Pansy si materializzò sulla strada.
Sapeva che non c'erano problemi, l'aveva fatto miliardi di volte, fino all'anno prima. Al suo braccio, Camille aveva la faccia nauseata. "Non vedo l'ora di farlo da sola".
Pansy sbuffò. "Ringrazia di poter venire con me". Si avviarono insieme e davanti al cancello dell'abitazione due addetti del Ministero, che guardavano verso la casa, le stavano aspettando.
Si avvicinò cautamente. Le faceva un po' effetto rivedere casa sua. Camille saltellava contenta al suo fianco. Per un attimo desiderò avere ancora quindici anni. Ritornare bambina. Non avere tutte quelle cose da pensare. Sospirò sorridendo alla sorella e si avvicinarono al cancello.
Quando i due addetti si girarono verso di lei, riconobbe Ron. Weasley, doveva ricordarsi di chiamarlo Weasley. Aiutava a tenerlo lontano.
"Weasley, sei venuto anche tu?" Camille saltellava vicino a lui, aggrappandosi al cancello.
"Signorina Parkinson, sono Smith, buongiorno". L'addetto che non conosceva si presentò e le strinse la mano. Lei riuscì a borbottare qualcosa in risposta. E guardò di sottecchi il rosso. Era venuto come addetto del Ministero?
"Apriamo il cancello ed entriamo?" La Serpeverde annuì a Smith.
Tirò fuori la bacchetta e aprì il cancello. Il giardino era un caos totale. L'erbaccia era altissima e il viale sporco. Appena avesse ripreso possesso della casa, avrebbe messo all'opera gli elfi. Ma poi ci ripensò. In fin dei conti perché sistemare quella casa? A lei piaceva molto di più quella dove si era trasferita. Si girò verso la sorella: forse interessava a Camille. Avanzò decisa verso il portone. Le sue scarpe non erano adatte ad attraversare quel lerciume nel cortile e si sporcarono in maniera indecorosa.
Davanti al portone le osservò e le pulì con la bacchetta. Si rese conto di non aver nessuna fretta di entrare.
Smith aprì la porta d'ingresso e disse: "Perfetto. Può firmare qui, signorina Parkinson?" Le porse una cartelletta su cui era fissata una pergamena. Lei guardava curiosa verso l'ingresso e poi si girò verso l'addetto e si avvicinò.
"Cos'è?" Lui tossicchiò.
"La ricevuta di aver riscosso l'immobile nello stato in cui era stato sequestrato."
La ragazza alzò un sopracciglio. Ron pensò che il suo atteggiamento snob venisse fuori solo quando aveva a che fare con il ministero.
Si sentì la voce di Camille, che era entrata in casa senza che nessuno se ne accorgesse, "Quel gâchis ici!".
Pansy si voltò verso l'entrata e poi di nuovo verso Smith. "Vorrà dire che prima di firmare mi assicurerò che tutto sia nelle condizioni in cui l'avete preso". Ridiede la cartelletta a uno stupefatto Smith e si avviò verso la casa.
L'addetto si voltò verso Ron con sguardo incredulo e lui alzò le spalle seguendo la Serpeverde.
Si fermò appena oltrepassata la porta d'ingresso: Pansy era in mezzo all'atrio e si guardava intorno. Era tutto un disastro: i quadri erano caduti e signore di mezza età e anziani bisbigliavano fra loro spostandosi fra le varie cornici, mentre lei accarezzava il corrimano della scala. Vasi rotti erano sul pavimento e qualche mobile era rovesciato. Per terra c'erano strisce di fango e erba.
Quando si voltò e li vide entrare chiese con una voce sottilissima: "E gli elfi? Cosa gli avete fatto?" Smith fece scorrere un po' di pergamene.
"Gli elfi saranno disponibili appena ci sarà la sua firma sulla pergamena" disse con uno sguardo arrogante. Lei annuì senza dire niente e si diresse verso quello che Ron immaginò fosse il salotto.
O una sala da ballo, pensò entrando nell'enorme salone. In quella casa faceva freddissimo. Forse perché era così grande. Deglutì.
Camille non si vedeva. Chissà dov'era finita. Un pianoforte grigio era hinato su una gamba rotta. Un completo disastro.
"Tutto nello stato in cui era?" disse ironica Pansy a Smith.
Si avvicinò al pianoforte e accarezzò il coperchio dei tasti. Fu contenta di vederlo arrossire e borbottare delle scuse.
Il piano lo avrebbe sistemato. Dopo. Tutte le cornici che erano appoggiate sul pianoforte erano state messe a faccia in giù. O forse erano cadute. Ne alzò una. Non si ricordava cosa ci fosse lì. Era la stanza preferita di sua madre, dove incontrava le amiche, dove si faceva invidiare dalle finte amiche. Le apparenze prima di tutto.
Vide una foto di lei e Camille da piccole, con abiti natalizi. Che falsità. Però Camille era molto carina. L'appoggiò dritta e scoprì che rimaneva in piedi.
Si allontanò dal pianoforte e decise di controllare tutto senza soffermarsi sui ricordi, altrimenti loro due non se ne sarebbero più andati.
Ron si avvicinò al pianoforte e prese un'altra cornice.
Guardò di sottecchi la Serpeverde ma lei non guardava nella sua direzione, borbottava con l'idiota del Ministero e insieme uscirono dalla stanza per andare a vedere qualcos'altro. Guardò la foto della cornice che aveva in mano: Malfoy lo guardava sorridendo accanto a una Pansy vestita di rosa. Ricordò vagamente il ballo del ceppo al quarto anno. Lui teneva la mano sul suo fianco tirandola verso di sé e lei si avvicinava a lui per fare la foto. Ma i loro sorrisi non erano un granché. Beh, non aveva mai visto sorridere Malfoy, quindi non avrebbe saputo dire bene cosa volesse dire, ma aveva visto Pansy ridere e sorridere più volte e il suo non era un sorriso sincero.
Riappoggiò la cornice a faccia in giù sul pianoforte e lanciò un'occhiata a quella delle due bambine vestite di rosso che salutavano sorridendo. Le altre non le toccò. Non voleva correre il rischio di vedere ancora Malfoy.
Mise le mani in tasca e seguì il percorso degli altri. Sentiva la Serpeverde lamentarsi con Smith e lui che borbottava qualche scusa.
Involontariamente sorrise.
Pansy aveva controllato tutto il piano inferiore, così salirono al piano superiore. Quando furono in corridoio, sentì Camille che parlava da sola nella sua stanza. Controllò le camere da letto, quella della madre, quella degli ospiti, lo studio di Julien, i bagni, tutto.
Lasciò per ultima la sua stanza: quella era un'emozione grossa. Un anno che non ci entrava. Vide il Grifondoro salire la scala. Oh, bene, pensò ironica. Ma lui doveva esserci per forza? Sospirò. Era già abbastanza dura così.
Quando fu davanti alla sua stanza scoprì che la serratura della porta era stata fatta esplodere. Esplodere? E sì, la serratura non c'era più e la porta era tutta annerita.
Imprecò. Ok il resto: il pianoforte, i quadri, i piatti, i vasi cinesi e tutti gli altri danni che aveva visto, per non parlare del fango, dei tappeti rovinati e i muri spaccati in più punti (ma cosa avevano cercato, poi?), ma la sua stanza? Cosa pensavano di trovare nella sua stanza?
Ron era appena salito al piano superiore quando la mora imprecò. In maniera molto colorita.
Sorrise. Lei gli faceva sempre quell'effetto. Ma quando vide la sua faccia il suo sorriso sparì.
"Oh, Oh. La ragazza ha quell'espressione!" Ron si girò: alla sua destra qualcuno aveva parlato. Si trovò a fissare un quadro: una donna robusta vestita di rosso con un rossetto dello stesso colore apriva e chiudeva un ventaglio e lo teneva davanti alla bocca quando parlava a un'altra strega vestita di blu. Sembravano due matrone dell'ottocento.
"È la stessa di quando ha gridato 'Se proprio ci tieni allora sposatelo te' alla madre".
"Già, Già". Annuirono tutte e due.
"Mi ricordo anche il rumore dello schiaffo che ha preso dalla signora."
L'altra annuì ancora. "I figli non dovrebbero rivolgersi così ai propri genitori!"
"Però sua madre ha pianto tanto quando per una settimana non è tornata a casa..." Ora annuiva quella vestita di rosso.
Pansy aveva litigato con la madre ed era scappata di casa per una settimana? Ron non faceva fatica a immaginarselo. Lui si voltò di nuovo verso la mora e la vide avvicinarsi a lui. Sempre di più. Sempre con quella faccia. Un po' faceva paura. Ma quando gli fu vicina lo degnò velocemente di un'occhiata e lo oltrepassò.
Si girò e vide che dietro di lui c'era Smith. Oh, non l'aveva visto.
"Perché c'è un buco al posto della serratura della mia stanza?" chiese molto nervosa al damerino del Ministero.
Lui scartabellò le pergamene, come aveva fatto per ogni danno che lei gli aveva fatto notare, e disse: "Non avevano funzionato le solite magie per poter aprire la porta".
La ragazza sbuffò. "Il Ministero non riesce ad aprire una porta incantata da un'adolescente? Mi meraviglio che siate ancora in piedi!" Era troppo. "Senta, mi dia quella cosa da firmare. Così potrete andarvene".
Lui tirò fuori la prima pergamena che aveva guardato, prese una piuma e iniziò a leggere. "Lei è la signorina Pansy Lenore Parkinson, nata il 12 febbraio 1980..." Pansy lo guardò esasperata. Doveva elencare tutto?
Lo interruppe. "Sì, sì, sì. Su, facciamola finita". Prese la piuma e cercò l'inchiostro per poter firmare. Ma non lo vide. "Dov'è l'inchiostro?"
Lui la guardò divertito e con una smorfia leggermente strafottente. "È una piuma autoinchiostrante". Oh. Ci rimase male.
"È una delle nostre."
Si girò verso il rosso. Era la prima volta che apriva bocca. Annuì senza dire niente.
Che cosa stupida aveva detto! Avrebbe potuto dire qualcosa di diverso. Qualsiasi cosa! Ron si diede del troll da solo.
La Serpeverde firmò nervosamente e quando Smith si chinò per cercare un'altra pergamena da firmare lei si avvicinò la penna al naso e chiuse gli occhi. Che cosa strana. Quando lui le porse l'altra pergamena la firmò velocemente e gli ridiede la piuma.
"Arrivederci, allora. E buon compleanno". Il damerino strizzò un occhio. Che idiota. Strinse i pugni nelle tasche.
"Troll, il dodici è domani" Camille era uscita da dove si nascondeva ed era di fianco a lui. Buon compleanno? Domani? Il dodici febbraio, aveva detto. Cioè, il giorno dopo era il compleanno di Pansy?
"Devo ancora capire perché il tuo secondo nome è così bello mentre il mio fa così schifo". Camille sospirò come se avesse dieci anni, mentre Smith scendeva la scala e se ne andava dalla porta principale.
"Non sarà brutto quanto il mio" le disse lui.
La piccola lo guardò alzando un sopracciglio e Ron notò la somiglianza con la sorella. "Segolene" disse.
Lui sorrise. "Bilius".
Lei lo guardò trattenendo una risata. "Sono ancora convinta che sia più brutto il mio!"
Pansy li guardò mentre ridacchiavano e si lamentavano dei loro nomi. Quando sentì Smith uscire dal portone chiese al rosso, indicando la scala: "Ma tu... Non sei venuto con lui?"
Il ragazzo si voltò verso la Serpeverde e il suo sorriso svanì.
"No." E allora cosa faceva lì?
"E cosa ci fai qui?" Pansy avrebbe baciato Camille per averglielo chiesto al posto suo.
Il Grifondoro si mise le mani in tasca e alzò le spalle. "Avevo una commissione da sbrigare. E dopo sono venuto qui".
Pansy era sorpresa. "E come lo sapevi?" Oh, che domanda stupida! Non era riuscita a controllarsi. Probabilmente loro sapevano tutto quello che succedeva al Ministero. Non aspettò risposta e si girò verso il corridoio. In fondo c'era la sua stanza.
"Va beh, non fa niente. Vado a vedere com'è ridotta la mia camera."
E si avvicinò alla porta.
Ron ringraziò il cielo che lei non avesse voluto una risposta. Era stata sua madre a dirglielo. E lui era stato contento che lo avesse fatto. Era contento di averlo saputo perché così aveva chiesto alla McGranitt il permesso per andare alla Gringott proprio lo stesso giorno, ma era imbarazzante perché sua madre infilava il naso dappertutto. Oh, era utile, ma non voleva che lo sapessero gli altri.
Pansy aprì la porta ed entrò nella stanza. Camille saltellò dietro di lei. Ron non riuscì a trattenere la curiosità. Fece velocemente i passi che lo separavano dalla porta e quando fu lì davanti si fermò. Poteva entrare?
Lei era in piedi in mezzo alla stanza e si guardava intorno con uno sguardo strano. Si avvicinò alla scrivania e prese in mano qualcosa che lui non riusciva a vedere. L'avvicinò al naso e sospirò, riappoggiandola.
Entrò. La stanza era grande, più grande della sua, ma non grande quanto la camera padronale dove aveva dormito anche lui. "Posso portare a Hogwarts un po' di cose mie?" chiese Camille sulla soglia. La Serpeverde si girò appena e senza vederla annuì.
Lui fece un giro su se stesso. La stanza era tutta nei toni del viola. Tutti i viola. Non conosceva i nomi dei colori ma era abbastanza sicuro che ci fossero tutti. Le tende, i tappeti, le pareti, le lanterne, la trapunta; tutto viola. Ma la stanza era tutta sottosopra: i tappeti erano ammucchiati di lato, alcuni listoni del parquet erano sollevati e le porte della cabina armadio erano aperte e si vedeva al suo interno i vestiti gettati tutti alla rinfusa. Una delle lanterne era rotta e il letto sembrava spostato dalla sua posizione originale. Sulla scrivania una trentina di boccetti di inchiostro di diversi colori erano coricati, aperti o rovesciati e qualcuno anche rotto.
Le piaceva l'inchiostro. Ecco cosa aveva fatto: aveva annusato l'inchiostro. Lo aveva fatto anche con la piuma. Sorrise. Più scopriva cose più sorrideva.
Vicino alla scrivania c'era un poster delle Sorelle Stravagarie in concerto. Sul poster, attaccate con il Magiscotch qua e là c'erano delle foto. Si avvicinò per guardarle meglio. Si preparò a un incontro ravvicinato con Malfoy, ma non si verificò. Foto di Pansy con la Greengrass a un concerto. Almeno cinque o sei: loro che cantavano, che saltavano, che si abbracciavano. E altre foto non al concerto, quando erano più piccole e qualcuna in costume vicino a quello che sembrava un lago. Forse Malfoy aveva fatto le foto. O forse Zabini. Ma di loro, nessuna foto. Sorrise ancora.
Toccò un'immagine e da dietro il poster cadde sul pavimento un'altra foto. Si chinò a raccoglierla. Pansy baciava un ragazzo. E sorrideva. Mica il sorriso della foto con Malfoy. Un sorriso vero. Baciava il ragazzo e quando si accorgevano del flash della foto sorridevano e lei allungava una mano a coprire l'obbiettivo. Una foto fatta a tradimento. E nascosta.
Ron non riusciva a riconoscere lui. O forse non lo conosceva proprio. Gli sembrò di spiare e appoggiò la foto sulla scrivania. Lei non lo aveva visto. Guardò i boccetti di inchiostro e tirò su quelli caduti.
Sbattè la testa contro la mensola quando si avvicinò troppo alla scrivania e alzò lo sguardo: la foto di una ragazzina a cavallo che saltava un ostacolo era incorniciata vicino a un'altra in cui una piccola Pansy entusiasta alzava una coppa mostrandola a chi reggeva la macchina. Altre foto in cornice. Si guardò ancora intorno e si avvicinò al letto. Era grande. Più grande del suo. Da sotto la trapunta, ammucchiata su se stessa, si vedeva il manico di una scopa. Una scopa? Si avvicinò: una Firebolt!
Fischiò mentre spostava la trapunta e la prendeva in mano.
Pansy sentì il fischio e si girò sorpresa. Si era lasciata andare con i ricordi e non si ricordava di non essere sola. Vide il rosso prendere la scopa. Sorrise: il Ministero aveva trovato la scopa.
"La Firebolt! L'hanno trovata, loro!" Camille entrò nella stanza carica di roba, appoggiando tutto sulla scrivania. "Devi incantare tu per portar via tutto". Pansy annuì distrattamente, mentre Ron continuava a osservare meravigliato la scopa.
"Hai una Firebolt!" esclamò, sorpreso.
"Oh sì. Avresti dovuto sentire le urla di maman quando Pansy l'ha portata a casa!"
"Camille..." iniziò Pansy. Non voleva che raccontasse le sue cose.
"Oh?" Il Grifondoro aveva alzato un sopracciglio.
"Già. Quando hanno litigato lei è stata via una settimana e quando è tornata aveva in mano la scopa. Maman urlava così tanto e agitava la bacchetta in maniera spaventosa, così io e papà siamo usciti. Poi Pansy ha nascosto la scopa e incantato l'entrata della stanza e..."
"Camille, la ferme."
Ron sentì il tono della Serpeverde senza sapere cosa avesse detto, anche se immaginò che le avesse detto di tacere visto che la ragazzina si zittì, e tutti e due si voltarono verso di lei. Aveva una faccia seria.
Il rosso appoggiò la scopa sul letto, dov'era prima e disse: "Scusa. Non dovevo". Lei alzò le spalle. "Non sapevo che volassi. Non pensavo ti piacesse" disse ancora, guardando la scopa.
"Maman non vuole che voliamo."
"E perché?" Sentì Pansy sospirare e la vide avvicinarsi a loro. "Perché il padre di Pansy è morto cadendo dalla scopa" continuò Camille come se ignorasse tutti.
"COSA?"
Ron si voltò di colpo verso la mora, che aveva quasi urlato. Lei non lo sapeva? "E chi te l'ha detto?" chiese alla sorella in un sussurro.
Camille alzò le spalle, ma lentamente il suo gesto si fermò. "Non lo sapevi? Ho sentito maman che lo diceva alla nonna, l'anno scorso".
Pansy rimase di sasso. Aveva comprato la scopa quando aveva litigato con sua madre più per farle un dispetto che per piacere personale. Ora si sentiva in colpa. Maledettamente in colpa. Aveva riso quando sua madre si era messa a urlare e aveva ghignato quando lei non era riuscita a trovarla dopo che l'aveva nascosta.
Si era guadagnata un sacco di rimproveri, punizioni e anche una maledizione dolorosissima. Ora riusciva a capire perché. Si morse il labbro e guardò la scopa. Se glielo avesse detto... Non sapeva cosa sarebbe successo. Forse non avrebbe preso la scopa, forse sì. O forse avrebbe rispettato di più il suo divieto. O forse no. Guardò la scopa. Poi guardò il rosso. "La vuoi? Se vuoi, prendila".
E si incamminò verso la porta.
Ron spalancò gli occhi. Cosa aveva detto? Guardò la scopa. Era una Firebolt! La scopa più bella, veloce e robusta di sempre. No. Merlino era una sensazione favolosa solo averla tenuta in mano. No. Non poteva. Ma quel giorno aveva preso la provvigione per la vendita al ministero. Magari... "Te la pago" disse, per una volta fiero di poterlo fare.
Lei si voltò sulla porta. "Non voglio soldi per quella scopa". Doveva essere per quello che aveva appena saputo. Sospirò.
"Non puoi regalare una Firebolt!"
Pansy alzò le spalle. "Allora lasciala lì".
Ron sbuffò. Sembrava Malfoy: 'Fai qualcosa' e 'allora non fare niente'.
"Te la vendo io."
Camille aveva preso la scopa. La sorella ora la guardava.
Che intenzioni aveva Camille?
Pansy era abbastanza sicura che non sapesse quanto valesse quella scopa. Per Salazar, non ne era sicura neanche lei. Ma se l'avesse avuta quando si era trovata senza soldi, sarebbe servita. Tanto. Ma ormai non ne aveva più bisogno. Benedetta Aritmanzia.
"Quanto vuoi?" chiese il rosso. Pansy si preoccupò. Sua sorella avrebbe sparato una cifra da metterlo in imbarazzo? Non voleva.
Ma perché non l'aveva presa su e basta? Perché era un Grifondoro. Ecco perché. Stupido orgoglio Grifondoro. Si rispose da sola.
Vide la sorella scuotere la testa. "Portaci a mangiare la pizza!"
Ron sgranò gli occhi. "Come?"
"Voglio mangiare la pizza. La nominano tutti. E Ginny dice che ci è andata anche insieme a te. Voglio andarci anch'io. Oggi. Adesso". La ragazzina aveva proprio l'atteggiamento purosangue.
Ci pensò un attimo: non voleva prendere la scopa senza dare niente e poteva portarle in pizzeria. Però non era abbastanza. Ma Camille fece una cosa da sorella minore: il suo faccino divenne triste e i suoi occhi si inumidirono. Era convinto che l'avesse fatto apposta. Aveva visto mille volte Ginny farlo con Charlie e con Bill. Sospirò.
"Per favore" mormorò la ragazzina. Oh, Merlino! Poteva farlo. E lo avrebbe fatto volentieri. Poteva portarle fuori e portarsi a casa la scopa. Sarebbe stato fantastico.
Lanciò uno sguardo a Pansy, ancora ferma sulla porta. Lei alzò una spalla. Tese la mano destra alla piccola Serpeverde e disse: "Andata". Lei sorrise e gliela strinse.
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Ritorno a Hogwarts
Fanfiction(Completa) Storia vincitrice 'Miglior Sinossi' al Wattpad Pulitzer 2018 È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano f...