Quella sera quando arrivò nella stanza dei prefetti, Pansy sbuffò alla vista di Weasley. Quel ragazzo non prestava ascolto a nessuno. O forse non prestava ascolto a lei. Se avesse spiegato alla Granger la situazione e gli avesse parlato lei, magari avrebbe evitato di trovarselo a far la ronda.
Gli andò vicino e disse a bassa voce: "Cosa ci fai qui? Ti avevo detto di farti sostituire!"
"Non ho trovato nessuno. Non ti preoccupare. Ti sto lontano, ok?" rispose lui.
Oh, quel troll pensava che non lo volesse intorno! Quando Goldstein lesse i nomi delle coppie e chiamò la Simmons e Weasley per il sesto piano, si intromise e disse: "Ci vado io al sesto piano".
"Con Weasley?" disse Anthony mentre correggeva i nomi sulla pergamena.
"No. Con la Simmons. Andiamo" ordinò. Fece un cenno con la testa alla ragazza e si incamminò senza aspettarla.
La Simmons guardò spaventata tutti i prefetti nella stanza, poi Anthony le disse: "Ti conviene seguirla" Così corse dietro alla Parkinson.***
Quando tornò in camera dopo la ronda, Ron non fu sorpreso di trovare Harry ancora sveglio, quel ragazzo aveva continuamente incubi e dormiva pochissimo.
"Harry" lo salutò.
Ultimamente parlavano poco. Un po' per Ginny, un po' il suo lavoro al Tiri Vispi.
"Hai invitato qualcuna per il prossimo sabato a Hogsmeade?" gli chiese il rosso.
"E chi dovevo invitare?" rispose Harry, piccato. Ron alzò le spalle.
"Ci andiamo insieme?" Harry annuì distrattamente. Ron si spogliò e si mise il pigiama.
"Ma.... Che tu sappia... La Parkinson ha una sorella?" chiese sottovoce.
Harry alzò lo sguardo verso di lui e disse: "Sì. Una sorellastra". Ron non fu sorpreso. Un po' se lo aspettava che Harry sapesse.
"E chi è?" chiese ancora.
Harry scosse le spalle rispondendo: "Non lo so. Perché?"
"Così. Tu come fai a sapere che ha una sorella?"
"L'ho scoperto il giorno del processo ai suoi genitori. A sua mamma" si corresse Harry.
"E com'è andata?" si informò Ron.
"In che senso? Sua madre è ad Azkaban."
Ron annuì. Effettivamente era una domanda stupita.Harry ripensò al giorno che aveva incontrato la Parkinson al Ministero.
*Flashback*
Il giorno del processo alla signora Lemaire, una donna sulla quarantina, era un giorno di pioggia. C'era umido e il calore si attaccava alla pelle in maniera fastidiosa. Harry era arrivato al Ministero della Magia insieme a Molly e arthur. Hermione e Ron erano già a scuola ad aiutare con la ricostruzione.
Non sapeva quanti processi avesse visto, troppi per i suoi gusti. Ma Kingsley aveva insistito che lui assistesse a quasi tutti. E Harry non conosceva molte di quelle persone. Sentirli confessare quello che avevano fatto, molti per paura o sotto ricatto, molti invece perché credevano seriamente in quello che stavano facendo, gli dava la nausea. Quando usciva di lì era sempre stanco.
Quel giorno sedeva di fianco a Molly e ascoltava distrattamente la donna seduta al centro del tribunale. Quando lei disse: "Mia figlia Pansy Parkinson", si fece più attento. Era più facile seguire un discorso quando si conoscevano le persone. Così quella era la mamma della Parkinson. Ma quello che disse gli fece gelare i peli del collo.
Perché la madre della Parkinson, tale Abigail Lemaire, nata Hamilton e vedova Parkinson, aveva un concetto tutto strano della maternità. Aveva cresciuto la prima figlia (Pansy, appunto) secondo lei poco sveglia e bruttarella per sposare un purosangue e fare un buon matrimonio per sistemare la famiglia, mentre la seconda, avuta dall'attuale marito, un purosangue francese, sarebbe cresciuta in Francia per gestire il patrimonio della famiglia del padre.
Aveva così diviso le figlie fin da piccole, aveva scelto il candidato per l'eventuale matrimonio, e aveva spinto Pansy fra le braccia dell'erede di Malfoy.
Harry inorridì quando lei ridacchiò per il fatto di averci visto giusto, visto che i Malfoy erano stati 'scelti' dal signore oscuro come luogotenenti dei suoi affari. Ma poi si era rattristata quando, andando avanti nel racconto, aveva raccontato di aver imposto alla figlia di cambiare 'preda' cercando di spingerla verso Nott e Zabini quando le cose si erano messe male fra il signore oscuro e i Malfoy. Harry non capiva perché raccontasse tutte quelle cose.
"Quella stupida donna ha preso un Veritaserum. Non si fa più da un sacco di tempo, ma lei lo ha preso pensando di aiutare il suo processo. Le farei lanciare un'anatema che uccide. A certa gente dovrebbe essere vietato crescere figli" spiegò la signora Weasley, di fianco a lui e a Harry sembrò che le stesse leggendo nella mente. Harry annuì, ma Molly non lo stava guardando; guardava la donna incriminata con un odio che le aveva visto in faccia solo durante la battaglia.
La signora Lemaire raccontò poi tutto quello che avevano fatto lei e il marito, per il Signore Oscuro. Lei non aveva appoggiato il Signore Oscuro nella prima battaglia magica, così aveva deciso di mostrare a lui la loro fedeltà, questa volta. E alla fine disse: "Convinsi mia figlia che se il Signore Oscuro avesse vinto, l'avrei lasciata libera. Perché lei aveva iniziato a non sopportare più la situazione, e scalpitava come un unicorno in trappola. Così se fosse riuscita a trovare la maniera di aiutarci a prendere Harry Potter, avrebbe potuto andarsene dall'Inghilterra e vivere come voleva".
Harry sentì un brivido di paura corrergli lungo la schiena e Molly lo abbracciò, notandolo. "Ma le ho mentito" continuò la signora Lemaire e dopo fece una lunga pausa, come se lottasse contro i propri pensieri. Col senno di poi, Harry capì che era proprio quello che stava succedendo.
"Avevo promesso al Signore Oscuro che avrebbe potuto averla, se ci avesse accolto fra i suoi protetti e amici più stretti..." Tutta la sala mormorò parole sottovoce, poi, improvvisamente, cadde un silenzio impetuoso. Ci fu un rumore di vestiti sbattuti, uno scalpiccio veloce e una delle porte che davano sull'anello più alto di poltrone, quello delle persone che assistevano ai processi, si chiuse sonoramente.
Tutti si voltarono verso la porta. A nessuno era venuto in mente che la figlia in questione stesse assistendo al processo. Harry cercò lo sguardo del Ministro, che con un cenno del capo gli diede il permesso di uscire.
Trovò la Parkinson in uno dei corridoi vicino all'aula dieci, seduta su una poltrona che fumava. Le sue mani tremavano incontrollate e Harry sperò che non le cadesse la sigaretta accesa sulle gambe.
Si avvicinò e lei si spaventò. Alzò il viso verso Harry e quando lo riconobbe si girò, cercando di asciugarsi le lacrime. Lui si sedette su una delle poltrone vicino a lei, ma non disse niente.
Passarono qualche minuto in silenzio. La mora finì la sigaretta, prese la bacchetta e con un Evanesco fece sparire cenere, mozzicone e fumo. Quando fu di nuovo padrona di sé, disse: "Sei venuto a ridere di me, Potter?"
Harry si stranì. Lui? Ridere di chi? Scosse la testa. "No, Parkinson. Non potrei mai. So benissimo che non possiamo scegliere con chi crescere" disse serio.
La Serpeverde annuì, ancora triste. "Sono contenta che tu lo abbia sconfitto, adesso". Harry capì che lei cercò di farlo sembrare divertente, ma riuscì solo a emettere un suono stridulo.
"Anch'io" disse solamente. E sorrise. Anche la Parkinson sorrise, quando si voltò a guardarlo. Un piccolo sorriso.
Poi lei sospirò, dicendo: "Non è tutto vero, quello che ha detto. Non ho fatto davvero tutte quelle cose..." Ma guardò verso il basso. Harry non ebbe il coraggio di dirle del Veritaserum "Mi sento stupida per aver detto di consegnarti a lui. Spero che tu possa scusarmi" disse ancora.
Harry annuì, ma la sua espressione doveva essere trasparente perché lei saltò dalla poltrona e disse in tono stridulo: "Non osare compatirmi!" Lui questa volta sorrise in pieno.
"Non ho intenzione di farlo."
Si alzò anche lui e le porse la mano. Lei gliela strinse. Aveva le mani gelate.
"Cosa farai adesso?" le chiese lui, un po' imbarazzato.
"Non ne ho la più pallida idea. Loro finiranno dentro, vero?" Il ragazzo annuì. Ormai sapeva come andavano le cose.
"Ma ad Azkaban non ci sono più dissennatori, non sarà così brutto come in passato" cercò di tranquillizzarla lui. Ma lei lo guardò seria e disse: "Peccato".
Doveva essere arrabbiata. E triste. E confusa. Harry dovette fare un grosso sforzo per non provare compassione.
"Puoi sempre tornare a Hogwarts. Presto riaprirà."
Lei annuì ancora, ma sembrava altrove con la testa.
"Andrò in Francia, a vedere com'è messa mia sorella. E poi vedrò cosa fare. Ma prima farò una cosa per me". Harry sorrise. Gli faceva piacere che lei non fosse abbattuta.
"E cosa farai?" chiese più per educazione che per vero interesse.
"Mi farò un tatuaggio. È stato un piacere parlare con te, Potter. Non so se ci rivedremo, ma se succederà spero non sarà più da nemici."
"Spero anch'io" disse lui.
Lei se ne andò e lui dovette tornare in aula, con la speranza che quella giornata finisse al più presto.*fine flashback*
Harry voleva solo riuscire a prendere sonno.
"Non tormentarla. Davvero. Lasciala stare. Se la lascerai stare, lei non ti farà niente..."Ron si stava innervosendo perché Harry non gli aveva raccontato niente. "Non ho paura di lei!" ribattè piccato.
"Dovresti. Una ragazza determinata è combattiva come un drago che difende il suo uovo."
Ron alzò un sopracciglio e chiese: "In che senso?" Ma Harry si era addormentato.Copertina:http://community.sparknotes.com/2018/08/24/these-moving-portraits-of-harry-potter-characters-are-magical-af/slide/7
STAI LEGGENDO
Ritorno a Hogwarts
Fanfic(Completa) Storia vincitrice 'Miglior Sinossi' al Wattpad Pulitzer 2018 È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano f...