un altro boccale di vino al commerciante e al demone.
Rubellius – Ugo, vieni qui - si toccò il mento e lo chiamò sottovoce.
Il giovane si avvicinò spostando lo straccio bagnato che aveva in mano.
Ugo – Ditemi signore.
Rubellius – Che ne dici di un piccolo lavoro?
Ugo – Un lavoro? - spalancò gli occhi, i capelli ricci erano bagnati dal sudore.
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Daemon Patronum [Completa]
FantastikRubellius non aveva idea delle conseguenze che avrebbe comportato il suo Patto, pensava che fosse uno dei soliti disgraziati che lo supplicava per mantenere adeguatamente le sue coltivazioni nel mondo di Astrea. Ma si sbagliava di grosso, quando un...