Capitolo 44 - Diversa da me

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La notte nella Foresta Nera era tranquilla, il fruscio dei rami era causato da un leggero venticello e i versi delle civette non creavano nessun problema ai viaggiatori. Il fuoco del piccolo falò si stava spegnendo, mentre le braci scoppiettarono davanti al Demone Minore. Fulke si voltò nel sonno dando le spalle al suo amico, Rubellius era in silenzio da qualche minuto, le sue dita tremarono mentre leggeva con ansia le parole di Arabella. I suoi occhi ametista erano spalancati e la bocca semiaperta era secca, ogni singola parola era impressa in quel diario, ogni piccola notizia che la donna aveva lasciato alla figlia era lì. Il demone lesse l'incontro di Arabella e Erastos, la Regina aveva tra le braccia sua figlia, i due erano seduti su una panchina di marmo all'interno del giardino del Monastero.

Anno 20.520, ottavo mese, Lunedì.

[...] La sua voce mi provocò un tremore, mi feci da parte e gli lasciai un po' di posto per sedersi accanto a me. Clizia mugugnò ed Erastos la guardò. Mi mostrò le mani e mi chiese di poterla stringere tra le sue forti braccia. Io acconsentii e gliela passai, delicatamente e dolcemente. Lui la prese e la cullò spostandole qualche capello mosso dal volto tondo, i suoi capelli scivolarono di lato, mentre le sue ali erano chiuse. Non aveva timore a mostrarsi per ciò che era poiché sapeva tutto di me e io di lui. Erastos mi parlò con chiarezza, si complimento sul fatto che Clizia stava diventando un magnifico gioiello in questi mesi. Sapevo dove voleva andare a parare, gli dissi che stava diventando bella come suo padre e paziente come me. Lui canticchiò e mi osservò con preoccupazione, mi disse che aveva bisogno di sapere la verità e che il tempo stava passando troppo velocemente. L'Angelo mostrò mia figlia e io abbassai lo sguardo, strinsi la mia gonna con le mani e mi morsi le labbra. Gli risposi che temevo per mia figlia e su ciò che qualche mese fa mi aveva detto. Lui alzò la voce con disperazione, mentre calmava Clizia da un capriccio. Mi disse che doveva saperlo, che non poteva vivere con quel tormento che notte e giorno lo assillava, disse che mi voleva bene. Non volevo sentirlo, gli posai le mie dita sulle sue labbra carnose e gli sussurrai con dolore che doveva promettermi di proteggerla. Erastos mi guardò e prese la mia mano, tenne Clizia con un braccio e tolse qualcosa dal suo collo, una collana. Me la mostrò e disse che avrebbe mantenuto la promessa, se ovviamente Clizia era ciò che lui pensava. Disse che dovevo darle quel pendente con il ciondolo a forma di chiave. Io gli risposi che era una comune chiave, ma lui mi zittii e concluse il suo discorso, dicendo che non appena sapeva la verità su Clizia avrebbe detto la sua verità. Io cercai di trattenere tutto ciò che sapevo, emisi un forte sospiro e lo guardai. Le mie parole uscirono dalla mia bocca e gli confessai che Clizia era sua figlia. Erastos restò immobile per un paio di secondi, staccò la mano dal mio volto e guardò la piccola. Le sistemò la copertina e continuò a coccolarla. Mi chiese perchè non gli avessi detto. Le mie mani tremarono, avvertii un senso di nausea, rilasciai un sospiro e socchiusi gli occhi. Gli dissi che il filtro che mi aveva dato per Gregorio ha provocato in lui delle macchie verdi sulla schiena, segno che significava la sua sterilità. Erastos sollevò Clizia e posò il visino sul suo. Restò zitto e io continuai, dicendogli che prima dell'esito della sostanza che lui mi ha dato, era passato qualche giorno e sapeva che in quei giorni, vedevo soltanto lui. Deglutì mentre gli dissi cosa avevamo fatto in quella notte.  Erastos tenne con un braccio Clizia e annuì, si voltò guardandomi con i suoi occhi marroni, le sue guance erano rosse. Io continuai a digli ciò che avevamo fatto in quell'unione carnale e dopo quell'atto, passarono tre giorni. Quei tre giorni mi mostrarono le macchie di mio marito. L'Angelo si alzò tenendo la piccola, mise via la collana e mi porse la mano. Io lo fissai e mi morsi le labbra. Clizia agitò i pugnetti e fece qualche vocalizzo. Cercai di scusarmi, ma alla fine presi la sua mano e mi alzai dalla panchina. Lui mi fece avvicinare e posò la fronte sulla mia, mentre con la mano libera mi accarezzava la guancia. Un sorriso dolce dipinse le sue labbra carnose. Mi disse sotto voce che aveva dei sospetti su di Clizia, ma era felice che gli avevo dato la conferma di questo "dono". Io balbettai mentre piangevo, lui mi asciugò le lacrime e piegò il volto. Gli confessai che dovevo negare il suo amore, ma lui era entusiasta, la sua voce tremava e continuava a dire che dovevo vivere, che dovevo amarlo, poichè ho sofferto molto in questi anni con Gregorio e alla fine, mi confessò che mi amava. Avrebbe dato la sua vita per me e Clizia. Lui rise piano e mi baciò, chiusi gli occhi e in quel momento sentii soltanto il sapore  di quel bacio. In tutti questi mesi mi aveva ascoltata, aiutata e amata. Quando si staccò dalle mie labbra mi diede Clizia. Erastos fece qualche passo all'indietro le sue ali si muovevano con grazia mentre rideva, prese una piuma dall'ala sinistra e la stropicciò, una piccola luce la coprì ed essa cambiò forma. Io rimasi stupita, mentre Clizia rideva e muoveva le manine. Erastos finì quella Magia e mostrò l'oggetto, era un orsetto bianco. L'Angelo si avvicinò e lo agitò davanti a nostra figlia, Clizia rideva e cercava di prenderlo. Io aiutai Clizia a tener l'orsetto, la quale prese un suo braccino e lo ciucciò sporcandolo di bava. Gli occhi di Erastos erano seri, mentre fissava sua figlia. Mi disse che voleva esserci per Clizia e quando sarà pronta, saprà la verità. Voleva portala via da me, desiderava portarla nella sua Dimensione. Io deglutì a fatica in quel momento e gli dissi che voleva lasciarmi sola. La mia voce tremava, lui scosse la testa e prese il mio viso per baciarmi. Lui prese coraggio e continuò a parlare, dicendomi che non mi avrebbe mai lasciato sola e che sapeva che ero sposata. Mi confessò che quando Clizia sarebbe diventata adulta, mi avrebbe portato con sé. Continuò a dire che essendo la madre di un Discendente dell'Angelo del Tempo era un onore portare in grembo un simile dono. Mi morsi le labbra mentre sentii che Clizia sarà una stupenda Nefilim, ma sopratutto porterà onore alla sua casata e avrà l'amore di noi due. Mi staccai lievemente e lo guardai con paura, sapevo la loro gerarchia, sapevo cosa significasse essere un Nefilim, metà umano e metà Angelo. Lui mi guardò ascoltando la mia voce. Gli dissi che un Nefilim era considerato nella loro gerarchia meno di niente, poichè erano usati come sposi per continuare la loro riproduzione. Erastos socchiuse gli occhi e prese le mie mani, io mi divincolai, ma lui mi abbracciò. Lui posò il viso sulla mia spalla, le sue ali... tremarono. Mi confessò che lo sapeva, ma mi giurò che quando sarà arrivato il momento avrebbe scelto un degno marito per Clizia. Non poteva far nulla contro quelle leggi, ma voleva prendersi carico di questa responsabilità. La mia mano sfiorò i suoi capelli e feci attenzione per nostra figlia. Nulla sarebbe cambiato, eravamo pronti a tutto pur di tenerla al sicuro da questa decisione.

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