13. La crisi di Hermione

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Hermione era uscita dalla sala grande con le lacrime agli occhi. Quel troll! Stupido, stupido troll! Lei voleva solo aiutarlo e lui aveva infierito su di lei, come se fosse stata colpa sua se Ginny e Harry avessero fatto sesso prima di lui. E prima di lei.
Ora anche Ron aveva passato quel confine e lei era rimasta l'unica (probabilmente del suo anno e anche dei tre prima) a non averlo fatto.
Ma per Godric, era una cosa personale e molto intima. Mica si poteva farlo con tutti, no? E poi lei non voleva far vedere a nessuno il suo braccio. Come avrebbe spiegato quello che era successo? Si fermò e si sedette per terra lungo uno dei corridoi.
Aveva iniziato a correre verso la torre ma ora non sapeva dove si trovasse. Doveva andare a vedere i provini del Quidditch. L'aveva promesso ai ragazzi. Però non voleva vedere Ron. Non dopo quello che le aveva detto e come l'aveva fatta sentire.
Ora il braccio le formicolava, la testa le doleva e sentiva un bruciore all'altezza del petto. Stupendo. Stava per risentirsi male e non sapeva neanche dove fosse.
Cercò di tranquillizzarsi, ma più ci provava più pensava che forse aveva sbagliato davvero. E più pensava di aver sbagliato, più le veniva da piangere e più le veniva da piangere, più si sentiva male. Appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi.

***

Dopo quelli che a Hermione parvero pochi minuti, una mano le accarezzò la testa e le avvicinò una tazza con qualcosa da bere alle labbra. Come si rese conto della cosa, spalancò gli occhi. Davanti a lei c'era Malfoy che la guardava preoccupato.

"Malfoy... ma cosa..." Il biondo sorrise. Non ghignò, ma sorrise.
"Ero preoccupato. Non volevi svegliarti. Ti agitavi..." Hermione si rese conto di essere seduta su una poltrona di pelle nera. Si guardò intorno, ma non capiva dove fosse.
"Do.. dove siamo?" Lui appoggiò la tazza su un tavolino di fianco a lei.
"È la stanza delle necessità. Quando ti ho trovato non sapevo dove portarti. Deliravi..."
Hermione guardò l'orologio e si rese conto che erano passate quasi due ore da quando si era seduta nel corridoio.
"Non mi hai portato in infermeria" constatò.
"No. Non sarebbe servito a niente. E poi tutti avrebbero saputo. Non volevi questo, no?" Hermione annuì distrattamente. La testa le doleva ancora, ma meno che all'inizio. Forse perché prima era veramente molto arrabbiata. Forse la pressione...
"La pressione non c'entra niente."
Guardò Malfoy, pronta a schiantarlo quando lui alzò le mani e disse: "Guarda che l'hai nominata tu. Io non ho fatto niente!"
Hermione sospirò. Aveva parlato senza accorgersene? Poteva essere, non era troppo lucida.
"Come stai adesso?" MAlfoy sembrava veramente preoccupato.
"Sto bene. Ho solo avuto degli incubi" Hermione cercò di minimizzare la cosa, ma lui non ci cascò.
"Tutti abbiamo gli incubi. Ma nessuno si riduce così com'eri tu."
Tutti abbiamo gli incubi? Cosa voleva dire? "Anche tu hai gli incubi?"
Il biondo alzò le spalle, mentre si sedeva su un'altra poltrona scura, di fronte a lei.
"Come ti dicevo, tutti li abbiamo. Soprattutto i vinti."
Hermione si appoggiò la testa sulla mano. Stava andando un po' via. O almeno credeva.
"Siamo tutti vinti. In guerra non vince nessuno. MAI!" Il ragazzò annuì.
"Mi hai dato qualcosa?" cercò di rialzarsi.
I provini di Quidditch dovevano ormai essere alla fine, e lei aveva promesso di esserci. Ma stavolta non avrebbe lanciato Confundus a nessuno.
Quando fu in piedi, però si rese conto di sentirsi ancora debole, e cercando di non darlo a vedere, si risedette.
Malfoy sorrise. "Quanta fiducia. Un bel 'Grazie Draco per non avermi lasciato svenuta in mezzo al corridoio' sarebbe stato anche carino. Comunque non ti ho dato niente. Non sapevo se volessi..." E così dicendo tirò fuori una boccetta verde dalla tasca del mantello che era appoggiato sul bracciolo della sua poltrona.
Hermione sapeva che aveva ragione. Poteva ringraziarlo. Doveva.
"Ok. Grazie, Malfoy" disse, calcando il fatto di non aver usato il suo nome.
"E poi hai ragione. Non voglio niente da te."
Si rialzò in piedi, e notando che questa volta riuscì a rimanere l'equilibrio, pensò di uscire da lì. Ma lo pensò e basta. Il suo sguardo continuava a cadere sulla boccetta che lui aveva appoggiato sul tavolino, vicino alla tazza che non aveva bevuto. Il mal di testa era ancora lì, sembrava meno pericoloso di prima, ma era ancora lì.
Poteva scappare via subito, rifugiarsi nella torre e magari stendersi sul letto, con le cortine tirate a fare buio, prima che iniziasse di nuovo a corroderla dentro. Oppure... oppure....

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