38. La pozione di Draco

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Hermione era appoggiata sul suo petto, in un letto dalle varie sfumature grigie nella stanza delle necessità.
Draco sospirò e le accarezzò la schiena.
"Stai bene?" le chiese e lei annuì.
Il biondo, con l'altra mano, le accarezzò la guancia e le fece passare le dita sotto al mento, alzandole il viso verso il suo.
"Vuoi che ti faccia stare bene, ancora?" le chiese con un sorriso sornione e le sfiorò le labbra con un bacio. Hermione sorrise quando lui si staccò, guardandola.
"Sbruffone" lo accusò e ridacchiò.
Draco era deliziato. Non aveva mai sentito Hermione ridacchiare come da quando stava insieme a lui. Perché stavano insieme. Anche se lei non lo aveva ancora detto ai suoi amici (a parte la piccola teppista), loro stavano insieme.
Lui non lo aveva detto a nessuno, ma Zabini aveva iniziato a fare battutine mirate e lui aveva capito che sapeva. E lo sapeva anche Pansy. Si era stupito, di Pansy.
Lei gli aveva sorriso e gli aveva detto qualcosa tipo 'La Granger sembra molto contenta ultimamente', e gli aveva dato una pacca sulla spalla.
Draco l'aveva anche invitata a sedersi vicino a loro alla partita di Quidditch. Anche se quello era stato uno sbaglio: le due ragazze si erano coalizzate contro di lui e contro il suo sport preferito, aveva fatto fatica a spiegare loro anche le cose più semplici.
Strinse un po' di più la riccia a sé e le baciò la fronte.
"A cosa pensi?" gli chiese lei mentre con la mano giocava con i suoi capelli.
"Pensavo a quanto sto bene con te" le rispose lui, accarezzandole un lembo di pelle del fianco che fece sorridere Hermione come una dea greca.
La ragazza fece un sorriso strano e poi disse: "Allora sarò io a far star bene te, adesso".
Poco dopo Draco non riuscì più a pensare.


***

Ginny era in biblioteca con Pansy e Camille e le guardava un po' nervosa.
Le due non avevano ancora chiarito dall'ultimo litigio che avevano avuto, e la situazione era tesa.
Pansy era nervosa. Molto nevosa, (e secondo lei aveva una gran brutta cera) mentre Camille era sulle sue ma continuava a guardare la sorella come se volesse a tutti i costi dirle qualcosa.
Fra poco se ne sarebbe andata. Molto meglio i piccioncini di loro due che si studiavano come animali nell'arena.

"Ok, puoi non dirmi chi è lui, va bene. Però visto che sei decisa a tenere il bambino, probabilmente, lui dovrebbe saperlo, no?" iniziò Pansy, rivolgendosi a Camille.
Sua sorella aveva deciso, subito dopo la visita al San Mungo, di tenere il bambino. Secondo Pansy era una scelta azzardata, vista la sua giovane età, ma essendo cresciuta in un regime autoritario, o si faceva quello che voleva la mamma o si faceva quello che la mamma voleva, aveva deciso di lasciarle la libertà che meritava. Così avrebbero cresciuto il bambino loro due, visto che Camille non voleva informare il padre.
Ma questo ragazzo dov'era? Non si era domandato come mai lei non volesse più vederlo? Perché lei non vedeva nessuno. Nessun ragazzo, nessun amico.
Pansy aveva tanti interrogativi per la testa, e questo casino era troppo da gestire per lei. Si sentiva così stanca...
Avrebbe avuto bisogno di un adulto. Lo capiva perfettamente. Aveva mandato Camille al consultorio, ma la ragazza non aveva voluto che entrasse anche lei a parlare con i medimaghi. Era solo riuscita a sapere che loro due stavano bene fisicamente e aveva dovuto farselo bastare.
Appoggiò la testa sulla mano e sospirò.

Camille guardò la sorella: sapeva che aveva ragione. Ma cosa poteva dirle? Che si era inventata un ragazzo di sana pianta? Che era rimasta incinta perché si era ubriacata e di quell'esperienza non voleva ricordare niente? Sbuffò rumorosamente. Lei sapeva cosa voleva: non voleva stare con Pansy. Sì, beh, le era grata, certo, era molto comprensiva e non si era arrabbiata come aveva pensato subito. Ma da qui al resto...
Camille voleva tornare in Francia, dai suoi nonni. Loro l'avrebbero coccolata e non subissata di domande. Loro avrebbero trovato una soluzione. A tutto. Lei non avrebbe dovuto pensare a niente. Anzi, probabilmente le avrebbero permesso di rimanere con loro e avrebbero cresciuto il bambino mentre lei andava a scuola.
Sì, poteva essere una buona idea.
Non lo disse. Ma ci pensò.

Ginny stava ancora valutando la situazione quando Camille disse, cogliendole di sorpresa: "Vorrei andare a stare dai nonni, durante le vacanze di Natale". Ginny guardò Pansy che si immobilizzò in una trance davvero paurosa: aprì la bocca e poi la richiuse alla stessa velocità.
La vide mentre pensava velocemente. Aveva imparato, guardandola. Era una cosa stupefacente. Aveva detto che sua madre la considerava poco sveglia, ma Ginny riusciva a immaginarsi benissimo i meccanismi del suo cervello, come quelli di un orologio, muoversi all'interno della sua testa.
E alla fine la sentì dire: "Fammici pensare, ok?", poi un piccolo ghigno comparve sulle sue labbra e chiese: "Lui di che casa è?"

Camille si sentì in trappola e odiò Pansy. Come quando l'aveva portata via dai nonni.
"Grifondoro. E fammi sapere quando hai deciso" rispose stizzita.
Si alzò, un po' nervosa e abbandonò la biblioteca.

Pansy sentì il viso congelarsi. Grifondoro? Non lo avrebbe mai detto. La Weasley si voltò verso di lei dicendo: "Io penso che..."
Ma la Serpeverde non la stava ascoltando ed esclamò, interrompendola: "Per Salazar! Speriamo non sia tuo fratello!" Poi, mentre realizzava quello che aveva detto, si sentì in colpa. "Scusa... Io non intendevo... non volevo dire che... non ho niente contro tuo fratello" capitolò alla fine alzando le mani.

Ginny annuì. Aveva capito. Anche perché lei aveva pensato la stessa cosa.
"Quello che volevo dire io, invece, è che secondo me, Camille non ha un ragazzo..." Pansy, la guardò interessata a quello che stava dicendo, ma allo stesso tempo così strana...
Ginny, prima di continuare, la osservò: Aveva gli occhi lucidi. Troppo lucidi. E le guance di una tinta strana. Non si era truccata bene? Di solito era molto brava in quelle cose, poi capì.
"Pansy..." iniziò "Non è che... hai la febbre?" La Serpeverde sorrise.
"Non preoccuparti, Ginny, è solo qualche linea. Fra qualche giorno mi passa..."
Ginny si alzò dal suo posto per andarle più vicino. Le toccò la guancia dicendo un po' divertita: "Mi hai chiamato per nome... devi avere una gran febbre".
Effettivamente scottava. Tanto. Non poteva avere solo qualche linea.
"E sono molti giorni che hai, come dire, qualche linea di febbre?" le chiese, ma non si aspettava una risposta. Sapeva cosa doveva fare: dovevano andare subito da Madama Chips.
Pansy borbottò qualcosa sul fatto che doveva andare fuori a fumare, ma Ginny la ignorò. La prese sottobraccio e si mise a tracolla anche la sua borsa dei libri.
"Dai, andiamo. Ti accompagno ai sotterranei" propose la rossa, sapendo che se avesse detto 'infermeria', sarebbe stato molto più difficile portarcela.
"Stavamo parlando del ragazzo di Camille. Dicevi che forse sai chi è..." disse ancora la mora: stava vaneggiando e Ginny sospirò.
"Veramente dicevo che secondo me non ce l'ha, un ragazzo. Ma ora non preoccuparti. Adesso andiamo a letto. Vieni", iniziarono a scendere, ma quando furono al primo piano Ginny, invece di guidarla nei sotterranei, la trascinò in infermeria.

Quando entrarono dalla porta, Pansy si irrigidì. Odiava l'infermeria.
"Cosa facciamo qui?" chiese alla Grifondoro.
"Madama Chips ti darà qualcosa per la febbre, vero Madama Chips?" rispose rivolgendosi poi alla strega che era andata loro incontro quando le aveva viste arrivare.
"È solo qualche linea... Non ne ho bisogno" cercò di negare Pansy, ma effettivamente si sentiva stanca.
"Mi hai chiamato 'Ginny', stai vaneggiando di sicuro" le spiegò la rossa, con un sorriso divertito come poco prima in biblioteca.
Ginny? E certo che la chiamava così. Non era il suo nome?
"Anche tu mi chiami Pansy. Come dovrei chiamarti?" le chiese, cercando di mettere insieme le parole senza chiudere gli occhi. La Grifondoro ridacchiò.
"Mi puoi chiamare 'Ginny', ma ora siediti e riposati" acconsentì.
La fece sedere su uno dei letti e Pansy scoprì di essere stanca, così si sedette, giusto dieci minuti. Dopo dieci minuti, una pozione intrugliosa dal dubbio gusto, una raccomandazione da parte di Ginny di non muoversi da lì e un incantesimo d'appello per la sua camicia da notte (che Ginny guardò in un modo strano), Pansy si coricò. Non ebbe altra scelta.
E a dir la verità, non sarebbe riuscita a rialzarsi da sola.

Ginny tirò la tenda intorno alla ragazza e appoggiò la borsa con i libri sulla sedia vicino al letto. Solo che l'appoggiò male e questa si aprì, facendo cadere a terra un libro, una piuma e una piccola boccetta. Ginny la raccolse e la guardò: Merlino! Era la pozione di Malfoy. Perché ce l'aveva lei?
La stava ancora osservando quando si voltò verso il letto: Pansy la stava guardando. Dalla sua faccia, non riusciva a capire cosa pensasse, così provò a chiedere: "Perché hai la pozione di Malfoy?"
Pansy inclinò la testa e rispose: "Me la sono fatta prestare".
"Ma per cosa l'hai presa?" le domandò ancora.
"Per dormire" ribattè, stranita, Pansy.
Ginny ora era confusa e non riuscì a non chiedere: "Per dormire? E come mai te l'ha lasciata?"
Hermione aveva raccontato a Ginny che Malfoy non aveva voluto saperne di lasciarle la boccetta. Ok che Pansy era una sua amica, ma non capiva perché a una sì e all'altra no.
"E perché non avrebbe dovuto? Basta stare attenti a quanta se ne prende..."
"Ma... e se finisce?"
Pansy la guardò stranita. Molto più stranita di una con la febbre (anche se Madama Chips aveva dichiarato 39.8).
"La rifacciamo, se finisce" disse la mora sbadigliando.
"La rifate?" Ginny si rendeva conto da sola di essere un po' petulante, ma non riusciva a fare domande più intelligenti.
"Ginny, qual è il problema, scusa?" chiese quindi la Serpeverde.
"Che pozione è?" Ginny pensava quasi si approfittare di lei. Ma forse era il caso di chiedere. Forse...
"È la pozione della pace. Ma non lo sapevi già?" rispose.
La rossa spalancò gli occhi, la boccetta le cadde quasi di mano e vide Pansy spaventarsi.
"Giusto. Sì, sì. Certo: la pozione della pace. Ora stai tranquilla, dai. Resta qui, stanotte. Domani torno a vedere come stai, ok?" balbettò un po' Ginny cercando di districarsi in quel dedalo di informazioni.
La Serpeverde annuì e si coprì spiegando alla Grifondoro come indagare per cercare il ragazzo di Camille fra i suoi compagni di casa. Ginny non stette lì a specificare ancora che secondo lei non aveva un ragazzo, ma annuì e se ne andò: aveva altro a cui pensare in quel momento.
Come chiuse la porta dell'infermeria, si mise a correre.
Un lampo illuminò le finestre del primo piano. Subito dopo un tuono scaricò rumori e frastuoni facendo vibrare i vetri. Niente a confronto di quello che sentiva dentro.
POZIONE DELLA PACE! UNA. CAZZO. DI. POZIONE. DELLA. PACE!!!
La pozione della pace serviva a calmare la mente. Lei l'aveva studiata e preparata al quinto anno. Alcuni ragazzi la prendevano per l'ansia degli esami. Sua mamma l'aveva presa subito dopo la morte di Fred. In casa ne avevano un boccetto, ognuno di loro ne aveva preso almeno un sorso, dopo la guerra. Cosa c'entrava con i problemi di Hermione? Doveva trovare Malfoy. No, doveva trovare Hermione. Si fermò. Con chi doveva parlare prima? Doveva affrontare il Serpeverde e permettergli di spiegarsi? Doveva informare Hermione e permetterle di infuriarsi con il diavolo biondo? Voleva mettere zizzania fra i due? Hermione era felice. Non aveva più avuto crisi. Guardava Malfoy come se fosse lui il salvatore del mondo magico (e non il non più suo Harry), però non poteva non dire niente a nessuno. O si? Poteva?
Camminò velocemente verso la sala comune. Quando entrò dal ritratto, si guardò intorno cercando Hermione. Ma lei non c'era. Era un segno? Era giusto così?
Si guardò ancora intorno e vide Harry e Ron che giocavano a scacchi magici.
Harry era un tesoro: Ron vinceva quasi sempre a scacchi, infatti nessuno voleva giocare con lui, ma Harry non gli diceva mai di no. Sorrise vedendoli.
Si avvicinò e Harry le sorrise quando si sedette fra di loro. Ginny non rispose al suo sorriso.
Avrebbe voluto farlo, ma si sentiva ancora in trappola. Da un lato la voglia di saltargli addosso e perdonarlo per non aver avuto fiducia in lei, e dall'altra la consapevolezza che la prossima volta che avrebbero avuto un problema, sarebbe stato uguale e non avrebbero risolto niente. Sospirò e decise di salvare Harry, metaforicamente, da Ron.
"Ron posso parlarti?" chiese a mezza voce. Harry la guardò meravigliato e lei gli rivolse uno sguardo di scuse. Per questo poteva farlo senza rimetterci la faccia. Harry annuì, campò una scusa stupida e molto creativa e si dileguò verso i dormitori. Ron si voltò verso di lei, mentre sistemava i pezzi sulla scacchiera.
"Giochi?" le chiese, ma lei storse la bocca.
"No."
Non le piaceva perdere contro Ron, esattamente come a tutti gli altri. Ron sbuffò.
"Allora non so se voglio parlare con te. Mi devi ancora metà sacchetto di dolci" dichiarò il ragazzo e Ginny sbuffò. Si mise al posto di Harry e mosse un pedone. Un pedone a caso perché sapeva che a Ron avrebbe dato fastidio.
"Ancora questa storia?" disse la ragazza. Non lo aveva imbrogliato. Non del tutto. E non più del solito.
Ron scosse le spalle e iniziò la partita anche lui.
"Dimmi" le disse, muovendo la torre.
Lei, improvvisamente si imbarazzò. Poteva chiedere a suo fratello se avesse messo incinta Camille? E c'era un modo carino per chiederglielo? Sperava ancora che non fosse lui. Camille aveva parlato di una volta sola. E con la schiera di ragazzine di Ron, poteva essere. Ma aveva anche detto, se non ricordava male, che non era stato un granchè. L'ultima cosa che voleva sapere era se suo fratello a letto fosse un disastro. Tossì per schiarirsi la voce, ma le venne malissimo.
"Sei andato... cioè, hai fatto qualcosa.... in quel senso.... con qualche ragazza Serpeverde?" bisbigliò. Pensava che buttandola giù così invece che diretta, sarebbe stato meno imbarazzante. E invece no. Era imbarazzante comunque.

Ron sentì le orecchie scaldarsi. Perché Ginny gli faceva una domanda del genere? E cosa avrebbe dovuto rispondere? Mentire? Dire la verità? Sì, cara Ginny, ho baciato una bellissima Serpeverde, ma poi ho scoperto, proprio da te, che è fidanzata, e non ho guardato più nessun'altra, perché non riesco a togliermela dalla mente.

Ginny vide il fratello impensierirsi e notò che gli si arrossarono le orecchie. Gli succedeva sempre quando era in imbarazzo. Merlino! No. NO. NO!!!! Non poteva essere.
Poi lui disse: "Non capisco cosa intendi". Non aveva funzionato la parte non diretta. Ok. Sarebbe stata diretta.
Ginny si fece più vicina sussurrando: "Intendo: hai per caso scopato senza protezione con una quindicenne che ora potrebbe essere incinta?"
Ron spalancò gli occhi al tono duro della sorella. Scosse la testa. "No."
"Sei sicuro?" rimarcò la sorella.
"Sì" rispose, sicuro, lui.
Ginny sospirò. Bene. Uno di meno. Si guardò intorno. Erano tanti comunque, i ragazzi Grifondoro. E storia o non storia, Camille era incinta di uno di loro. Sospirò di nuovo.
Si voltò di nuovo verso il rosso e gli chiese: "Con chi sei stato? Anzi, aspetta, non dirmelo, non voglio saperlo. Facciamo così: stai lontano dalle mie amiche, ok?"

Ron annuì. Come se gli interessassero le sue amiche. Un attimo! Ma la Parkinson era una sua amica? Poteva chiederglielo? Avrebbe sospettato della domanda? Idiota, sì che avrebbe sospettato! Pensò.
Mosse il cavallo in una posizione orribile e sconveniente, infatti dopo sole quattro mosse Ginny gli diede scacco matto. Lei ghignò. Non glielo avrebbe mai fatto scordare. Per almeno vent'anni. Ma poi sorrise dolce come la mamma, fece il giro del tavolo e lo abbracciò da dietro.
"Grazie. Sei un gran fratello, sai?" sussurrò al suo orecchio.
Oh, pensava l'avesse fatta vincere apposta?



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Copertin:http://www.potterpedia.it/?v=pozioni

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