70. Il sabato di Hogsmeade

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Ginny aveva indossato un vestito di velluto verde e nero (che aveva scelto fra quelli che Pansy non aveva mai messo), un paio di stivali sotto al ginocchio e si era anche lasciata truccare. Si sentiva bellissima. E stava anche iniziando a valutare l'idea di aggiungere qualche gonna al suo guardaroba.
Aspettava Harry nella sala d'ingresso, pronta per il loro appuntamento a Hogsmeade.

Harry aveva fatto tardi perché pensava di aspettare Ron per andare verso la sala d'ingresso, ma poi scoprì che lui era già uscito dalla sala comune.
Si incamminò velocemente verso le scale e percorse il lungo tragitto con il fiato corto. In quel momento si pentì di non aver dato appuntamento a Ginny in sala comune invece che davanti al portone.
Quando arrivò, ancora trafelato, la vide tranquilla che guardava la fila di gente che usciva dal portone, dove Gazza segnava sulla sua lista la gente che usciva. Si fermò a riprendere fiato, giusto per non fare brutta figura e la osservò: si era messa la gonna. E sembrava così bella. La sua Ginny. Per fortuna tutto si era risolto, e loro avevano fatto pace.
Vide Zabini avvicinarsi a lei e parlarle. Lei gli rispose qualcosa che Harry, logicamente, non sentì e poi vide una scena da gelargli il sangue: il Serpeverde si era avvicinato di più a lei, si era chinato e l'aveva baciata sulla bocca. Lei aveva spalancato gli occhi sorpresa, aveva fatto un passo indietro e gli aveva tirato un sonoro ceffone.

Blaise era uscito dai sotterranei per andare a Hogmeade; era riuscito a convincere Draco ad andare con lui, perché altrimenti sarebbe rimasto in camera a piangersi addosso, ma secondo Blaise doveva aver cambiato idea perché non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Quando era arrivato alla sala d'ingresso, aveva visto la Weasley ferma vicino alla porta, da sola. Si era avvicinato per darle un po' fastidio: era così divertente. Anche se sapeva che era dannatamente triste per lui.
Gli piaceva stuzzicare la piccola rossa perché lei si agitava subito (esattamente come una volta faceva il fratello, ma adesso con lui non c'era più soddisfazione) e perché Blaise era consapevole che lei lo respingeva tutte le volte. Pensava che se avesse fatto una buona pratica di rifiuti, non avrebbe avuto paura di una reazione negativa da parte di Daphne e, forse avrebbe tentato un approccio con lei. Forse.
"Hai visto Draco?" le chiese, avvicinandosi.
Lei aveva alzato lo sguardo su di lui. "Ciao Zabini" disse un po' piccata, come se volesse ricordargli l'educazione. E probabilmente era così. "No, non l'ho visto. Non ho visto neanche Hermione, effettivamente" continuò lei, ma lui non l'aveva ascoltata perché aveva visto, nella colonna di ragazzi in fila, Daphne.
Era con quell'idiota di Tassorosso, Macmillan, rideva di qualcosa che aveva detto lui e lui aveva allungato una mano per toccarle una guancia. Sentì salirgli la bile fino in gola. Lui non doveva toccarla. Ma Blaise non poteva fare niente: tornò a guardare la Weasley che lo guardava con una faccia stranita e le disse avvicinandosi: "Scusami Weasley".
"Per cosa?" gli chiese lei, stranita.
"Per questo" rispose Blaise. Poi si era chinato e l'aveva baciata. Beh, aveva appoggiato le labbra sulle sue e basta. Perché lei era indietreggiata subito e lui aveva sentito il viso andargli a fuoco. E non stava arrossendo: era stato colpito. E forte. Merlino!
"Fallo ancora e ti schianto, hai capito?"
Il suo sguardo era furente e i suoi occhi lampeggiavano mentre si allontanava. Il Serpeverde si era girato verso di lei e l'aveva vista passare davanti a Potter, dirgli qualcosa e allontanarsi anche da lui: si sentì quasi in colpa. Quasi.
Fece un passo verso Potter che avanzava verso di lui e gli disse: "Devi essere una persona tremendamente difficile da dimenticare, tu, Potter". E guardò verso Daphne, che lo guardava con gli occhi e la bocca spalancati.
Macmillan guardava la ragazza e poi volse lo sguardo verso di lui e Blaise li salutò con la mano, ghignando.

Harry vide Ginny andare verso di lui mentre si incamminava verso l'ingresso. Gli passò vicino e quando lo vide (dovette capire dalla sua faccia che aveva visto tutto) disse: "Immagino che dirti che non è come sembra non serva a niente. Come la storia della mappa, no?", e senza aspettare risposta tirò dritto per le scale.
Harry si girò per chiamarla, ma lei non lo sentì. Si voltò verso Zabini che ormai l'aveva raggiunto e gli disse qualcosa sul fatto che lui fosse difficile da dimenticare, mentre si teneva la guancia con la mano. Stava per ribattere quando vide lo sguardo del Serpeverde andare oltre di lui e si girò: la Greengrass, insieme a Macmillan, li guardava con sguardo atterrito e quando riportò lo sguardo sul Serpeverde vide che aveva un sorriso strano.
Quell'idiota aveva fatto il troll con la sua ragazza per farsi vedere dalla Greengrass?
Harry prese il moro per il gancio del mantello e lo avvicinò alla sua faccia. "Zabini, Ginny è la mia ragazza..." iniziò con il tono più duro che aveva, ma lui lo interruppe. "Oh, siete tornati insieme?" chiese sorridendo.
"Sì. La prossima volta che ti avvicini a lei, ti schianto" lo minnacciò, prima di spingerlo via in malo modo. Lui rise e a Harry venne voglia di schiantarlo subito. O tirargli un pugno sul naso.
"Stesse parole della Wealsey. Siete fatti l'uno per l'altra" disse, ma il suo ghigno era quasi strafottente.
Si avvicinò di un passo e strinse la mano a pugno: oh, che voglia di cancellargli quel sorriso dalla faccia! Velocemente, gettò l'occhio verso le scale, ma Ginny non si vedeva più e la rabbia gli montò dentro come se l'avesse covata con cura.
Sentì qualcuno tossire: si girò e vide la preside, insieme a Lumacorno, osservare la scena. La mano gli prudeva ancora. Togliersi la soddisfazione di pestare Zabini (e finire a farsi rimproverare nell'ufficio della McGranitt per tutto il giorno) o seguire Ginny e chiarirsi con lei? Non aveva voglia di perdere tempo.
Guardò verso le scale, nella direzione presa dalla rossa: decise di seguirla, subito. Lasciò perdere il moro e sussurrò: "Ti è andata bene". Si affrettò e fece gli scalini due a due, finché non riuscì a raggiungerla al quinto piano. "Ginny!"

"Ginny!"
Qualcuno la stava chiamando. Ginny se ne accorse solo dopo che il suo nome venne pronunciato più volte. Si voltò e si fermò. Era arrabbiatissima: con Zabini, con Harry, con se stessa. Non aveva capito cos'era successo: quell'idiota l'aveva baciata davanti a Harry e ora lui, che non aveva fiducia in lei, avrebbe pensato tutte le idiozie più improbabili e non le avrebbe mai creduto. Ed era arrabbiata con se stessa perché... Merlino perché era arrabbiata con se stessa? Non aveva colpe!
Harry stava correndo nella sua direzione e quando la raggiunse si fermò con le mani sulle cosce, con il fiato corto.
"Ginny..." iniziò, ma si interruppe ansimando.
Lei lo guardò stranita e un po' triste. "Non è stata colpa mia".
Harry si tirò su e le sorrise. "Lo so" rispose.
Ginny, che si stava preparando per una discussione, si bloccò. "Lo sai?" Lui annuì, ancora senza fiato.
Si appoggiò al muro con la mano aperta e spiegò: "Ho visto cos'è successo. Gran bel colpo. Anche se forse, una fattura ben assestata..."
Lei arrossì. "Non sono stata svelta a tirar fuori la bacchetta, questo vestito..." disse, aprendo il mantello.

Harry la guardò: era stupenda. Adesso che poteva vederla da vicino, notò che era truccata, aveva un vestito che non le aveva mai visto e sorrideva un po' insicura.
"Sei bellissima" le disse e Ginny arrossì. "Grazie. Volevo che fosse tutto perfetto per il nostro appuntamento..."
"E infatti lo sarà", le porse il braccio piegato. "Vuoi venire a Hogsmeade con me?"

Ginny annuì. Harry era perfetto.
"Adesso avrai fiducia in me?"
"Non ho mai smesso di aver fiducia in te. Te lo giuro. Sono stato un idiota sì, ma non ho mai pensato male di te" spiegò Harry, guardandola.
Lei guardò per terra mentre ritornavano al piano inferiore. "Però mi spiavi sulla mappa del malandrino..." Non riuscì a stare zitta.
Lui si fermò, le prese le spalle e la girò verso di lui. "Io non ti spiavo. Io guardavo la mappa del malandrino per... per non sentirmi solo. Di notte, quando ero nel bosco con Ron e Hermione, guardavo la mappa per sentirti vicino. Mi piaceva vedere il tuo puntino e immaginare quello che facevi, mi dava tranquillità e sicurezza. Sapere di avere qualcuno che mi aspettasse perché ero semplicemente Harry e non "Il prescelto" mi aiutava in quello che stavo facendo. Mi mancavi così tanto, avevo una paura fottuta e spesso non riuscivo a dormire. Tu mi tranquillizzavi, mi davi coraggio. Quella sera ho avuto un incubo e non mi sono riaddormentato. Ho aperto la mappa perché mi annoiavo e ti ho visto. So che non avrei dovuto saltare alle conclusioni. Mi dispiace tantissimo. Ma la mia mente era ancora ingarbugliata", fece una pausa e i suoi occhi si abbassarono. "Mi spiace, non riesco a spiegarlo bene" disse alla fine, alzando una spalla come per scusarsi.
E invece si era spiegato benissimo. Ginny non riuscì a trattenere una lacrima. La sentì scivolare giù lungo la guancia.

Harry vide la lacrima di Ginny scivolarle sul viso e la raccolse con la punta del dito. Le appoggiò la mano sulla guancia.
"Scusami" le disse.
"Non scusarti: baciami" Lui non se lo fece ripetere e la baciò. "Andiamo a Hogsmeade. Ho aspettato tanto questo primo appuntamento".
Lei sorrise, di quel sorriso che piaceva tanto a Harry.

***

Quando Pansy uscì dalla porta scorrevole dei sotterranei sospirò: Camille la stava facendo impazzire. Di nuovo. La ragazza aveva deciso di tornare in bagno poco prima che uscissero dalla sala comune. Doveva andare con Astoria da Mielandia e Camille non vedeva l'ora. Anche Pansy non vedeva l'ora che Camille uscisse con Astoria e le sue amiche. O Santa Astoria!
Fuori dalla sala comune vide Ron Weasley che l'aspettava. Lo guardò stranita.
"Non dovevamo vederci all'ingresso?" gli chiese e lui sorrise.
"Pensavo che non saresti venuta" si giustificò il Grifondoro.
Lei alzò un sopracciglio. "Davvero? Ho perso una partita a schacchi magici. Dovevo venire per mantenere la mia reputazione" spiegò.
Il rosso sorrise ancora. "Ma ieri hai vinto tu. Chissà cosa pensavi di poter fare..."
La Serpeverde rise: era riuscita a vincere contro di lui, ma non avrebbe mai fatto saltare l'uscita a Hogsmeade. Mai. Ma non glielo disse
"Se avessi vinto io ti avrei detto che dovevi metterti la gonna, ma vedo che ci siamo letti nel pensiero" disse il ragazzo, sorridendo e guardandola con uno sguardo malizioso.
Pansy arrossì, ma si riprese subito. "Ma ho vinto io. Considerati fortunato che non l'ho fatta mettere a te!" E ammiccò nella sua direzione. Lo sguardo del Grifondoro valeva più di mille parole. Rise ancora. "Aspettiamo Camille, ti va? È andata in bagno..." gli chiese con un po' di rassegnazione.
Lui annuì senza problemi. Vide Daphne uscire dalla sala comune. Le ragazze si sorrisero. Daphne salutò anche il rosso. La guardò girare l'angolo e andare verso la sala d'ingresso.

Ron aspettava pazientemente. Non era mai stato bravo a essere paziente, ma in quel momento non ebbe problemi. Era appoggiato al muro dei sotterranei e davanti a lui la Serpeverde camminava avanti e indietro aspettando Camille. Il suo mantello si apriva a ogni passo e lui riusciva a vedere le sue gambe calzate d'argento ogni volta che il mantello si spostava. Si rallegrò del fatto che avesse messo la gonna, senza capacitarsi bene del perché. Non gli importava troppo di quello che aveva addosso, di solito, visto che poi se lo toglieva. Ma gli piaceva il fatto che lo avesse fatto per lui. Lo faceva sentire importante. Forse si illudeva disperato. O forse no. Sorrise. In quel momento uscì dalla porta Camille: sembrava sconvolta.
La salutò ma lei non lo vide, si diresse velocemente verso Pansy e le chiese: "Hai visto Daphne?"

Pansy si girò alla voce della sorella. Andò vicino al rosso per fargli cenno. "Sì l'ho vista. Perché?" Camille era agitata. Non avrebbe dovuto esserlo.
"Hai visto il vestito che aveva addosso?" domandò, nervosa.
Pansy si immobilizzò. Merlino. Non aveva pensato che Camille avrebbe potuto riconoscere il vestito. In fin dei conti lei non lo aveva mai messo.
"Mmm no" mentì.

Ron vide lo sguardo della Serpeverde e capì che stava mentendo. I suoi occhi vagavano in maniera strana, probabilmente pensando a cosa rispondere.
"Quindi te l'ha preso di nascosto?" chiese ancora Camille. Pansy lo guardò sorridendo e poi si rivolse di nuovo alla sorella.
"No. Gliel'ho dato io" confessò.
Camille si arrabbiò. "Perché lo hai dato a lei? Potevi darlo a me se a te non piaceva! Io l'ho desiderato tantissimo e tu lo sapevi!"
Pansy sospirò spalancando gli occhi, glielo aveva visto fare ogni volta che affrontava un problema. "Non mi ricordavo" mentì ancora.

Camille era incazzata nera. Il vestito che maman aveva preso in Francia per Pansy, il bellissimo vestito di pizzo nero e argento che ora indossava la sorella di Astoria, era il suo abito preferito. Pansy non poteva non ricordarsi: lo aveva provato così tante volte da immaginarsi di sposarsi con quel vestito. Era nuovissimo. Sapeva che Pansy non l'aveva mai messo. Chissà poi perché. Glielo aveva visto addosso e sapeva che le stava benissimo. Maman aveva speso tanti galeoni per comprarglielo e lei lo aveva dato via così? Avrebbe potuto darlo benissimo a lei! Diceva che non si ricordava? Balle. Non poteva essere, le aveva fatto un sacco di moine per quel vestito, non poteva non ricordarsi!

Ron per un attimo pensò che le due sorelle si fossero scordate di lui. Discutevano animatamente su un vestito. Camille disse anche quanto era stato pagato e di quanto fosse infastidita del fatto che la sorella lo avesse regalato all'amica.
Infatti, secondo Camille avrebbe dovuto averlo lei, il vestito.
Per fortuna aveva una sorella sola e che non amava i vestiti.
Erano imbarazzanti. Fino a quando Pansy disse con un filo di voce: "Camille, basta! Non gliel'ho regalato. Gliel'ho venduto!"
Si scoprì a spalancare gli occhi e a esclamare, insieme a Camille: "CHE COSA?"

Quando Pansy sentì la voce del Grifondoro, si girò verso di lui, sperando che non avesse capito quello che aveva detto. O Merlino, che vergogna! E aveva solo detto la verità. Di nuovo. Si ritrovò davanti due paia di occhi che la guardavano con meraviglia. Sospirò.
"Niente" disse, riprendendo a camminare.
Qualcuno le prese un braccio. Quando si voltò scoprì che era stata Camille a fermarla. "Che vuol dire che glielo hai venduto?"
Pansy sospirò: aveva fatto trenta... "Quando mamma e Julien sono stati arrestati dal Ministero, la nostra camera di sicurezza alla Gringott era vuota. Ho dovuto... inventarmi qualcosa" spiegò.

Camille le lasciò il braccio, stranita. "Oh" Merlino, non sapeva cosa dire. Non lo sapeva. Per questo aveva fatto quella faccia quando il medimago carino aveva detto il prezzo della foto del bambino? Si sentì in colpa. "Ma... e adesso?"

Pansy si voltò verso la sorella e le mise le mani sulle spalle. Doveva ricordarsi che era incinta e non doveva subire troppi sballottamenti di emozioni.
"Adesso è tutto ok. Sono riuscita a risolvere tutto."

Ron ascoltava le due Serpeverde sempre più stupito. La famiglia Parkinson al verde? E adesso aveva risolto tutto? Possibile? Non disse niente. Loro di soldi non ne avevano mai avuti, quindi non sapeva come funzionassero quelle cose.

Camille, però, ancora non capiva. "Ma perché allora sei venuta a prendermi? Perché non mi hai lasciato con i nonni?"
Vide Pansy sbuffare e riprendere a camminare. "Non preoccuparti. È tutto a posto".
Un'altra di quelle cose che, secondo la sorella, non doveva sapere. Si arrabbiò di nuovo e sbottò: "Intendevo: perché mi hai obbligato a venire qui, quando potevo benissimo stare in Francia con i miei nonni e magari stare meglio che qui con te?" Calcò un po' troppo la frase sul fatto che i nonni fossero i suoi e non quelli della sorella e che là sarebbe stata meglio.

Pansy ora era arrabbiata. Davvero? Con tutto quello che aveva fatto? Con tutto quello che aveva passato? Ora Camille intendeva che non stava bene lì con lei? Si inalberò così tanto che non riuscì a frenarsi mentre faceva un passo verso di lei e le diceva: "Perché, piccola ingrata, anche i tuoi nonni sono a corto di soldi e pensavano di risolvere la cosa facendoti sposare uno che abita in fondo alla loro via!" Quando si rese conto di quello che aveva detto, si portò una mano alla bocca e strabuzzò gli occhi. "Merlino..."

Camille si sentiva male. Esattamente come la sera prima e come quella mattina. Quando Pansy disse che i suoi nonni volevano farla sposare con qualcuno (e lei non sapeva niente!) per risollevare i guadagni della famiglia, le venne la nausea. Ma era sicura? Forse aveva capito male.
Poi pensò: gli strani atteggiamenti della nonna, le cose che le aveva detto... un altro attacco di nausea e un dolore lancinante alla pancia.
Si portò una mano al ventre e gridò, vide tutto nero e perse conoscenza.

Pansy vide la sorella cadere e una chiazza di sangue allargarsi sotto di lei. Non riuscì a fare niente. La guardò sconsolata cadere. Non riuscì a prenderla, nonostante fosse sicura di averci provato. I suoi occhi si sgranarono più della sorella, poi, mentre effettivamente faceva un passo in avanti, inciampò e cadde in avanti.

Ron non riuscì a tenerle tutte e due. Quando aveva visto Camille tenersi la pancia e la pioggia di sangue che aveva perso, la raggiunse, per aiutarla, e quando perse i sensi riuscì ad appoggiarla per terra.
Quello che non aveva previsto era che Pansy tentasse di aiutarla e cadesse per non essere riuscita a muoversi. Quando cadde in ginocchio le andò vicino. Lei lo guardava con uno sguardo terrorizzato in viso.
Ron non era un granché quando si trattava di prendere decisioni, lo sapeva benissimo: di solito erano Hermione o Harry che gli dicevano cosa fare, in quello era bravo. Ora era tutta un'altra storia. Avevano bisogno di Madama Chips o forse, ancora meglio, del San Mungo. Ma non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Cercò di pensare velocemente; tirò fuori la bacchetta e pronunciò ad alta voce: "EXPECTO PATRONUM".
Quando dalla bacchetta uscì un fiotto di luce che prese le sembianze del cane, si sentì più tranquillo. Quando il cane corse dalla McGranitt, per avvisarla del problema, si sentì quasi in pace. Quando poi sarebbe arrivata la preside, si sarebbe tranquillamente rilassato.
Pansy lo guardò sgranando gli occhi. "Che magia è?" chiese e Ron vide rispetto nei suoi occhi. Gli piacque. Tanto.
"Te lo spiego dopo. Adesso arriverà la McGranitt, non preoccuparti" continuò lui. La Serpeverde però raggiunse la sorella e le prese la mano.
"Hai visto cosa ho fatto? Merlino, le ho fatto male? L'ho... uccisa?"
Ron si inginocchiò di fianco a lei e le circondò le spalle in un abbraccio. "No che non l'hai uccisa, non preoccuparti. Andrà tutto bene" la tranquillizzò sospirando.
Non aveva la più pallida idea di quello che fosse successo, né di come sarebbe andata, ma in quel momento voleva solo tranquillizzare la ragazza.

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