72. Confessioni

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Harry e Hermione erano seduti davanti alla scrivania vuota del Ministro della Magia: Ron aveva mandato loro un Patronus dal San Mungo.
Kingsley tornò con un plico di pergamene. Uno spesso plico di pergamene. Harry imprecò sottovoce quando vide il tutto. Il nome in alto indicava tutti i provvedimenti presi per qualcuno. Pansy Parkinson.
Si voltò velocemente verso Hermione e si scambiarono uno sguardo corrucciato. La Parkinson era nei guai? Il Ministro si sedette alla scrivania e appoggiò il plico davanti a sé. "Allora: ho una casa sequestrata, la richiesta di due passaporte per la Francia, terminate, e un provvedimento amministrativo per un controllo su comunicazioni non tracciate con Azkaban. No, aspettate..." Una piuma auto inchiostrante, uscì dal plico e iniziò a scrivere su una pergamena. "C'è anche un'indagine in corso per qualcosa... un incidente, forse" Alzò uno sguardo preoccupato su di loro.
Harry imprecò ancora mentalmente. In che guai si era cacciata la Parkinson? E in che guai sarebbe finito Ron? Harry pensava che lei fosse a posto. L'aveva detto a tutti. Ora non ne era così sicuro.
"Ah, no. Sembra debba essere interrogata solo come strega a conoscenza dei fatti. Non è sospettata" continuò a leggere il Ministro finché la piuma non finì di scrivere e si posò a lato della pergamena. Harry sospirò. Almeno quello. Ma il resto?
Si girò di nuovo verso Hermione: era sempre lei quella che capiva quelle cose.

Hermione sapeva già qualcosa. Si avvicinò con la sedia alla scrivania e girò il plico verso di lei. Scartabellò un po' le pergamene. Ne spostò qualcuna.
"Le passaporte per la Francia, visto che sono terminate, possiamo archiviarle, no?" Guardò il Ministro con un sorriso: lui prese la bacchetta e fece volare le pergamene in un'altra stanza. Lei annuì. Ora la casa: aveva parlato con Molly. Sapeva che aveva scritto per velocizzare la cosa.
"Chi si occupa dei tre casi? Il controllo della casa, di Azkaban e dell'indagine? A che punto siamo?" chiese, con professionalità.
Kingsley alzò la bacchetta e un fascio di luce gialla uscì dalla punta. La luce investì tutte le pergamene, finché due fogli non uscirono dal plico e si posarono, uno di fianco all'altro davanti a Hermione. Vide Harry alzare un sopracciglio ammirato. Lui era uno da fatti, non da pergamene scritte. Quando fosse diventato un Auror avrebbe avuto un lavoro sul campo, non in ufficio. Prese il primo foglio e lo lesse.
"Qui c'è scritto che nella casa non hanno trovato niente. Che può essere riconsegnata. E la data è dello scorso settembre" dichiarò la strega.
Girò il foglio verso il Ministro, che lo prese e lo lesse. Intanto Hermione aveva iniziato a leggere l'altro foglio.

Harry non capiva niente. Cercava di stare attento, ma era difficile. C'erano troppe pergamene, secondo lui.
"È vero. Avremmo dovuto riconsegnarla. Non so perché non sia stato fatto. Abbiamo riconsegnato molte delle case in ritardo. I proprietari ci mandavano gufi dopo i trentun giorni di controllo, se non avevamo provveduto. C'è stato così tanto lavoro da quando... Provvedo subito a mandare comunicazione con un gufo."
Il mago sospirò. Con la bacchetta incantò anche quella pergamena che volò fuori dalla porta.
Harry vide Hermione sorridere: le piaceva fare ordine. Eccome, se le piaceva! Sorrise anche lui.
"E la storia di Azkaban?" chiese quindi Harry. Non aveva detto niente, non voleva sembrare un troll.

Hermione aveva in mano la pergamena conclusiva sull'indagine di Azkaban. Gliela passò.
"Anche quella dovrebbe essere chiusa. C'è scritto che non hanno trovato niente. Nessun gufo fra la Parkinson e sua madre, nessuna pergamena, nessuna comunicazione via camino, niente di niente. La Parkinson ha detto la verità."
Per fortuna sapeva anche questo e sapeva cosa cercare. Sarebbe stata una cosa veloce. "Perché il plico è così spesso? Quando le cose vengono concluse, non sarebbe meglio archiviarle subito? Onde evitare equivoci? E ora: L'indagine sull'incidente? A chi possiamo chiedere?"

Kingsley sospirò. Hermione aveva ragione. Lo sapeva. Ma il lavoro era stato troppo: troppi mangiamorte da processare, controllare, perquisire, senza contare quelli ancora da arrestare. Troppe persone da tenere sotto controllo. Troppe dimore, manufatti e pergamene da controllare. Azkaban da sistemare. Era brutto da dire, ma senza i dissennatori c'era più lavoro per loro. E il personale scarseggiava.
Annuì mentre scriveva una pergamena che fece volare in corridoio con la bacchetta. Guardò di sfuggita il nome sul plico. Chissà se quella ragazza era... Sospirò ancora.
Dopo poco arrivarono i due addetti che si occupavano dell'indagine del San Mungo. Erano entrambi vestiti di nero. Il Ministro li osservò. Non sembravano particolarmente svegli. Dovevano essere fra quelli che avevano 'ereditato' dal governo precedente.
"Buongiorno. Vi state occupando voi dell'indagine su un aborto illegale ai danni di una giovane strega di nome..." Si allungò a leggere la pergamena scritta dalla piuma "...Camille Lemaire?"

Hermione si bloccò. Non aveva capito bene, prima. L'incidente riguardava Camille? Il bambino di Camille? Harry l'aveva chiamata appena aveva ricevuto il messaggio da parte di Ron, ma non le aveva spiegato tutto. Camille aveva perso il bambino? I due che erano entrati nella stanza si presentarono e spiegarono quello che era successo.
Hermione prestò troppa poca attenzione, purtroppo, troppo presa a pensare a Camille. Non era la sorella a essere accusata, dissero, ma la nonna paterna. Fece fatica a seguire quello che dicevano perché l'indagine era troppo fresca per avere notizie dettagliate. Era già stata interrogata la nonna, che si era presa tutta la colpa. Fra qualche giorno avrebbero chiuso tutto.
Riuscì però a capire che la Parkinson non aveva più pratiche aperte presso il ministero. Quando i due agenti se ne furono andati, si rivolse ancora verso Kingsley
"Quindi non ci sono più pratiche aperte su di lei?" chiese e lui confermò il suo pensiero. Perfetto, avevano finito.
Lei e Harry si alzarono per tornare a Hogwarts, ma il ministro chiese a Hermione di parlare con lei in privato. Lei annuì e si voltò verso il moro che le disse: "Vado a salutare Arthur, quando hai finito, torniamo a scuola insieme". Salutò e uscì.
La riccia si rimise seduta e chiese: "Avete bisogno d'aiuto a sistemare le pratiche?" Il ministro scosse la testa.
"No, volevo parlarti di altro."

***

Ron uscì dietro a Pansy fuori dalla camera di Camille, cercò un posto isolato e mandò un patronus a Harry per scoprire cosa fosse successo con il ministero.
Quando tornò in sala d'aspetto vide che la ragazza era seduta sullo stesso divano di prima. Forse non s'era neanche accorta che lui si fosse assentato.
Aveva uno sguardo strano ed evitava il suo sguardo da quando aveva risposto a Camille.
Si avvicinò e le chiese se volesse fumare.

"Sigaretta?" 
Gli occhi di Pansy si illuminarono. "Oh, sì ti prego. Dici che qui ci sia un balcone o qualcosa del genere? Avrei paura che l'infermiera cattiva ci sbatta fuori" disse guardandosi intorno.
Lui sorrise e indicò una porta con il capo. "Mi sembra che di là ci sia una terrazza".
Pansy si alzò e insieme raggiunsero la terrazza.
Quando la porta si aprì nel tardo pomeriggio, il cielo era scuro e il freddo insistente. I rumori della città arrivavano fin lassù e si vedevano le luci di Londra.
La ragazza si agganciò il mantello e si avvicinò alla balaustra. Ron le andò vicino. Le allungò una sigaretta e ne prese una per sé. Tirò fuori la bacchetta e le accese tutte e due.
Pansy diede una lunga boccata. "Dopo il processo sono andata in Francia per spiegare ai nonni di Camille quello che era successo. Quando loro mi dissero che avevano problemi di soldi e volevano far sposare a Camille un tizio per sistemare i loro affari, non ci ho visto più: l'ho rapita. Letteralmente: l'ho portata qui in Inghilterra e ho proibito loro di vederla. Probabilmente se non avessi reagito così d'impulso, sarei riuscita a sistemare le cose e lei ora non si troverebbe in questo casino..."
Il rosso non sapeva bene quale fosse la cosa giusta da dire. "Oppure sarebbe sposata con un uomo che neanche conosce e magari sarebbe stata incinta lo stesso".
Lei alzò le spalle e diede un'altra boccata. "Ho sempre eseguito gli ordini di mia madre. Quando mi sono trovata libera di scegliere è stato difficile. Ho sempre paura di fare dei casini. Anche adesso" ammise.
Ron non disse niente, immaginava che fosse difficile confidarsi, soprattutto per lei, così le prese la mano: era gelata.

Pansy lo guardò. "Dovresti scappare il più lontano possibile da me. Porto solo guai" sussurrò.
"Non ho nessuna intenzione di farlo. Hai fame?" Lei scosse la testa. Ma poi annuì. "Forse un po'."
"Dici che Quircky riuscirebbe a portarci qualcosa da mangiare?" le chiese lui, sorridendo.
La Serpeverde gli sorrise. "Immagino di sì".
L'elfo arrivò subito e nel giro di mezz'ora si ritrovarono su una panchina, con una coperta riscaldante a mangiare pasticcio di carne.
"Non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto stamattina. Se non fosse stato per te..." si scusò lei, ma il ragazzo scosse le spalle.
"Per un attimo non ho saputo cosa fare. Poi... bo, ho agito senza riflettere troppo. È una cosa che faccio spesso. Non sempre riesce bene..." ammise lui.
"Smettila di sminuirti: sei stato bravo. Penso che utilizzerò la mia vincita agli scacchi magici per obbligarti a insegnarmi la magia che hai usato" disse la Serpeverde, sempre guardando il piatto.
"Tu chiedi e ti sarà dato. Chissà com'è il tuo Patronus..."
"In che senso?" Pansy alzò il viso dal piatto e lo guardò, curiosa.
"Il Patronus è un incantesimo che nella sua forma più completa, ossia quando diventa corporeo prende la forma di un animale. Per evocarlo devi immaginarti pensieri felici, che ti emozionano e ti fanno stare bene. Non è semplicissimo, ma siccome ognuno ha pensieri diversi, cambia da persona a persona. Il mio è il cane, quello di Harry è un cervo, quello di Ginny un cavallo e così via..." spiegò il ragazzo.
"Oh" rispose Pansy senza badarci. Pensieri felici? Merlino, lei non aveva pensieri felici!
Rimasero zitti un altro po', finendo di mangiare. Mentre lei beveva, il grifondoro le chiese: "Hermione e Malfoy hanno litigato?"
Lei finì di bere e prese tempo. Poteva dirglielo? Era un segreto?
"Sì. Draco ha paura che Hermione possa scoprire qualcosa che lo riguarda che le faccia cambiare idea e decida di non stare più con lui" spiegò.

Ron ripensò a Luna. Si armò di coraggio e chiese: "Come te?"
"Come me cosa?" gli domandò lei, con un tono strano.
"Anche tu la pensi così" disse lui.
"Io?"
"Sì, me l'hai detto quella notte a casa tua. Dicevi che se avessi saputo tutto di te, non sarei più venuto a cercarti" disse.
Lei rimase zitta. Appoggiò il piatto e lo fece sparire con la bacchetta. Ci mise così tanto tempo che quando alla fine parlò, Ron si meravigliò.
"Non mi ricordavo di avertelo detto..." ammise, guardando il cielo.
Dalla strada sotto di loro arrivava la luce dei lampioni babbani.

Pansy guardò verso di lui. Lo vedeva poco, ma lo vedeva ancora. Lui avrebbe mai potuto capire?
"Potrei anche raccontarti tutto. Tutto quello che vuoi sapere. Ma poi non mi guarderesti più come mi guardi adesso. E il tuo sguardo non mi piacerebbe. Merlino, vorrei che tu non potessi vedermi neanche adesso" disse.
Lui mise mano al mantello e armeggiò con qualcosa. Poco dopo tutte le luci babbane più vicino a loro vennero catturate dalla sua mano. La mora rimase di sasso. Non aveva più scuse: il buio era totale. Ma rimase ancora zitta.
"Pensi che Hermione non vorrebbe più stare con Malfoy se venisse a sapere qualcosa di brutto su di lui?" le chiese il rosso.
La Serpeverde si morse il labbro per non dire che, secondo lei, la Granger amava Draco. E niente può farti cambiare idea quando ami qualcuno. Ma non voleva dirlo. Non voleva parlare d'amore.
"Lei sa già di lui. Se ha accettato il suo passato, non cambierà idea. Tu di me non sai niente" disse, cercando di spiegarlo bene.
"Proviamo. Non mi sono arrabbiato neanche quando hai detto di aver scommesso contro di me" concesse lui. Pansy sentì il calore salirle alle guance.
"Io... prima ero diversa" disse, nervosamente. Ero dannatamente stupida, codarda e avevo paura. Come si vergognava di aver scommesso contro di lui, ora!
"Lo so. Mi piaci adesso" mormorò il Grifondoro.
Il cuore le mancò un battito. Lui aveva detto che gli piaceva?
Iniziò raccontando di quando al terzo anno sua madre l'avesse mandata a Hogwarts con una pozione antigravidanza nel baule e l'incarico di avvicinarsi a Draco. Ma lui non ne voleva proprio sapere di lei, così si era lasciata andare con la persona sbagliata.
"Nott?" chiese il ragazzo.
"Sì. Ma lui non era proprio... carino. Beh, subito sì, ma poi..."
Gli raccontò di come l'avesse convinta a uscire con lui e poi avesse insistito sul fare cose che non sempre le piacevano. Avevano iniziato a frequentare le feste di quelli dell'ultimo anno, si era trovata in mezzo ai loro giri di alcool e sesso, e quando aveva detto a Nott che lei non voleva far più parte di quel giro, lui aveva fatto finta di accettare la cosa ma poi le aveva dato la polvere di oppio di nascosto.
Quella volta che lei si era risvegliata nel letto di un altro, aveva capito che non voleva continuare così ed era andata da lui a dirglielo, ma Nott le aveva riso in faccia, dicendo di smetterla di fare la santarellina.
Avevano avuto una discussione molto accesa e lui le aveva strappato la camicetta della divisa dicendo che l'avrebbe convinta alla 'solita maniera'. Era stato violento e non si era fermato quando lei aveva opposto resistenza.
Da quel momento gli era girata al largo. Poi Draco era stato ferito dall'Ippogrifo e lei era riuscita ad attirare la sua attenzione mostrandosi crocerossina e inveendo contro i Grifondoro. Così aveva continuato ad assecondarlo.
Nel tempo si era affezionata a Draco, che era diventato un amico insostituibile e faceva paura a Nott.
Il sesto anno Draco era diventato instabile, cattivo e combattuto, ma con lei si era sempre comportato bene, così aveva deciso di stargli vicino contro il volere di sua madre.
Gli raccontò del settimo anno senza Draco e della finta storia con Blaise. Poi gli raccontò di come l'aveva ingannata la madre, facendole credere di lasciarla andare via. E poi, ancora, di quando aveva scoperto che avevano svuotato la camera alla Gringott e di come si era ritrovata da sola: da sola e al verde. Quando finì di parlare, si girò verso di lui, ma appunto, c'era buio e non riusciva a vedere la sua espressione. Per fortuna.
Lui si mosse, si avvicinò a lei e l'abbracciò. La tenne stretta per così tanto tempo che lei pensò che non l'avrebbe mai lasciata andare. E la sensazione che le si sprigionò in ogni cellula era lenitiva. Avrebbe davvero voluto che lui non la lasciasse andare più.
"Torniamo dentro?" le chiese e lei annuì, ma prima di alzarsi il rosso la baciò.
Un bacio tenero e dolce. Proprio come lui.
Pansy pianse ancora, ma non da sola.

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