91. Hermione ha un'altra crisi

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Draco stava da Dio.
Come non lo era mai stato. La partita di Quidditch era durata appena due ore e mezzo, quell'anno i Tassorosso non erano particolarmente forti, rispetto agli altri anni.
Aveva passato il pomeriggio alla festa nei sotterranei con Hermione, non avevano più parlato di Nott dal giorno prima e ora erano nell'aula di divinazione. Quella sera aveva visto la Cooman abbastanza alticcia e quindi sapeva che non sarebbe mai riuscita a tornare nella torre. Potevano rimanere lì fino al mattino.
Era sdraiato sulla pancia, sul morbido tappeto davanti al camino con solo i boxer addosso. Hemione era a cavalcioni su di lui e gli massaggiava la schiena.
"Potrei abituarmi a tutto questo."

La riccia sorrise. Si chinò a baciargli il collo.
"Anch'io". Le sue mani correvano sulla sua pelle bianca come dotate di volontà propria. Avevano fatto l'amore. Sospirò. Ne aveva bisogno. Il giorno prima si era seduta vicino a Nott in biblioteca e, con la scusa di un altro libro, aveva cercato di chiacchierare con lui. Era stato difficilissimo. Sapeva di essere brava in un sacco di cose, ma sapeva bene di non essere in grado di fingere. Non bene.
Aveva una paura enorme di farsi beccare. Non sapeva bene cosa dire, o come dirlo, o come comportarsi. Forse aveva sbagliato ad accettare l'incarico di Kingsley ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Aveva pensato a tutte le strategie che avrebbe potuto usare. Pozioni, incantesimi, ma non era riuscita a intavolare un piano degno di questo nome. E sì che gli anni indietro, c'era sempre riuscita. Aveva perso il suo smalto? Di solito riusciva a fare tutto quello che si prefiggeva. Ma stavolta... Sospirò ancora.
"A cosa pensi?" le chiese Draco.
"Oh, niente di che" rispose.
E invece pensava alla conversazione che aveva avuto con il moro Serpeverde. Non aveva raccontato a Draco di essere andata in biblioteca e di aver passato il pomeriggio con lui. Ed era abbastanza sicura che nessuno li avesse visti, erano a un tavolo riparato dagli alti scaffali, vicino alla finestra che dava sulle serre. Non ci andava mai nessuno. Anche lei era stata sorpresa di aver trovato Nott proprio lì. Lui aveva raccontato un po' di cose, mentre faceva i compiti. Ok, un sacco di cose. Era stato un po' spocchioso (un bel po') nel raccontare di ragazze e aneddoti accaduti in passato e lei, che sapeva come stavano veramente le cose, aveva dovuto fingere interesse e ammirazione. Ed era stato difficile.
Poi lui aveva accennato a Draco. Aveva usato parole tipo famiglia facoltosa, purosangue, nobile casata. Aveva anche detto che lei era molto fortuna a stare con il biondo. Aveva elogiato Draco e la sua famiglia in una maniera stucchevole ed egregiamente fastidiosa. Alla fine, lei si era sentita quasi male. Lui doveva aver pensato che non si sentisse bene per qualcos'altro, perché le aveva appoggiato una mano sul braccio e chiesto se stesse bene con sguardo preoccupato.
Quando era uscita dalla biblioteca (e non aveva neanche fatto i compiti!) aveva la testa indolenzita e il braccio, dove lui aveva appoggiato la mano, le formicolava come non aveva mai fatto. Aveva dovuto combattere contro se stessa e contro la crisi che avrebbe avuto sicuramente se non avesse incontrato Ginny in sala comune. Lei l'aveva aiutata ma era riuscita a farla passare senza che Ginny capisse quanto fosse grave. Non aveva neanche preso la pozione. E la sera aveva partecipato con le Serpeverde al compleanno nei sotterranei. Era tutto passato.
Ma la preoccupava la prossima volta che lo avrebbe visto. Doveva trovare la maniera per condurre lei la conversazione. E magari per farsi dire quello che voleva sapere e non doverlo vedere più. Passò le mani sul collo del ragazzo biondo sotto le sue gambe e sospirò.

Draco velocemente si girò, tenendola ferma perché non cadesse, per poterla guardare. Lei era stupenda. Indossava la sua camicia. Le stava larga sulle spalle e lunga sulle gambe. Le accarezzò una coscia. Aveva voglia di fare ancora l'amore. Sorrise. La sua Hermione. Si tirò su per sedersi e lei ridacchiò mentre cadeva indietro stretta nel suo braccio. La baciò. Ma lei aveva la testa altrove.
"Tutto ok?" le chiese.
"Certo. Perché?" Lei aveva alzato un sopracciglio.
"Bo... mi sembrava... niente". La ribaciò. Ma lei era ancora via con i pensieri. Poi la riccia sorrise e lui si tranquillizzò: era tornata.
"Cosa facciamo per le vacanze di primavera?"
Lei si immobilizzò. "Come?"
"Le vacanze di primavera... verrai da me?"

Hermione sgranò gli occhi. Andare da lui? Da Narcissa? Ebbe un brivido. Pensò al Manor, ma poi si ricordò che lui aveva detto che sua madre abitava da un'altra parte e probabilmente anche lui. Ma continuò a pensare al Manor. A Lucius. A Narcissa. A Bellatrix. La sua mente iniziò a vagare da sola.
Le tornò in mente quello che aveva detto Nott sulla famiglia di Draco. I pensieri si mischiarono ai ricordi del Manor ed Hermione iniziò a sentire le fitte alla testa che preannunciavano le crisi. Cercò di sorridere e di rispondere qualcosa a Draco per allontanare le brutte cose ma le parole di Nott le tornarono in mente.
Draco dovette capire che qualcosa non andava, perché le chiese per altre due volte se andasse tutto bene. E dovette essere sincera quando capì di non riuscire a dominare la crisi da sola.
Quando iniziò a farle male anche il petto, non riuscì a impedire che le lacrime iniziassero a scorrerle sulle guance.

Draco aveva intuito della crisi. Quello che non aveva capito era perché fosse successo. Lui le aveva chiesto di passare le vacanze insieme e lei era crollata. Come mai? Lui le portava brutti pensieri?
"Hermione... ma cosa... perché?" Lei aveva gli occhi vacui e disse qualcosa ma talmente sottovoce che lui non capì. "Come?" Non sapeva cosa fare. Non era più successo.
L'abbracciò stretta. Avrebbe dovuto aiutarla. Le accarezzò la testa e si inginocchiò accanto a lei per abbracciarla meglio. Lei mormorò alcune parole ma lui non le capì tutte. "Narcissa... Manor..." Draco non capiva ancora perché avesse avuto una crisi così forte.
"Hai la pozione?" Lei scosse la testa.
"Non l'ho più fatta. Io... non ne avevo bisogno."
"Perché hai la crisi? Lo sai?" Se lei fosse riuscita a rendersi conto di cosa l'avesse fatta star male sarebbe stato più facile. Perché neanche lui aveva la pozione. L'aveva data a Pansy per andare ad Azkaban e poi si era scordato di farsela ridare.
Hermione scosse la testa. Ma disse ancora qualche parola. L'unica che lui capì, questa volta fu: "Nott". Si irrigidì. Aveva visto Nott? Gli aveva parlato? Cosa era successo? Non aveva preso qualcosa che le aveva dato lui, giusto? Lei sapeva, giusto? Ci stava attenta? Ci era riuscita? Si sentì spaesato, ma cercò di mantenere la calma.
"Nott?"
"L'ho visto in biblioteca, ieri. Mi ha raccontato di te... della tua famiglia..."
Pianse ancora. Le accarezzò i capelli.
"Non preoccuparti di Nott, ok? Non ce n'è più bisogno."

Hermione faceva fatica a seguirlo. Le fitte alla testa erano potentissime, il braccio le faceva un male infernale e quando lo spasmo al petto la pietrificava non riusciva a non piangere.
Perché non doveva preoccuparsi di Nott? Draco continuò ad accarezzarle i capelli e a tenerla stretta.
"Ho chiesto a Pansy di occuparsi lei di Nott. Scoprirà lei quello che devi sapere, non preoccuparti."
CHE COSA? Hermione si staccò velocemente da lui, cercando di guardarlo in faccia. "Cosa hai fatto? Perché?"
Draco sorrise. "Perché per lei non è un problema. Conosce Nott da tanto e sa come prenderlo. Farà prima. Così tu non devi stare con lui".
Hermione spalancò gli occhi: Draco pensava che lei non ci sarebbe riuscita! Che avrebbe avuto bisogno di Pansy. Forse era vero. Lei non ci sarebbe mai riuscita.
Una fitta fortissima al petto e non riuscì più a respirare. Dovette gridare perché vide lo sguardo del ragazzo farsi preoccupato. Poi non si ricordò più niente.

Draco non voleva lasciarla da sola e quando perse conoscenza e poi si risvegliò per svenire ancora, si preoccupò. Aveva paura di fare una cazzata, ma scrisse all'unica persona che poteva aiutarlo.

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